L’uribismo in crisi intensifica le sue aggressioni contro il Venezuela

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Il jolly Venezuela ha molteplici usi in bocca ai politici e giornalisti colombiani ed è usato in diverse situazioni sia elettorali, economiche o criticamente sociali nel paese vicino, con toni di belligeranza e sottomissione alla politica estera USA.

Se lo scopo di ciò è sviare l’attenzione della popolazione colombiana verso altri eventi (reali o fabbricati) che identifichino un “nemico esterno” che “destabilizza la regione” per non guardare direttamente alla realtà della Colombia, come il ministro Vladimir Padrino López ha detto di recente, allora è un piano che ha poca o quasi nessuna efficacia. La popolarità di Iván Duque precipita, irrimediabilmente, con il passare dei mesi, delle settimane e dei giorni.

A questo si unisce uno scenario in cui il massimo dirigente del partito del Centro Democratico, Álvaro Uribe Vélez, inizia ad essere assorbito da un processo giudiziario che potrebbe gettarlo in prigione per anni e che potrebbe determinare il suo futuro politico.

I crimini e la politica dell’uribismo al potere hanno solo ottenuto che il processo di pace fosse minato dall’interno, rivivessero fantasmi che sembravano dimenticati, come i massacri quotidiani ed i falsi positivi, e si stimolasse la vena anti-venezuelana su mandato USA.

Tutti i segni che la Colombia provoca il Venezuela con minacce, falsi positivi ed affronti di diversa indole sono davanti agli occhi. Ma si tratta di calci da affogato da parte dell’uribismo o di una minaccia reale?

Washington si appropria di Bogotà

A giugno, la vita politica e sociale in Colombia è stata sconvolta dall’arrivo di una componente militare d’élite USA, la Security Force Assistance (SFAB), con l’intenzione di “aiutare nella lotta antidroga” in altre parole, operare nel quadro di un’offensiva ad ampio spettro contro il Venezuela con il motivo discorsivo del narcotraffico e della sicurezza regionale come pretesto.

La dirigenza di Washington, in questo scenario, fa sembrare un semplice vassallo il governo Duque, posto che la misura di ospitare una missione militare straniera sul suolo colombiano non solo è stata respinta dal Senato ma anche dalla sentenza di un tribunale che ha ordinato la sospensione immediata delle sue attività.

La forte opposizione che ha il chiamato da tutti “subpresidente” colombiano nel Congresso e nella società profonda è una pietra nella scarpa dell’amministrazione controllata al suo governo. Gli USA non possono governare, comodamente, in Colombia a causa del deplorevole trattamento che ha l’attuale amministrazione della cosa pubblica nel mezzo di una crisi sanitaria, economica, politica e soprattutto sociale come quella attuale.

Ciò produce un sentimento di rifiuto nello strato politico e si esprime nel rifiuto popolare di Duque e dell’uribismo quasi nella sua interezza. Tuttavia, questo non è stato un ostacolo affinché il Pentagono e l’amministrazione Trump influiscano nella Colombia di oggi.

La scorsa settimana, sono stati alla Casa de Nariño il consigliere per la Sicurezza Nazionale di Donald Trump, Robert O’Brien; Mauricio Claver-Carone, candidato alla presidenza della Inter-American Development Bank (IDB) del governo USA; ed il capo del Comando Sud, Craig Faller, che hanno impartito direttrici strategiche all’amministrazione Duque in temi di sicurezza, traffico di droga ed economia, il cui piano è denominato “Colombia Crece”.

Claver-Carone di fatto ha preso la parola per ripetere il mantra del “narco-stato” sul Venezuela, dichiarando che le operazioni con la droga “provenienti” dalla Repubblica Bolivariana sono sostenute dal gruppo irregolare Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) e dai dissidenti del Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), i cui attori chiave, secondo la narrativa USA, sono “ospitati” dal presidente Nicolás Maduro e “perseguiti” giudiziariamente dagli USA.

La Colombia cresce nella sua dipendenza dal “destino manifesto” USA all’enunciare le stesse prerogative discorsive dell’Impero quando Duque ha assicurato, e due giorni dopo il rilancio dell’alleanza colombiano-USA, che, secondo gli “organismi internazionali di intelligence”, il presidente Maduro aveva interesse ad acquisire “missili a medio e lungo raggio attraverso l’Iran”, una Repubblica Islamica che anche infastidisce gli interessi egemonici USA nel sud-ovest asiatico e sorta di nemesi civilizzatore dell’Occidente.

Questa designazione del governo venezuelano come impresa criminale congiunta, partner di quelli che Washington chiama “gruppi terroristici”, va incrementando la sua belligeranza ed i falsi positivi a favore di un conflitto tra vicini, mossa che chiaramente destabilizza non solo entrambi i paesi ma anche la regione nel suo insieme.

Questa strategia è in linea con gli ultimi eventi nei dipartimenti di confine (come Arauca), dove sono avvenuti massacri da parte di gruppi irregolari, alcuni non identificati, che alcune autorità insistono nel segnalare il chavismo di “coordinare” gli eventi violenti. e persino giornalisti come María Isabel Rueda creano quadretti intriganti sul fatto che sia Nicolás Maduro il vero capo dell’ELN.

Con il trasferimento delle “colpe” si lavano le mani per l’emergere di narcogruppi paramilitari che flagellano la popolazione colombiana, ed anche parte della popolazione venezuelana nelle zone calde del confine colombiano-venezuelano. Il reclutamento di Bogotà da parte di Washington ha moltiplicato gli sforzi per minare la stabilità del Venezuela.

Da questo punto di vista deve leggersi il riconoscimento della figura di Juan Guaidó come “presidente in carica” ​​da parte di Duque, che ha esortato gli altri presidenti che compongono il Gruppo di Lima, pochi giorni fa, a non accettare i risultati delle prossime elezioni parlamentari, in Venezuela, a dicembre. A chi serve questa strategia?

Come si legge dal Venezuela

In Colombia, molti sanno che la politica estera della Colombia sul Venezuela chavista è stata un clamoroso fallimento insieme all’imposizione di misure coercitive unilaterali, all’assedio diplomatico ed all’internazionalizzazione della crisi dei “rifugiati ed esiliati” venezuelani nella regione, al punto che si chiede vox populi “una riformulazione del rapporto bilaterale, dove si imponga una diplomazia sanitaria a causa del complesso panorama del Covid-19 nel nord del Sud America”.

Con insistenza, il presidente Nicolás Maduro ha chiesto il dialogo con la Casa di Nariño nonostante il fatto che il governo Duque protegga i latitanti dalla giustizia venezuelana e consenta e/o incoraggi lo sviluppo di piani di assassinio ef incursioni armate contro la Repubblica Bolivariana .

Tuttavia, non si ferma la denuncia dei piani che si stanno preparando a Bogotá per provocare un conflitto colombiano-venezuelano.

Il rifiuto dei falsi positivi politico-mediatici dell’Amministrazione Duque, in collaborazione con gli USA, da parte del Presidente Maduro, come del Ministro degli Esteri Jorge Arreaza e del Generale Padrino López si unisce agli allarmi del Comando Operativo Strategico delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB), in particolare dell’ A/J Remigio Ceballos Ichaso.

Attraverso Twitter ha espresso che il governo Duque è quello che più ha attaccato il Venezuela in tutta la storia e che “gli organi internazionali di intelligence alleati del Venezuela ci informano che la Colombia prepara un’ aggressione”, affermando che, di fronte ad un attacco, la FANB risponderà “con forza e determinazione” davanti a qualsiasi aggressione contro la sovranità e l’indipendenza.

I gruppi irregolari provenienti dalla Colombia hanno realizzato incursioni al confine venezuelano con l’approvazione di Bogotá, in particolare Los Rastrojos, le cui infrastrutture sul suolo nazionale ed i suoi operatori sono stati smantellati e neutralizzati negli ultimi mesi, tuttavia, quanto riferito dal capo del CEOFANB suggeriscono che, nelle prossime settimane, si vedrà un’escalation della mobilità delinquenziale di questa e di altre imprese criminali negli stati di confine di entrambi i paesi.

Bisognerebbe segnalare i rischi nel Norte de Santander, dove l’attraversamento delle frontiere sono massicci: la crescita dei raccolti di coca, la riconfigurazione della criminalità a Cúcuta, il processo di espansione di Los Rastrojos nel dipartimento, le guerre dell’ELN contro Los Rastrojos e l’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), la presenza di truppe USA e l’inerzia attiva delle autorità davanti a tutti questi scenari, sono un terreno fertile per il conflitto con il Venezuela, considerato dalla FANB e dall’esecutivo nazionale.

Si aggiungano anche alle aggressioni quotidiane come la promozione del furto di benzina, la vendita di valuta venezuelana ed il contrabbando di cibo verso la Colombia dal confine, con l’obiettivo di destabilizzare l’economia della Repubblica Bolivariana sotto lo sguardo complice del Autorità colombiane.

Tutti gli elementi indicano che una minaccia reale dalla Colombia al Venezuela si trova in erba. Piedad Córdoba ha affermato che “la firma del nuovo Plan Colombia (“Colombia crece”) implica che il nostro paese continui a fungere da piattaforma per destabilizzare il Venezuela”. E’ perché dietro le parole ci sono sempre i fatti?

Ma questo ipotetico benché credibile scenario di aggressione va letto come parte dell’approfondimento della crisi esistenziale dell’uribismo, con gli attuali dirigenti del Centro Democratico indicati per tutti i mali che affliggono la popolazione e la Repubblica di Colombia, nonostante i falsi positivi discorsivi e politici della Casa de Nariño.

In un momento in cui Uribe sta per essere processato, la vicepresidentessa Marta Lucía Ramírez è ancora una volta relazionata al narcotraffico internazionale ed il “subpresidente” Duque mina la propria immagine, sembra opportuno rivolgere lo sguardo ad un “nemico esterno” che possa agire da catalizzatore della tragedia che la Colombia sta vivendo in questi tempi.

Il chavismo svolge quel ruolo, ma i tentativi di aggredire il Venezuela avranno una forte risposta, indipendentemente dal fianco da cui lo si attacchi.


El uribismo en crisis escala sus agresiones contra Venezuela

El comodín Venezuela tiene múltiples usos en boca de políticos y periodistas colombianos, y es usado en distintas coyunturas, sea electoral, económica o críticamente social en el país vecino, con tonos de beligerancia y sumisión a la política exterior estadounidense.

Si el fin de esto es desviar la atención de la población colombiana hacia otros eventos (reales o fabricados) que identifiquen un “enemigo externo” que “desestabiliza la región” para no mirar de frente la realidad de Colombia, como el ministro Vladimir Padrino López dijo recientemente, entonces es un plan que tiene poca o casi nula efectividad. La popularidad de Iván Duque cae irremediablemente en picada con el pasar de los meses, las semanas, los días.

A esto se une un escenario donde el máximo líder del partido Centro Democrático, Álvaro Uribe Vélez, comienza a ser absorbido por un proceso judicial que lo podría encanar durante años y que podría determinar su futuro político.

Los crímenes y la política del uribismo en el poder sólo consiguieron que el proceso de paz fuera minado desde dentro, revivieran fantasmas que parecían olvidados como las masacres diarias y los falsos positivos y se agitara la vena antivenezolana por mandato norteamericano.

Todos los signos de que Colombia provoca a Venezuela con amenazas, falsos positivos y afrentas de distinto índole están a la vista. Pero, ¿se trata de patadas de ahogado por parte del uribismo o de una amenaza real?

Washington se apropia de Bogotá

En junio conmocionó a la vida política y social de Colombia la llegada de un componente de elite militar de los Estados Unidos, la Asistencia de Fuerza de Seguridad (SFAB, sus siglas en inglés), con las intenciones de “ayudar en la lucha antinarcóticos”, es decir, de operar en el marco de una ofensiva de espectro amplio sobre Venezuela con el móvil discursivo del narcotráfico y la seguridad regional de pretexto.

El liderazgo de Washington en este escenario hace lucir como un simple vasallo al gobierno de Duque, puesto que la medida de albergar una misión militar extranjera en suelo colombiano no sólo ha sido rechazada por el Senado sino también por el fallo de un tribunal que ordenó la suspensión inmediata de sus actividades.

La fuerte oposición que tiene el llamado por todos “subpresidente” colombiano en el Congreso y en la sociedad profunda es una piedra en el zapato de la gestión tutelada a su gobierno. Estados Unidos no puede gobernar en Colombia de manera cómoda debido al deplorable manejo que tiene la actual administración de los asuntos públicos en medio de una crisis sanitaria, económica, política y sobre todo social como la del presente.

Esto produce un sentimiento de rechazo en la capa política y se expresa en el rechazo popular a Duque y el uribismo casi en su totalidad. Sin embargo, esto no ha sido un obstáculo para que el Pentágono y la Administración Trump influyan en la Colombia de hoy.

La semana pasada estuvieron en la Casa de Nariño el asesor de Seguridad Nacional de Donald Trump, Robert O’Brien; Mauricio Claver-Carone, candidato a la presidencia del Banco Interamericano de Desarrollo (BID) del gobierno estadounidense; y el jefe del Comando Sur, Craig Faller, quienes repartieron directrices estratégicas a la Administración Duque en cuanto a los temas de seguridad, narcotráfico y economía, cuyo plan es denominado “Colombia Crece”.

Claver-Carone de hecho tomó la vocería para repetir el mantra del “narcoestado” sobre Venezuela, declarando que las operaciones con drogas “provenientes” de la República Bolivariana son respaldadas por el grupo irregular Ejército de Liberación Nacional (ELN) y las disidencias de las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), cuyos actores clave, según la narrativa estadounidense, son “albergados” por el presidente Nicolás Maduro y “encausados” judicialmente por Estados Unidos.

Colombia crece en su dependencia con el “destino manifiesto” norteamericano al enunciar las mismas prerrogativas discursivas del Imperio cuando Duque aseguró, y dos días después del relanzamiento de la alianza colombo-estadounidense, que, según “organismos de inteligencia de carácter internacional”, el presidente Maduro tenía el interés de adquirir “misiles de mediano y largo alcance a través de Irán”, una República Islámica que también molesta a los intereses hegemónicos de Estados Unidos en el Sudoeste Asiático y especie de némesis civilizatorio de Occidente.

Este señalamiento del gobierno de Venezuela como una empresa criminal conjunta, socia de lo que Washington denomina “grupos terroristas”, viene incrementado su beligerancia y los falsos positivos a favor de un conflicto entre vecinos, jugada que claramente desestabiliza no sólo a ambos países sino a la región en su totalidad.

Dicha estrategia se alinea con los últimos acontecimientos en los departamentos fronterizos (como en el de Arauca), donde han surgido masacres por parte de grupos irregulares, algunos no identificados, que algunas autoridades insisten en señalar al chavismo de “coordinar” los hechos violentos, e incluso periodistas como María Isabel Rueda montan cuadros de intriga con respecto a si el verdadero jefe del ELN es Nicolás Maduro.

Con el traslado de “culpas” se lavan las manos del surgimiento de narcogrupos paramilitares que azotan a la población colombiana, e incluso a parte de la venezolana en las zonas calientes de la frontera colombo-venezolana. La captación de Bogotá por parte de Washington ha multiplicado los esfuerzos por minar la estabilidad de Venezuela.

Desde ese punto de vista debe leerse el reconocimiento a la figura de Juan Guaidó como “presidente encargado” por parte de Duque, quien exhortó a los demás presidentes que conforman el Grupo de Lima, hace pocos días, a no aceptar los resultados de las próximas elecciones parlamentarias en Venezuela en diciembre. ¿A quién le sirve dicha estrategia?

Cómo se lee desde Venezuela

En Colombia muchos saben que la política exterior de Colombia sobre la Venezuela chavista ha sido un rotundo fracaso junto con la imposición de medidas coercitivas unilaterales, el cerco diplomático y la internacionalización de la crisis de “refugiados y exiliados” venezolanos en la región, al punto de que se pide a vox populi “una reformulación de la relación bilateral, donde se imponga una diplomacia sanitaria debido al complejo panorama del Covid-19 en el norte de Sudamérica”.

Con insistencia, el presidente Nicolás Maduro ha llamado al diálogo con la Casa de Nariño a pesar de que el gobierno de Duque alberga a prófugos de la justicia venezolana y deja y/o propicia que se desarrollen planes de magnicidio e incursiones armadas contra la República Bolivariana.

Sin embargo, no se detiene la denuncia de los planes que se gestan en Bogotá para provocar un conflicto colombo-venezolano.

El rechazo a los falsos positivos político-mediáticos de la Administración Duque en conjunción con Estados Unidos por parte del presidente Maduro como del canciller Jorge Arreaza y el general Padrino López se une a las alertas del Comando Estratégico Operacional de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB), en específico del A/J Remigio Ceballos Ichaso.

A través de Twitter expresó que el gobierno de Duque es el que más ha agredido a Venezuela en toda la historia y que “los órganos internacionales de inteligencia aliados a Venezuela nos informan que Colombia prepara una agresión”, afirmando que, ante un ataque, la FANB responderá “con fuerza y contundencia” ante cualquier agresión contra la soberanía e independencia.

Los grupos irregulares provenientes de Colombia han incursionando en la frontera venezolana con el aval de Bogotá, sobre todo Los Rastrojos, cuyas infraestructuras en suelo nacional y sus operadores han sido desmantelados y neutralizados en los últimos meses, sin embargo lo referido por el jefe del CEOFANB dan a entender que una escalada de la movilidad delictiva de esta y otras empresas criminales se verá en las próximas semanas en los estados fronterizos de ambos países.

Habría que señalar los riesgos en Norte de Santander, donde el cruce de fronteras es masivo: el crecimiento de los cultivos de coca, la reconfiguración de la criminalidad en Cúcuta, el proceso de expansión de Los Rastrojos en el departamento, las guerras del ELN contra Los Rastrojos y el Ejército Popular de Liberación (EPL), la presencia de tropas estadounidenses y la inacción activa de las autoridades ante todos estos escenarios, son un caldo de cultivo de conflicto con Venezuela, ponderado por la FANB y el ejecutivo nacional.

También se suman a las agresiones cotidianas como la promoción del robo de gasolina, la venta de moneda venezolana y el contrabando de alimentos hacia Colombia desde la frontera, con el foco en la desestabilización de la economía de la República Bolivariana bajo la mirada cómplice de las autoridades colombianas.

Todos los elementos señalan que una amenaza real de Colombia sobre Venezuela se encuentra en ciernes. Piedad Córdoba expresó que “la firma del nuevo Plan Colombia (‘Colombia Crece’) implica que nuestro país continúe sirviendo de plataforma para desestabilizar Venezuela”. ¿Es porque el río suena que la piedras vienen?

Pero este hipotético aunque creíble escenario de agresión debe leerse como parte de la profundización de la crisis existencial del uribismo, con los actuales líderes del Centro Democrático señalados de todos los males que aquejan a la población y la República de Colombia, a pesar de los falsos positivos discursivos y políticos de la Casa de Nariño.

En un momento en el que Uribe está siendo procesado, la vicepresidenta Marta Lucía Ramírez es relacionada nuevamente con el narcotráfico internacional y el “subpresidente” Duque mina su propia imagen, parece indicado volver la mirada hacia un “enemigo exterior” que pueda hacer las veces de catalizador de la tragedia que vive Colombia en estos tiempos.

El chavismo cumple ese papel, pero los intentos por agredir a Venezuela tendrán una respuesta contundente, sea cual fuere el flanco por el que se le ataque.

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