L’hastag #SOSCUBA e le menzogne dei media

di Roberto Cursi  www.lantidiplomatico.it

La situazione a Cuba è molto calda, anzi caldissima ma, anche se stiamo a luglio, non dipende certo da fattori climatici. Invece il “solleone” fa vedere i suoi effetti collaterali sia su molti giornalisti nostrani che su quelli internazionali, in particolar modo quando parlano di Cuba.

Come avevo scritto nel precedente articolo il Presidente Miguel Diaz-Canel ha fatto un appello pubblico ai cubani per difendere la loro indipendenza dall’aggressione statunitense e rispondere alle provocazioni di chi è sceso in piazza. I cubani stanno rispondendo in gran numero, anche se di questo nei media non ne sentiremo certamente parlare.

E così è stato. Migliaia di cubani sono scesi in piazza a sostenere ancora una volta la loro Rivoluzione, ma gli articoli e le immagini che vediamo sui media mettono in evidenza soprattutto chi contesta l’oppressivo “regime cubano” e, in molti, condiscono l’articolo aggiungendo vere e proprie menzogne.

Domenica a Cuba è accaduto qualcosa che si deve tornare al “maleconazo” del 1994 per trovarne una simile. In quell’occasione centinaia di persone si concentrarono sul “malecon” (lungo mare) de L’Avana protestando fortemente per le grandi difficoltà in cui la popolazione si trovava a causa del durissimo “periodo speciale in tempo di pace”. https://www.ecured.cu/Per%C3%ADodo_especial_(1990-1999)

Oggi, dopo quasi trent’anni, Cuba si trova in una realtà diversa dal “maleconazo”, queste proteste sono state alimentate per altre ragioni e spinte da pressioni esterne, ma allo stesso tempo le difficoltà in cui si trova l’isola e la sua gente sono le stesse del 1994.

I cubani, negli anni, si erano abituati a disimpegnarsi senza avere più il sostegno degli ex Paesi socialisti dell’Europa dell’est e stavano cercando la propria via per mantenere la loro indipendenza, la loro sovranità e soprattutto per non cadere tra le fauci del neoliberismo.

Con l’amministrazione Obama c’era stato qualche riavvicinamento, poche cose, ma avevano influito positivamente sull’economia cubana e portato benefici alla popolazione. Con l’avvento di Trump tutto è cambiato. Oltre all’esponenziale aumento dei finanziamenti per la guerra mediatica, è sull’embargo che si è raggiunto un livello di restrizione mai visto prima. In una minuziosa relazione http://www.minrex.gob.cu/es/node/3589 presentata all’Assemblea delle Nazioni Unite si possono capire gli enormi danni causati a Cuba dal “Bloqueo” solo nei quattro anni dell’Amministrazione Trump. Questi danni si sono aggiunti a quelli che Cuba già stava vivendo, e che vengono ben spiegati nel breve documentario “Il blocco contro Cuba: il genocidio più lungo della Storia” https://www.youtube.com/watch?v=vItDZLwt6Hg (con sottotitoli in italiano) realizzato appena dopo gli accordi con l’Amministrazione Obama. Nel documentario una delle tante cose che colpisce è l’impossibilità di riuscire a importare componenti che servono a realizzare medicamenti per curare i bambini da malattie oncologiche.

Porto solo qualche altro esempio sulle restrizioni che Cuba deve subire per il blocco. Una di queste è aver imposto un forte ricatto agli armatori di petroliere per il trasporto del greggio a Cuba. Qualsiasi compagnia che consegna petrolio nell’isola caraibica vedrebbe cessare ogni rapporto commerciale con gli Stati Uniti. Inevitabilmente la loro scelta, per ovvie conseguenze economiche, non può che adeguarsi ai diktat statunitensi. Questo è l’immenso potere ricattatorio ed egemonico che gli Usa esercitano sulle scelte dei suoi partner commerciali e dei suoi alleati politici.

Qualsiasi Paese al mondo con una fortissima carenza di petrolio avrebbe ricadute insostenibili e nella situazione di Cuba ancor di più. Già prima della pandemia hanno dovuto fermare i bus turistici per mancanza di carburante, danneggiando il turismo che era una fonte primaria di valuta per le casse dello Stato. I pochi supermercati che si trovano nelle città devono aprire a orari alterni per non consumare troppa energia. C’è difficoltà a irrigare i campi agricoli o solo spostare merci da una regione all’altra. Potrei continuare ma lascio immaginare le incombenti emergenze che lo Stato deve affrontare tutti i giorni. E si, lo Stato, perché Cuba è un Paese socialista e il 90% dell’economia è a gestione pubblica.

Un altro esempio è quello di limitare tutti gli altri Paesi ad avere relazioni commerciali con l’isola caraibica. Nelle sanzioni si stabilisce che gli Stati Uniti vietano al resto del mondo di vendere a Cuba articoli che abbiano più del 10% di componenti provenienti dagli Usa.

Per quanto riguarda il settore finanziario a Cuba non è più permesso di fare transazioni internazionali in dollari, e per questo da poche settimane ha dovuto vietare anche la circolazione contante del biglietto verde all’interno dell’isola. Questo accade perché Trump, proprio negli ultimi giorni del suo mandato (dopo l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio) ha trovato anche il tempo di inserire Cuba nella lista dei paesi sostenitori del terrorismo e, per i trattati internazionali, questo isola ancor di più il Paese da possibili scambi commerciali e transazioni finanziarie. Non voglio prolungarmi a spiegare gli immensi danni che questa condizione comporta, chi ne fosse interessato può saperne qualcosa su un articolo della “Bbc News” https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-55626048 che ne approfondisce l’argomento.

Al problema del blocco economico, commerciale e finanziario si aggiunge anche quello dell’informazione dei media internazionali.

Sfruttando le grandi potenzialità delle piattaforme digitali la guerra mediatica contro il Sistema cubano è diventata impressionante e invasiva all’interno dell’isola, dove il target principale sono le nuove generazioni. YouTube, Facebook e Twitter sono diventati gli alleati principali dell’amministrazione Usa da quando a Cuba si è diffuso massivamente l’accesso al web e tutti possiedono uno smartphone. Continui messaggi e “notizie” portano l’opinione pubblica giovanile a credere vere le informazioni manipolate e spesso false.

Per quasi 50 anni abbiamo avuto solo l’informazione mainstream ad accusare Cuba di violazione dei diritti umani, ma da qualche anno, con i media online, si è centuplicato il diffondersi di queste notizie. Le notifiche e i suggerimenti di lettura che arrivano sullo smartphone sono solo a “senso unico”, si fa un incredibile fatica a trovare notizie che non buttino discredito sul sistema politico cubano.

Nel Paese ci sono tantissimi media, cosiddetti “indipendenti”, che ricevono finanziamenti da Washington tramite Agenzie, Enti e Fondazioni. In un dettagliato articolo pubblicato su “Cubadebate” si possono leggere dati, cifre e fonti di chi finanzia e di chi riceve; l’elenco è infinito, come infiniti sono i dollari dei contribuenti americani che vengono utilizzati per questo scopo.

La principale funzione di questi media è creare un tipo di narrazione che induca l’opinione pubblica a percepire come reale quello che viene da loro costantemente ripetuto (si sa che qualsiasi menzogna se ripetuta all’infinito finisce poi per essere creduta vera).

Porto un solo esempio che vale per tutti i media finanziati dagli Usa con lo scopo di promuovere un sollevamento popolare nell’isola. Parlo della storica “Radio y Televisión Martí” che fu creata dal governo federale degli Usa solo per diffondere h24 discredito su Cuba. Sul loro operato esiste un rapporto redatto dal “Government Accountability Office” dove si accusa l’emittente di «impegnarsi in propaganda politica mascherata da editorialismo; uso di un linguaggio offensivo e incendiario; uso di rapporti infondati provenienti da cubani che vivono nell’isola, e presentazione di opinioni individuali come notizie».

Come si può costatare le false notizie di queste emittenti vengono perfino certificate da un’agenzia governativa Usa. Il problema è che queste false notizie vengono spesso riprese e pubblicate da importanti media internazionali senza controllarne la veridicità, diventando poi credibili agli occhi dell’opinione pubblica.

I tantissimi finanziamenti per questa guerra mediatica arrivano perfino ai giovani ragazzi che, aprendosi un semplice profilo Facebook e iniziando a parlare male del governo cubano, sanno che facilmente saranno contattati e incentivati a continuare, promettendogli in cambio ricariche telefoniche sul loro smartphone.

In questo modo a Cuba è nata una variegata fauna di cosiddetti “dissidenti”, e poi ci sono i più noti che vengono anche presentati agli Organismi internazionali come martiri della “spietata dittatura comunista”.

Con questo non sto affermando che a Cuba non ci siano problemi e che sia il Paese delle meraviglie, no, non lo è per nulla, come non lo sono tanti altri Paesi, ma sto solo cercando di portare l’attenzione su una invasiva campagna di disinformazione e discredito che ha portato una moltitudine di persone a percepire la società cubana in modo completamente diverso da quella che realmente è.

Con l’occasione suggerisco un interessante documentario “La dictadura del Algoritmo”  https://www.youtube.com/watch?v=b2BhOW7nksI dove si capisce molto bene come negli ultimi anni la rivoluzione digitale è diventata una nuova arma degli Usa per cercare di convincere i giovani cubani a proteste di piazza contro il loro governo, in modo di avere poi il pretesto di un intervento “umanitario” nell’isola.

Mi è stato necessario fare questa ampia panoramica su quello che Cuba è stata costretta a subire per causa del blocco e della guerra mediatica, suggerendo anche dei link per degli approfondimenti, in modo che si possa comprendere meglio il contesto delle proteste avvenute l’11 luglio.

Queste proteste sono iniziate a San Antonio de los Baños – località a 35 Km da L’Avana – dove molte persone sono scese in strada contro la crisi economica e alimentare che attanaglia il Paese, in aggiunta di interruzioni saltuarie dell’energia elettrica per contenerne il consumo. Tutto questo reca certamente enormi disagi alla popolazione, che durano ormai da tanto tempo, e la crisi è peggiorata ancor di più con la Pandemia del Covid-19.

La protesta, per mezzo dei social, veniva trasmessa in diretta su varie piattaforme, incitando tutti i cubani a scendere in piazza per manifestare, creando così altre piccole manifestazioni sparse in alcuni punti del Paese.

Viste le rarissime proteste di piazza che in sessanta anni sono avvenute a Cuba, il Presidente Díaz-Canel ha sentito l’esigenza di fare anche un appello in Tv per spiegare quello che stava accadendo nel Paese e di stare in massima allerta:

«Già da metà 2019 abbiamo spiegato alla popolazione la difficile situazione a cui saremo andati incontro, viste le tante misure restrittive che Trump ha aggiunto al “Bloqueo” col solo obbiettivo di affossare del tutto l’economia del nostro Paese. Questo è per portare la popolazione alla esasperazione e indurla a creare forti e diffuse conflitti sociali. La loro massiva propaganda, diffusa in modo ideologico soprattutto nell’ultima campagna per “l’intervento umanitario” (#SOSCuba), intervento che poi trasformerebbero in militare. Ma questo è solo per calpestare i diritti, la sovranità e l’indipendenza del nostro popolo.

Purtroppo per la mancanza di dignità che esiste in diversi gruppi che si trovano dentro le Organizzazioni internazionali e in una parte dei i governi delle più importanti nazioni, alla fine tutti chinano la testa alla volontà degli Stati Uniti.

Queste cose, e molte altre, ci hanno portato a una difficile situazione economica e sociale […] ma in questo Paese c’è un popolo composto da molti rivoluzionari disposti a dare la vita, ma non per essergli stato ordinato, ma per loro propria convinzione. Devono passare sopra ai nostri cadaveri se vogliono distruggere la Rivoluzione. Già ho saputo che molti cubani sono scesi in piazza per contrastare questi gruppi antirivoluzionari; mercenari venduti al governo degli Stati Uniti che li finanzia tramite le sue agenzie. Noi non gli permetteremo di mettere in atto la loro strategia per destabilizzare il nostro Paese. Non permetteremo di far passare il piano “umanitario” (#SOSCuba) perché questo piano non è fatto per il benessere dei cubani e delle cubane, ma è un chiaro piano annessionista».

Non ci vuole molto a capire l’ultima frase di Diaz-Canel. Se l’interesse degli Usa è quello di sollevare il popolo cubano dal problema alimentare e sanitario, non c’era affatto bisogno di inventarsi il programma #SOSCuba, basterebbe togliere l’embargo e le cose migliorerebbero in fretta, ma su questo argomento nessuno spreca una riga d’inchiostro.

Come ha detto Diaz-Canel, molti cubani non avevano nemmeno ascoltato il suo messaggio televisivo perché erano già scesi in strada per manifestare contro le proteste di chi chiedeva l’intervento “umanitario” a Cuba. Molti video circolano su youtube che dimostrano questa partecipazione di massa ma a questo si fa solo un piccolo accenno sui media, mentre i titoli degli articoli e i loro contenuti mettono molto in risalto chi protestava e la “forte repressione” della polizia, la quale, invece, è intervenuta il necessario per non far degenerare le proteste. In qualsiasi altro Paese al mondo manifestazioni del genere avrebbero visto un intervento ben più violento da parte della polizia, cosa che a Cuba non è avvenuto. Si pensi a quello che da due mesi sta sta accadendo in Colombia dove, su quegli orribili crimini commessi dalla polizia, i nostri blasonati media non si sono degnati di spendere una sola riga.

Negli Stati Uniti c’è il Sindaco di Miami che in una conferenza pubblica afferma che i governanti di Cuba sono «trafficanti di droga, terroristi e persone che stanno esportando l’ideologia comunista in tutto l’emisfero, e questo influisce sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti […] si deve organizzare un intervento militare internazionale guidato dagli Usa per proteggere il popolo cubano da un bagno di sangue».

Tanto stiamo nel ridicolo che segnalo la conferenza stampa di “Amlo”, Presidente messicano, che a sua volta ridicolizza questa campagna mediatica  contro Cuba facendo vedere un post dove viene pubblicata una foto con migliaia e migliaia di persone sul lungomare e un commento che evidenzia quanti cubani sono scesi in strada per protestare contro il governo. Il post è pubblicato da “Article 19” un’organizzazione in difesa dei diritti umani finanziata dagli Usa per delegittimare i governi non amici; questo lo dice il Presidente messicano. Ma poi ci spiega che l’immagine di migliaia di persone in strada non è affatto sul lungomare de L’Avana, ma è di una citta egiziana. La notizia è un falso! Amlo racconta che questo è solo uno dei molti esempi che lui potrebbe mostrare su come le campagne di disinformazione contro Cuba siano spietate.

Aggiungo che in alcuni articoli ho visto foto con tanti sostenitori in difesa della Rivoluzione che venivano presentati come gli oppositori che chiedevano l’intervento umanitario.

C’è anche il ministro degli Esteri cubano che ha fatto un reclamo formale a Twitter per le migliaia e migliaia di falsi account che sono riusciti a individuare sulla campagna #SOSCuba. Account sui quali avevano “alterato” anche la geolocalizzazione, facendo credere che erano stati creati nell’isola, facendo credere che migliaia di cubani stavano inviando richieste di aiuto umanitario, mentre si è scoperto che gli account provenivano tutti dagli Stati Uniti.

So di aver già segnalato già molti link, ma non non rinunciate a questo, dove il direttore di “Digital Pandemic”, Julián Macías Tovar, in pochi minuti spiega la sua investigazione sulla campagna #SOSCuba, creata ad arte con migliaia di account falsi, oppure, per chi no capisce lo spagnolo, si può leggere l’articolo di “Cubadebate” che approfondisce meglio l’argomento.

Quanta fatica bisogna fare anche nelle nostre libere “democrazie” per distinguere tra notizia e menzogna!

 

 

 

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