Cosa sta succedendo ad Haiti?

https://misionverdad.com

Per cercare di rispondere a questa domanda è necessario individuare le cause della crisi politica, economica e sociale di Haiti e addentrarsi nella sua storia segnata da invasioni, tutela e saccheggio da parte delle potenze imperiali.

Nelle ultime settimane si sono registrate forti proteste contro il presidente di quel paese, Jovenel Moïse, il cui mandato è stato circondato da polemiche da quando ha vinto le elezioni nel novembre 2016.

Di fronte al grido di “no alla dittatura!” degli haitiani e la repressione di Moïse, né l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) né gli USA si sono pronunciati. E, come si vedrà più avanti, i governi USA hanno tradizionalmente sostenuto presidenti haitiani autoritari che sono servili alle loro politiche, ciò che contraddice la loro presunta preoccupazione per quella che chiamano “la dittatura di Nicolás Maduro” in Venezuela.

Dal momento in cui si è realizzato il primo turno delle elezioni presidenziali, nel 2015, Jovenel Moïse è stato accusato di frode. Nel gennaio dell’anno successivo si sono registrate forti proteste nella capitale del paese caraibico per esigere la partenza dell’allora presidente, Michel Martelly, e nominare un governo di transizione. Intanto Moïse chiedeva alle autorità elettorali di riprogrammare le elezioni (previste per gennaio), come del resto è avvenuto, per la fine di quell’anno.

Pertanto, l’argomento dell’opposizione sarebbe che il mandato dell’attuale presidente si è concluso lo scorso febbraio secondo la logica stabilita. La crisi istituzionale si è aggravata quando la magistratura ha stabilito, il 7 febbraio, che il mandato del presidente haitiano Jovenel Moïse scadeva quello stesso giorno, l’opposizione ha nominato un magistrato “presidente della transizione”.

Il presidente della transizione nominato è il giudice Joseph Mecène Jean Louis, membro della Corte di Cassazione dal 2011. “Accetto l’elezione dell’opposizione e della società civile per poter servire il mio paese come presidente ad interim della transizione della rottura Possa Dio avere pietà della nazione haitiana”, ha detto Mecène in un video diffuso dai media.

Nel frattempo, Moïse afferma che la sua carica continuerà fino al 2022 dopo “aver dato un’interpretazione illegittima della Costituzione”. Dallo scorso anno governa per decreto dopo aver sospeso i due terzi del Senato, l’intera Camera dei Deputati e tutti i sindaci del Paese: “Si è rifiutato di tenere elezioni negli ultimi quattro anni”.

Oltre ad essere sostenuto dal governo USA, il presidente haitiano secondo alcuni media è sostenuto da bande criminali i cui membri sarebbero stati legati alla polizia ed hanno commesso esecuzioni extragiudiziali. Dallo scorso anno l’ascesa di bande criminali che affliggono intere comunità con rapine, incendi e stupri è diventata più evidente.

“Secondo i rapporti, l’alleanza  G9 ha beneficiato dei forti legami che ha stabilito con il governo del presidente Jovenel Moïse. A quanto pare, i capi delle gang non sono perseguiti fintanto che aiutano a mantenere la pace nei quartieri sotto controllo. In cambio, il governo di Moïse li considera soldati fedeli che controllano l’insicurezza, mettono a tacere le voci dell’opposizione e rafforzano il sostegno politico in tutta la capitale”, segnala InsightCrime.

Ma le proteste contro “l’uomo banana”, uomo d’affari così soprannominato per essere legato alla produzione e all’esportazione di questo frutto, non sono cominciate da poco. Alla fine del 2019 si è verificata un’escalation di violenza in diversi paesi del continente, tutti con implicazioni dirette del Fondo Monetario Internazionale (FMI): in Cile lo scoppio sociale è stato dovuto all’aumento delle tariffe della metropolitana; in Ecuador e Haiti a causa dell’aumento dei combustibili. L’unica differenza è stata la copertura mediatica data a questi tre eventi.

Come nelle rivolte sudamericane, in questo paese caraibico si sono svolte marce e proteste massicce che hanno provocato morti, saccheggi e una pesante repressione. In quell’occasione, quella che era iniziata come una rivendicazione per l’aumento della benzina, con forti risvolti per la vita quotidiana dei già maltrattati haitiani, si è conclusa con la richiesta delle dimissioni del presidente quando la violenza si è rivolta verso le istituzioni pubbliche e si è aggiunta la polizia per richiedere rivendicazioni.

Il detonante iniziale delle proteste ad Haiti è stato l’aumento del carburante, ma dietro ci sono altre rivendicazioni contro interventi, saccheggi, vicissitudini e la storia stessa. Elementi sui quali, in quella occasione ed in altre, è stato costruito un muro.

Secondo un articolo speciale della rivista Tricontinental dedicato ad Haiti, questo è il paese più povero d’America. È anche una delle società più disuguali il cui prodotto interno lordo (PIL) è più basso nell’emisfero occidentale. Secondo i dati della FAO, più della metà della popolazione soffre di insicurezza alimentare.

L’infrastruttura statale è risultata più devastata dal terremoto del 2010 e finora non è stato possibile sollevarla, il che offusca ulteriormente la presenza dello Stato nella società,  fatto simbolico se si prende in considerazione il rischio che corre un qualsiasi paese se non ha il controllo dell’attività politica ed economica.

A questo si aggiunge il fatto che l’istruzione e la sanità sono quasi interamente privatizzate. Questo primo fattore incide sul tasso di analfabetismo, il più alto del continente; e la disoccupazione, che finisce per essere assorbita dalla criminalità organizzata che controlla il traffico di droga.

D’altra parte, la mancanza di investimenti nel settore agroalimentare favorisce la mobilitazione della popolazione rurale verso le città più grandi. Questa importante forza lavoro per il paese finisce in quartieri marginali e non hanno molte opzioni, una di queste è stare nelle file delle piccole fabbriche all’interno delle “zone di libero scambio”, per essere schiavizzata dalle transnazionali manifatturiere.

STORICO ACCANIMENTO

L’indipendenza di Haiti fu la prima rivoluzione di schiavi nel continente americano ed esempio per tutti i processi di emancipazione nella regione. Inizia con una rivolta e la liberazione dei prigionieri sfruttati guidata da François Dominique Toussaint-Louverture nel 1795 e si consolida nel 1804 quando Jean-Jacques Dessalines proclama la Repubblica. Questa impresa fu un affronto per il quale il paese caraibico dovette pagare un prezzo elevato.

Per rappresaglia, la Francia usò il suo potere militare e l’influenza diplomatica per avviare un blocco contro la nazione appena fondata.

Nel 1825, nonostante il paese europeo avesse già estratto gran parte della ricchezza di Haiti, la nazione caraibica fu costretta a pagare le perdite che l’indipendenza causò ai proprietari terrieri, altrimenti non sarebbe stata riconosciuta come Repubblica. Già impoverita e con i raccolti bruciati, doveva sollecitare un prestito e la condizione era che si potesse utilizzare solo banche francesi, il che è risultata una ironica disgrazia. Il rifiuto di pagare, in un primo momento, comportò l’arrivo di navi militari del paese europeo sulle sue coste.

Haiti impiegherà più di un secolo per estinguere il suo debito stimato di 22 miliardi di dollari.

ASSEDIATA DAGLI IMPERI

La nazione sembrava star uscendo dal pantano quando, nuovamente, fu soggiogata da un’altra potenza imperiale, questa volta dallo stesso continente.

All’inizio del XX secolo fu occupata militarmente dagli USA su richiesta del presidente Woodrow Wilson. I marines furono inviati per “mantenere la pace e la stabilità” dopo che una folla aveva assassinato, nel 1915, il presidente haitiano Jean Vilburn Guillaume Sam, dopo la decisione di giustiziare 167 prigionieri politici.

Durante l’invasione, le truppe si appropriarono delle riserve auree del paese. L’altra ipotesi che si gestisce è la preoccupazione per la presenza della Germania e la minaccia che questa rappresentava per gli interessi USA.

L’occupazione durò fino al 1934. Fino a quel momento ogni insurrezione contadina fu disarticolata e i capi che avevano una posizione patriottica o antiUSA furono eliminati. Chi ebbe una posizione obbediente fu Philippe Sudre Dartiguenave ed è per questo che fu “eletto” presidente. Durante il suo mandato il dominio era tale che gli USA controllavano la tesoreria e le dogane. In quel periodo furono uccisi più di 20mila haitiani.

ERA DUVALIER

Più tardi, appare sulla scena politica François Duvalier, un medico che divenne famoso per la lotta contro le malattie tropicali. Dopo aver ricoperto vari incarichi governativi in ​​quella area, nel 1957 si candida alla presidenza e vince. Conosciuto anche come Papa Doc, fa appello al riscatto  della negritudine e si impone come un hougan, sacerdote vudù.

La performance come divinità vudù e altre circostanze politiche servirono a consolidare il suo potere e si proclamò presidente a vita. Nonostante si sia pubblicizzata la persecuzione religiosa e politica, a causa del contesto della Guerra Fredda, gli USA stabilirono un’alleanza strategica con Haiti per contenere l’ascesa dei movimenti di sinistra nella regione.

Questa politica di contenimento USA includeva anche la “cooperazione” in materia economica e militare. Con questa prima risorsa si cercava di imporre il modello di sviluppo che consentisse, attraverso piccoli prestiti, di rilanciare l’economia locale e generare una stabilità sociale che potesse proiettare il modello capitalista come vincente.

Una parte di queste risorse sarebbe destinata alla costruzione di infrastrutture industriali, al miglioramento dei servizi, tra altri, e quindi aprire la strada all’arrivo degli investimenti USA per sfruttare la materia prima in condizioni favorevoli.

UN’ALTRA FASE DI SVUOTAMENTO

Questo sviluppo non fu possibile perché Papa Doc capitalizzò tutti gli aiuti esteri e le risorse dello Stato. Esercitò una politica persecutoria contro i piccoli imprenditori e commercianti che, pro o contro, perseguitava, depredava e costringeva a finanziare politiche governative attraverso contributi diretti.

“Coloro che veramente controllavano il paese, durante questo periodo, erano gli imprenditori stranieri, che manipolavano l’economia della nazione e venivano difesi da brigate di milizie parastatali”, riferisce Georges Fortuné, citato in un testo di Carlos Murgueitio.

La situazione economica di Haiti peggiorò quando il dittatore favorì i proprietari terrieri e le multinazionali mentre espelleva i contadini dalle terre statali. A ciò si aggiunge il fallimento di due grandi progetti di assistenza agricola promossi dal presidente Eisenhower, tra il 1957 e il 1961, che convogliava fondi attraverso l’HADO (Haitian American Development Organization).

Negli anni ’60, l’economia haitiana ritornò ad essere dipendente dai prestiti e il debito estero triplicò. Nel 1963, gli USA, su mandato di John F. Kennedy, concesse ad Haiti 28 milioni di dollari per avviare un processo di liberalizzazione economica e, per l’applicando della ricetta, il FMI contribuì con altri 6 milioni di dollari, segnala Murgueitio.

Il malcontento sociale e le proteste contro il saccheggio, la corruzione e l’impoverimento fu contenuto dall’uso di violenza eccessiva da parte dei Tonton Macoutes, un gruppo paramilitare creato da Duvalier che fungeva da organo di sicurezza ed era religiosamente subordinati a Papa Doc, che associavano al barone Samedi, una burlesca divinità cadaverica che esaudisce desideri e determina chi passa nell’aldilà una volta morto.

Addestrati dalla missione militare USA, i Tontón Macuotes uccisero più di 50000 persone durante le dittature di François Duvalier e di suo figlio Jean-Claude Duvalier, Baby Doc, che assunse il potere dal 1971, quando morì suo padre, fino al 1986.

Determinati a continuare ad esercitare il controllo sul paese insulare, quando Papa Doc muore, gli USA inviarono corazzate sulle coste di Haiti per garantire la transizione di potere a suo figlio ed evitare ostacoli a questo processo.

La dittatura di Baby Doc si dimostrò incapace di contenere la risposta popolare che lo ha costretto a fuggire in Francia su un aereo militare USA. Da quel momento iniziò una fase che chiamarono duvalierismo senza Duvalier, un susseguirsi di governi militari che mantenevano la linea dura delle dittature.

Gli haitiani, a quel tempo, erano più poveri e meno autosufficienti nella produzione alimentare. Molti vivevano delle fabbriche USA come Disney e Kmart, che pagavano i lavoratori 11 centesimi l’ora per cucire pigiami e magliette.

LA FASE DEMOCRATICA

Ironicamente, per il nuovo periodo democratico che iniziava, il governo USA e il FMI “raccomandarono” ad Haiti una serie di misure neoliberali. Questa politica finì per minare il settore agricolo e gli investimenti nelle campagne furono scoraggiati. Oltre a ciò, doveva essere saldato il debito contratto dai dittatori.

Il malcontento sociale si agglutinò in un movimento politico guidato da Jean-Bertrand Aristide, ex sacerdote contrario alle élite al potere lasciate dal duvalierismo, che nel 1991 vinse le prime elezioni democratiche del secolo. Dopo diversi mesi al potere,  riceve un colpo di stato guidato da Raoul Cedras, che era segnalato come membro della prima generazione dei Macuotes. Aristide ritornò nel paese nel 1994 con il sostegno della comunità internazionale e delle truppe USA.

Aristide promosse una serie di riforme che promuovevano l’uguaglianza e fu il primo presidente a fare una giusta rivendicazione alla Francia per lo storico debito che richiese più di un secolo per essere pagato.

Aristide fu  eletto nuovamente presidente nel 2004. Questo nuovo scenario politico era complicato perché dovette affrontare il blocco degli aiuti internazionali e le proteste antigovernative. In seguito al rapimento da parte delle forze militari USA, Aristide fu costretto a lasciare l’incarico. La crisi sociale portò a una nuova occupazione da parte della Forza di Stabilizzazione dell’ONU (MINUSTAH). Successivamente, si dimostrò che questa forza militare era coinvolta in atti di tortura, stupro e traffico di esseri umani, prostituzione in cambio di cibo e traffico di droga.

ALTRUISMO SELETTIVO

Se il panorama era drammatico, con il terremoto di 7,3 gradi della scala Richter che si registrò nel 2010, si misero allo scoperto le realtà più atroci. Il terremoto provocò un saldo di più di 200mila morti, il collasso generale della infrastruttura di Haiti, migliaia di senzatetto e, quindi, più povere. A causa dell’ampiezza dell’evento, il paese fu notizia per alcuni giorni e poi cadde nell’oblio.

Durante l’effervescenza del momento mediatico, governo, ONG, artisti, tra  altri, offrirono risorse che si contarono in oltre 5 miliardi di dollari per assistere all’emergenza e ricostruire il paese.

Parte di questo denaro non è mai arrivato ​​al governo haitiano. Uno dei tanti casi di corruzione è stato quello della Croce Rossa USA, che con l’importo sopra descritto ha costruito solo sei case in cinque anni.

A questa catastrofe si aggiunge la deliberata introduzione di un’epidemia di colera da parte delle truppe ONU, che scaricarono le acque reflue nel rio Artibonite (il più lungo dell’isola). Questa malattia uccise più di 8mila persone. Ironicamente, sul sito dell’organismo si parla della missione del MINUTAH ad Haiti e tra i vari aspetti spiccano

 la mobilitazione di risorse per aiutare nel lavoro di cura delle vittime e di contenimento e di contrasto dell’epidemia di colera dell’ottobre 2010.

Il debito estero di Haiti è stato stimato, per la fine del 2019, in circa 890 milioni di dollari, di cui il 41% corrisponde al BID, il suo più grande creditore, e il 27% alla Banca Mondiale, riferisce Telesur. Questo demolisce il mito degli “aiuti umanitari” poiché un aiuto migliore sarebbe quello di condonare il debito del paese caraibico con l’Occidente.

La chiave delle proteste del 2019 è stata l’aumento dei combustibili, misura del FMI che includeva anche la privatizzazione del sistema elettrico. La crisi è peggiorata nel 2018 quando il Venezuela, a causa del blocco economico imposto, ha smesso di inviare carburante sovvenzionato ad Haiti attraverso Petrocaribe. Ciò ha costretto il paese a rivolgersi alle compagnie petrolifere USA, con prezzi più alti.

Sebbene il contributo di Petrocaribe non risolva i problemi, rappresentava un importante contributo al sussidio del carburante. Il ricatto USA ha inciso sulle decisioni di Haiti nell’OSA, che fino a quel momento accompagnava il Venezuela nelle decisioni prese nell’organismo multilaterale.

In altre parole, era imperativo per gli USA fermare qualsiasi tipo di alleanza strategica che interrompesse i suoi piani di mantenere alcune nazioni sotto la sua influenza e tutela.

Paradossalmente, il paese che per primo è riuscito a liberarsi dal giogo di una corona europea è il meno autonomo per i motivi che abbiamo già visto tangenzialmente qui. Per cercare di rispondere alla domanda che intitola il presente articolo, è stato necessario ripercorrere le vicende di Haiti dall’indipendenza ad oggi. Ciò che sta accadendo attualmente è la continuità degli stessi processi leonini che hanno caratterizzato il paese caraibico sin dalla sua fondazione come repubblica.


¿QUÉ ESTÁ PASANDO EN HAITÍ?

Para tratar de responder esta pregunta es necesario identificar los causantes de la crisis política, económica y social de Haití y adentrarse en su historia signada por invasiones, tutelaje y saqueo por parte de potencias imperiales.

En las últimas semanas se han registrado fuertes protestas contra el presidente de ese país, Jovenel Moïse, cuyo mandato ha estado rodeado de controversia desde que ganó las elecciones en noviembre de 2016.

Ante el grito de “¡no a la dictadura!” de los haitianos y la represión por parte de Moïse, la Organización de Estados Americanos (OEA) ni Estados Unidos se han pronunciado. Y es que, como se verá más adelante, tradicionalmente los gobiernos estadounidenses han apoyado a presidentes haitianos autoritarios que son serviles a sus políticas, lo que contradice su supuesta preocupación por lo que ellos denominan “la dictadura de Nicolás Maduro” en Venezuela.

Desde que se realizó la primera vuelta de las elecciones presidenciales, en 2015, se acusó a Jovenel Moïse de fraude. En enero del siguiente año se registraron fuertes protestas en la capital del país caribeño para exigir la salida del presidente de ese entonces, Michel Martelly, y nombrar un gobierno de transición. Entre tanto, Moïse pedía a las autoridades electorales que se reprogramaran los comicios (pautados para enero), como en efecto ocurrió, para finales de ese año.

Por tanto, el argumento de la oposición sería que el mandato del actual presidente concluyó el pasado febrero según la lógica establecida. La crisis institucional se agudizó cuando el poder judicial determinara el 7 de febrero que el mandato del presidente haitiano Jovenel Moïse expiraba ese mismo día, la oposición nombró a un magistrado “presidente de la transición”.

El presidente de la transición nombrado es el juez Joseph Mecène Jean Louis, miembro del Tribunal de Casación desde 2011. “Acepto la elección de la oposición y de la sociedad civil para poder servir a mi país como presidente interino de la transición de la ruptura. Que Dios se apiade de la nación haitiana”, dijo Mecène en un video difundido por medios.

Entre tanto, Moïse afirma que su cargo continuará hasta 2022 luego de “hacer una interpretación ilegítima de la Constitución”. Desde el año pasado gobierna por decreto luego de suspender a dos tercios del Senado, a toda la Cámara de Diputados y a todos los alcaldes del país: “Se ha negado a celebrar elecciones en los últimos cuatro años”.

Además de ser sostenido por el gobierno estadounidense, el presidente haitiano según algunos medios es apoyado por bandas criminales cuyos miembros habrían estado vinculados a la policía y cometieron ejecuciones extrajudiciales. Desde el año pasado el auge de bandas criminales que azota comunidades enteras con robos, incendios y violaciones se ha hecho más evidente.

“Según los informes, la alianza G9 se ha beneficiado de los fuertes lazos que ha establecido con el gobierno del presidente Jovenel Moïse. Al parecer, los líderes de la pandilla no son enjuiciados, siempre y cuando ayuden a mantener la paz en los barrios bajo su control. A cambio, el gobierno de Moïse los considera soldados leales que controlan la inseguridad, silencian las voces de la oposición y refuerzan el apoyo político en toda la capital”, señala InsightCrime.

Pero las protestas contra “el hombre banana”, empresario apodado así por estar vinculado a la producción y exportación de este fruto, no empezaron recientemente. A finales de 2019 hubo una escalada de violencia en varios países del continente, todas con implicaciones directas del Fondo Monetario Internacional (FMI): en Chile el estallido social fue por el incremento de las tarifas del Metro; en Ecuador y Haití por aumento de los combustibles. La única diferencia fue la cobertura mediática que se le dio a estos tres eventos.

Al igual que en las revueltas sudamericanas, en este país caribeño se realizaron marchas multitudinarias y las protestas que dejaron muertos, saqueos y una fuerte represión. En esa oportunidad, lo que empezó como un reclamo por el alza de la gasolina, con fuertes implicaciones en la cotidianidad de los ya golpeados haitianos, terminó con la exigencia de la renuncia del presidente cuando la violencia viró hacia las instituciones públicas y se sumó la policía para exigir reivindicaciones.

El detonante inicial de las protestas en Haití fue el aumento de los combustibles, pero detrás hay otros reclamos contra la intervención, el saqueo, las vicisitudes y la propia historia. Elementos sobres los cuales, en esa oportunidad y en otras, se ha construido un muro.

Según un trabajo especial de la revista Tricontinental dedicado a Haití, este es el país más pobre de América. También es una de las sociedades más desiguales cuyo Producto Interno Bruto (PIB) es el más bajo del hemisferio occidental. De acuerdo a los datos de la FAO, más de la mitad de la población vive inseguridad alimentaria.

La infraestructura estatal quedó más devastada por el terremoto de 2010 y hasta el momento no ha podido ser levantada, lo que desdibuja aún más la presencia del Estado en la sociedad, hecho simbólico si se toma en cuenta el riesgo que corre cualquier país si no tiene control del quehacer político y económico.

A esto se suma que la educación y la salud estén casi en su totalidad privatizadas. Este primer factor incide en la tasa de analfabetismo, la mayor del continente; y la desocupación, que termina siendo absorbida por el crimen organizado que controla el narcotráfico.

Por otra parte, la falta de inversión en el sector agroalimentario promueve la movilización de la población rural a las ciudades más grandes. Esta fuerza laboral importante para el país termina en barrios marginales y no tienen muchas opciones, una de ellas es mantenerse en las colas de las pequeñas fábricas dentro de las “zonas de libre comercio”, para ser esclavizada por las trasnacionales manufactureras.

HISTÓRICO ENSAÑAMIENTO

La independencia de Haití fue la primera revolución de esclavos del continente americano y ejemplo para todos los procesos de emancipación en la región. Inicia con una revuelta y liberación de los cautivos explotados liderada por François Dominique Toussaint-Louverture en 1795, y se consolida en 1804 cuando Jean-Jacques Dessalines proclama la República. Esta hazaña resultó una afrenta por la que el país caribeño tuvo que pagar un precio muy alto.

Como retaliación, Francia utilizó su poder militar e influencia diplomática para iniciar un bloqueo contra la recién fundada nación.

En 1825, a pesar de que el país europeo ya había extraído gran parte de la riqueza de Haití, la nación caribeña fue obligada a pagar por las pérdidas que generó la independencia a los terratenientes, de lo contrario no sería reconocido como República. Ya empobrecida y con los cultivos quemados, debía solicitar un préstamo y la condición era que solo se podía recurrir a bancos franceses, lo que resultó una desgracia irónica. La negativa de pago en un primer momento devino en la llegada de buques militares del país europeo a sus costas.

Haití tardó más de un siglo en pagar la deuda calculada en 22 mil millones de dólares.

ASEDIADA POR IMPERIOS

La nación parecía estar saliendo del atolladero cuando nuevamente fue sometida por otra potencia imperial, esta vez del mismo continente.

A principios del siglo XX, fue ocupada militarmente por Estados Unidos por petición del presidente Woodrow Wilson. Los marines fueron enviados para “mantener la paz y la estabilidad” luego de que una turba asesinara al presidente haitiano Jean Vilburn Guillaume Sam, en 1915, tras la decisión de ejecutar a 167 presos políticos.

Durante la invasión, las tropas se apropiaron de las reservas de oro del país. La otra hipótesis que se maneja es la preocupación por la presencia de Alemania y la amenaza que esto representaba para los intereses estadounidenses.

La ocupación duró hasta 1934. Hasta ese momento cualquier insurrección campesina fue desarticulada y los líderes que tuvieron una postura patriótica o antiestadounidense fueron eliminados. Quien tuvo una posición obediente fue Philippe Sudre Dartiguenave y por eso fue “elegido” como presidente. Durante su mandato el dominio era tal que Estados Unidos controlaba la tesorería y la aduana. En ese periodo más de 20 mil haitianos fueron asesinados.

ERA DUVALIER

Posteriormente, aparece en la escena política haitiana François Duvalier, un médico que alcanzó su popularidad por la lucha contra enfermedades tropicales. Después de ocupar varios cargos gubernamentales en esa área, en 1957 se postula como presidente y gana. También conocido como Papa Doc, apela al rescate de la negritud y se impone como un hougan, sacerdote vudú.

El performance como deidad vudú y otras circunstancias políticas sirvieron para afianzar su poder y se proclamó presidente vitalicio. A pesar de que se mediatizó la persecución religiosa y política, por el contexto de Guerra Fría, Estados Unidos estableció una alianza estratégica con Haití para contener el auge de los movimientos de izquierda en la región.

Esta política de contención estadounidense también incluía la “cooperación” en materia económica y militar. Con este primer recurso se buscaba imponer el modelo desarrollista que permitiera, a través de pequeños créditos, impulsar la economía local y generar una estabilidad social que pudiera proyectar el modelo capitalista como exitoso.

Parte de estos recursos estarían orientados a la construcción de infraestructura industrial, mejora de servicios, entre otros, y con esto abonar el terreno para la llegada de la inversión estadounidense a explotar la materia prima en condiciones favorables.

OTRA FASE DEL VACIAMIENTO

Este desarrollo no fue posible porque Papa Doc capitalizó toda la ayuda exterior y recursos del Estado. Ejerció una política persecutoria contra los pequeños empresarios y comerciantes a los que, a favor o en contra, perseguía, saqueaba y obligaba a financiar políticas gubernamentales a través de contribuciones directas.

“Quienes verdaderamente controlaron durante esta época el país fueron los empresarios extranjeros, quienes manipularon la economía de la nación y eran defendidos por las brigadas de milicias paraestatales”, refiere Georges Fortuné, citado en un texto de Carlos Murgueitio.

La situación económica de Haití se agravó cuando el dictador favoreció a los terratenientes y transnacionales al tiempo que expulsó a los campesinos de las tierras del Estado. A esto se suma el fracaso de dos grandes proyectos de asistencia agrícola impulsados por el presidente Eisenhower, entre los años 1957 y 1961, que canalizaba fondos a través de HADO (Haitian American Development Organization).

En los años 60 la economía haitiana se volvió dependiente de préstamos y la deuda externa se triplicó. En 1963 Estados Unidos bajo el mandato de John F. Kennedy le otorgó a Haití 28 millones de dólares para poner en marcha un proceso de liberalización económica y por aplicación de la receta el FMI aportó otros 6 millones de dólares, señala Murgueitio.

El descontento social y las protestas contra el saqueo, la corrupción y el empobrecimiento fue contenido con el uso de violencia excesiva a cargo los Tonton Macoutes, un grupo paramilitar creado por Duvalier que fungía como órgano de seguridad y estaban subordinados religiosamente a Papa Doc, a quien asociaban con el Barón Samedi, una burlesca deidad cadavérica que concede deseos y determina quién pasa a la otra vida una vez muerto.

Entrenados por la misión militar estadounidense, los Tontón Macuotes mataron a más de 50 mil personas durante las dictaduras de François Duvalier y su hijo Jean-Claude Duvalier, Baby Doc, quien asume el poder desde 1971, cuando muere su padre, hasta 1986.

Decididos a continuar ejerciendo control sobre el país insular, cuando muere Papa Doc, Estados Unidos envió acorazados a las costas de Haití para garantizar la transición de poder a su hijo y evitar obstáculos en este proceso.

La dictadura de Baby Doc resultó incapaz para contener la respuesta popular que lo obliga a huir en un avión militar estadounidense a Francia. Desde ese momento inició una etapa que llamaron duvalierismo sin Duvalier, una sucesión de gobiernos militares que igual mantenían la línea dura de las dictaduras.

Los haitianos para ese momento eran más pobres y menos autosuficientes en cuanto a la producción de alimentos. Muchos vivían de las fábricas estadounidenses como Disney y Kmart, que pagaban 11 centavos la hora a obreros y obreras para coser pijamas y camisetas.

LA ETAPA DEMOCRÁTICA

Irónicamente, para el nuevo periodo democrático que iniciaba, el gobierno norteaméricano y el FMI “recomendaron” a Haití una serie de medidas neoliberales. Esta política terminó de socavar el sector agrícola y se desalentó la inversión en el campo. Además de esto, se debía pagar la deuda contraída por los dictadores.

El descontento social se aglutinó en un movimiento político liderado por Jean-Bertrand Aristide, exsacerdote contrario a las élites de poder que dejó el duvalierismo, que en 1991 ganas las primeras elecciones democráticas del siglo. Después de varios meses en el poder recibe un golpe de Estado encabezado por Raoul Cedras, quien era señalado como miembro de la primera generación de los Macuotes. Aristide volvió al país en 1994 con el apoyo de la comunidad internacional y las tropas de Estados Unidos.

Aristide impulsó una serie de reformas que promovían la igualdad y fue primer presidente en hacer un justo reclamo a Francia por la deuda histórica que tardó más de un siglo en ser pagada.

Aristide fue elegido nuevamente como presidente en 2004. Este nuevo escenario político era complicado en tanto que tuvo que enfrentar el bloqueo de la ayuda internacional y las protestas antigubernamentales. Tras el secuestro por fuerzas militares estadounidenses, Aristide fue obligado a abandonar el cargo. La crisis social devino en una nueva ocupación por parte de la Fuerza de Estabilización de la ONU (MINUSTAH). Posteriormente, se demostró que esta fuerza militar estuvo involucrada en actos de tortura, violaciones y trata de personas, prostitución a cambio de comida y tráfico de drogas.

ALTRUISMO SELECTIVO

Si el panorama era dramático, con el terremoto de 7.3 en la escala de Richter que se registró en 2010 se desnudaron realidades más atroces. El movimiento telúrico dejó un saldo de más de 200 mil muertos, el colapso general de la infraestructura de Haití, miles de personas sin hogar y, por ende, más pobres. Debido a la magnitud del acontecimiento el país fue noticia por unos días y nuevamente cayó en el olvido.

Durante la efervescencia del momento mediático, gobierno, ONG, artistas, entre otros, ofrecieron recursos que se contabilizan en más de 5 mil millones de dólares para atender la emergencia y reconstruir el país.

Parte de ese dinero nunca llegó al gobierno de Haití. Uno de tantos casos corrupción fue el de la Cruz Roja de Estados Unidos, que con la cantidad descrita anteriormente solo construyó seis casas en cinco años.

A esta catástrofe se suma la introducción deliberada de un brote de cólera por parte de las tropas de la ONU, quienes descargaron aguas residuales sobre el río Artibonite (el más largo de la isla). Esta enfermedad mató a más de 8 mil personas. Irónicamente, en la web del organismo hablan de la misión de las MINUTAH en Haití y entre varios aspectos destacan la movilización de recursos para ayudar en la labor de atender a las víctimas y contener y abordar el brote de cólera de octubre de 2010.

La deuda externa de Haití se estimaba para finales de 2019 en unos 890 millones de dólares, de los cuales el 41% corresponde al BID, su mayor acreedor, y el 27% al BM, refiere Telesur. Esto derriba el mito de la “ayuda humanitaria” en tanto que mejor ayuda sería condonar la deuda del país caribeño con Occidente.

La clave de las protestas de 2019 fue el aumento de los combustibles, medida del FMI que también incluía la privatización del sistema eléctrico. La crisis se agudizó en 2018 cuando Venezuela, por el bloqueo económico impuesto, dejó de enviar combustible subsidiado a Haití a través de Petrocaribe. Esto obligó al país a acudir a petroleras estadounidenses, con precios más elevados.

Si bien el aporte de Petrocaribe no soluciona los problemas, este representaba un aporte importante para el subsidio del combustible. El chantaje de Estados Unidos ha impactado en decisiones de Haití en la OEA, quien hasta ese momento acompañaba a Venezuela en las decisiones que se tomaban en el órgano multilateral.

Vale decir que para Estados Unidos fue imperativo frenar cualquier tipo de alianza estratégica que interrumpiera sus planes de mantener a algunas naciones bajo su influencia y tutelaje.

Paradójicamente, el país que primero logró zafarse del yugo de una corona europea es el menos autónomo por las razones que ya vimos tangencialmente acá. Para tratar de responder la pregunta que titula el presente informe fue necesario el recorrido por las vicisitudes de Haití desde la independencia hasta ahora. Lo que pasa actualmente es la continuidad de los mismos procesos leoninos que han signado al país caribeño desde su fundación como república.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.