Venezuela, un anno vissuto pericolosamente

Geraldina Colotti  www.lantidiplomatico.it

Durante il suo programma del 16 dicembre scorso, il vicepresidente del Partito Socialista Unito, Diosdado Cabello ha ricapitolato le tappe degli attacchi portati dalla destra contro il socialismo bolivariano nel corso del 2020. Un anno incandescente.

Gennaio 2020: “Un farfuglio vi seppellirà!”

La farsa aveva avuto inizio a gennaio del 2019 quando, ai giornalisti costernati che s’interrogavano l’un l’altro per capire cosa avesse detto, si era presentato un trentenne senza storia che, tra un farfuglio e l’altro, si era autoproclamato “presidente a interim” del Venezuela.  Dopo aver ascoltato varie volte le registrazioni, era uscito fuori un ritornello, che i media internazionali avrebbero ripetuto all’infinito nel corso dell’anno, con appena meno entusiasmo man mano che sfumava la possibilità di renderlo concreto: “Fine dell’usurpazione, governo di transizione, elezioni libere”. Era stato l’inizio di un teatrino, grottesco e surreale, in cui democrazie così “avanzate” da doversi esportare con le bombe, si erano affannate a riconoscere un tizio butterato che nessuno aveva eletto, e che in qualunque altro paese sarebbe finito in carcere o in manicomio. Dal parlamento “in ribellione”, già diventato fulcro di destabilizzazione degli altri poteri dello Stato, si era così cercato di accelerare il collasso del paese, in un crescendo di misure coercitive e unilaterali illegali che avrebbero dovuto provocare una rivolta contro il governo. Nonostante la molteplicità e la sistematicità degli attacchi alla rivoluzione bolivariana, niente di tutto questo si era verificato quando, il 5 gennaio del 2020, il parlamento a maggioranza di opposizione, elegge come presidente Luis Parra, in base alle regole di turnazione che la stessa destra si era data. L’autoproclamato crea anche un finto parlamento che “legifera” in un condominio, dove Guaidó, sempre più malvisto dai suoi stessi compari, continua a farfugliare il suo ritornello a beneficio dei suoi padrini occidentali.

Febbraio 2020: Dalla piazza alla giustizia internazionale

Durante la grande marcia di sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici della compagnia aerea nazionale Conviasa, colpita da nuove misure coercitive illegali del governo USA, su richiesta dell’estrema destra venezuelana, il presidente Maduro annuncia: “Denunceremo Trump alla Corte Penale Internazionale per crimini di lesa umanità contro la popolazione civile”. L’istanza, presentata ai giudici della CPI dell’Aia dal ministro degli Esteri, Jorge Arreaza, verrà illustrata ai giornalisti durante una conferenza internazionale. Nessun paese aveva fino al allora presentato una denuncia simile presso la CPI. Un organismo che agisce direttamente contro gli individui e non contro gli Stati e che, nel preambolo allo Statuto di Roma, regola i crimini di lesa umanità contro la popolazione civile nell’articolo 7.

La campagna di adesioni al PSUV, in sole 5 settimane registra un milione di iscritti in più.

Trump annuncia un taglio del 50% al contributo per l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), preferendo destinare i fondi di prevenzione scientifica della USAID alla destabilizzazione di Cuba, Venezuela e Nicaragua. Dagli USA, l’ex commissario venezuelano, il repressore della Quarta Repubblica, Simonovis, minaccia: Maduro, Cabello e Tareck El Aissami faranno la fine di Soleimani, il generale iraniano ucciso a gennaio dai droni nordamericani.

Marzo: Coronavirus e coronagringos. Gli USA mettono una taglia sulla testa di Maduro

Il 5 marzo, Trump chiede al Congresso Usa di prolungare per un altro anno il decreto esecutivo di Obama, peggiorato da un lungo elenco di ordinanze promulgate poi dallo stesso tycoon, di ulteriori “sanzioni” al Venezuela. Maduro denuncia che Trump “cerca di provocare una guerra con il Brasile”. Nel Tachira, viene sequestrato un ingente quantitativo di armi e esplosivo, proveniente dalla Colombia, a un gruppo di paramilitari penetrati in Venezuela con intenti destabilizzanti.

Fallisce un nuovo appello alla piazza, indetto dall’”autoproclamato”. Esplode nel mondo la pandemia da coronavirus, negata da Trump e Bolsonaro.

Trump mette una taglia di 15 milioni di dollari sulla testa di Maduro e di altri dirigenti bolivariani, e dichiara il Venezuela un “narcostato”.

Aprile: La flotta Usa di fronte al Venezuela

Con il pretesto della lotta al narcotraffico, gli USA inviano una flotta multinazionale di fronte alle coste del Venezuela e del Messico. La nave Resolute sperona la guardia costiera venezuelana Naiguatá e l’affonda. Il governo nordamericano si dichiara disposto a ritirare le “sanzioni” se in Venezuela si forma un governo di transizione da cui siano esclusi sia Maduro che Guaidó. Maduro attiva il Consiglio di Stato, un organismo di emergenza previsto dalla Costituzione bolivariana. Il presidente dell’Assemblea Nazionale, Luis Parra, a nome dell’opposizione non golpista, sottoscrive il nuovo appello all’unità nazionale che respinge ogni tipo di ingerenza esterna. Negli Stati Uniti, il Covid-19 provoca una grave crisi economica che è anche crisi politica e che si riflette nelle sfere militari, dove si contano più di 3.000 contagiati.

Maggio: i pescatori cantano “Bella Chuao”

Si svolge online il vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati (MNOAL), la seconda organizzazione per grandezza dopo l’ONU, composta da 120 paesi, che si confronta con l’ONU e l’OMS.

I pescatori del villaggio di Chuao, insieme alle forze governative, sventano un tentativo di invasione, compiuto da 300 mercenari provenienti dalla Colombia. Fra questi, contractor dell’impresa per la sicurezza privata Silvercorp, legata all’amministrazione USA. È l’operazione Gedeone, finanziata – come si scoprirà subito dopo – dalla banda di Guaidó. “Lavoro, salute, fucile”, aveva detto il 1° Maggio il presidente Maduro, invitando la classe lavoratrice a tenere a portata le armi, per la difesa integrale della nazione.

Citando fonti interne all’intelligence colombiana, Maduro accusa il governo colombiano di Ivan Duque di voler infettare volutamente il Venezuela attraverso i migranti che stanno ritornando nel paese.

Un poliziotto bianco uccide l’afro-statunitense George Floyd, scatenando un’ondata di indignazione a livello mondiale. Trump accusa Maduro di pilotare le proteste del movimento Black Lives Matter.

Oltre 60 paesi di tre continenti, tra i quali gli USA, il Canada e il Giappone, Unione Europea più la Svizzera, insieme a ONG e organizzazioni internazionali quali l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), erogano più di 2,5 miliardi di dollari ai paesi che “aiutano i rifugiati venezuelani”.

Giugno: Sanzioni e fake-news sul Venezuela.

Il Tribunal Supremo de Justicia (TSJ) annuncia la nuova direzione del Consejo Nacional Electoral (CNE).

Un’inchiesta truccata grossolanamente dal giornale spagnolo, ABC, di estrema destra, sostiene che, nel 2010, Hugo Chavez avrebbe inviato 3,5 milioni di euro al Movimento 5 Stelle, in Italia. La Procura venezuelana querela ABC.

Il Consiglio Europeo sanziona altri 11 funzionari del governo bolivariano. Tra questi, oltre alla prima vicepresidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, Tania Diaz, c’è il presidente del Parlamento (di opposizione), Luis Parra.

Maduro intima all’ambasciatrice dell’Unione Europea, Isabel Brilhante, di lasciare il paese entro 72 ore, denunciando il nuovo atto di ingerenza neocoloniale della UE, anche a seguito delle rivelazioni del Wall Street Journal secondo le quali nell’ambasciata di Spagna si era preparata l’Operazione Gedeone.

Luglio: Maduro vuole il dialogo, Stati Uniti e Unione Europea lo respingono

Una telefonata fra il ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Arreaza e il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, e la firma di un comunicato congiunto, fa rientrare la crisi tra il governo bolivariano e l’Unione Europea.

Gli USA impongono sanzioni contro altri due funzionari venezuelani. Elliott Abrams dichiara che finanzierà una poderosa campagna mediatica contro il Venezuela bolivariano. Al contempo, sostiene di aver mantenuto conversazioni con la delegazione norvegese che si è recata a Caracas.

Agosto: Il Coronavirus di porta via Dario Vivas

Mentre continuano le aggressioni politiche e diplomatiche da parte del figlioccio di Uribe, Ivan Duque, al governo bolivariano, la Corte Suprema di Giustizia della Colombia ordina gli arresti domiciliari per l’ex presidente Alvaro Uribe, accusato di frode e corruzione di testimoni.

Due ex soldati statunitensi, che hanno partecipato all’operazione Gedeone, vengono condannati a vent’anni di carcere.

Muore di coronavirus il dirigente chavista Dario Vivas, a cui verrà dedicato il Comando di Campagna per le parlamentari del 6 dicembre

Maduro concede l’indulto a 110 detenuti accusati di violenze contro lo Stato. Tra questi, anche alcuni collaboratori di Guaidó.

Settembre: l’arma subdola dei “diritti umani”

Nello stato Falcon, viene catturato l’ex marine Heath Mattew Jhon, accusato di essere una spia statunitense che stava monitorando le raffinerie di petrolio. Aveva con sé un arsenale di armi sofisticate e una gran quantità di dollari.

Il ministro degli Esteri Jorge Arreaza conferma la collaborazione con il Consiglio per i diritti umani della Nazioni Unite, ma critica la relazione “piena di falsità, elaborata a distanza e senza alcun rigore metodologico da una missione fantasma controllata dai governi subalterni a Washington”, presentata per accusare il governo bolivariano di presunte violazioni ai danni dell’opposizione durante le violenze del 2014.

Ottobre: Legge contro il bloqueo e vaccino russo

Viene approvata dall’ANC la Ley anti-bloqueo, con la quale il governo bolivariano si propone di contrastare le misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo.

 Il Venezuela sarà il primo paese dell’America latina in cui verrà applicato il vaccino russo. Viene diffuso presso le istituzioni nazionali e internazionali il dossier “La Verdad de Venezuela contra la infamia”, dati e testimonianze che lo Stato bolivariano ha raccolto sugli attacchi e le violenze dell’estrema destra nel corso del secolo XXI, silenziati dagli USA e dai governi vassalli.

Leopoldo Lopez, leader di Voluntad Popular e mentore di Guaidó fugge in Spagna, evadendo dagli arresti domiciliari.

Novembre: Il ritratto di Chávez torna in Bolivia

Nuovo attacco terroristico alla raffineria di Amuay, la più grande del Venezuela, che si trova nella parte occidentale del paese. Nel Zulia vengono catturati due mercenari stranieri che preparavano attentati contro i dirigenti bolivariani.

Dopo la vittoria del Mas in Bolivia, nella sede dell’ambasciata del Venezuela torna il ritratto di Hugo Chávez, mentre finisce nel secchio quello dell’”autoproclamato”.

Muore Diego Armando Maradona. Maduro lo ricorda come un amico generoso che “dimostrò sempre la sua lealtà alla causa rivoluzionaria del Venezuela”.

Il Venezuela condanna il nuovo tentativo di destabilizzazione contro la rivoluzione cubana, tentato dall’imperialismo attraverso una contestazione di artisti.

Dicembre: Nuova vittoria del socialismo bolivariano

Dopo la vittoria del chavismo alle parlamentari del 6 dicembre, l’opposizione organizza una fraudolenta e ridicola “consulta popular”, sbugiardata da diverse inchieste giornalistiche internazionali, ma sostenuta dall’imperialismo USA e dai suoi vassalli.

L’Assemblea Nazionale Costituente termina i suoi lavori con un bilancio in positivo, fornito da Diosdado Cabello. Il presidente Maduro rivolge un magistrale discorso alla ANC, ripercorrendo il cammino della rivoluzione bolivariana.

Muore il giornalista Juan Vicente Rangel, figura storica della politica di sinistra venezuelana.

L’Argentina riceve dall’Uruguay la presidenza pro-tempore del Mercosur. La dichiarazione conclusiva del 18° vertice dell’Alba, viene letta da Sacha Llorenti, il rappresentante della Bolivia tornata nell’organismo. Rivendica “il multilateralismo e i principi della difesa dei diritti umani, incluso il rispetto alla libera determinazione dei popoli, sovranità, integrità territoriale e non ingerenza negli affari interni delle Nazioni”.

Il chavismo ricorda il Libertador Simon Bolivar, scomparso il 17 dicembre del 1830, promettendo di rinnovarne il sogno di una Patria Grande per tutto il continente.


L’UE abbandonerà Guaidó

Juan Guaidò, la farsa ai titoli di coda? Sembra proprio di sì se anche il mostro bicefalo chiamato Unione Europea è intenzionato a non riconoscere più il golpista venezuelano come il presunto presidente ‘incaricato’ del Venezuela.

La decisione – spiega RedRadioVe – è strettamente collegata all’esito delle elezioni parlamentari del 6 dicembre. Una tornata elettorale che ha visto il chavismo trionfare e così riconquistare la maggioranza in seno all’Assemblea Nazionale.

La clamorosa sconfitta dell’opposizione ha messo fine alla precaria unità che esisteva nel conclave delle nazioni del vecchio continente, indica il portale venezuelano.

I paesi europei sanno bene che dopo il 5 gennaio cade l’ultimo fragile appiglio simil-legale che l’autoproclamato scherzo della storia conosciuto come Guaidò può accampare per rivendicare la presidenza virtuale del paese. Alla guida del paese è sempre restato ben in sella il legittimo presidente Maduro. Solo nella narrazione distorta di certi media asserviti a Washington Guaidò è alla guida del Venezuela.

Come ha evidenziato anche l’ex presidente spagnolo Zapatero il 5 gennaio ritenere Guaidò ancora presidente incaricato perde ogni senso. Il golpista cessando di essere parlamentare non può rivendicare più nulla.

L’UE resta comunque in mezzo al guado

Quindi è chiaro che l’UE non continuerà più a sostenere Guaidó, come il presunto presidente in carica. Come rivela il corrispondente da Bruxelles, Lluís Pellicer, del quotidiano spagnolo El País, l’UE pur di non legittimare Maduro, unico e vero presidente del Venezuela, avrebbe deciso di riconoscere Guaidó come “l’ultimo presidente” eletto “democraticamente” all’Assemblea Nazionale.

Questa formula manterrebbe parte dello status conferito a Guaidó a livello internazionale. In modo tale che lui e la sua cricca di corrotti possano continuare a gestire i fondi della Repubblica Bolivariana del Venezuela, illegalmente congelati in paesi come il Portogallo e la Svizzera.

Il giorno dopo l’insediamento della nuova Assemblea Nazionale, cioè il 6 gennaio, l’UE prevede di rilasciare una dichiarazione ufficiale con la sua posizione. Ma gli analisti indicano anche che l’Unione attende il segnale dal suo vero capo: il governo degli Stati Uniti per prendere una decisione definitiva e ufficiale.

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