Venezuela. Riattivata la raffineria di Amuay dopo l’attentato

di Geraldina Colotti

Tornano di moda le inchieste “collettive”: gruppi di giornalisti che, da varie redazioni, rivelano intrecci internazionali, intercettando gli affari sporchi di banchieri e oligarchi. Il risultato è un lavoro di scavo meticolosamente documentato, condito con qualche trovatina stilistica come guarnizione. Ci sono, però, per così dire dei tributi da pagare sull’altare dell’informazione addomesticata, che serve a dare “credibilità” al prodotto: ficcare nel calderone, sempre e comunque, il Venezuela bolivariano, anche quando a essere truffato è stato il governo Maduro e il popolo venezuelano. In caso contrario, c’è il rischio di finire come Julian Assange, il fondatore del sito Wikileaks in attesa di essere estradato negli Usa…

Il meccanismo si ripete nell’editoria “che conta” dove, come accadeva dopo la caduta del muro di Berlino, era impossibile trovare un romanzo o un saggio che non ripetesse come un mantra la storia dei “due totalitarismi” (fascismo e comunismo), dipinti come due pericolosissimi estremi da evitare. Chi ci abbia guadagnato e chi perso, dopo l’89, è cosa nota, tanto più in presenza del coronavirus, che ha prepotentemente messo a nudo la crisi sistemica del capitalismo e l’ipocrisia della democrazia borghese.

Eppure (proprio per questo), anche il “socialismo del XXI secolo”, fa paura. Così, se non usi la categoria di “populismo”, ovviamente in senso dispregiativo, se non definisci “regime” il Venezuela e Maduro un “dittatore”, se provi a presentare qualche dato che smentisce gli schemini mediatici graditi agli USA, ti guardano come se fossi un marziano. Irrimediabilmente out.

Il Venezuela ha uno dei tassi di mortalità più bassi al mondo per coronavirus? “Truccano le statistiche”, risponde il “giornalista”. Lo dice l’OMS? Non importa. I dati sono validi solo se consolidano i propri pregiudizi. La propaganda martellante sortisce i suoi effetti. Si dipinge un paese fallito, preda della corruzione, del narcotraffico e del “terrorismo” da cui tenersi alla larga, aspettando di tirare un sospiro di sollievo quando, finalmente, verrà importata anche lì la “democrazia”.

Adesso, dopo la promulgazione della Legge anti-bloqueo, varata dal governo bolivariano per spezzare il cerchio asfissiante delle misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo Usa e dai suoi vassalli, occorre amplificare questa interpretazione: tanto più a ridosso delle elezioni parlamentari del 6D, che sia Trump che l’Unione Europea vorrebbero sabotare.

I network della destra venezuelana amplificano le dichiarazioni dell’amministrazione USA a pochi giorni dal voto, e anche quelle dei democratici statunitensi che – assicurano – non cambieranno comunque atteggiamento nei confronti di Cuba e Venezuela. “Continueremo a sostenere Guaidó”, ha dichiarato per conto del padre la figlia di Donald Trump, Ivanka.

Il Venezuela dovrà rassegnarsi dunque a sopportare una sorta di doppio potere 2.0? E perché la Legge contro il bloqueo potrebbe contrastare le “sanzioni”? Lo abbiamo chiesto al ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza durante una intervista nel programma @en linea con Brics-Psuv, ideato da Beverly Serrano e diretto dalla vicepresidenta della ANC, Tania Diaz. Una puntata che, questa volta, ha avuto come interlocutrice principale la giornalista brasiliana Fania Rodriguez.

Gli Stati Uniti non riescono a controllare il narcotraffico – ha risposto Arreaza – però controllano, ricattano e perseguono gli investitori che intendono venire in Venezuela. La legge – ha spiegato – intende garantire sicurezza e segretezza prima durante e dopo le trattative economiche e commerciali. E, intanto, dopo la vittoria del Mas alle elezioni in Bolivia, il Venezuela sta cercando di rimettere in piedi le alleanze solidali nel continente latinoamericano, a partire dalla Unasur. “Un organismo inclusivo – ha ricordato Arreaza – che ha visto l’approvazione ampia di tutti i paesi interessati, compresa la Colombia allora diretta da Uribe”.

I ricavi dei nuovi investimenti favoriti dalla Legge anti-bloqueo, ha detto ancora il ministro degli Esteri, andranno, come sempre, ai piani sociali.

Un impegno che in questi anni non è mai venuto meno, neanche dopo la brutale caduta delle entrate, determinata dal feroce bloqueo. Lo conferma il bilancio della nazione per il 2021, presentato all’Assemblea Nazionale Costituente dalla vicepresidenta Delcy Rodriguez. Lo ha garantito Maduro durante un incontro virtuale con i Consigli Produttivi dei lavoratori e delle lavoratrici, accompagnato dal ministro Eduardo Piñate: “La classe operaia deve sapere che, nel pieno di questa guerra brutale, nel 2021, il 76,4% andrà agli investimenti sociali in educazione, salute, cultura, ricreazione, casa: investimento sociale per recuperare il salario dei lavoratori e delle lavoratrici. Un bilancio di redistribuzione equa e ugualitaria della ricchezza del paese”, ha spiegato Maduro.

Il presidente si è detto fiducioso che, per il 2021, grazie alla pianificazione e all’appoggio dei Consigli Produttivi della Classe Operaia si riuscirà a recuperare la produzione nazionale e che, dopo la vittoria delle forze popolari alle parlamentari del 6D, il prossimo bilancio verrà presentato al cospetto di un’Assemblea Nazionale rinnovata, come richiesto dalla costituzione.

Il ministro Piñate ha per parte sua affermato che diversi settori del paese hanno preparato proposte da presentare al presidente, e tra questi vi sono il settore petrolifero e quello petrolchimico, che sono stati unificati per essere più efficienti. Finora sono 108 i progetti di recupero delle imprese paralizzate o che presentano problemi, 13 dei quali sono già partiti. Importanti proposte – ha aggiunto il ministro – arrivano dai settori manifatturiero, dall’agroindustriale, dal settore elettrico e dalle Imprese Basiche di Guayana e dal settore farmaceutico.

Intanto, fino alle elezioni, continua a svolgere il suo compito il massimo organo plenipotenziario, espressione del potere popolare, l’ANC. Grazie al Potere Plenipotenziario, ha ricordato Maduro, nel 2017 è tornata la pace nel paese dopo mesi di violenze scatenate dalla destra golpista. Ma i piani di chi vorrebbe riportare l’orologio della storia ai tempi della IV Repubblica e al dominio pieno delle multinazionali sull’economia venezuelana, non sono cambiati.

Un’ultima dimostrazione si è avuta con l’attentato alla raffineria di Amuay, un complesso petrolifero venezuelano ubicato nella costa occidentale della Penisola di Paraguaná, nel municipio los Taques, dello Stato Falcón. Una raffineria che appartiene a PDVSA, l’impresa petrolifera di Stato. Il doppio impatto, all’interno e all’esterno – ha spiegato il vicepresidente per l’Area Economica, Tareck El Aissami in una conferenza stampa – fa pensare che si tratti “di un atto terrorista deliberato”, probabilmente compiuto con un missile a distanza comandato da un drone, che per fortuna non ha provocato danno ai lavoratori.

Un attentato – ha rivelato il ministro – preceduto da alcune avvisaglie: numerosi sabotaggi alla rete elettrica della zona (87), e a quella idrica e, l’11 settembre, dall’arresto di un uomo di nazionalità statunitense, Hill Jhon, trovato in possesso di lanciagranate, esplosivo C4, telefoni satellitari e altre armi di grosso calibro.

Dell’attentato ha parlato a sua volta il presidente Maduro in una conferenza stampa internazionale via web nella quale ha risposto alle domande dei giornalisti anche sull’acquisto di missili all’Iran da parte del Venezuela. Maduro ha risposto rivendicando la sovranità del Venezuela nello scegliere i propri alleati che, nel caso dell’Iran, hanno una lunga durata.

Alleanze che, mentre il Venezuela è assediato da un feroce blocco economico-finanziario gli hanno consentito di aggirare le misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo USA e dai suoi vassalli, ricevendo benzina e pezzi di ricambio.

Anche l’ambasciatore dell’Iran in Venezuela, Hojjatollah Soltani, in un seminario web tenuto all’Università internazionale delle Comunicazioni, dal titolo “Iran, Meccanismi giuridici e resistenza di fronte al bloqueo”, ha ribadito la disponibilità del suo paese ad aiutare la resistenza del Venezuela.

Dopo aver spiegato come l’Iran è riuscito a far fronte alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti costruendo una propria indipendenza economica, l’ambasciatore ha detto: “Con l’imperialismo non bisogna mostrarsi deboli, ma combatterlo con dignità”. Una dignità che il popolo venezuelano mostra da vent’anni nella sua quotidiana resistenza ai molteplici attacchi contro la propria sovranità e il suo diritto di vivere in pace scegliendo il proprio destino.

Nonostante i danni a uno degli impianti principali della raffineria di Amuay, grazie al pronto intervento e alla tenacia dei lavoratori, il complesso petrolifero non ha fermato la produzione, e anzi – ha spiegato Tareck El Aissami – il paese sta ricostruendo le sue. Nessun allarme, quindi, per il rifornimento di benzina, ma massima vigilanza. In vista del 6D, l’estrema destra vuole giocarsi il tutto per tutto, nonostante l’evidente fallimento della farsa delle “consultazioni” che, come accadde prima del voto per l’ANC nel 2017, approvata da oltre 8 milioni di persone, è apparsa per quello che era: un’altra occasione per sprecare il denaro sottratto al popolo venezuelano.

Mentre, con la complicità dell’ambasciata di Spagna a Caracas dove aveva trovato riparo dopo il tentato golpe del 30 aprile 2019, il leader di Voluntad Popular Leopoldo Lopez, è riuscito a fuggire in a Madrid, un altro dirigente del suo partito, Roland Carreño è stato arrestato per traffico d’armi da guerra e finanziamento al terrorismo.

Lo ha comunicato in una conferenza stampa il Procuratore Generale della Repubblica, Tarek William Saab possesso di armi, precisando che Carreño, preso con le mani nel sacco il 26 di ottobre en Valle Abajo, aveva con sé anche 12.000 dollari in contanti e si ritiene sia il principale operatore finanziario di VP nel paese.

Carreño – ha detto il Procuratore generale – era incaricato di “distribuire il denaro rubato alla Repubblica tra gli operatori nazionali e internazionali non solo del suo partito, ma anche di altri gruppi di opposizione che sono parte della cospirazione contro il paese”. Lo ha confessato lo stesso arrestato alle autorità venezuelane, spiegando che il denaro rubato al popolo venezuelano viene utilizzato per destabilizzare il paese, sia all’interno che all’esterno. Parte del bottino viene utilizzata per pagare giornalisti e politici affinché influenzino l’opinione pubblica contro Nicolas Maduro e il governo bolivariano. Durante l’edizione 317 del suo programma Con El Mazo Dando, il presidente dell’ANC, Diosdado Cabello, ha di nuovo tirato fuori i panni sporchi dell’estrema destra venezuelana, che tanto piace all’Unione Europea. Leopoldo Lopez, ha detto, insieme a suo padre Leopoldo Lopez Gil (il primo deputato venezuelano-spagnolo, eletto al Parlamento Europeo) guidavano “una mafia dedita all’estorsione di chiunque volesse costruire nel municipio di Chacao” durante il suo mandato come sindaco di quel municipio di Caracas, situato nelle zone più agiate della capitale. “Quando il figlio era sindaco di Chacao – ha affermato Cabello – aveva un ristorante nel Centro Commerciale Tamanaco nel quale chiunque volesse muovere una pietra in questa giurisdizione doveva passare da lì e pagare la tangente. Lo chiamavano ‘la miniera d’oro di Chacao’. Un truffatore della vecchia scuola della IV Repubblica, che fu presidente della Fondazione Ayacucho e che finì per essere inabilitato in quanto ladrone”. La mafia di Chacao, ha aggiunto Diosdado, sfrattava le famiglie e le lasciava per strada per demolire gli edifici e costruire centri commerciali comprandosi i permessi.

Secondo le ultime statistiche immobiliari, i venezuelani in Spagna risultano essere i primi acquirenti di case. Case di lusso, come quella in cui è andato a vivere Leopoldo Lopez. Ma i giochi sporchi dell’estrema destra venezuelana non interessano i media internazionali.

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