Il paramilitarismo colombiano è un “figlio legittimo dello stato”

EX LEADER DELL’AUC, SALVATORE MANCUSO CONFESSA

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In recenti dichiarazioni davanti ad un tribunale in Colombia, uno dei più importanti capi paramilitari, fondatore delle Unità di Autodifesa Unite della Colombia (AUV), Salvatore Mancuso, ha ratificato ciò che da molti anni è stato denunciato: che il paramilitarismo è creato e diretto dallo stesso Stato colombiano.

Nella sua testimonianza virtuale, da un carcere negli USA, Mancuso non solo ha affermato che “i paramilitari sono figli dello Stato”, ma ha inoltre sottolineato che “non è stato di mele marce ma era qualcosa che è stato implementato dagli alti comandi, tanto militari come politici del paese”, facendo riferimento alle argomentazioni di politici e militari colombiani che hanno ripetutamente affermato che i legami dimostrati tra politici e  militari con questi gruppi sono il prodotto di “mele marce” e non di una politica statale.

Mancuso afferma, addirittura, di essere stato reclutato dagli alti comandanti militari a metà degli anni ’80 per formare i gruppi di autodifesa e segnala che questa pratica di reclutamento di civili per formare tali gruppi è insegnata nei manuali delle Forze Militari dell’epoca.

Ha confessato, inoltre, che quotidianamente uno degli alti comandi della Polizia Nazionale della Colombia riesaminava le sue attività di sterminio e ne richiedeva l’attuazione.

A tal punto questi gruppi paramilitari sono integrati nella forza pubblica, sin dalla loro nascita, che, persino, secondo questo testimone, le UAC, la polizia e le forze militari colombiane hanno effettuato operazioni congiunte e pianificato la crescita nazionale di questi gruppi irregolari “per quadranti” per impadronirsi del territorio.

Così lo vanno denunciando, da molti anni, attivisti, ricercatori e persone dedite alla difesa dei diritti umani, come il sacerdote gesuita Javier Giraldo, che afferma in uno dei suoi articoli di investigazione: “La decade ’80 ha rappresentato una crescita esorbitante del paramilitarismo, promosso dall’alleanza con i maggiori narcotrafficanti e dal potere del loro denaro, e per questo le strutture paramilitari si sono moltiplicate in tutto il paese ed hanno mostrato un potere crudele, di spudorata articolazione con le istituzioni dello Stato e di ardita impunità”.

Con l’accusa di Mancuso contro generali, colonnelli e politici come lo stesso Álvaro Uribe Vélez, la cui campagna presidenziale afferma di aver attivamente finanziato e sostenuto, si sommano nuove prove  alla responsabilità politica dei governi e dello Stato nelle azioni criminali di queste organizzazioni.

Inoltre, queste denunce contro Uribe, confermano, ad esempio, alcune di quelle fatte dal senatore Iván Cepeda davanti al Congresso colombiano, nel 2012, e sono state le manovre di Uribe per sbarazzarsi di quelle denunce che hanno finito per aprire un caso contro di lui per manipolazione di testimoni e frode processuale.

Questo spiega perché l’abbandono dei confini della Colombia, in particolare del confine con il Venezuela, dove la presenza militare e delle altre istituzioni dello Stato colombiano è minima, come è stato più volte denunciato dal presidente Nicolás Maduro, e recentemente dal ministro del Potere Popolare per la Difesa, G/J Vladimir Padrino López, riferendosi al recente dispiegamento di truppe colombiane nel dipartimento di confine di Arauca:  “Hanno ceduto il territorio alle bande criminali del narcotraffico e ora vogliono, mentre lo contestano là, venire a disputarsi un pezzo qui. Non succederà, non è permesso”.

Certamente, quello che sta realmente accadendo su questo confine è che lo Stato colombiano ha delegato il controllo territoriale a narcotrafficanti, paramilitari, contrattisti privati ​​che sorvegliano le società transnazionali della zona e truppe ed installazioni militari USA, mentre solo affrontano le forze di sinistra ed attacca le comunità organizzate e ai loro dirigenti.

I legami tra queste organizzazioni paramilitari e lo Stato lo responsabilizzano anche dell’elevato numero di massacri e omicidi selettivi di dirigenti sociali: finora nel 2021 è già costata la vita a 43 dirigenti sociali, 13 ex combattenti delle FARC-EP firmatari dell’accordo di pace, oltre a 23 massacri solo fino al 28 marzo di quest’anno.

Per lo stesso motivo, tra il 25 e il 27 marzo, si è riunito in Colombia il Tribunale Permanente dei Popoli per processare lo Stato colombiano per genocidio politico, crimini contro la pace e impunità, e davanti ad esso sono comparsi dirigenti di diversi settori sociali così come intellettuali e familiari delle vittime in qualità di denuncianti.

Il narcotraffico e le organizzazioni paramilitari colombiane si sono anche convertite in protagoniste del costante attacco al Venezuela come dimostrato dall’operazione Daktari e dall’operazione Gedeon a favore degli interessi USA e della classe politica colombiana, che hanno definito il ruolo di quel paese come testa di ponte per attaccare il Venezuela.

I recenti eventi nello stato di Apure sono il prodotto di questa realtà e fanno parte degli scenari della guerra ibrida contro la Rivoluzione Bolivariana.


CONFIESA EX LÍDER DE LAS AUC, SALVATORE MANCUSO

 EL PARAMILITARISMO COLOMBIANO ES UN “HIJO LEGÍTIMO DEL ESTADO”

 

 En recientes declaraciones ante un tribunal en Colombia, uno de los más importantes jefes paramilitares, fundador de las Autodefensas Unidas de Colombia (AUV), Salvatore Mancuso, ratificó lo que durante muchos años se ha venido denunciando: que el paramilitarismo es creado y orientado por el propio Estado colombiano. 

En su testimonio virtual desde una cárcel en los Estados Unidos, Mancuso no solo afirmó que “los paramilitares son hijos del Estado”, sino que además enfatizó que “no fue de manzanas podridas sino que fue algo que se implementa de los altos mandos, tanto militares como políticos del país”, haciendo referencia a los argumentos de políticos y militares colombianos que en reiteradas ocasiones han dicho que los vínculos demostrados entre políticos y militares con estos grupos son producto de “manzanas podridas” y no de una política estatal. 

Mancuso asevera, incluso, haber sido reclutado por altos mandos militares a mediados de la década de 1980 para conformar las autodefensas y señala que esa práctica de reclutamiento de civiles para la conformación de dichos grupos se instruye en manuales de las Fuerzas Militares de la época. 

Confesó, además, que diariamente uno de los altos mandos de la Policía Nacional de Colombia pasaba revista a sus actividades de exterminio y le reclamaba cumplimiento. 

A tal punto estos grupos paramilitares están integrados a la Fuerza Pública desde su nacimiento que incluso, según este testimonio, las AUC, la policía y las Fuerzas Militares de Colombia realizaron operaciones conjuntas y planificaron el crecimiento nacional de estos grupos irregulares “por cuadrantes” para copar el territorio. 

Así lo vienen denunciado desde hace muchos años activistas, investigadores y personas dedicadas a la defensa de los derechos humanos, como el sacerdote jesuita Javier Giraldo, quien dice en uno de sus trabajos de investigación: “La década de 1980 representó un crecimiento exorbitante del paramilitarismo, impulsado por la alianza con los mayores narcotraficantes y el poder de su dinero, y por ello las estructuras paramilitares se multiplicaron por todo el país e hicieron alarde de poderío cruel, de articulación descarada con las instituciones del Estado y de impunidad atrevida”. 

Con la acusación de Mancuso contra generales, coroneles y políticos como el propio Álvaro Uribe Vélez, cuya campaña presidencial asegura haber financiado y apoyado activamente, se aportan nuevos elementos probatorios a la responsabilidad política de los gobiernos y el Estado en las acciones criminales de estas organizaciones. 

Además, esas denuncias contra Uribe confirman, por ejemplo, algunas de las hechas por el senador Iván Cepeda ante el Congreso colombiano en 2012, y fueron las maniobras de Uribe para zafarse de esas denuncias las que terminaron por abrir un caso en su contra por manipulación de testigos y fraude procesal. 

Eso explica por qué el abandono de las fronteras de Colombia, en particular la frontera con Venezuela, donde la presencia militar y de las demás instituciones del Estado colombiano es mínima, tal como reiteradamente lo ha denunciado el presidente Nicolás Maduro, y recientemente lo hiciera el ministro del Poder Popular para la Defensa, G/J Vladimir Padrino López, refiriéndose al reciente despliegue de tropas colombianas en el departamento fronterizo de Arauca: “Le cedieron el territorio a las bandas criminales del narcotráfico y ahora quieren, como se la disputan allá, venir a disputarse un pedazo aquí. No va a ocurrir, no está permitido”. 

Ciertamente, lo que realmente sucede en esta frontera es que el Estado colombiano ha delegado el control territorial a narcotraficantes, paramilitares, contratistas privadas que custodian las empresas trasnacionales de la zona y tropas e instalaciones militares estadounidenses, mientras solo enfrenta a las fuerzas de izquierda y ataca a las comunidades organizadas y sus líderes. 

Los nexos entre estas organizaciones paramilitares y el Estado lo responsabilizan a este también del alto número de masacres y asesinatos selectivos de líderes y lideresas sociales: en lo que va de 2021 ya ha costado la vida de 43 líderes y lideresas sociales, 13 ex combatientes de las FARC-EP firmantes del acuerdo de paz, además de 23 masacres solo hasta el 28 de marzo del año en curso. 

Por esa misma causa, entre el 25 y el 27 de marzo sesionó en Colombia el Tribunal Permanente de los Pueblos para juzgar al Estado colombiano por genocidio político, crímenes contra la paz e impunidad, y ante él se presentaron líderes y lideresas de distintos sectores sociales, así como intelectuales y familiares de víctimas en calidad de denunciantes. 

El narcotráfico y las organizaciones paramilitares colombianas se han convertido también en protagonista s del ataque constante contra Venezuela tal como lo demostraron la Operación Daktari y la Operación Gedeón favoreciendo los intereses de los Estados Unidos y de la clase política colombiana, que han definido el papel de ese país como cabeza de playa para atacar a Venezuela. 

Los hechos recientes en el estado Apure son el producto de esa realidad y forman parte de los escenarios de la guerra híbrida contra la Revolución Bolivariana.

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