L’etichetta di filogovernativo ed il terrorismo contro la cultura cubana

Javier Gómez Sánchez www.cubadebate.cu

Gli insulti politici e razzisti, insieme alle minacce ricevute, da Miami, dal musicista Alexander Abreu, direttore della popolare orchestra Havana D´ Primera, non solo hanno spinto innumerevoli cubani ad alzare la propria voce nelle reti sociali, da dentro e fuori Cuba, per abbracciare la dignità di un artista cubano bensì ha esposto, come non mai prima, una situazione dalla quale, ora, persone ed istituzioni non possono continuare a restare ai margini.

Un gruppo di musicisti, tra cui Samuel Formell, César ¨Pupy¨ Pedroso, Elito Revé, Manolito Simonet, Diego Gutiérrez e Maikel Blanco, insieme al Ministero della Cultura, hanno tenuto una conferenza stampa online mostrando il loro rifiuto in nome dei musicisti cubani alle pratiche di terrore che negli ultimi tempi sono state perpetrate contro artisti cubani. Samuel Formell ha fatto riferimento all’attualità, ricordando quello che ha sofferto con suo padre, Juan Formell, nel 1999: “Quando Los Van Van ebbe l’opportunità di suonare per la prima volta a Miami, credo che fino ad allora non ci sia stata una minaccia così forte come quella che abbiamo avuto. Minaccia bombe. (…) Hanno cercato di aggredire gli artisti cubani di diverse manifestazioni, ora questo è nuovo perché esistono le reti sociali”.

L’Istituto della Musica e l’Unione degli Scrittori ed Artisti di Cuba (UNEAC) hanno emesso dichiarazioni che condannano l’uso del terrorismo mediatico contro la cultura cubana. Lo stesso ha fatto il Ministro della Cultura, Alpidio Alonso.

Il Presidente Miguel Díaz-Canel ha pubblicato sul suo account ufficiale in Twitter: “Affronteremo la campagna mediatica di manipolazione ed odio contro intellettuali ed artisti cubani, ideata, diretta e molto ben pagata dagli USA. Lo faremo dalla verità, identità ed amore”.

Alexis Triana, Direttore Comunicazione del Mincult, ha ha espresso nella conferenza online insieme ai musicisti, sottolineando le aggressioni ancora recenti contro la cantante Haila Mompié: “Si tratta di una campagna di discredito verso le nostre personalità. Gli attacchi contro Haila sono stati brutali, non è una novità. La novità è utilizzare le reti sociali come piattaforma per aggredire sempre e casualmente quegli artisti che vivono nella loro patria, che si sono rifiutati di parlare contro il loro paese ed il loro governo”.

Come funziona questa macchina del terrore, che è passata dal minacciare di piazzare una bomba in un concerto e distruggere dischi o bruciare poster di artisti davanti ai teatri di Miami, ad usare le reti sociali in modo che la sua intenzione di spaventare giunga, per tale via, sino a Cuba?

Per un artista cubano oggi, che vive nel suo paese, che sia attore, musicista o umorista questa macchina del terrore inizia a manifestarsi con le azioni di un gruppo di pagine web che fanno parte del sistema di media in internet finanziato dal fondo milionario che, ogni anno, il governo USA destina alla sovversione a Cuba.

I suoi editori, cubani mercenari dediti a quest’opera, monitorano i muri di Facebook di praticamente tutti gli artisti cubani popolari, alla caccia di qualsiasi pubblicazione che possa essere loro utile: un’espressione negativa, una foto, i loro giudizi personali su un qualche tema di attualità, qualsiasi lamentela per una situazione particolare o per ciò che soffrono come gli altri cubani. I post poi appaiono con una foto dell’artista e un titolo sensazionalistico che spesso indossa la trita fascia di “guarda tutto quello che ha detto…”

Per questo motivo non sono pochi gli artisti cubani che si astengono dall’esprimersi liberamente nelle loro reti sociali.

Possono anche essere pubblicazioni di affetto e congratulazioni ai loro familiari, poiché questo meccanismo cerca, allo stesso tempo, di fabbricare empatia come parte del proprio meccanismo di intimidazione collettiva.

Cercano anche di portare quella figura pubblica a fare una continuità, o di incoraggiarla soggettivamente a continuare a realizzare pubblicazioni simili.

Da quei “segnali” inviati inizialmente, seguono le successive reazioni dei loro obiettivi. Alcuni artisti sono arrivati ​​a piegarsi completamente sotto la macchina del terrore, forse credendo che così potranno conviverci. Altri si sono uniti alla stessa, fornendole contenuti, poiché le costanti pubblicazioni gli funzionano come una forma di promozione davanti ad un determinato pubblico virtuale. Non sono mancati quelli che, per mancanza di una vera qualità artistica, hanno trovato nello show permanente uno stile di vita e una fonte di guadagno.

Può persino aprire la strada a coloro che cercano un premio maggiore: lo stesso macchinario che, combinato con la televisione tradizionale di Miami, molesta e aggredisce alcuni artisti -come hanno fatto con l’umorista Juan Carlos Hernández ¨El Gordo¨, su cui hanno fabbricato una trama di odio, dopo aver messo, in Facebook, una foto insieme ad uno dei Cinque Eroi- è lo stesso macchinario che abbiamo visto celebrare gli show televisivi in ​​cui i presentatori del programma e gli impresari del canale regalano auto e offrono lavoro ad un altro che in precedenza si era prestato di servirli da Cuba.

Ma la maggior parte degli artisti, specialmente quelli con maggior qualità, stima per la propria arte e impegno nei confronti del loro popolo – che è più che un pubblico – non si prestano al gioco. Come Alexander Abreu, con il quale hanno esaurito quella prima fase di ricerca di simpatia. Quindi la macchina passa alla seconda fase del terrore.

Sulle reti si è fatto circolare un falso testo, presumibilmente scritto dal popolare musicista, in cui si pronunciava contro la Rivoluzione ed il governo cubano. Dopo averlo appreso, lo stesso Alexander Abreu ha chiarito nel suo account ufficiale di Facebook che la relazione del testo con il suo nome era falsa.

Immediatamente, uno dei più recalcitranti terroristi, sebbene non l’unico che, dalla protezione legale di Miami, agisca contro gli artisti a Cuba, ha prodotto una delle sue trasmissioni su YouTube, in cui esacerbava il suo pubblico dicendo che il chiarimento implicava che il musicista non aderiva al contenuto politico dello stesso, e che invece di chiarirne la sua falsità, ciò che doveva fare era di averlo abbracciato come se fosse suo. Per aumentare l’odio e l’impotenza a livelli maggiori, il resto della trasmissione è stata dedicata alla fabbricazione di menzogne sul popolare musico cubano. Il suo numero di cellulare, ottenuto chissà come, è stato pubblicato sullo schermo, mentre al pubblico esasperato da quell’odio veniva detto: “Per chi vuole chiamarlo”.

Poco dopo Alexander Abreu pubblicava sul suo Facebook: “Ho ricevuto 1000 sms in cui mi dicono da gorilla sino alle peggiori offese che esistono come se io fossi un criminale di guerra. La sola cosa che voglio dire è che a tutti quelli che scrivono con tanto odio ho, per loro, un cuore pieno di amore e musica. Molte persone hanno preso il mio telefono per ringraziarmi per la musica e sono grato per l’amore che contro arresta le energie negative”. Come poscritto ha messo lui stesso il suo numero.

Ciò che è stato fatto contro Alexander Abreu può essere perpetrato contro qualsiasi artista cubano. Ciò che dobbiamo assumere come società è che a nessun artista cubano manca il sostegno del suo popolo contro l’odio degli stessi che ieri minacciavano con le bombe, e oggi cercano di intimidirli usando lo stesso terrorismo con altri mezzi. L’amore del popolo che li sostiene è molto più potente dell’odio e della frustrazione di coloro che li attaccano.

Per notare il grado di manipolazione a cui siamo esposti, basterebbe vedere come alcuni media digitali USA diretti ai cubani, e che funzionano come parte di questa guerra mediatica ma con linee editoriali più sottili, abbiano riflesso, forse per non poterlo evitare, le espressioni di rifiuto dei nostri artisti di fronte agli attacchi, ma mettendo in dubbio il legame di queste aggressioni con la politica ostile del governo USA contro Cuba -la stessa che è arrivata a provocare che un individuo sparasse con un fucile automatico contro la facciata dell’Ambasciata cubana- quando è dal suo territorio e con il suo finanziamento che questa macchina di comunicazione e terrore si sostiene e si articola. Alle dichiarazioni che indicavano l’aggressione agli artisti cubani come parte di quella stessa ostilità, fatte dai diplomatici cubani Carlos Fernández de Cossío, Direttore Generale per gli USA del MINREX e dalla vicedirettrice Johana Tablada, questi media hanno cinicamente aggiunto nel loro rapporto: “Nessuno dei due ha dato più dettagli o offerto alcuna prova.”

Forse le parole più chiare di questa lotta cubana contro il terrore per la dignità della cultura, davanti a coloro che, per cinismo o ingenuità, pretendono separarla dal suo carattere rivoluzionario ed antimperialista, sono state pronunciate dal musicista Arnaldo Rodríguez, direttore del gruppo Arnaldo y su Talisman, che da tempo viene chiaramente allertando sulle intenzioni e l’influenza che si pretende esercitare, mediante la paura o la seduzione, sulle menti dei cubani e dei loro artisti: “E lì cisono alcuni, da lontano, che si burlano della coda per il pollo con un bicchiere di whisky in mano, e di antipasto mangiando sanguinaccio salato (fatta con trippa), mentre propongono una “via d’uscita”. Ecco perché dico ai miei coetanei, che siano artisti o no: non abbiate paura di gridare la vostra gioia di vivere a Cuba, non vergognatevi di mostrare quanto vi sentite felici o tranquilli nel vostro paese. Sebbene ad alcuni non importa un cavolo del comunismo e della politica, non hanno paura di mostrare la bandiera di Cuba in una maglietta, non si vergognino di mostrare il Che, non tacciano, non regalino il loro silenzio, non si lascino vincere … Noi cubani non siamo mai stati codardi!”


La etiqueta de oficialista y el terrorismo contra la cultura cubana

Por: Javier Gómez Sánchez

Los insultos políticos y racistas, junto con las amenazas que recibió desde Miami el músico Alexander Abreu, director de la popular orquesta Havana D´ Primera, no solo hicieron que incontables cubanos alzaran su voz en las redes sociales, desde dentro y fuera de Cuba, para abrazar la dignidad de un artista cubano, sino que expuso como nunca antes una situación de la que ya personas e instituciones no podían seguir al margen.

Un grupo de músicos, entre los que se encontraban Samuel Formell, César ¨Pupy ¨ Pedroso, Elito Revé, Manolito Simonet, Diego Gutiérrez y Maikel Blanco, en conjunto con el Ministerio de Cultura, realizaron una conferencia de prensa on line mostrando su rechazo en nombre de los músicos cubanos a las prácticas de terror que en los últimos tiempos se vienen perpetrando contra los artistas de Cuba. Samuel Formell se refirió a la actualidad, recordando lo que padeciera junto a su padre Juan Formell en 1999: “Cuando Los Van Van tuvo la oportunidad de tocar por primera vez en Miami, creo que hasta ese momento no ha habido una amenaza tan fuerte como la que tuvimos. Amenaza de bombas. (…) Han tratado de agredir a los artistas cubanos de diferentes manifestaciones, ahora esto es nuevo porque existen las redes sociales.”

El Instituto de la Música, y la Unión de Escritores y Artistas de Cuba (UNEAC), emitieron pronunciamientos condenando el uso del terrorismo mediático contra la cultura cubana. Igualmente lo hizo el Ministro de Cultura, Alpidio Alonso.

El Presidente Miguel Díaz-Canel publicó en su cuenta oficial de Twitter: “Enfrentaremos la campaña mediática de manipulación y odio contra intelectuales y artistas cubanos, concebida, dirigida y muy bien pagada desde Estados Unidos. Lo haremos desde la verdad, la identidad y el amor.”

Alexis Triana, Director de Comunicación de Mincult, expresó en la conferencia on line junto a los músicos, señalando las agresiones todavía recientes, contra la cantante Haila Mompié: “Se trata de una campaña de descrédito a nuestras personalidades. Los ataques contra Haila fueron brutales, esto no es nuevo. Lo nuevo es utilizar las redes sociales como plataforma para agredir siempre y casualmente a aquellos artistas que viven en su patria, que se han negado a hablar en contra de su país y su gobierno”.

¿Cómo funciona esta maquinaria de terror, que ha pasado de amenazar con poner una bomba en un concierto y romper discos o quemar afiches de los artistas frente a los teatros de Miami, a utilizar las redes sociales para que su intención de atemorizar llegue por esa vía hasta Cuba?

Para un artista cubano hoy en día, que viva en su país, ya sea actor, músico, humorista, esa maquinaria de terror comienza a manifestarse con las acciones de un grupo de páginas web que forman parte del sistema de medios en internet financiados por el fondo millonario que cada año el gobierno de Estados Unidos destina a la subversión en Cuba.

Sus editores, cubanos mercenarios dedicados a esa labor, vigilan los muros de Facebook de prácticamente todos los artistas populares cubanos, a la caza de cualquier publicación que pueda serles útil: Una expresión negativa, una foto, su criterio personal sobre algún tema de actualidad, alguna queja por una situación particular o por aquellas que padecen como los demás cubanos. Las publicaciones aparecen luego con una imagen del artista y un titular sensacionalista que con frecuencia lleva el manido cintillo de ¨mira todo lo que dijo…¨

Por esta razón no son pocos los artistas cubanos que se cohíben de expresarse libremente en sus redes sociales.

Pueden ser también publicaciones de cariño y felicitación a sus familiares, pues esa maquinaria trata al mismo tiempo de fabricar empatía como parte del propio mecanismo de intimidación colectiva.

Igualmente buscan llevar a esa figura pública a hacer una continuidad, o alentarla subjetivamente a que continúe realizando publicaciones similares.

A partir de esas ¨señales¨ enviadas inicialmente, van siguiendo las reacciones posteriores de sus objetivos. Algunos artistas han llegado a plegarse completamente bajo la maquinaria de terror, tal vez creyendo que lograrán así convivir con ella. Otros se han integrado a la misma, brindándole contenido, pues las constantes publicaciones les funcionan como una forma de promoción ante determinado público virtual. No han faltado los que por carencias de una verdadera calidad artística han encontrado en el show permanente un modo de vida y una fuente de ingresos.

Puede llegar incluso a abrir el camino a los que buscan un premio mayor: La misma maquinaria que, combinada con la televisión tradicional miamense, acosa y agrede a unos artistas, -como hicieron con el humorista Juan Carlos Hernández ¨El Gordo¨, sobre el que fabricaron una trama de odio, luego de que pusiera en su Facebook una foto junto uno de los Cinco Héroes- es la misma maquinaria que hemos visto celebrar los shows televisivos en los que los presentadores del programa, y los empresarios del canal, regalan automóviles y ofrecen trabajo a otro que antes se prestó para servirles desde Cuba.

Pero la mayoría de los artistas, especialmente aquellos con la mayor calidad, estima por su arte, y compromiso con su pueblo -que es más que un público-, no se prestan para el juego. Como Alexander Abreu, con el que agotaron esa primera fase de búsqueda de simpatía. Entonces la maquinaria pasa a la segunda fase del terror.

Se puso circular en las redes un texto falso, supuestamente escrito por el popular músico, en el que se pronunciaba contra la Revolución y al gobierno cubano. Al conocer del mismo, el propio Alexander Abreu aclaró en su cuenta oficial de Facebook que la relación del texto con su nombre era falsa.

De inmediato, uno de los más recalcitrantes terroristas, aunque no el único que desde el amparo legal de Miami actúa contra los artistas en Cuba, elaboró una de sus emisiones en Youtube, en la que exacerbaba a su audiencia diciendo que la aclaración implicaba que el músico no se adhería al contenido político del mismo, y que en vez de aclarar su falsedad lo que tenía era que haberlo abrazado como si fuera suyo. Para elevar el odio e impotencia a niveles mayores, el resto de la emisión fue dedicada a fabricar mentiras sobre el popular músico cubano. Su número de celular, conseguido quién sabe cómo, fue publicado en la pantalla, según se le dijo a la audiencia exacerbada por ese odio: “Para que el que quiera lo llame”.

Poco después Alexander Abreu publicaba en su Facebook: “He recibido 1000 sms dónde me dicen desde gorila hasta las peores ofensas que existen como si yo fuera un criminal de guerra. Lo único que quiero decir es que a todos los que escriben con tanto odio les tengo un corazón lleno de amor y música. Muchas personas tomaron mi teléfono para agradecerme por la música y estoy agradecido por el amor que contrarresta las energías negativas.” Como postdata puso el mismo su número.

Lo realizado contra Alexander Abreu, puede perpetrarse contra cualquier artista cubano. Lo que debemos asumir como sociedad es que ningún artista de Cuba carece del apoyo de su pueblo contra el odio de los mismos que ayer amenazaban con bombas, y hoy tratan de intimidarlos usando el mismo terrorismo por otros medios. El amor del pueblo que los respalda es mucho más poderoso que el odio y la frustración de quienes los atacan.

Para notar el grado de manipulación al que estamos expuestos, bastaría ver como algunos medios digitales estadounidenses dirigidos a los cubanos, y que funcionan como parte de esta guerra mediática pero con líneas editoriales más sutiles, han reflejado, quizás por no poderlo evitar, las expresiones de rechazo de nuestros artistas ante los ataques, pero poniendo en duda el vínculo de esas agresiones con la política hostil del gobierno de Estados Unidos contra Cuba, -la misma que llegó a provocar que un individuo tiroteara con un fusil automático la fachada de la Embajada cubana-, cuando es desde su territorio y con su financiamiento que se sostiene y se articula esa maquinaria de comunicación y terror. A las declaraciones que señalaban la agresión a los artistas cubanos como parte de esa misma hostilidad, que hicieron los diplomáticos cubanos Carlos Fernández de Cossío, Director General para Estados Unidos del MINREX, y la subdirectora Johana Tablada, esos medios agregaron cínicamente en su reporte: “Ninguno de los dos dio más detalles ni ofreció ninguna prueba.”

Posiblemente las palabras más claras de esta pelea cubana contra el terror por la dignidad de la cultura, ante quienes, por cinismo o ingenuidad, pretenden separarla de su carácter revolucionario y antiimperialista, las dijera el músico Arnaldo Rodríguez, director de la agrupación Arnaldo y su Talismán, quien desde hace tiempo viene alertando nítidamente sobre las intenciones y la influencia que se pretende ejercer mediante el miedo o la seducción sobre la mente de los cubanos y sus artistas: “Y ahí están algunos desde la distancia burlándose de la cola del pollo con un vaso de whisky en la mano , y de saladito comiendo morcillas (hechas de tripas) , mientras proponen una ¨salida a la situación¨. Por eso le digo a mis coetáneos sean artistas o no: No tengan miedo a gritar su alegría de vivir en Cuba, no se avergüencen de mostrar lo felices o tranquilos que se sienten en su país. Aunque a algunos les importe un carajo el comunismo y la política no teman lucir la bandera de Cuba en un pulóver, no sientan pudor de mostrar al Che, no se callen, no regalen su silencio, no se dejen vencer…!Los cubanos nunca fuimos cobardes¡”

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