Con l’antimperialismo di Fidel, per resistere e vincere

Fidel, tra le sue tante virtù, si è convertito in un esperto nel ragionamento del modus operandi dell’imperialismo nordamericano, che ha combattuto con ogni fibra del suo essere per aver annientato milioni di persone, spogliato delle risorse interi continenti, eliminato dirigenti d’avanguardia del Terzo Mondo, silurato l’integrazione dei popoli e imposto a Cuba una spietata ed ininterrotta guerra commerciale, finanziaria, biologica, ideologica e culturale

Julio Martínez Molina www.granma.cu

Sapeva, come Martí, “dalla nuvola sino al microbo”. Ogni concetto esistente nei saperi degli uomini è applicabile nel pensiero e nell’azione di Fidel. Pertanto nel parlare del Comandante in modo generale si corre il rischio di esaurire tutti gli spazi. Preferisco concentrarmi qui su uno dei profili più importanti del Comandante: il suo antimperialismo.

Profondo conoscitore della storia, ha analizzato come pochi altri la psicologia predatoria degli imperi. Ha studiato i i 12 Cesari; i regni di Spagna, Olanda, Portogallo ed Inghilterra; Alessandro, Gengis Khan e, in modo speciale, gli USA dalla sua formazione come Stato, il suo progetto politico ed i postulati dei suoi dirigenti: già a partire dalla stessa protostoria del paese settentrionale.

Ha intuito i suoi appetiti di espansione, la necessità biologica dei suoi congressisti, senatori e presidenti di comprendere patologicamente maggiori e progressive estensioni geografiche.

Ha parlato più volte di come, non contenti di aver sottratto i loro spazi naturali ai nativi del continente, abbiano acquistato o invaso territori di Messico, Spagna e Francia.

Ma la voracità di Washington – così spesso denunciata da Fidel in articoli, discorsi e apparizioni – superava la piattaforma continentale; andava molto più lontano. Era lì, sotto di loro sulla latitudine della mappa del mondo, la stella dei Caraibi, il Gioiello del Golfo, la Chiave delle Americhe; e, rapidamente, hanno tentato di impadronirsene. Alla fine ci sono riusciti, attraverso l’auto sabotaggio della corazzata Maine, il Trattato di Parigi e la Guerra Ispano-Cubano-Americana. Hanno anche preso altri territori come Portorico, le Filippine…

Fidel, tra le sue tante virtù, si è convertito in un esperto nel ragionamento del modus operandi dell’imperialismo nordamericano, che ha combattuto con ogni fibra del suo essere per aver annientato milioni di persone, spogliato di risorse interi continenti, eliminato capi di avanguardia del Terzo Mondo, silurato l’integrazione dei popoli e imposto a Cuba una spietata e ininterrotta guerra commerciale, finanziaria, biologica, ideologica e culturale.

Sebbene, di sicuro, non sia risultato essere il primo grande pensatore a predire la fine della specie, è stato il primo a metterla in relazione con l’incidenza dell’imperialismo nordamericano nei piani bellici (la sua potenza nucleare è stata da lui fortemente sferzata), ambientali (ha avvertito dei pericoli della natura iperconsumistica di quella nazione) e sociale.

Come dirigente, preoccupato in ogni momento della sua esistenza della cura e sopravvivenza del suo popolo, ha elaborato strategie ed ha escogitato soluzioni per impedire un confronto bellico diretto con la principale potenza militare del pianeta; nonché rafforzare i legami che hanno portato all’avvio del processo di normalizzazione dei rapporti nel dicembre 2014.

Tuttavia, non si è mai fidato (nemmeno dopo questo passaggio) di nulla proveniente dai circoli di potere yankee; non così del suo popolo, che ha sempre amato e rispettato, oltre ad apprezzare oltremodo il serbatoio culturale di quel paese e lo straordinario contributo afroamericano.

Le successive riflessioni di Fidel parlano da sole. In quella scritta il 12 agosto, un giorno dal suo novantesimo compleanno, ha parlato della visita di Obama in Giappone, che non ha ricevuto durante il suo soggiorno all’Avana: «Ritengo che mancasse di livello (…), e gli sono mancate le parole per scusarsi del massacro di centinaia di migliaia di persone a Hiroshima… Ugualmente criminale è stato l’attacco a Nagasaki, città che i padroni della vita hanno scelto a caso. Ecco perché dobbiamo martellare sulla necessità di preservare la pace e che nessuna potenza si prenda il diritto di uccidere milioni di esseri umani».

Dopo la morte del Comandante, i senza patria hanno pronunciato imprecazioni e ignominie in Versailles, Calle 8, Hialeah: quella Miami dell’esilio la cui linea dura tanta paura e rancore ha sempre avuto di lui e ora chiede l’intervento militare a Cuba.

Le parole (sordide, indegne, inique, perfide) dell’ex presidente Donald Trump dopo la morte di Fidel, il 25 novembre 2016, – così come quelle di altri alti funzionari politici yankee – hanno illustrato la visione primitiva imperiale dell’USA politico più cavernicola verso Cuba.

In ogni caso, hanno rappresentato un altro segno che Fidel, come Martí, non si è mai sbagliato: il brutale Nord ci disprezza e non rinuncerà mai ai suoi sforzi per impossessarsi di noi.

Solo la resistenza, la dignità e l’antimperialismo propugnati dal Comandante ci faranno resistere e vincere.


Con el antimperialismo de Fidel, para resistir y vencer

Fidel, entre sus muchas virtudes, se convirtió en un experto en el razonamiento del modus operandi del imperialismo norteamericano, al cual combatió con cada fibra de su ser por haber aniquilado a millones de personas, despojado de recursos a continentes enteros, eliminado a líderes de vanguardia del Tercer Mundo, torpedeado la integración de los pueblos e impuesto a Cuba una despiadada e ininterrumpida guerra comercial, financiera, biológica, ideológica y cultural

Autor: Julio Martínez Molina

Supo, como Martí, «desde la nube hasta el microbio». Cada concepto existente en los saberes de los hombres es aplicable en el pensamiento y la acción de Fidel. Por tanto, hablar del Comandante de manera general corre el riesgo de agotar todos los espacios. Prefiero centrarme aquí en uno de los perfiles más importantes del Jefe: su antimperialismo.

Profundo conocedor de la historia, analizó como pocos la sicología predatoria de los imperios. Estudió a los 12 Césares; a los reinos de España, Holanda, Portugal e Inglaterra; a Alejandro, Gengis Khan y, de forma especial, a Estados Unidos desde su formación como Estado, su proyecto político y los postulados de sus líderes: ya a partir de la misma protohistoria del país del norte.

Intuyó sus apetitos de expansión, la necesidad biológica de sus congresistas, senadores y presidentes de abarcar patológicamente mayores y progresivas extensiones geográficas.

Habló en no pocas ocasiones de cómo, no contentos con haberles arrebatado sus espacios naturales a los nativos del continente, compraron o invadieron territorios de México, España y Francia.

Pero la voracidad de Washington –tantas veces denunciada por Fidel en artículos, discursos y comparecencias– sobrepasaba la plataforma continental; iba más lejos. Estaba allí, debajo de ellos en la latitud del mapamundi, la estrella del Caribe, la Joya del Golfo, la Llave de las Américas; y, raudos, intentaron apoderarse de ella. Al fin lo lograron, mediante el autosabotaje del acorazado Maine, el Tratado de París y la Guerra Hispano-Cubano-Americana. También tomaron otros territorios como Puerto Rico, las Filipinas…

Fidel, entre sus muchas virtudes, se convirtió en un experto en el razonamiento del modus operandi del imperialismo norteamericano, al cual combatió con cada fibra de su ser por haber aniquilado a millones de personas, despojado de recursos a continentes enteros, eliminado a líderes de vanguardia del Tercer Mundo, torpedeado la integración de los pueblos e impuesto a Cuba una despiadada e ininterrumpida guerra comercial, financiera, biológica, ideológica y cultural.

Aunque a ciencia cierta no resultó el primer gran pensador en vaticinar el fin de la especie, sí fue el primero que la relacionó con la incidencia del imperialismo norteamericano en los planos bélicos (su poder nuclear fue muy fustigado por él), medioambiental (advirtió de los peligros de la naturaleza hiperconsumista de esa nación) y social.

Como líder preocupado a cada instante de su existencia por el cuidado y la supervivencia de su pueblo trazó estrategias y urdió salidas para impedir la confrontación bélica directa con la principal potencia militar del planeta; así como para estrechar acercamientos que desembocaron en el arranque del proceso de normalización de las relaciones en diciembre de 2014.

Sin embargo, nunca confió (ni incluso después de este paso) en nada proveniente de los círculos de poder yanquis; no así de su pueblo, al cual siempre amó y respetó, además de apreciar sobremanera el reservorio cultural de ese país y el extraordinario aporte afroamericano.

Las reflexiones posteriores de Fidel hablan por sí solas. En la escrita el 12 de agosto, a un día de su cumpleaños 90, planteaba en torno a la visita a Japón de Obama, a quien no recibió durante su estancia en La Habana: «Considero que le faltó altura (…), y le faltaron palabras para excusarse por la matanza de cientos de miles de personas en Hiroshima… Fue igualmente criminal el ataque a Nagasaki, ciudad que los dueños de la vida escogieron al azar. Es por eso que hay que martillar sobre la necesidad de preservar la paz, y que ninguna potencia se tome el derecho de matar a millones de seres humanos».

Tras la muerte del Comandante, los apátridas profirieron improperios e ignominias en el Versalles, la Calle 8, Hialeah: ese Miami del exilio cuya línea dura tanto pavor e inquina siempre le tuvo y ahora pide la intervención militar en Cuba.

Las palabras (sórdidas, indignas, inicuas, pérfidas) del expresidente Donald Trump a raíz de la muerte de Fidel el 25 de noviembre de 2016 –igual las de otros altos cargos políticos yanquis–, ilustraron la visión primitiva imperial del Estados Unidos político más cavernícola hacia Cuba.

En cualquier caso representaron otra muestra de que Fidel, como Martí, nunca se equivocó: el norte brutal nos desprecia y jamás cejará en su empeño de apoderarse de nosotros.

Solo la resistencia, la dignidad y el antimperialismo propugnados por el Comandante nos harán resistir y vencer.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.