Capitalismo, geopolitica e pandemia

Sergio Rodríguez Gelfenstein  https://misionverdad.com

Con grande clamore è stato annunciato, pochi mesi fa, che la fine della pandemia avrebbe significato un “nuovo inizio”, qualcosa di abbastanza indefinito che, evidentemente, per l’America Latina ora non si produrrà, in questo 2021, poiché la mutazione del virus ha prodotto nuove varianti che hanno il Brasile come proprio epicentro più noto di fronte all’allarme dell’OMS che ha dichiarato l’emergenza sanitaria per l’intera regione.

D’altra parte, ad oggi la vaccinazione in America Latina e nei Caraibi raggiunge il 2,8% della sua popolazione, mentre nel mondo raggiunge il 3,5%. Questa cifra è molto bassa se ci atteniamo al fatto che la popolazione della regione è l’8,1% del totale del pianeta. Ciò mostra come il processo di inoculazione si sia concentrato in pochissimi paesi.

Forse nessun evento nella storia degli ultimi 250 anni come la gestione della pandemia e in particolare la produzione e distribuzione di vaccini per contrastare il virus, abbia evidenziato con tanta trasparenza il vero spirito della società capitalista.

Per coloro che ancora non sono riusciti a determinare l’insignificante importanza che la vita umana e la pace hanno per le società transnazionali e le potenze capitaliste, è sufficiente rivedere le condizioni che vengono imposte per la fornitura dei vaccini.

Si è saputo che la società farmaceutica USA Pfizer ha intimidito i governi latinoamericani nei negoziati per vendere loro il vaccino contro il COVID-19. Pfizer ha richiesto ad alcuni paesi di mettere i beni sovrani, come gli edifici delle ambasciate e persino le basi militari, come garanzia per rimborsare i costi di eventuali future controversie.

Questi requisiti imposti nella “trattativa” hanno portato al fatto che l’Argentina e il Brasile si rifiuteranno di acquistare il vaccino da questa azienda. Tuttavia, gli accordi per ottenerlo sono coperti da clausole di riservatezza che sono state rese pubbliche dallo scandalo che significa che Pfizer obbligasse ad una serie di indennizzi contro reclami civili, sia per effetti avversi del vaccino che per sua propria negligenza.

Pertanto, la società USA esige che siano i governi a pagare i potenziali costi delle cause civili che possano essere avviate a causa di negligenza, frode o dolo. Ciò include la garanzia delle aziende che si coprono nel caso in cui, sotto la loro responsabilità, s’interrompa la catena del freddo, vengano consegnati vaccini sbagliati o danneggiati. Anche, se si provoca la morte, disabilità o una malattia associata al paziente. In altre parole, sono i governi quelli che devono pagare per gli errori delle società se i primi presentano una richiesta formale in tribunale.

Queste condizioni, che mettono in primo piano gli interessi delle aziende e in secondo piano la salute dei cittadini, sono state accettate da Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Panama, Perù e Uruguay, governati dalla destra neoliberale e purtroppo anche dal Messico, senza che si conoscano con certezza i termini degli accordi.

D’altra parte, e con atteggiamento francamente diverso, il Ministero degli Affari Esteri della Cina ha annunciato che il suo paese continuerà a promuovere un’equa distribuzione dei vaccini, mettendo in primo piano la loro sicurezza ed efficacia, per cui ha sollecitato le società produttrici del paese a proseguire le ricerche e sviluppo dei vaccini in stretta approvazione dei metodi scientifici e dei requisiti normativi.

Allo stesso modo, la Cina si è impegnata a fare dei vaccini contro il COVID beni pubblici mondiali e ha fornito o sta fornendo aiuto in vaccini a 53 paesi, mentre le aziende farmaceutiche cinesi hanno esportato o stanno esportando i farmaci in altri 27 paesi, di cui 11 dell’America Latina senza alcun tipo di condizionamento.

In questa situazione, la colonialità e l’eurocentrismo hanno permeato i dibattiti sulla “nuova normalità”. Per l’America Latina e in generale per i popoli del Sud, parlarne è riavvolgere il discorso del dominio e controllo delle potenze. In questo modo, la “nuova normalità” è legata a un discorso che è tipico del Nord, la sua sicurezza e stabilità a scapito del Sud che è visto, ancora una volta, come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi fissati da Washington, Bruxelles o Londra.

In altre parole, il concetto di “nuova normalità” per alcuni è associato al “rischio” per loro, il che implica nuovi metodi di controllo e sfruttamento per la maggior parte del mondo. In tal senso, questa idea vincola la necessità di sopravvivenza degli USA e dell’Europa come potenze dominanti ad ogni costo, comprese la vita di milioni di cittadini.

Questo ambiente ha portato ad un riposizionamento della globalizzazione da altra prospettiva da quando il virus è stato installato a tutte le latitudini e longitudini del pianeta, mostrando la putrefazione nelle viscere del sistema, quando, indipendentemente dalla salute dell’umanità hanno concentrato in 10 paesi più del 90% dei vaccini finora prodotti, persino arrivando a tenere in alcuni paesi come Canada quantità 5 volte superiori a quelle del fabbisogno della sua popolazione.

La globalizzazione della pandemia ha fatto sentire, per la prima volta, ai popoli dei paesi del nord la miseria delle politiche dei loro governi, percependo le paure, le ansie e le minacce quotidiane che vivono i paesi del sud. Questo, senza arrivare agli estremi che, ad esempio, esprimono le politiche del governo USA che vieta ai laboratori -o rischio di sanzioni- di vendere vaccini al Venezuela e impedire che le risorse rubate e trattenute del paese vengano utilizzate per l’ottenimento del vaccino.

Già oggi è possibile prevedere che si verificheranno cambiamenti trascendenti in termini geopolitici, che, già in atto all’inizio del 2020, sono stati accelerati dalla pandemia. Il più importante di tutti è il rafforzamento del potenziale economico della Cina e la sua crescente capacità di inserimento nei problemi mondiali.

D’altra parte, la pandemia ha reso evidente la distanza tra la periferia e i centri del potere mondiale, quando questi, lungi dall’approfittare del nefasto evento come luogo di incontro umanitario a salvaguardia della vita attraverso la cooperazione e l’incontro, hanno privilegiato gli interessi di lucro che annunciano un maggiore approfondimento delle differenze in un mondo in cui il sistema capitalista ha mostrato la sua totale incapacità di guidare il processo di affrontamento, lotta e sconfitta del virus.

In questo contesto, il sistema multilaterale ha posto in evidenza notorie imperfezioni e carenze, a partire dall’agire della stessa ONU, che si è vista incapace di gestire e guidare il processo, sia per debolezza, subordinazione o paura della furia delle potenze e dei laboratori che vedono diminuire i loro affari.

Allo stesso modo, gli unici blocchi regionali e subregionali che sono stati capaci di articolare politiche comuni sono stati gli asiatici, il resto si è perso in atteggiamenti particolari dei governi e in accordi segreti che nascondono complicità, subordinazione e difesa dei grandi laboratori transnazionali. In particolare, a questo proposito, l’America Latina si è distinta -ancora una volta- nel mostrare le debolezze dei sistemi sanitari segnati da pratiche neoliberali che mettono a nudo il volto visibile di oligarchie che non lesinano nel sacrificare vite quando si tratta di difendere i loro  meschini interessi di gruppo o settore.

La verità è che la gestione della pandemia, le priorità nella cura dei cittadini per salvaguardare la loro vita, la decisione sull’uso di risorse di ogni tipo per affrontare il virus e la produzione e distribuzione del vaccino mettono sul tappeto i fondamenti filosofici su cui i governi si preoccupano o meno di garantire il diritto alla salute ed alla vita di tutti i cittadini come richiesto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU.


CAPITALISMO, GEOPOLÍTICA Y PANDEMIA

Sergio Rodríguez Gelfenstein

Con bombos y platillos se anunció hace unos meses que el fin de la pandemia significaría un “nuevo comienzo”, algo bastante indefinido que evidentemente para América Latina ya no se producirá en este 2021 toda vez que la mutación del virus ha producido novedosas variantes que tienen a Brasil como su epicentro más reconocido ante la alarma de la OMS que ha declarado la emergencia sanitaria para toda la región.

Por otra parte, hasta el momento la vacunación en América Latina y el Caribe alcanza al 2,8% de su población, mientras que en el mundo llega a 3,5%. Esa cifra es muy baja si nos atenemos a que la población de la región es 8,1% del total del planeta. Esto da cuenta de cómo el proceso de inoculación se ha concentrado en muy pocos países.

Tal vez ningún hecho de la historia de los últimos 250 años como el manejo de la pandemia y en particular la producción y distribución de las vacunas para contrarrestar el virus, haya evidenciado con tanta transparencia el verdadero talante de la sociedad capitalista.

Para los que todavía no logran determinar la nimia importancia que la vida humana y la paz tiene para las empresas transnacionales y las potencias capitalistas, basta hacer una revisión de las condiciones que se imponen para el suministro de las vacunas.

Se ha sabido que la farmacéutica estadounidense Pfizer ha intimidado a los gobiernos latinoamericanos en las negociaciones para venderles la vacuna contra el covid-19. Pfizer exigió a algunos países que pongan activos soberanos, tales como edificios de embajadas y hasta bases militares en calidad de garantía para reembolsar los costos de cualquier futuro litigio.

Estos requisitos impuestos en la “negociación” llevaron a que Argentina y Brasil rechazarán comprar la vacuna de esta empresa. No obstante, los acuerdos para obtenerla están cubiertos por cláusulas de confidencialidad que se han hecho públicas por el escándalo que significa que Pfizer obligara a una serie de indemnizaciones contra reclamaciones civiles, tanto por efectos adversos de la vacuna como por su propia negligencia.

Es así, que la empresa estadounidense exige que sean los gobiernos quienes paguen los costos potenciales de los juicios civiles que se puedan iniciar por negligencia, fraude o malicia. Esto incluye la garantía de las empresas que se cubren para el caso en que bajo su responsabilidad se interrumpa la cadena de frío, se entreguen las vacunas incorrectas o si las mismas se dañan. También, si se provoca la muerte, discapacidad o una enfermedad anexa al paciente. Es decir, son los gobiernos los que deben pagar por los errores de las empresas si los primeros entablan una reclamación formal ante la justicia.

Estas condiciones que ponen en primer lugar los intereses de las empresas y en un segundo plano la salud de los ciudadanos fueron aceptados por Chile, Colombia, Costa Rica, República Dominicana, Ecuador, Panamá, Perú y Uruguay gobernados por la derecha neoliberal y lamentablemente también por México, sin que se conozcan con certeza los términos de los acuerdos.

De otra parte, y en una actitud francamente distinta, el Ministerio de Relaciones Exteriores de China ha anunciado que su país seguirá promoviendo una distribución equitativa de las vacunas, poniendo en primer término la seguridad y eficacia de las mismas, por lo que ha instado a las empresas productoras del país a llevar adelante las investigaciones y desarrollo de las vacunas en estricta aprobación de los métodos científicos y los requisitos reguladores.

De la misma manera, China se ha comprometido a hacer de las vacunas contra el covid, bienes públicos mundiales y ha proporcionado o está proporcionando ayuda en vacunas a 53 países, al mismo tiempo que farmacéuticas chinas han exportado o están exportando los medicamentos a otros 27 países, entre ellos 11 de América Latina sin ningún tipo de condicionante.

En esta situación, la colonialidad y el eurocentrismo han permeado los debates acerca de la “nueva normalidad”. Para América Latina y en general para los pueblos del sur, hablar de ello es rebobinar el discurso de la dominación y el control de las potencias. De esta manera, “nueva normalidad” tiene relación con un discurso que es propio del norte, a su seguridad y estabilidad en detrimento del sur que otra vez es visto como un estorbo para el logro de los objetivos trazados por Washington, Bruselas o Londres.

Dicho de otra manera, el concepto de “nueva normalidad” para unos, está asociado con el de “riesgo” para ellos, lo cual implica nuevos métodos de control y explotación para la mayoría del mundo. En esa medida, esta idea vincula la necesidad de sobrevivencia de Estados Unidos y Europa como potencias dominantes a cualquier costo, incluyendo el de la vida de millones de ciudadanos.

Este entorno ha conducido a un reposicionamiento de la globalización desde otra perspectiva toda vez que el virus se ha instalado en todas las latitudes y longitudes del planeta, mostrando la putrefacción en las entrañas del sistema, cuando sin importar la salud de la humanidad han concentrado en 10 países más del 90% de las vacunas hasta ahora producidas, incluso llegando a tener en algunos países como Canadá cantidades 5 veces superiores a las de las necesidades de su población.

La globalización de la pandemia hizo sentir por primera vez a los pueblos de los países del norte, la miseria de las políticas de sus gobiernos, percibiendo los miedos, las angustias y las amenazas cotidianas que viven los países del sur. Eso, sin llegar a los extremos que por ejemplo expresan las políticas del gobierno de Estados Unidos que prohíbe a los laboratorios -so riesgo de sanciones- venderle vacunas a Venezuela e impedir que los recursos robados y retenidos del país puedan ser utilizados para la obtención de la vacuna.

Hoy, ya es posible predecir que se producirán cambios trascendentes en términos geopolíticos, los que ya estando en curso a comienzos de 2020, fueron acelerados por la pandemia. El más importante de todos es el fortalecimiento de la potencialidad económica de China y su creciente capacidad de inserción en la problemática mundial.

Por otro lado, la pandemia ha hecho evidente la distancia entre la periferia y los centros de poder mundial, cuando estos, lejos de aprovechar el nefasto evento como lugar de encuentro humanitario en salvaguarda de la vida a través de la cooperación y el encuentro, han privilegiado los intereses de lucro que anuncian una mayor profundización de las diferencias en un mundo en el que el sistema capitalista ha mostrado su total incapacidad de conducir el proceso de enfrentamiento, lucha y derrota del virus.

En este contexto, el sistema multilateral ha puesto en evidencia notorias imperfecciones e insuficiencias, comenzando por el accionar de la propia Organización de Naciones Unidas (ONU) que se ha visto incapaz de manejar y conducir el proceso, ya sea por debilidad, subordinación o temor a la furia de las potencias y laboratorios que ven mermados sus negocios.

De la misma manera, los únicos bloques regionales y subregionales que han sido capaces de articular políticas conjuntas han sido los asiáticos, el resto se ha perdido en actitudes particulares de los gobiernos y en acuerdos secretos que ocultan complicidad, subordinación y defensa de los grandes laboratorios transnacionales. En particular, en este aspecto, América Latina ha sido señera -una vez más- en mostrar las debilidades de sistemas de salud marcados por prácticas neoliberales que exponen la cara visible de oligarquías que no escatiman en sacrificar vidas cuando se trata de defender sus mezquinos intereses de grupo o sector.

Lo cierto es que el manejo de la pandemia, las prioridades en la atención de los ciudadanos para la salvaguarda de su vida, la decisión sobre la utilización de recursos de todo tipo para enfrentar el virus y la producción y distribución de la vacuna puso sobre el tapete los fundamentos filosóficos sobre el cual los gobiernos se preocupan o no de garantizar el derecho a la salud y a la vida de todos los ciudadanos como mandata la Declaración Universal de los Derechos Humanos de la ONU.

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