Corsa ai vaccini Covid: il solito razzismo e imperialismo dei media

Il mondo impari da Cuba

Fabrizio Verde  www.lantidiplomatico.it
 

Prima l’annuncio del vaccino, adesso la fine della fase III di sperimentazione con un’efficacia del 95%. La multinazionale Pfizer così brucia tutti i concorrenti come Moderna e riprende la testa della  lucrosa gara per arrivare per primi al vaccino contro il Covid-19.

Agli annunci della multinazionale statunitense seguono parole di speranza e giubilo – alle nostre latitudini – con nessuno che osa sollevare dubbi o chiedere approfondimenti su quanto annunciato da Pfizer. Una multinazionale del farmaco che in passato non ha dato certo prova di affidabilità o sincerità.

Che differenza con l’annuncio russo. Quando fu Putin a dire al mondo che la Russia – primo paese a livello planetario – aveva registrato un vaccino contro il Covid-19 la notizia fu accolta in occidente da forte scetticismo. Nonostante allo sviluppo del vaccino avesse lavorato un centro pubblico come il Gamaleya di Mosca, dove si è lavorato anche a vaccini per l’ebola. Fino a giungere a bollare la notizia come una mossa propagandistica del Cremlino.

Stessa sorte per i vaccini cinesi. Così come per quelli sviluppati da Cuba (Soberana 1 e 2). Forse c’entra il fatto che questi paesi non intendono lucrare dallo sviluppo di questi vaccini? Sono prodotti da società pubbliche e non da multinazionali del farmaco? Addirittura la Cina ha dichiarato i propri vaccini «bene pubblico globale». Forse per questo l’interesse è basso e si tende ad oscurare i progressi enormi fatti da questi paesi nello sviluppo di vaccini effettivamente capaci di fermare la pandemia in corso. Eppure tutti affermano di agire per il bene della popolazione.

L’Unione Europea, intanto, intima all’Ungheria di non importare il vaccino russo Sputnik V perché non approvato dal blocco.

Qualcosa non torna.

Come mai tutti i virologi, esperti di vario tipo e tuttologi vari che imperversano in tv e sui giornali sostanzialmente ignorano quanto accade fuori dagli angusti confini del cosiddetto mondo occidentale?

La domanda è puramente retorica. Ormai l’abbiamo constatato da tempo: in questa pandemia c’è più politica che scienza. A tutti i livelli.

«Il nome del vaccino (Soberana) riflette il sentimento di patriottismo e l’impegno rivoluzionario e umanista con cui si è lavorato, e anche l’impegno verso le basi costitutive, e quando parliamo di fondamenta, parliamo del Comandante in Capo (Fidel Castro)», le parole del presidente cubano Miguel Díaz-Canel illustrano alla perfezione la concezione della sanità a Cuba. Un paese dove i pazienti non sono dei veicoli per estrarre profitto, ma vite umane da curare e salvare. Nonostante si tratti di un paese che da sessant’anni è strangolato da un criminale blocco economico imposto dagli Stati Uniti. Guardate con le dovute differenze come i due paesi hanno affrontato la pandemia e traete voi le conclusioni.

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