Quello che i media non dicono su Cuba

e il rap anticomunista ‘Patria y vida’

di Roberto Cursi www.lantidiplomatico.it

“Patria o Muerte!”… era il 5 marzo 1960.

Il giorno dopo l’attentato terroristico alla nave “la Coubre” avvenuto nel porto de L’Avana – dove morirono quasi 100 persone e più di 200 rimasero ferite – in un discorso pubblico per le esequie delle vittime, Fidel Castro, pronunciò per la prima volta il motto che divenne promessa di resistenza da parte del popolo cubano contro le aggressioni degli Stati Uniti: «Non solo sapremo resistere a qualsiasi aggressione […] ora la libertà significa qualcosa di più: libertà significa Patria. E la nostra alternativa sarà Patria o Morte!»

In quello stesso giorno, sul palco, accanto a Fidel che parlava, c’era anche Ernesto Guevara de la Serna. È stato in uno di quei momenti che il fotografo cubano Alberto “Korda” catturò con uno scatto quella che negli anni divenne la foto del “Che” più riprodotta al mondo (el Guerrillero Heroico). In un unico evento, una frase e una foto, tutte e due diventate storiche.

Chiedo scusa, ma questa introduzione – anche un po’ retorica – mi era servita per iniziare a parlare di un fatto di attualità che potrebbe sembrare quasi un “gossip”, ma non lo è affatto, perché è inserito dentro una consolidata strategia di aggressione contro Cuba, culminata in queste ultime ore con alcune manifestazioni nell’isola; tanto è che avevo appena finito di scrivere questo articolo, che tratta di una canzone elevata a simbolo contro la rivoluzione cubana, che improvvisamente appare in Tv il Presidente Miguel Diaz-Canel per fare un appello alla resistenza attiva a tutti i cittadini dell’isola contro ogni provocazione che è in atto nel Paese. Questo è accaduto perché ieri (11/7) in alcune località di Cuba ci sono state iniziative di protesta con centinaia di persone in strada, proteste indotte da una massiva campagna di diffamazione mediatica contro il governo cubano.

Ma questi fatti, accaduti proprio in chiusura di questo mio articolo, hanno bisogno di approfondmenti per poterne entrare nel merito ora, e quindi riprendo il discorso sulla famosa canzone diventata inno della controrivoluzione cubana.

Forse anche le persone che non seguono molto da vicino la complessa realtà cubana ne hanno sentito parlare. “Patria y vida” è un brano che negli ultimi mesi è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. In Italia ci hanno pensato alcuni quotidiani nostrani presentandola in questo modo: «Cuba, spopola il rap anticomunista “Patria e Vita” che sta mandando in tilt il regime» di Adele Sirocchi (Secolo d’Italia); “Il rap cubano che mette in crisi il regime” di Daniele Mastrogiacomo (la Repubblica); “un manifesto contro il regime di Cuba” di Maurizio Stefanini (il Foglio); facendo da cassa di risonanza all’ennesima campagna di discredito contro il governo dell’isola (con i suoi articoli “il Foglio” ne ha fatto una vera e propria missione).

I sei artisti che hanno partecipato a questo progetto sono stati presentati dai massmedia internazionali come promotori di valori in difesa di democrazia e diritti umani; valori che, secondo loro, a Cuba verrebbero quotidianamente calpestati. La canzone viene veicolata dai media dandole una forte connotazione politica ma non commerciale, un genuino “grido di rivolta” per smuovere la coscienza del popolo cubano alla ribellione, anche se alcuni dei sei artisti hanno già iniziato a scontrarsi tra loro per meri interessi economici, buttandosi addosso discredito a vicenda e minacciando denunce in tribunale.

L’impegno profuso da molti network, insieme a “l’intelligenza” programmata sugli algoritmi delle piattaforme digitali, hanno fatto sì che solo dopo pochi mesi questo brano abbia raggiunto quasi cinque milioni di visualizzazioni su youtube (ma chi mai ci dirà quanti migliaia di “falsi” account sono stati generati per diffondere il brano, account creati nei giorni della sua uscita in rete e che hanno condiviso solo quella canzone).

È evidente che il titolo “Patria y vida” richiama al famoso “Patria o Muerte” della Revolución, ed è stato scientemente creato in sua antitesi, cercando di relegare lo storico motto a slogan “stantio” che apparterrebbe ormai solo alla liturgia di Partito, addossandogli così un significato negativo.

Sostituendo “vita” con “morte” il marketing politico vince facile, anche se la frase “Patria y vida” l’aveva già pronunciata Fidel Castro ancor prima di questo brano in un circolo sociale, nel 1999, parlando a dei bambini.

Ora, con la diffusione in tutta Cuba dei social network, i ragazzi sono soggetti a qualsiasi tipo di messaggi, e la destra anticastrista di Miami – rappresentata al Congresso Usa dal repubblicano di origine cubana Marco Rubio – sta puntando tutto su di loro, cercando con tutti i mezzi di fargli nascere quel sentimento di ribellione contro il sistema politico cubano che le tre generazioni precedenti hanno sempre rispedito al mittente. L’obbiettivo è di condizionarli “culturalmente” sapendo che i cantanti, sui giovani, sono catalizzatori per eccellenza.

Negli Stati Uniti, soprattutto in Florida (Miami), dove risiede la più grande comunità cubana al mondo, c’è una pianificata strategia nei confronti degli artisti che dall’isola si trasferiscono nel loro Paese, o semplicemente che sono in tour per promuovere le loro canzoni. Un forte condizionamento psicologico accompagnato da ripetute dinamiche ostative è la prassi quotidiana che deve subire qualsiasi artista che non faccia dichiarazioni pubbliche contro il governo cubano. Non c’è talk-show televisivo che non gli chieda di pronunciarsi sul sistema politico dell’isola, e se gli artisti rispondono che sono lì solo per promuovere le loro canzoni – e non per parlare di politica – finiscono subito in una lista nera (loro, con uno “sforzo” di fantasia, l’hanno chiamata rossa).

Pronunciarsi a favore del sistema cubano, o anche solo rifiutare di parlarne male, gli preclude qualsiasi attività artistica negli Usa, e il rischio di vedersi ritirare il visto di soggiorno o la residenza è reale. Uno dei tanti quotidiani online cubani antigovernativi aveva pubblicato un interessante articolo sull’argomento, elencando molti di questi artisti e i motivi della loro proscrizione. Tra i tanti nomi c’è il duo “Gente de Zona” (disco di platino in Italia) solo perché in un concerto hanno inviato un saluto pubblico al Presidente cubano Miguel Diaz-Canel.

C’è anche il cantante Descemer Bueno al quale erano stati sospesi i suoi concerti negli Usa perché «le sue dichiarazioni ambigue sulla politica sono sempre controverse» tanto è che non si era mai pronunciato contro la Rivoluzione.

Le discriminazioni e la censura nei confronti di Gente de Zona è continuata nel tempo, come conferma anche un articolo pubblicato a febbraio 2020 da “Associate Press” dal titolo «Miami vede un ritorno alla Guerra Fredda culturale con la linea dura contro Cuba» sul quale si legge che “il duo cubano è stato bandito dal concerto di Capodanno tenutosi a Miami”.

Sia Descemer Bueno che il duo di Gente de Zona, residenti a Miami, non potevano più esercitare la loro professione negli Stati Uniti; la loro carriera artistica stava precipitando nell’oblio con disponibilità economiche ormai ridotte all’osso.

Ho portato come esempio questi tre artisti perché sono parte del gruppo che da pochi mesi ha realizzato la canzone Patria y vida; brano che dopo la pubblicazione ha cambiato radicalmente la loro vita artistica e privata.

Già dal giorno seguente erano diventati i protagonisti della scena musicale statunitense, intervistati in tutte le Tv e radio della Florida, con la canzone che veniva diffusa su ogni emittente o piattaforma digitale.

Come è stato possibile questo? Forse è per aver deciso di partecipare alla realizzazione del brano presentato come inno del dissenso alla Rivoluzione e iniziando a lasciare dichiarazioni contro il suo sistema politico? Qualche dubbio viene, ma a pensar male si fa peccato, e allora provo a riportare qualche notizia in più per capire se di peccato o meno si tratta.

Partiamo dal fatto che il forte ostracismo nei confronti di artisti cubani è portato avanti da molti presentatori delle Tv, stazioni radio e canali youtube dello Stato della Florida, ma non solo. Uno di quelli che in prima linea promuove questa politica è Alexander Otaola, un cubano residente in Miami che, con il sostegno finanziario delle associazioni anticastriste della città e quello politico di alcuni senatori repubblicani, porta avanti un seguitissimo canale youtube. Tanto è che sono riusciti perfino a fargli ottenere una breve intervista al Presidente Trump.

Alla fine dell’intervista, Alexander Otaola, si rivolge al Presidente dicendogli: «Nel nostro programma abbiamo preparato una “lista rossa” di personalità e celebrità vicine alla dittatura cubana che entrano negli Usa con regolari permessi. Possiamo consegnargliela in modo da “controllare” queste persone e i loro visti?»

Trump, come se fosse la cosa più naturale al mondo, risponde: «Queste sono persone che voi non volete, giusto? Allora consegnatemi la lista, perché lo faremo, Noi non ci fermiamo alle parole ma passiamo subito ai fatti».

Tornando agli interpreti del brano “Patria y vida” solo due di loro risiedono a Cuba, e sono Maykel Castillo (Osorbo) e Eliecer Márquez (El Funky) mentre gli altri quattro vivono da tempo a Miami. Per quanto riguarda Maykel “Osorbo” potrei accennare a un’infinità di cose per far capire il bassissimo livello del personaggio, ma porto solo l’esempio di una sua invocazione – pubblicata da lui stesso in un video – dove incita gli Usa a circondare le coste cubane con navi militari per isolare il Paese da qualsiasi ingresso commerciale e, se questo non bastasse per far crollare il Sistema, invadere militarmente Cuba e prenderne il totale controllo. Non è un caso che il video Patria y vida inizi con il volto di José Martí che brucia (Padre della Patria cubana) lasciando emergere al suo fianco il volto di George Washington (primo Presidente degli Stati Uniti).

Maykel Castillo e El Funky sono stati fortemente voluti in questo progetto dallo youtuber Otalola perché fanno parte del “Movimento San Isidro”; movimento creato e finanziato da Miami in opposizione al governo cubano, il cui leader è l’auto dichiarato “artista indipendente” Luis Manuel Otero Alcántara. Anche a quest’ultimo è stata dedicata una breve apparizione nel video Patria y vida per accrescere la popolarità del movimento. Sia Otero Alcántara che Maykel Castillo hanno avuto precedenti penali e passato dei brevi periodi in prigione. Castillo è di nuovo sottoposto a misura cautelare; secondo quanto riferito in un comunicato dal ministero cubano è in «prigione provvisoria per presunta commissione di vari reati» e l’arresto è stato eseguito in base all’accusa di «aggressione, disordine pubblico ed evasione di persone arrestate».

l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) ha pubblicato un messaggio in cui chiede «la fine di questo infame tentativo di mettere a tacere la libertà di pensiero e di dibattito avendo imprigionato Maykel Castillo e altri artisti quando osano rivendicare i diritti umani». Si sa, quando a Cuba si mettono in prigione persone per il semplice fatto che violano il codice penale, però questi si dichiarano pubblicamente oppositori del governo, allora la notizia finisce su tutta la stampa internazionale come un arresto contro la libertà di espressione eseguito da una dittatura che viola i più elementari diritti umani. Se poi il vero motivo è aver violato il codice penale, a nessuno importa, e non lo troviamo nemmeno scritto sui mezzi d’informazione.

Ora passiamo al più conosciuto dei sei artisti cubani che hanno partecipato al progetto: Yotuel Romero, ex componente del famoso gruppo hip hop cubano “Orishas”, il quale ha vissuto tantissimi anni in Spagna dove ha sposato la famosa e poliedrica artista Beatriz Luengo. Da qualche tempo anche loro si sono trasferiti a Miami. Lui è stato elevato addirittura a ruolo di portavoce “politico”, tanto da farlo incontrare con esponenti dei gruppi di destra del Parlamento spagnolo e anche di quello europeo, come Vox, il Partito Popolare e Renew Europe. Gli stessi che poco dopo, insieme ad altri partiti – come Fratelli d’Italia – hanno fatto approvare dal Parlamento europeo una proposta di risoluzione contro “l’Accordo di Dialogo Politico e Cooperazione tra l’Ue e Cuba” sulla quale ho già scritto quello che ne pensavo.

Credo che chi sia arrivato fino in fondo a questo lungo articolo abbia già capito qualcosa sul perché alcuni artisti cubani – che non vivono più nell’isola – a un certo punto decidano di ritrattare le loro posizioni sul sistema politico del loro Paese e inizino a fare dichiarazioni contro.

Se rimane ancora qualche dubbio in proposito, invito a guardare questo video che riassume in pochi minuti parte di questa storia (opzione sottotitoli in italiano) in modo che le idee si chiariranno del tutto.

Patria y vida non è semplicemente una canzone di insofferenza messa in piedi da sei cantanti cubani contro il governo di Cuba; questo brano è parte integrante di una strategia di discredito e aggressione contro il Paese, portata fino ai più alti livelli delle Organizzazioni internazionali. Una “guerra non convenzionale” iniziata sessanta anni fa e che, senza soluzione di continuità, si sta mostrando più aggressiva che mai proprio in questi giorni. Il Presidente Miguel Diaz-Canel ha sentito l’esigenza di fare un appello pubblico ai cubani per difendere la loro indipendenza dall’aggressione statunitense e rispondere a alle provocazioni di chi è sceso in piazza, e i cubani stanno rispondendo in gran numero, anche se di questo nei massmedia non ne sentiremo certamente parlare.

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