Fase 3, il vaccino di Cuba c’è

Un’impresa straordinaria che non sorprende. Malgrado le sanzioni indurite da Trump, Soberana inizia l’ultimo step della sperimentazione. Ma gli scienziati dell’Avana lavorano ad altre tre soluzioni contro il Covid, tra cui una particolarmente innovativa e promettente per i paesi del Sud del mondo. In tutti i casi, nessuna catena del freddo è richiesta.

Cuba è entrata questa settimana nel ristrettissimo club dei paesi che possono vantare un vaccino in fase avanzata. Si tratta di Soberana, un vaccino sviluppato nella piccola isola caraibica che da giovedì è entrato ufficialmente nella fase 3 del trial clinico, l’ultima fase della sperimentazione, quella che prova il vaccino su un gran numero di persone: una volta già dimostrata l’effettività e il dosaggio, si tratta ora di valutarne l’efficacia e gli eventuali effetti collaterali. Sono già stati identificati 44mila volontari cubani, più un migliaio in Venezuela e Iran, paesi entrambi alleati del governo di Miguel Díaz Canel. Sembra che anche il Messico potrebbe unirsi.

I volontari verranno divisi in tre gruppi: uno riceverà un placebo (per confrontare l’efficacia del vaccino), a un altro verranno somministrate due dosi a 28 giorni di distanza e infine l’ultimo riceverà anche una terza dose per rafforzare l’immunità.

Si tratta del primo vaccino anticovid sviluppato in America latina. I risultati definitivi dovrebbero essere pronti a novembre, ma a maggio potrebbero già essere disponibili solidi dati preliminari (che eventualmente permetterebbero l’adozione del vaccino per uso d’emergenza, come già accade per il vaccino Johnson & Johnson negli Usa o per Moderna, Pfizer e Astrazeneca in Europa).

Ma gli scienziati dell’Avana stanno lavorando su ben altri 3 vaccini: Soberana 1, in fase 2; Abdala (dal titolo di un poema patriottico di José Marti del 1800), anch’essa in fase 2 e infine Mambisa (un termine che si riferisce ai guerriglieri indipendentisti cubani, domenicani e filippini nel 19° secolo contro gli spagnoli), in fase 1.

Quest’ultimo consiste in uno spray nasale, una soluzione molto promettente e innovativa. Nessuno dei 4 richiede le temperature basse che servono per i vaccini basati per esempio sull’Rna, come Pfizer o Moderna, e quindi sono molto interessanti per i paesi in cui non esistono infrastrutture logistiche adeguate a non rompere la catena del freddo. Soberana usa come obiettivo una delle proteine S della superficie usate dal virus per entrare nella cellula umana.

Il governo cubano prevede di riuscire a vaccinare tutti gli 11 milioni di cubani entro la fine dell’anno e di produrre, nonostante le difficoltà logistiche, peggiorate dal blocco statunitense (inasprito dall’amministrazione Trump), ben 100 milioni di dosi del vaccino, sufficienti non solo per la popolazione e per i turisti, ma anche per esportarla a paesi del terzo mondo, con cui Cuba ha sempre collaborato con il gioiello della corona della sua economia: la medicina.

Pur trattandosi in qualsiasi caso di un’impresa straordinaria, non è del tutto sorprendente: oltre a mandare i suoi medici a mezzo mondo, Cuba negli anni è stata capace di sviluppare vaccini (come il primo vaccino contro il meningococco B negli anni 80, mentre 8 dei 12 vaccini somministrati ai bambini vengono prodotti sull’isola ed esportati in 30 paesi). Oggi l’isola produce 13 farmaci utilizzati per combattere il Covid, di cui la metà, dice il governo, sono frutto di innovazioni cubane. Si tratta di due antiinfiammatori, itolizumab e jusvinza, che sono stati esportati anche in India e altri paesi, in un ennesimo esempio di diplomazia scientifica che rafforza la rete di collaborazioni di nazioni del sud del mondo.

Benché i casi sull’isola abbiano visto un aumento dopo la parziale apertura delle frontiere (il tasso di casi diagnosticati supera i 110 ogni 100mila abitanti in 15 giorni, secondo il giornale Granma), il numero di morti totale è bassissimo: 340, un tasso di 30 per milione (al confronto, l’Italia, con i suoi quasi 100mila morti, ha un tasso di 1600 morti per milione di abitanti) e questo, come raccontava al manifesto il chimico immunologo Fabrizio Chiodo, grazie a uno screening a tappeto e con un contact tracing aggressivo, e con una medicina di prossimità molto sviluppata.

Secondo i dati che raccoglie e aggiorna pazientemente il giornalista scientifico Carl Zimmer del New York Times, a oggi nel mondo, oltre ai sei vaccini approvati (Moderna, Pfizer, Astrazeneca, il russo Sputnik V, il cinese Convidecia e Johnson&Johnson, l’ultimo della lista), ce ne sono altri 21 in fase 3, 27 in fase 2 e 42 in fase 1 (tra cui gli italiani COVID-e Vax e GRAd-COV2), mentre sono 4 quelli abbandonati per essere stati dimostrati inefficaci.

di Luca Tancredi Barone – il manifesto

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