Che dolore che dolore che pena… (ricorda una vecchia canzone popolare)

César Gómez Chacón http://www.cubadebate.cu

Le reti “sociali” e i loro algoritmi, usati come droni telecomandati dalle forze dell’impero, cercano di ottenere, nel peggiore stile di Joseph Goebbels, che le menzogne così spesso ripetute si convertano in verità. Questo tentativo di vulnerare a man bassa i neuroni oggi preoccupati del popolo cubano, o almeno di una parte di questo, è un altro tentativo di una politica fallita.

Stato fallito, giusto? “Un bugiardo si scopre più velocemente di uno zoppo”, sono usi dire alcuni nonni e hanno ragione. La vera verità su quanto accaduto a Cuba negli ultimi cinque anni è facile da verificare.

Il signor Donald Trump è caduto sulla Casa Bianca un funesto mezzogiorno di venerdì 20 gennaio 2017. La sua politica verso Cuba era già stata convenientemente sbandierata nella sua campagna elettorale (un commento in un buon contesto: Biden fino ad oggi ha defecato olimpicamente  fuori dal suo vasino personale che gli hanno messo nello Studio Ovale, per quanto riguarda l’adempimento delle promesse elettorali, almeno riguardo a Cuba).

Ma il meteorite Trump è stato fedele alle sue gridate promesse anticubane, più rosso del solito, durante il suo passaggio elettorale nel sud della Florida. Solo mettendo i suoi glutei sul trono imperiale, la carota ha mostrato il miglior stile della sua razza. Ha scatenato, furiosamente, la vendetta anticomunista, condita dal solletico di dollari riconoscenti dello stesso pubblico che, mesi prima, lo aveva applaudito con delirio. E ha sferrato le prime artigliate contro Cuba.

Non dimentichiamo che è stato lui, e non il governo cubano, che ha vietato crociere, compagnie aeree e viaggi di turisti nordamericani nell’isola, e ha lasciato di colpo senza quei generosi clienti che mastica-gomme a tassisti, proprietari di ostelli e ristoranti, imprenditori, prostitute e altri “combattenti” nelle città e paesi di Cuba. Tristi tutti coloro che, principalmente all’Avana, hanno messo a rischio tutti i loro risparmi per riparare o costruire attività esclusive per l’ambito turismo yankee.

È stato lui, e non il governo cubano, che con un tratto di penna ha spazzato via le rimesse familiari, bloccato e minacciato le filiali bancarie in tutto il mondo, e ucciso il  sogno di prosperità del cubano comune.

E’ stato lo zotico Donald a vietare i voli diretti per le province e a chiudere i servizi consolari della sua ambasciata all’Avana, per rendere quasi impossibili i desideri e la quasi ancestrale necessità dei cubani di viaggiare in entrambe le direzioni in modo normale e quindi più economico…

È stato lui a rimettere Cuba nella lista dei patrocinatori del terrorismo, e ha terrorizzato banche, governi e imprenditori di tutto il mondo, primi fra tutti quelli della furba, calcolatrice e talvolta troppo fredda e lontana Europa, affinché non negoziassero né spostassero un solo centesimo da o verso L’Avana. È stato lui e non il presidente Díaz-Canel a mettere più pressione alla caldaia e a bloccare le valvole di scarico …

La colpa, quindi, non era del buon merlo cubano, ma dell’aquila imperiale. Ma il peggio mancava ancora.

La pandemia, quel vocabolo che sembrava sepolto nei vecchi libri di storia e nei romanzi e film sull’età medioevale, è venuta a fare il resto. Una ferita quasi mortale a quel che restava del turismo, acqua nei motori dell’economia cubana, e a spendere il poco che aveva il paese per salvare vite e tentare il miracolo di mantenere in funzione la nazione.

Milioni di quella stragrande maggioranza di bravi cubani, addolorati e preoccupati per la morte di familiari e amici, hanno continuato a muoversi e si muovono oggi, con più cuori che muscoli, le loro braccia stanche e fanno galleggiare, a qualsiasi costo, la loro isola irredenta in mezzo al mare.

Pandemia e blocco: la tempesta perfetta, e al diavolo viaggi, scambi, borse di studio, gallerie, concerti, festival, migrazioni, soggiorni e ritorni trionfali, gioie, spiagge, amici, viaggi di vacanza, sogni e persino piaceri mondani. Tutti fermi tranquilli. Giusti e peccatori in quarantena, accalcati nello stesso sacco.

Se Mambrú va in guerra…

 

L’11 luglio di quest’anno, solo quattro mesi fa, la propaganda yankee-fascista, quella dell’odio e della vendetta, che viaggiava talvolta di nascosto e anche apertamente attraverso reti antisociali, ha saturato di feci alcune menti accaldate, quella di quella minoranza interna, quella dell’eccezione e non della regola.

Da allora e fino ad oggi, hanno cercato di rarefare l’atmosfera di un popolo buono e sacrificato, che ha superato tutte le prove e le ha vinte per più di sei decenni, con un sacrificio così enorme che non può descrivere neppure la migliore statistica.

Dalla Florida e dalla vecchia Europa ancora in preda alla guerra fredda, sono tornate le minacce, le offese, gli attacchi personali, persino ad amici e familiari, e al governo cubano eletto dalla democrazia approvata dalla volontà maggioritaria del suo popolo.

Peggio ancora, è tornato di moda il malsano tentativo di attizzare i tamburi della guerra e del terrorismo, come se bombe e missili fossero più intelligenti di quelli che premono i pulsanti per lanciarli.

Un presidente Biden, non si sa se timoroso o in preda alle bugie che gli risuonano nelle orecchie, non ha fatto nulla per prendere le distanze dal demente Trump nella politica verso Cuba. Sembra che stia giocando la stessa pericolosa carta che è costata la vita a J. F. Kennedy. Ma sarebbe solo uno in più tra i 12 imperatori che, dal 1959 ad oggi, sono passati alla storia e sino all’oblio, con l’incubo irrealizzato di distruggere la Rivoluzione cubana.

Il tempo scorre velocissimo oggi, contro i mercanti dell’odio e i loro potenziali acquirenti a Cuba. La vecchia formula testata con successo in alcune altre latitudini colorate, ha i suoi giorni contati.

Cuba sta vincendo con intelligenza, spreco d’amore ed enormi sforzi propri, con la solidarietà dei suoi amici ed i buoni cubani nel mondo, la grande e vera battaglia di questi tempi, quella di immunizzare il proprio popolo (compresi i nemici o stanchi della Rivoluzione), contro il COVID-19.

Il paese sta già aprendo i suoi confini. La locomotiva del turismo inizia a scaldare i suoi motori senza fumo inquinante. La Zona di Sviluppo del Mariel costruisce industrie proprie e straniere e riceve nuove navi cariche di futuro. Legislazioni con senso del momento storico mettono in luce la lettera viva della Costituzione socialista, approvata con un referendum popolare il 24 febbraio 2019, con l’86,85% dei voti, un’altra verità che oggi i bugiardi di spirito pretendono imbrigliare.

Nascono le PYMES, si tutela la proprietà privata, l’economia statale si scrolla di dosso la polvere della burocrazia e della pigrizia e prevede la crescita in tempi brevi. Si riparano le strade, si migliorano le cittadelle, si dipingono scuole, magazzini e ospedali…

Si rinnovano anche i dirigenti del Partito e del governo, un governo giovane e dai capelli grigi, impegnato, giorno per giorno, fino al gomito nella lotta (senza virgolette) per il bene di tutti. Un governo patrio fedele erede delle idee martiane e rivoluzionarie di Fidel. Un governo che ascolta con rispetto le richieste del popolo, e si consiglia con il più fedele dei fratelli, con quel Raúl imbattuto nel tempo, con i piedi nella staffa mambí, sempre pronto a intraprendere l’offensiva guerrigliera.

Arriveranno -più che le notizie di stampa- cibo e bevanda senza ansia alla tavola dei comuni cubani, e per lui migliorerà anche il trasporto pubblico, statale e privato, permettendogli di andare e tornare in orario e con una certa comodità al lavoro o al centro dove studia. Non è una chimera, è una realtà che richiede solo poco tempo e lo sforzo determinato di buoni patrioti.

Di qui la disperazione dei nemici della Rivoluzione, quelli di fuori e quelli di dentro, questi ultimi con i loro diritti di cittadini inclusi e rispettati nei limiti imposti dalla legge. Ma l’uno e l’altro, in assenza di proposte e di un proprio pensiero, restano appesi a mezz’aria.

Come tori inferociti, intendono attaccare alla cieca contro il drappo rosso e legittimare qualunque cosa, con l’appoggio della CIA e dell’ambasciata yankee all’Avana, i loro ultimi tentativi di destabilizzare il paese e creare una situazione di violenza che scateni la guerra USA contro Cuba.

Valga la memoria storica: è la stessa opzione in cui Kennedy ha commesso un errore, nel 1961, con l’invasione di Girón, ma che poi non ha rifatto nei giorni più pericolosi della Crisi di Ottobre. È l’opzione tante volte accumulata dai falchi del Pentagono, quando la mafia di Miami  ripetutamente ha messo nelle grinfie pretesti, ma che nessun presidente yankee – né i peggiori nemici del comunismo e della Rivoluzione – hanno osato approvare fino ad oggi.

Ma… pericolo! Il signor Biden è abituato a riposare sugli allori, come ha fatto al vertice sui cambi climatici appena concluso. Possono sorprenderlo alle spalle.

Ecco perché gli allievi degli anonimi eroi cubani, come i Cinque e il dottor “Fernando”, quelli delle centinaia di migliaia di coraggiosi dell’internazionalismo, quelli dei combattenti delle istituzioni della tranquillità cittadina e delle FAR, quelli degli uomini e delle donne della Brigata di Frontiera, e quelle del popolo con la guardia in alto in strada, sono oggi più insonni che mai.

Questa e nessun’altra è la vera verità. Basta seminare termiti nella memoria di un intero popolo. Mambrú forse non è mai andato in guerra. E se “andò”, nessuno lo vide tornare.

Il tic tac suona forte e chiaro a favore della stragrande maggioranza dei cubani. Con un po’ d’amore e con la fiducia di sempre, con o senza il blocco, Cuba avrà, prima o poi, con la sua Rivoluzione socialista rafforzata, il futuro migliore che si merita. Certo che sì si può!


Qué dolor que dolor que pena… (recuerda una vieja canción popular)

Por: César Gómez Chacón

Las redes “sociales” y sus algoritmos, utilizados como drones teledirigidos por las fuerzas del imperio, intentan lograr al peor estilo de Joseph Goebbels que las mentiras tantas veces repetidas se conviertan en verdades. Esto de intentar vulnerar a guayabazo limpio las neuronas hoy ansiosas del pueblo cubano, o al menos de una parte de este, es otro intento de una política fallida.

¿Estado fallido, no? “Más rápido se descubre a un mentiroso que a un cojo”, suelen decir algunos abuelos y tienen razón. La verdad verdadera sobre lo que ocurrió en Cuba en los últimos cinco años es fácil de comprobar.

El señor Donald Trump cayó sobre la Casa Blanca el funesto mediodía del viernes 20 de enero de 2017. Su política hacia Cuba ya había sido convenientemente cacareada en su campaña electoral (un comentario en buen contexto: Biden hasta hoy se defecó olímpicamente fuera del tiborcito personal que le pusieron en la Oficina Oval, en lo que a cumplir promesas electorales se refiere, al menos respecto a Cuba).

Pero el meteorito Trump fue fiel a sus promesas anticubanas gritadas, más colorado que de costumbre, durante su paso electorero por el sur de la Florida. Con tan solo poner sus glúteos en el trono imperial, el zanahoria mostró el mejor estilo de su casta. Desató con furia la venganza anticomunista, sazonada por el cosquilleo de los dólares agradecidos del mismo auditorio que meses antes lo aplaudió con delirio. Y lanzó los primeros zarpazos contra Cuba.

No olvidar que fue él, y no el gobierno cubano, quien prohibió cruceros, aerolíneas y viajes de turistas norteamericanos a la isla, y dejó de un tirón sin aquellos dadivosos clientes masca-chicles a los taxistas, dueños de hostales y paladares, emprendedores, prostitutas y otros “luchadores” en las ciudades y pueblos de Cuba. Triste todos aquellos que, fundamentalmente en La Habana, pusieron en riesgo todos sus ahorros para reparar o construir negocios exclusivos para el apetecido turismo yanqui.

Fue él y no el gobierno cubano quien de un plumazo barrió con las remesas familiares, bloqueó y amenazó sucursales bancarias del mundo entero, y mató sueños de prosperidad al cubano de la calle.

Fue el patán Donald quien prohibió los vuelos directos a las provincias y cerró los servicios consulares de su embajada en La Habana, para hacer casi imposible los deseos y la necesidad casi ancestral de los cubanos de viajar en las dos direcciones de manera normal y por tanto más barata…

Fue él quien metió de nuevo a Cuba en la lista de patrocinadores del terrorismo, y aterrorizó bancos, gobiernos y empresarios de todo el mundo, en primer lugar a los de la mañosa, calculadora y a veces demasiado fría y lejana Europa, para que no negociaran ni movieran un solo centavo hacia o desde La Habana. Fue él y no el presidente Díaz-Canel quien le puso más presión a la caldera y trancó las válvulas de escape…

La culpa, entonces, no la tuvo el buen totí cubano, sino el águila imperial. Pero aún faltaba lo peor.

La pandemia, aquel vocablo que parecía enterrado en los viejos libros de historia y en las novelas y películas de la edad media, vino a hacer el resto. Una herida casi mortal a lo que quedaba del turismo, agua en los motores de la economía cubana, y a gastar lo poco que tenía el país para salvar vidas e intentar el milagro de mantener funcionando la nación.

Millones de aquella inmensa mayoría de buenos cubanos, adoloridos y preocupados por las muertes de familiares y amigos, siguieron moviendo y mueven hoy, con más corazón que músculos, sus brazos cansados, y hacen flotar a como dé lugar su isla irredenta en medio del mar.

Pandemia y bloqueo: la tormenta perfecta, y al carajo viajes, intercambios, becas, galerías, conciertos, festivales, migraciones, quedados y regresados triunfales, alegrías, playas, amigos, viajes de vacaciones, sueños y hasta placeres mundanos. Todo el mundo quieto en base y con las bases llenas. Justos y pecadores en cuarentena, apiñados en el mismo saco.

Si Mambrú se va a la guerra…

El 11 de julio de este año, hace solo cuatro meses, la propaganda yanqui-fascista, la del odio y la venganza, la que viajó a veces subrepticia y también abiertamente por las redes antisociales, saturó de heces algunas mentes calenturientas, la de esa minoría interna, la de la excepción y no la regla.

Desde entonces y hasta hoy se trató de enrarecer el ambiente de un pueblo bueno y sacrificado, que ha pasado por todas las pruebas, y las ha vencido durante más de seis décadas, con un sacrificio tan enorme que no puede describir ni la mejor estadística.

Desde la Florida y desde la vieja Europa aún presa de la guerra fría, volvieron las amenazas, las ofensas, los ataques personales, incluidos a amigos y familiares, y al gobierno cubano electo por la democracia aprobada por la voluntad mayoritaria de su pueblo.

Peor aún, volvió a ponerse de moda el empeño enfermizo por atizar los tambores de la guerra y del terrorismo, como si las bombas y los cohetes fuesen más inteligentes que quienes aprietan los botones para lanzarlos.

Un presidente Biden, no se sabe si timorato o presa de las mentiras que le zumban en los oídos, no ha hecho nada por distanciarse del orate Trump en la política hacia Cuba. Parece jugar con la misma carta peligrosa que le costó la vida a J. F. Kennedy. Pero sería solo uno más entre los 12 emperadores que desde 1959 a la fecha pasaron a la historia, y hasta al olvido, con la pesadilla irrealizada de destruir la Revolución cubana.

El reloj camina muy rápido hoy, en contra de los mercaderes del odio y sus potenciales compradores en Cuba. La vieja fórmula probada con éxito en algunas otras latitudes de colores, tiene los días contados.

Cuba está ganando con inteligencia, derroche de amor y enormes esfuerzos propios, con la solidaridad de sus amigos y los buenos cubanos en el mundo, la gran y verdadera batalla de estos tiempos, la de inmunizar a su pueblo (incluidos los enemigos o cansados de la Revolución), contra la COVID-19.

El país ya abre sus fronteras. La locomotora del turismo comienza a calentar sus motores sin humo que contamine. La Zona de Desarrollo del Mariel levanta industrias propias y extranjeras y recibe nuevos barcos cargados de futuro. Legislaciones con sentido del momento histórico ponen a relieve la letra viva de la Constitución socialista, aprobada en referendo popular el 24 de febrero de 2019, con el 86,85 por ciento de los votos, otra verdad que hoy pretenden enmarañar los mentirosos de espíritu.

Nacen las PYMES, se protege la propiedad privada, la economía estatal se sacude el polvo de la burocracia y la desidia y augura el crecimiento en poco tiempo. Se reparan calles, se mejoran ciudadelas, se pintan escuelas, bodegas y hospitales…

Se renuevan también los dirigentes del Partido y del gobierno, un gobierno joven y con canas, metido día a día hasta el codo en la lucha (sin comillas) por el bien de todos. Un gobierno patrio que es fiel heredero de las ideas martianas y revolucionarias de Fidel. Un gobierno que escucha con respeto los reclamos del pueblo, y se aconseja con el más fiel de los hermanos, con ese Raúl invicto en el tiempo, de pie en el estribo mambí, listo siempre a emprender la ofensiva guerrillera.

Llegarán -más que la noticia en la prensa- la comida y la bebida sin angustia a la mesa del cubano de a pie, y para él mejorará también el transporte público, estatal y privado, que le permita ir y regresar a tiempo y con cierta comodidad al trabajo o al centro de estudio. No es una quimera, es una realidad que solo precisa de un poco de tiempo y del esfuerzo resuelto de los buenos patriotas.

De ahí la desesperación de los enemigos de la Revolución, los de afuera y los de adentro, estos últimos con sus derechos ciudadanos incluidos y respetados dentro de los límites impuestos por la ley. Pero unos y otros, a falta de propuestas y pensamiento propio, van quedando colgados de la brocha.

Como toros enfurecidos pretenden embestir a ciegas contra el trapo rojo y legitimar a como sea, con el respaldo de la CIA y de la embajada yanqui en La Habana, sus últimos intentos por desestabilizar el país, y crear una situación de violencia que lance a la guerra a los Estados Unidos contra Cuba.

Valga la memoria histórica: es la misma opción donde Kennedy se equivocó en 1961 con la invasión a Girón, pero que luego no compró en los días más peligrosos de la Crisis de Octubre. Es la opción tantas veces amasada por los halcones del Pentágono, cuando la mafia de Miami les puso una y otra vez los pretextos en las garras, pero que ningún presidente yanqui –ni los peores enemigos del comunismo y de la Revolución- se atrevieron a aprobar hasta hoy.

Pero… ¡peligro! El señor Biden acostumbra a dormirse en los laureles, como hizo en la recién concluida Cumbre sobre el cambio climático. Lo pueden sorprender por detrás.

Por eso las pupilas de los héroes anónimos cubanos, como los Cinco y el doctor “Fernando”, las de los cientos de miles de valientes del internacionalismo, las de los combatientes de las instituciones de la tranquilidad ciudadana y de las FAR, las de los hombres y mujeres de la brigada de la Frontera, y las del pueblo con la guardia en alto en las calles, están hoy más insomnes que nunca.

Esta y no otra es la verdad verdadera. Basta de sembrar comejenes en la memoria de todo un pueblo. Mambrú posiblemente nunca se fue a la guerra. Y si “marchó”, nadie lo vio volver.

El tic tac está sonando alto y claro en favor de la inmensa mayoría de los cubanos. Con un poco de amor y con la confianza de siempre, con bloqueo o sin él, Cuba tendrá más temprano que tarde, con su Revolución socialista fortalecida, el futuro mejor que se merece. ¡Claro que sí se puede!

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