Cosa significa intervenire umanitariamente?

Sono state così tante le risorse ed i metodi testati contro la Rivoluzione cubana –pari ai fallimenti– che coloro che dirigono l’agenda ideologica contro la nostra nazione hanno optato, negli ultimi anni, di tendere la molla di quello che chiamano intervento umanitario.

Julio Martínez Molina

Sono state così tante le risorse ed i metodi testati contro la Rivoluzione cubana –pari ai fallimenti– che coloro che dirigono l’agenda ideologica contro la nostra nazione hanno optato, negli ultimi anni, di tendere la molla di quello che chiamano intervento umanitario.

Sebbene tale figura non abbia un reale fondamento giuridico, la mostruosità, di applicazione extraterritoriale e in violazione della sovranità e integrità nazionale, “vende” la sua pratica con il pretesto di “sostenere” durante “situazioni conflittuali”, in virtù di una presunta e da nessun popolo conferita “responsabilità di proteggere”.

A Cuba non esiste tale tipo di scenario; non abbiamo conflitti bellici, e la popolazione riceve un sistema di protezione globale praticamente unico al mondo, nonostante, persino nelle attuali penurie causate dal blocco genocida del paese che, cinicamente, ci accusa delle difficoltà economiche da lui causate. Tuttavia, fabbricano queste matrici basate sul dominio tecnologico e la manipolazione dell’opinione pubblica mondiale, e sull’esercizio dell’influenza e del ricatto politico negli organismi di conciliazione internazionale, se per caso non decidono ignorarli.

In teoria, il sistema internazionale consolidato dopo la Seconda Guerra Mondiale è stato costruito per mantenere la pace tra gli stati; in modo che ciò che accade internamente in ciascuno di essi non dovrebbe essere d’incombenza per il resto. Tuttavia, la tendenza a sostituire il diritto internazionale con regole aggiustate agli interessi USA e dei suoi alleati è oggi sempre più forte, anche quando facciano fronte potenze come Russia e Cina.

Quali sono gli strumenti ed i risultati di un “intervento umanitario”?

Viene realizzato da un esercito multinazionale, di regola comandato dagli USA, mediante l’impiego di forze da guerra (aeree e navali, nella sua prima fase), con bombardamenti indiscriminati sul paese in questione.

Secondo il principale manuale di propaganda, “non colpirebbe la popolazione civile”, sebbene questa sia una menzogna colossale evidente negli “interventi umanitari” che sono stati perpetrati finora: Somalia, 1992; Jugoslavia, 1999 (i primi bombardamenti effettuati in Europa dopo la Secondo Guerra Mondiale, guidati dal Governo di Bill Clinton); Iraq, 2003; Haiti, 2004 e Libia, 2011.

In detti scenari, sono morte, sotto i missili, istantaneamente o in seguito, centinaia di migliaia di persone. Un’invasione armata, di qualsiasi tipo, e incluse, ovviamente, quelle di questo tipo, non tiene conto (impossibile farlo) se la zona attaccata sia abitata da seguaci o meno del governo. Chiunque può morire, dal più impegnato sino al più oppositore. Le bombe non distinguono simpatie politiche, si limitano solo a uccidere.

Detta invasione, dato lo stato di caos in cui sprofonderebbe l’intera popolazione, contribuirebbe ad un aumento esponenziale delle malattie. Nell’attuale scenario di pandemia, morirebbero senza assistenza medica centinaia di migliaia di persone, se non milioni. Allo stesso modo, seminerebbe il brodo di cultura epidemiologica per la comparsa di altre malattie, alcune persino già debellate.

Durante la fase di attacco e di intervento, indipendentemente dalla resistenza armata che sarebbe condotta nel paese invaso e dal conseguente allungamento temporale della belligeranza, ci sarebbe carestia generalizzata, mancanza di acqua potabile, carenza permanente di elettricità, assenza di ogni genere di medicinali, nessun tipo di servizio, ed i malati morirebbero negli ospedali o sotto le macerie.

Gli “interventi umanitari” che si sono verificati a partire dal secolo scorso nella pratica hanno solo lasciato città devastate, saccheggi sistematici, stupri, omicidi, esecuzioni extragiudiziali, espropriazione di risorse naturali, totale soggezione politica alla potenza straniera aggressore, carestie, frammentazione sociale, caos e aumento esorbitante di flagelli come il traffico di organi, il traffico di esseri umani, la criminalità organizzata, la creazione di bande, il mercato di armi, il traffico di droga…

L’ultimo “intervento umanitario” effettuato, quello della Libia, una decina di anni fa, oltre a sprofondare, quello che un tempo era un prospero paese nordafricano, nella desolazione e nella penuria socio-economica, ha provocato, ad oggi, più di 120000 morti, una cifra vicina a 200000 feriti, e quasi mezzo milione di profughi. Il paese, inoltre, è stato anche bersaglio di test di nuove armi da parte USA e NATO.

La famiglia libica, sia quella che amava o si opponeva al presidente Muammar Gheddafi, ora vive in lutto per i propri membri perduti o mutilati, senza alcuna speranza di redenzione in futuro. Oggi quel paese è un groviglio di fazioni armate e gruppi sostenuti da nazioni occidentali che lottano per il potere, senza ordine, in una tesa instabilità politica, con uno scenario epidemiologico infame e le sue ricchezze sotto il dominio delle transnazionali occidentali.

Nessun “intervento umanitario” ha risolto ciò che, presumibilmente, avrebbe dovuto risolvere. Ha solo aggravato, fino a limiti brutali, lo sconforto, la miseria e il dolore dei suoi abitanti.

I dati sono informazioni pubbliche. Non sono stati inventati da Cuba o Russia. Sono elaborati, persino, in diversi casi, da agenzie occidentali. Sono disponibili su Internet, di facile accesso.

Ovviamente non li troverete su Facebook, né su altre reti sociali che sono solo una parte di quella rete mondiale di armi modernissime che conquistano le menti degli utenti, li svuotano del proprio giudizio, gli impongono le loro matrici di pensiero e lanciano all’attacco quelle persone contro ciò che desiderano sovvertire.

Tali armi attaccano silenziosamente e quando invocano l’intervento, in nome dell’umano, non fanno altro che precedere un sibilo di un missile.


¿Qué significa intervenir humanitariamente?

Han sido tantos los recursos y los métodos ensayados contra la Revolución Cubana –equivalentes a los fracasos–, que quienes dirigen la agenda ideológica contra nuestra nación han optado, en los años más recientes, por tensar el resorte de eso que denominan intervención humanitaria

Autor: Julio Martínez Molina

Han sido tantos los recursos y los métodos ensayados contra la Revolución Cubana –equivalentes a los fracasos–, que quienes dirigen la agenda ideológica contra nuestra nación han optado, en los años más recientes, por tensar el resorte de eso que denominan intervención humanitaria.

Aunque tal figura no posee real fundamento jurídico, el engendro, de aplicación extraterritorial y violatorio de la soberanía e integridad nacionales, «vende» su práctica bajo el manto de «apoyar» durante «situaciones en conflicto», en virtud de una supuesta y por ningún pueblo conferida «responsabilidad de proteger».

En Cuba no existe ese tipo de escenario; no tenemos conflictos bélicos, y la población recibe un sistema de protección integral prácticamente único en el mundo, a pesar, incluso, de las carencias actuales propiciadas por el bloqueo genocida del país que, cínicamente, nos acusa de las dificultades económicas por ellos causadas. Sin embargo, fabrican esas matrices basados en el dominio tecnológico y la manipulación sobre la opinión pública mundial, y en el ejercicio de la influencia y el chantaje político en organismos de concilio internacional, si es que acaso no deciden pasarlos por alto.

En teoría, el sistema internacional consolidado tras la Segunda Guerra Mundial fue construido para mantener la paz entre Estados; de forma que cuanto ocurra a nivel interno en cada uno de ellos no debería ser de incumbencia para el resto. No obstante, la tendencia a reemplazar el derecho internacional con reglas ajustadas al interés de EE. UU. y de sus aliados es hoy cada vez más fuerte, aun cuando le hagan frente potencias como Rusia y China.

¿Cuáles son los instrumentos y resultados de una «intervención humanitaria»?

La realiza un ejército multinacional, por regla comandado por EE. UU., mediante el uso de fuerza de guerra (aérea y naval, en su primera etapa), con bombardeos indiscriminados sobre el país en cuestión.

Según el manual de propaganda de cabecera, «no afectaría a la población civil», aunque esta es una colosal mentira evidente en las «intervenciones humanitarias» que perpetraron, hasta el momento: Somalia, 1992; Yugoslavia, 1999 (los primeros bombardeos efectuados en Europa después de la Segunda Guerra Mundial, dirigidos por el Gobierno de Bill Clinton); Iraq, 2003; Haití, 2004, y Libia, 2011.

En dichos escenarios sucumbieron bajo los misiles, de forma instantánea o posterior, centenares de miles de personas. Una invasión armada, del tipo que fuere, e incluidas, por supuesto, las de este género, no tiene en cuenta (imposible hacerlo) si la zona atacada la habitan afectos o desafectos al gobierno. Puede morir cualquiera, desde el más comprometido hasta el más opositor. Las bombas no distinguen simpatías políticas, solo se limitan a matar.

Dicha invasión, habida cuenta del estado de caos en que sumiría a toda la población, contribuiría a un aumento exponencial de las enfermedades. En el actual escenario de pandemia, fallecerían sin auxilio médico centenares de miles de personas, cuando no millones. De igual modo, plantaría el caldo de cultivo epidemiológico para la aparición de otras enfermedades, algunas hasta ya erradicadas.

Durante la etapa de ataque e intervención, con independencia de la resistencia armada que se libraría en el país invadido y el consiguiente alargamiento temporal de la beligerancia, existiría hambruna generalizada, falta de agua potable, carencia eléctrica permanente, ausencia de todo tipo de medicamentos, ninguna clase de servicios, y los enfermos morirían en hospitales o bajo las ruinas.

Las «intervenciones humanitarias» ocurridas desde el siglo pasado, en la práctica solo han dejado ciudades arrasadas, saqueos sistemáticos, violaciones, asesinatos, ejecuciones extrajudiciales, despojos de los recursos naturales, sujeción política total a la potencia extranjera agresora, hambrunas, fragmentación social, caos y aumento exorbitante de flagelos como el tráfico de órganos, la trata de personas, el crimen organizado, la creación de bandas, el mercado de armas, el narcotráfico…

La última «intervención humanitaria» realizada, la de Libia, hace una década, además de sumir a ese otrora próspero país norteafricano en la desolación y en la penuria socioeconómica, provocó más de 120 000 muertos, una cifra cercana a los 200 000 heridos, y casi medio millón de refugiados, hasta hoy. El país, además, resultó blanco de pruebas de nuevas armas de EE. UU. y la OTAN.

La familia libia, tanto la que quería o adversaba al presidente Muamar el Gadafi, ahora vive presa del luto por los integrantes perdidos o mutilados, sin esperanza alguna de redención en el futuro. Ese país es hoy un amasijo de facciones armadas y de grupos apoyados por naciones occidentales que pugnan por el poder, sin orden, en tensa inestabilidad política, con un escenario epidemiológico infame y sus riquezas bajo dominación de las transnacionales de Occidente.

Ninguna «intervención humanitaria» ha resuelto cuanto supuestamente iba a solucionar. Solo ha agravado a límites brutales el desconsuelo, la miseria y el dolor de sus pobladores.

Los datos son de información pública. No los conformó Cuba o Rusia. Están elaborados, incluso, en varios casos, por agencias occidentales. Se encuentran disponibles en internet, fáciles de acceder.

Por supuesto, no va a hallarlos en Facebook, ni en otras redes sociales que apenas son una parte de esa red mundial de armas modernísimas que conquistan las mentes de los usuarios, las vacían de juicio propio, les imponen sus matrices y lanzan al ataque a esas personas contra aquello que deseen subvertir.

Tales armas atacan en silencio, y cuando invocan intervención, en nombre de lo humano, no hacen más que preceder a un silbido de misiles.

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