Cuba e la nascita di tre grandi simboli della Rivoluzione

In due giorni nacquero tre simboli rilevanti del processo rivoluzionario: l’esplosione del piroscafo francese La Coubre, la proclamazione di Fidel della frase “Patria o Morte” e l’impressionante immagine scattata dal fotografo Korda di Che Guevara …

Luis Fidel Acosta Machado  www.cubahora.cu

Cuba ed il suo popolo rappresentano, geograficamente parlando, una comunità umana insediata in un piccolo arcipelago del Mar dei Caraibi, situato proprio all’ingresso del Golfo del Messico, tra le penisole dello Yucatan e la Florida. Tuttavia, Cuba e il suo popolo sono anche un concetto, un’identità indipendente che si è forgiata attraverso cinque secoli di esistenza a partire dalla creazione fruttuosa e dall’accumulo costante di tradizioni, miti, processi storici, eroi e simboli, molti dei quali significano molto di più oggi di quanto  furono alle loro origini. E in queste righe non si fa allusione alle divise patrie, sacre a ogni cubano degno, ma a quei fatti, azioni, atteggiamenti e persino oggetti che, installati nell’immaginario nazionale, sono identificati con principi, valori, convinzioni e modelli morali ed etici.

Così, il machete è venuto a significare il coraggio e la virilità del cubano nella lotta; Baraguá e Moncada l’atteggiamento di non arrendersi mai nonostante le avversità delle situazioni; José Martí, il più universale di tutti i cubani e esempio di sublime dedizione alla Patria; Julio Antonio Mella la prestanza e l’impegno della gioventù cubana; e a continuare  l’enumerazione non si finirebbe mai l’elenco. Tuttavia ne va segnalata un’altra: il 1 gennaio 1959, data in cui la Maggiore delle Antille si sollevò veramente libera e sovrana da ogni tutela straniera, e iniziò il tortuoso, ma splendido, cammino della sua Rivoluzione.

Infinità di fatti, luoghi, figure e frasi è diventata anche una parte indissolubile della ricchezza simbolica della nazione in questi sessantadue anni di Rivoluzione cubana, alcuni carichi di trionfo e vittoria, altri coperti da un alone di lutto, che sono importanti quanto i primi, poiché diventano, nell’immaginario nazionale, duri richiami alla “sciocchezza di assumere il nemico”, come direbbe Silvio Rodríguez; e dell’imperativo di non arrendersi nel tentativo di costruire una società e un paese dove si cerchi, ogni giorno, di conquistare la giustizia.

L’anno 1960 è fertile in questo processo di creazione simbolica della Rivoluzione, in particolare il mese di marzo, in cui in soli due giorni nacquero tre dei simboli più rilevanti del processo rivoluzionario: l’esplosione del piroscafo francese La Coubre. Sorto nel porto dell’Avana, simbolo della barbarie terroristica e della mancanza di scrupoli del governo USA nella sua missione di distruggere la Rivoluzione; la proclamazione da parte di Fidel della frase “Patria o Morte”, che divenne disgiuntiva e motto del popolo nel suo obiettivo di costruire una società migliore; e l’impressionante immagine scattata dal fotografo Korda di Che Guevara, intitolata “Guerrigliero Eroico”, diventata emblema dell’utopia rivoluzionaria e di Cuba, ovunque essa sia.

Molto è stato indagato sulle vicende de La Coubre, il primo atto terroristico perpetrato contro la nascente Rivoluzione che provocò un numero così elevato di vittime: più di cento morti, 101 segnalano vari specialisti, e più di quattrocento feriti e lesionati, molti disabili per sempre. L’alta cifra fu il risultato di una doppia esplosione, una prima che causò non pochi morti e feriti, ma che fu seguita da una ancora peggiore che tolse la vita a molti di coloro che erano corsi sul luogo dell’attentato, con il l’obiettivo di soccorrere le altre vittime e prestare aiuto.

L’imbarcazione, di origine francese, come è noto, trasportava armi e munizioni acquisite in Belgio dal Governo Rivoluzionario per equipaggiare le forze armate. Secondo gli specialisti, non ci sono ancora prove conclusive su chi sia stato responsabile del fatto, ma non c’è dubbio che si sia trattato di un atto terroristico e non di un incidente. Tutte le prove di convinzione indicano la CIA e il governo USA, che avevano intensificato le loro azioni segrete per rovesciare la Rivoluzione, così come una fortissima campagna internazionale contro il processo cubano e la sua dirigenza, azioni che avrebbero avuto il loro apice, un anno dopo, con l’invasione mercenaria della Baia dei Porci.

Quanto al suo significato, come già espresso, diventa simbolo dell’orrore del terrorismo perpetrato contro Cuba dagli USA, che ha già innumerevoli vittime al suo attivo. Nell’immaginario popolare, forse solo l’attentato contro l’aereo delle Barbados nel 1976, suscita tanto dolore e collera.

Alla sepoltura delle prime vittime dell’esplosione, tenutasi il giorno successivo, Fidel fece conoscere quello che sarebbe stato la nuova disgiuntiva del popolo cubano, partendo dal presupposto che se fino ad allora si era lottato per la libertà del paese, scopo con cui era iniziato il processo rivoluzionario, ora si trattava di mantenerla e difenderla ad ogni costo, quindi la nuova disgiuntiva nazionale sarebbe “Patria o Morte”. Tuttavia, un aspetto poco noto è che la frase ebbe il suo processo di legittimazione e consolidamento che si produsse nei mesi successivi dello stesso anno.

Una rapida occhiata ai discorsi pronunciati da Fidel mostrano, in primo luogo, che questi tornerà allo slogan in vari atti e manifestazioni pubbliche, conferendogli portata e significato; e secondo, che risultò il popolo, tra ovazioni e acclamazioni, la ripeteva costantemente, interiorizzandola e facendola propria, persino prima che fosse consuetudine che Fidel chiudesse i suoi discorsi in questo modo. Allo stesso tempo, è un’espressione che non può essere separata dalla sua conclusione, il ¡Venceremos!, espresso dal dirigente cubano il 7 giugno 1960 poiché, come egli stesso espresse: “Per ciascuno di noi, individualmente, la consegna è: Patria o Morte!, ma per il popolo, che alla fine uscirà vittorioso, la consegna è: Vinceremo!”.

Quello stesso giorno, il 5 marzo, il fotografo Alberto Korda, mentre passeggiava con la macchina fotografica per la tribuna in cerca di una buona immagine, scattò la foto più iconica del XX secolo, quella del Che Guevara. Che esprimeva sul suo volto, serio e concentrato, tutta l’indignazione di un popolo di fronte alla mostruosità del terrorismo manifestato nella sua massima espressione. Sorse così un altro simbolo della Rivoluzione e della nazione cubana.


Cuba y el nacimiento de tres grandes símbolos de la Revolución

En dos días nacieron tres símbolos relevantes del proceso revolucionario: la explosión del vapor francés La Coubre,la proclama de Fidel de la frase “Patria o Muerte” y la impresionante imagen tomada por el fotógrafo Korda del Che Guevara…

LUIS FIDEL ACOSTA MACHADO

Cuba y su pueblo representan, geográficamente hablando, una comunidad humana asentada en una pequeño archipiélago del mar Caribe, ubicado justo a la entrada del Golfo de México, entre las penínsulas de Yucatán y la Florida. Sin embargo, Cuba y su pueblo resultan también un concepto, una identidad independiente que se forjó a través de cinco siglos de existencia a partir de la creación fecunda y acumulación constante de tradiciones, mitos, procesos históricos, héroes y símbolos, muchos de los cuales significan hoy mucho más de lo que fueron en sus en sus orígenes. Y no se hace alusión en estas líneas a las divisas patrias, sagradas para todo cubano digno, sino de aquellos hechos, acciones, actitudes y hasta objetos que, instalados en el imaginario nacional, son identificados con principios, valores, convicciones y modelos morales y éticos.

Así, el machete vino a significar el arrojo y la hombradía del cubano en la lucha; Baraguá y el Moncada la actitud de no rendirse jamás pese a la adversidad de las situaciones; José Martí el más universal de todos los cubanos y ejemplo de sublime entrega a la Patria; Julio Antonio Mella la prestancia y el compromiso de la juventud cubana; y de continuar con la enumeración no se terminaría nunca la lista. No obstante, una más sí ha de señalarse: el 1ro de enero de 1959, la fecha en que la Mayor de las Antillas se levantó verdaderamente libre y soberana de toda tutela extraña, e inició el tortuoso, pero espléndido, camino de su Revolución.

Infinidad de hechos, lugares, figuras, y frases ha devenido también parte indisoluble del caudal simbólico de la nación en estos sesenta y dos años de Revolución cubana, algunos cargados de triunfo y victoria, otros cubiertos con un halo luctuoso, que resultan tan importantes como los primeros, pues devienen, en el imaginario nacional, duros recordatorios de la “necedad de asumir al enemigo”, como diría Silvio Rodríguez; y del imperativo de no cejar en el intento de construir una sociedad y un país donde se trate de conquistar cada día toda la justicia.

El año de 1960 resulta fértil en este proceso de creación simbólica de la Revolución, especialmente el mes de marzo, en el que en solo dos días nacieron tres de los símbolos más relevantes del proceso revolucionario: la explosión del vapor francés La Coubre, surto en el puerto habanero, símbolo de la barbarie terrorista, y la falta de escrúpulos del gobierno norteamericano en su cometido de destruir la Revolución; la proclama de Fidel de la frase “Patria o Muerte”, que devino disyuntiva y lema del pueblo en su objetivo por construir una sociedad mejor; y la impresionante imagen tomada por el fotógrafo Korda del Che Guevara, titulada “Guerrillero Heroico”, que ha constituido emblema de la utopía revolucionaria y de Cuba, allí donde se encuentre.

Mucho se ha investigado sobre los sucesos de La Coubre, primer acto terrorista perpetrado contra la naciente Revolución que cobraba un número tan considerable de vidas: más de un centenar de fallecidos, 101 apuntan varios especialistas, y más de cuatrocientos heridos y lesionados, muchos incapacitados de por vida. La elevada cifra fue resultado de una doble explosión, una primera que ocasionó no pocos muertos y heridos, pero que fue seguida por otra aun peor que cegó la vida de muchos de los que habían corrido al lugar del siniestro, con el ánimo de socorrer a las víctimas y prestar ayuda.

La embarcación, de origen francés, como es conocido, portaba armas y municiones adquiridas en Bélgica por el Gobierno Revolucionario para apertrechar a las fuerzas. De acuerdo con los especialistas, aún no se cuentan con pruebas determinantes en cuanto a la autoría del hecho, pero no cabe duda alguna que se trató de un acto terrorista, y no de un accidente. Todas las pruebas de convicción apuntan hacia la CIA y el gobierno norteamericano, que había arreciado sus acciones encubiertas para derrocar la Revolución, así como una fortísima campaña internacional en contra del proceso cubano y su dirigencia, acciones que tendrían su cenit un año después con la invasión mercenaria por Bahía de Cochinos. 

En cuanto a su significación, como ya se expresó, deviene símbolo del horror del terrorismo desarrollado contra Cuba por los Estados Unidos, que ya suma incontables víctimas en su haber. En el imaginario popular, tal vez solo el atentado contra el avión de Barbados en 1976, despierte tanto dolor y cólera.

En el sepelio de las primeras víctimas de la explosión, realizado al día siguiente, Fidel dio a conocer cuál sería la nueva disyuntiva del pueblo cubano, a partir del presupuesto de que si hasta ese momento se había luchado por alcanzar la libertad del país, propósito con el que había iniciado el proceso revolucionario, ahora se trataba de mantenerla y defenderla a cualquier costo, de ahí que la nueva disyuntiva nacional sería “Patria o Muerte”. Sin embargo, un aspecto poco conocido es que la frase, tuvo su proceso de legitimación y afianzamiento que se produjo en los meses venideros ese mismo año.

Una rápida mirada a los discursos pronunciados por Fidel muestran, primero, que este volvería a la consigna en diversos actos y manifestaciones públicas, otorgándole su alcance y significación; y segundo, que resultó el pueblo quien, en medio de ovaciones y vítores, la repetía constantemente interiorizándola y haciéndola suya, incluso antes de que fuera habitual que Fidel cerrase sus alocuciones así. Asimismo, resulta una expresión que no puede ir separada de su colofón, el ¡Venceremos!, expresado por el líder cubano el 7 de junio de 1960 puesto que, como él mismo expresara: “Para cada uno de nosotros, individualmente, la consigna es: ¡Patria o Muerte!, pero para el pueblo, que a la larga saldrá victorioso, la consigna es: ¡Venceremos!”. 

Ese mismo día 5 de marzo, el fotógrafo Alberto Korda, mientras paseaba su cámara por la tribuna en busca de una buena imagen, tomó la foto más icónica del siglo XX, la del Che Guevara. La cual expresaba en su rostro, serio y reconcentrado, toda la indignación de un pueblo ante la monstruosidad del terrorismo manifiesta en su máxima expresión. Surgió así otro símbolo de la Revolución y la nación cubana.

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