Mascherine e tamponi fatti a Cuba

Sono volti giovani quelli che si vedono dietro le maschere di protezione o le mascherine, portano guanti e camici bianchi o azzurri e stivali di tela

Sono volti giovani quelli che si vedono dietro le maschere di protezione o le mascherine, portano guanti e camici bianchi o azzurri e stivali di tela.

Il protocollo dell’igiene è molto stretto, perché sono quelli che controllano il funzionamento delle macchine con cui si confezionano 40 mascherine al minuto.

Ogni giorno si producono 14000 – 16000 pezzi di questo tipo.

A pochi metri di distanza, altre mani, altri volti pendono dal lavoro dell’impianto di tamponi, che grazie alla sua capacità di produzione ha permesso di consegnare al Ministero di Salute Pubblica circa 1750000, dalla sua posta in marcia nel marzo scorso.

Siamo nell’impianto dei tamponi per medicina del Centro di Neuroscienze di Cuba (Cneuro), un’area nella quale mesi fa c’era il centro per le investigazioni scientifiche che necessitano l’uso di animali per esperimenti, ma le cui strutture e edificazioni denunciavano il peso degli anni e molte erano in disuso.

«Le condizioni del luogo erano pessime. Ora esiste un progetto per recuperare questo spazio e creare un centro moderno per cavie, con alte prestazioni. Ora le scimmie e le altre specie si trovano nel Centro Nazionale per la Produzione degli Animali di Laboratorio (Cenpalab)», ha spiegato Antonio Fernández Mastrapa, direttore di Produzione del Centro.

In mezzo a questo processo si realizza un congiunto di gestioni con organismi internazionali per acquistare apparati che permettano la fabbricazione di mezzi di protezione per affrontare la COVID-19. «Però questi macchinari necessitavano un’installazione con certi requisiti e i locali che avevamo nel centro non erano idonei per questo fine. Così abbiamo deciso d’usare i locali delle cavie.

Il progetto dell’opera, è iniziato nell’ottobre del 2020 e in novembre si realizzavano le prime azioni costruttive. «Varie entità sono intervenute nel risultato finale, dalle imprese della costruzione e dei servizi ad Aguas de La Habana, l’Unione Elettrica, Comunali, cooperative non agricole…,oltre all’appoggio che il Governo provinciale ha offerto dall’inizio», ha aggiunto.

DAL FILO E LA TELA… ALLA PRODUZIONE IN SERIE

Le mascherine «fatte a Cuba» sono molto simili a quelle che si commerciano internazionalmente. Sono composte da tre strati: una azzurra che è esterna, una bianca intermedia e un filtro che realizza la protezione principale per il virus.

«Si confezionano in tre parti, ha precisato per Granma Fernández Mastrapa. La prima è quella che forma la mascherina e possiamo produrne a tutta capacità tra 100-150 al minuto; senza dubbio la seconda macchina della linea incaricata d’unire le mascherine con i legacci elastici può saldarne 40 al minuto e questo fa calare il livello della produzione», ha riferito.

«Considerando questo inconveniente abbiamo dovuto riaggiustare la produzione, in maniera che esista uniformità e non si creino strozzature». L’obiettivo è poter coprire la domanda e attualmente lavoriamo per ottenere un finanziamento, necessario per comprare un’altra macchina che saldi le stringhe alla mascherina, per raddoppiare la produzione.

«La terza macchina fa le confezioni ed è programmata per un formato di cinque unità a pacchetto. Queste macchine hanno cominciato a lavorare da poche settimane ed ora siamo nella fase di prove di carico per, partendo da questo mese, usarle a piena forza», ha sottolineato.

Il loro acquisto è stato gestito attraverso il progetto /Incrementare le misure di prevenzione e scontro alla COVID-19 in Cuba, finanziato anche dall’Unione Europea, che oltre alle mascherine ha apportato alle capacità del nostro laboratorio per fabbricare stampi e nei prossimi mesi permetterà il montaggio di una macchina d’iniezione di plastica per fabbricare occhiali protettori.

A proposito delle materie prime, il dirigente ha spiegato che gli apparecchi sono stati acquistati con le macchine e garantiscono la produzione di una quantità sufficiente di mascherine, per valutare la resa sia degli apparecchi che del materiali.

«Naturalmente non aspetteremo che termini la materia prima per prendere le decisioni necessarie. Stiamo già lavorando per acquistare i materiali: le tele, il filtro, il filo che fa da ponte, la gomma che sostiene la mascherina, etc.»

I TAMPONI, UN’ALTRA SFIDA NELLA LOTTA CONTRO IL VIRUS MORTALE

«Prima della COVID-19, i laboratorio del Cneuro non si dedicava alla confezione di tamponi ma alla fabbricazione di apparecchi e protesi per l’udito», ha detto Yamil Rosales Hernández, capo dell’impianto di materiali per medici. Per via dell’incremento di casi positivi e della necessità di garantire le prove PCR, abbiamo assunto questi altri ruoli», ha aggiunto.

Poi ha precisato che nel settembre del 2020 hanno iniziato a garantire 10 000 unità al giorno di tamponi, «che si facevano quasi in forma manuale con dei motori e la disposizione continuata di personale di giorno e di notte».

Attraverso il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo abbiamo potuto comprare la macchina per fabbricare i tamponi che risponde a due linee: le prove di PCR e l’uso generale.

Il tampone che si usa per il PCR è composto da un filamenti poliestere e un bastoncino di polietilene, e i due materiali sono garantiti dall’industria nazionale, con una qualità già certificata, ha segnalato. «Inoltre pone una carta cerata per medicina che assicura la protezione e il trasporto dei prodotti una volta sterilizzati. Ogni astuccio contiene due tamponi».

A differenza delle mascherine, la materia prima per i tamponi è nazionale e questo è un vantaggio nell’ora di sostenere la loro produzione.

Rosales Hernández ha detto che l’impianto è capace di garantire sino a 120 000 astucci di tamponi al giorno, ma non avendo una impacchettatrice automatica, il processo si esegue manualmente e questo frena la produzione a 20000 in questo formato.

Comunque con l’acquisto di questi macchinari abbiamo eliminato l’importazione di tamponi per PCR, con un conseguente risparmio significativo per l’economia del paese.

Il personale che lavora nell’impianto dei tamponi, come in quello delle mascherine è giovane in maggioranza. Quasi tutti sono dipendenti del Cneur ed hanno esperienza nella fabbricazione dei mezzi di protezione; molti tra loro sono specializzati ed hanno partecipato all’elaborazione «quasi manuale» dei tamponi.

I dirigenti del centro hanno affermato che sia le mascherine che i tamponi sono sottoposti a un rigoroso processo di sterilizzazione e qualità, che non deluderà i destinatari finali.

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