Segnali di pace a La Paz

di Geraldina Colotti

Le dichiarazioni, si sa, possono restare sulla carta se non si determinano atti che ne sostanzino i contenuti. Tuttavia, ci sono momenti nei quali anche i pronunciamenti acquistano un significato particolare, dovuto a specifiche circostanze. In questo caso, la circostanza è di tutto rilievo, trattandosi dell’assunzione di incarico del neo-eletto presidente boliviano Luis Arce e del suo vice David Coquehuanca. Entrambi hanno giurato a pugno chiuso insieme al resto del nuovo governo, intenzionato ad archiviare la pagina nera del golpe, durata un anno. E sono tornati in patria anche l’ex presidente Evo Morales e il suo vice Alvaro Garcia Linera, obbligati ad andarsene con la forza dall’esercito passato dalla parte dei golpisti.

In questo contesto, durante l’assunzione d’incarico di Arce a cui hanno partecipato diversi rappresentanti di altri paesi, insieme a leader progressisti e a ex presidenti della passata stagione d’oro dell’integrazione latinoamericana, il capo di stato argentino, Alberto Fernandez, il suo omologo boliviano e il secondo vicepresidente del governo spagnolo, Pablo Iglesias hanno proposto la firma di un documento: “Dichiarazione di La Paz in difesa della Democrazia” e “contro l’estrema destra”.

Il documento è stato firmato dagli ex presidenti di Bolivia, Evo Morales, del Brasile, Dilma Roussef, dell’Ecuador, Rafael Correa, di Spagna e di Grecia, Alexis Tsipras. Hanno aggiunto la loro firma anche i candidati alla presidenza in Ecuador, Andrés Arauz, del Chile Daniel Jadue, della Colombia Gustavo Petro e del Perú Verónica Mendoza, insieme a Jean Luc Melenchon, dirigente di France Insoumise, e Caterina Martins, del Bloco de Esquerda en Portugal.

Il testo indica chiaramente nel golpismo dell’estrema destra la principale minaccia alla democrazia e alla pace sociale nel secolo XXI: “Un’estrema destra che si espande a livello globale – dice la dichiarazione, che diffonde la menzogna e la diffamazione sistematica degli avversari come strumento politico, istigando alla persecuzione e alla violenza politica in diversi paesi”.

Una strategia appoggiata dalle grandi concentrazioni mediatiche le quali, avendo accumulato “un immenso potere di influenza, pretendono manipolare e mettere sotto tutela le democrazie per difendere i propri interessi politici ed economici”. La Bolivia intende perciò porsi come referente internazionale della risposta cittadina al golpismo.

L’impegno di quanti hanno firmato la dichiarazione è quello di lavorare insieme “per la difesa della democrazia, la pace, i diritti umani e la giustizia sociale contro la minaccia che rappresenta il golpismo dell’estrema destra”.

In questo contesto, il ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Arreaza, ha rimesso al suo posto il quadro di Bolivar, che i golpisti avevano sostituito con la foto dell’autoproclamato Juan Guaidó, finita nel suo ambito naturale – la spazzatura -, e sono state ripristinate le relazioni diplomatiche tra La Paz e Caracas.

Dopo la schiacciante vittoria del MAS, Morales si è recato in Venezuela dove ha sostenuto un incontro con il presidente Nicolas Maduro, nel tentativo di ricostruire il progetto di UNASUR e rimettere così in piedi il tessuto di alleanze solidali nel continente.

Un progetto assolutamente opposto a quello che vorrebbe imporre invece l’accordo tra l’Unione Europea e un Mercosur svuotato dalla presenza del Venezuela e dalla svolta a destra che c’era stata in Argentina, che continua a esserci in Brasile, in Paraguay e in Uruguay.

“Gli economisti e le economiste che firmano questa lettera, vogliono contribuire a una valutazione critica dell’accordo tra Unione Europea (Ue) e Mercosur che sta per essere ratificato”. Così inizia la lettera aperta firmata da 100 economisti che smascherano le trappole insite nell’accordo tra Ue e Mercosur, in via di ratifica entro il 2020. Una decisione ritenuta urgente dai governi neoliberisti, visto il cambio di rotta annunciato con le vittorie elettorali nel campo progressista, prima in Argentina, poi in Bolivia.

Le caratteristiche di questi trattati – che le alleanze solidali dei paesi socialisti e progressisti avevano cominciato a smontare, in America Latina, – sono la segretezza e le clausole messe apposta per confondere e per essere usate dai grandi studi legali delle multinazionali contro i popoli che hanno subito danni.

La lettera denuncia che i modelli economici e i parametri di impatto ambientale utilizzati per calcolare i presunti benefici annunciati dal trattato, sono stati contestati da altre ricerche alternative. In primo luogo, si presume che tutti i mercati siano in perfetto equilibrio, un equilibrio determinato dalla concorrenza. Di conseguenza, si celebrano i vantaggi che deriverebbero dalla liberalizzazione dell’economia e da un maggiore disinvestimento dello Stato nelle politiche pubbliche.

L’aumento del PIL europeo previsto sarebbe, tuttavia, ridicolo (0,1%). E per i paesi del Mercosur ci sarebbe una diminuzione del PIL che inizia dallo 0,1% e va aumentando negli anni. Ciò porterebbe a una crescita della disoccupazione nel settore automobilistico in Uruguay, nel settore dei macchinari in Brasile e Paraguay e nel settore chimico e farmaceutico in Uruguay, Paraguay e Argentina. Avrebbe anche effetti negativi sulla produzione agricola familiare, sia nel Mercosur (uva, latte, ecc.) che in Europa.

Inoltre, dicono gli economisti, calcolare la crescita del PIL come misura della ricchezza è “un metodo obsoleto in un’epoca di crisi climatica e di fronte alla necessità di una profonda trasformazione socio-ecologica delle nostre economie”.

E un gruppo di ambientalisti tedeschi ha reso pubblica una delle parti del trattato, tenuta segreta, evidenziando un uso errato dei dati, che tacciono tanto sui reali termini della deforestazione in corso (che potrebbe aumentare di dal 5% al 25% in 6 anni), mettendo maggiormente a rischio la sopravvivenza dell’agricoltura su piccola scala, quanto sulla nuova situazione economica causata dalla crisi del Covid-19.

Dall’inizio della pandemia, la disoccupazione globale è aumentata notevolmente. Attualmente, almeno il 7,2% dei lavoratori e lavoratrici nella UE (15,2 milioni di persone) ha perso il lavoro. Il livello è alto anche nei paesi del Mercosur e diventa molto alto nel cosiddetto settore informale. Ecco perché è urgente rispondere a questi trattati nello stesso modo in cui Hugo Chávez e Fidel Castro hanno fatto contro l’ALCA: costruire l’ALBA dei popoli liberi, in America Latina come in Europa.

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