Elezioni Venezuela. Vince la democrazia, perdono anni di fake news

Fabrizio Verde  www.lantidiplomatico.it

Le cosiddette ‘mega-elezioni’ in Venezuela a cui hanno preso parte tutti i settori dell’opposizione, dai moderati ai filo-statunitensi che avevano preso la via golpista, hanno visto trionfare nuovamente il PSUV e le altre forze che si riconoscono nel chavismo.

Il presidente del Consiglio Nazionale Elettorale, Pedro Calzadilla, ha riferito che vi è stata una partecipazione del 41,80% degli elettori, per un totale di 8.151.793 cittadini.

Inoltre, giunti allo scrutinio del 90,21% dei voti, ha precisato che i candidati del PSUV hanno conquistato la maggioranza dei Governatori del Paese, nonché la carica di Sindaco della città di Caracas (capitale).

Secondo i dati forniti dal presidente del CNE, queti sono i risultati delle elezioni per quanto riguarda i Governatori regionali degli Stati federati che compongono il Venezuela:

Il PSUV ha vinto negli Stati di Amazonas (40,16 percento), Anzoátegui (45,98 percento), Apure (43,33 percento), Aragua (51,76 percento), Barinas (42,10 percento), Carabobo (54,94 percento), Delta Amacuro (59,95 percento). ), Falcón (43,39 percento), Guárico (47,07 percento), La Guaira (50,12 percento) e Lara (45,91 percento).

Allo stesso modo, i socialisti venezuelani hanno vinto a Mérida (40,42 percento), Miranda (48,19 percento), Monagas (45,59 percento), Portuguesa (45,78 percento), Sucre (46,71 percento), Táchira (41,03 percento), Trujillo (41,48 percento) e Yaracuy (45,89 percento).

L’opposizione invece ha vinto in tre Stati. Cojedes (48,52 percento) e Zulia (56,90 percento) dove a uscire vincitore è il candidato della Mesa de la Unidad Democrática (MUD); mentre a Nueva Esparta ha prevalso il candidato di Fuerza Vecinal (42.56 percento).

 

Maduro invita al dialogo e all’unità dopo il voto

Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha invitato al dialogo con tutti i settori politici dopo i primi risultati delle elezioni regionali, dove il Grande Polo Patriottico (GPP) ha prevalso in 20 dei 23 governatorati contesi.

“Invito tutti i rappresentanti delle organizzazioni politiche a rispettare i risultati e tendo la mano al dialogo politico e alla riunificazione nazionale”, ha affermato il presidente venezuelano riaffermando la volontà di giungere a una normalizzazione della vita democratica venezuelana, dopo che anche ii settori più recalcitranti dell’opposizione hanno – almeno al momento – di abbandonare l’opzione golpista.

Allo stesso modo, il capo dello Stato bolivariano ha invitato i tre governatori dell’opposizione che sono stati eletti (Nueva Esparta, Cojedes e Zulia) alle elezioni a lavorare insieme, “li esorto a fare un lavoro comune (…) chiameremo i nuovi sindaci a vedere i piani e unirci per il Venezuela”, ha affermato Maduro.

Dopo i risultati in cui il GPP (Gran Polo Patriótico) ottiene la maggioranza dei governatorati, il presidente ha ringraziato la popolazione per aver sostenuto il progetto ideato dal comandante Hugo Chávez, “Il chavismo e il bolivarianismo del 21° secolo sono reali e noi siamo una forza determinante nella storia del popolo del Venezuela”, ha aggiunto Maduro.

“Con il Grande Polo Patriottico abbiamo conquistato 21 entità, tra cui la città di Caracas, una bella vittoria (…) questo è il prodotto di un lavoro perseverante e di portare la verità con rettitudine a tutte le comunità”.

Il presidente ha poi anche fatto un passaggio sulle sfide e le correzioni di cui ha bisogno un Venezuela sulle cui spalle gravano ancora pesanti sanzioni imposte dagli Stati Uniti, “abbiamo creato consapevolezza e continueremo a rettificare ciò che dobbiamo rettificare”.

La fine della polarizzazione estremista

L’analista politico Óscar Schemel, intervistato da LaIguana.TV, ha affermato che le elezioni di domenica segnano due eventi importanti: l’incorporazione di “quasi tutta l’opposizione” al percorso elettorale – con il successivo abbandono delle scorciatoie insurrezionali – e la fine della polarizzazione estremista.

Secondo l’analista da un lato le mega-elezioni “sono una dimostrazione innegabile che la democrazia funziona e si sta legittimando” e dall’altro, la fine della polarizzazione. Quindi inizierà un processo politico stabile, in cui tutti gli attori e le istituzioni siano legittimati, compreso il presidente Nicolás Maduro. L’analista prevede che questo ciclo di re-istituzionalizzazione del Paese sarà caratterizzato da tolleranza e rispetto tra le parti.

Interrogato sulla sorte dello pseudo governo parallelo di Juan Guaidó e sulle misure coercitive unilaterali imposte dagli Stati Uniti, Schemel ha sottolineato che “tradizionalmente, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha giocato su due campi in varie situazioni e queste elezioni regionali e regionali i comuni non fanno eccezione.

In questo modo, da un lato, la Casa Bianca ha “autorizzato” a partecipare diverse organizzazioni politiche di opposizione – altrimenti, ha sottolineato, non lo avrebbero fatto – in vista del recupero del percorso elettorale e del raggiungimento del tanto atteso cambio di governo; dall’altro Washington mantiene le sanzioni, l’assedio e la campagna per screditare la democrazia venezuelana per raggiungere esattamente gli stessi fini.

Riguardo l’astensione Óscar Schemel non condivide l’idea che i crescenti livelli di astensione in Venezuela – che fanno parte di un processo di discredito globale dei partiti politici e del modo tradizionale di fare politica – siano dovuti alla depoliticizzazione. A tal proposito sottolineato che il Venezuela non ha mai visto livelli di partecipazione così alti come quelli che si sono registrati durante la Rivoluzione Bolivariana, che pur con un evidente calo di elettori, non vanno direttamente interpretati come un disinteresse per i processi elettorali o mancanza di fiducia nel voto.

Ha anche ricordato che nell’ultima misurazione effettuata da Hinterlaces, di cui è presidente, l’85% delle persone che si sono identificate come chaviste, ha assicurato che avrebbero votato sicuramente, mentre tra coloro che si sono dichiarati indipendenti o all’opposizione, la percentuale si riduceva a circa il 40%.

L’astensione – evidenzia quindi l’analista venezuelano – è conseguenza della mancanza di alternative, in particolare nelle file dell’opposizione.

Riguardo al futuro del Venezuela, Óscar Schemel ribadisce che “queste elezioni sanciscono la fine della polarizzazione estremista degli ultimi due decenni” e ha sottolineato che il riconoscimento dell’arbitro e del presidente Nicolás Maduro sono fattori che rafforzeranno la democrazia nel Paese.

Da lì, ha ipotizzato che dal confronto con due modelli economici potrebbe nascere una nuova polarizzazione – con caratteristiche diverse da quella che, secondo lui, ha concluso le elezioni odierne – anche se quella che lui chiama “postpolarizzazione” potrebbe dar luogo a “multi – alleanze di classe”.

D’altra parte, per Schemel è indiscutibile che “il chavismo ha vinto la battaglia egemonica sul piano simbolico all’interno del compito e del pensiero politico, poiché buona parte delle idee prodotte da quel blocco sono dominanti nel Paese”.

Per Schemel è innegabile che dall’arrivo al potere del chavismo, 22 anni fa, ci sono stati “profondi cambiamenti all’interno della società venezuelana”, che due decenni fa apparivano solo come un’aspettativa tra la maggioranza esclusa e che si esprimeva in questioni come come la lotta contro l’autoritarismo, l’autoritarismo sociale e il disprezzo per le élite.

Dopo questo periodo, assicura, la situazione si è capovolta e l’egualitarismo basato sul rispetto è stato introdotto nella società venezuelana; perché ora “quelli che stanno in alto” rispettano la maggioranza che si è resa visibile.

Secondo il presidente di Hinterlaces, uno dei punti deboli fondamentali dell’opposizione è che ignora gli aspetti soggettivi ed emotivi del chavismo, che ha definito come qualcosa di più grande di “un partito politico”.

A tal proposito ha precisato che il chavismo è una realtà emozionale, un’identità, una cultura politica e non solo una visione della società; un diverso, amorevole rapporto con la leadership e l’opportunità che la maggioranza ha avuto di rendersi visibile.

Proseguendo sulla motivazione dei fallimenti del blocco di opposizione, ha sottolineato che questo manca di messaggio, manca di simboli, manca di sensibilità, anche a causa dell’estrazione sociale dei suoi leader, che impedisce loro di stabilire uno stretto rapporto con le maggioranze popolari.

Un’opposizione che, evidenzia l’analista, deve costruire la propria identità e recuperare o cementare, a seconda dei casi, il suo rapporto con la maggioranza, cosa che non risolve l’emergere di una leadership carismatica, poiché la sua strategia è stata quella di beneficiare malcontento popolare a causa di fallimenti nella gestione del governo e capitalizzare il voto di protesta, senza essere riuscita a diventare un’alternativa valida agli occhi delle masse popolari.

Per questo motivo Schemel prevede che, se l’opposizione dovesse riuscire ad andare al potere in queste condizioni, sarebbe incapace di governare, di gestire le rivendicazioni e le conquiste popolari, perché priva di un messaggio proprio e di un legame genuino con il popolo.


Mega-elezioni in Venezuela, il chavismo stravince

Geraldina Colotti

Una vittoria storica, una vittoria popolare. Unanime la sintesi espressa a caldo dal presidente venezuelano Nicolas Maduro e dai dirigenti del Partito Socialista Unito del Venezuela sulle mega-elezioni del 21 novembre. Poco prima dell’annuncio dei risultati, l’allegria sui volti di Diosdado Cabello, vicepresidente del Psuv e di Tania Dia, portavoce del Comando di Campagna Aristobulo Isturiz e infaticabile motore della comunicazione del partito, avevano lasciato presagire la vittoria: “Abbiamo ottimi motivi per sorridere”, aveva preannunciato Diosdado in una breve conferenza stampa.

A qualche ora dallo spoglio (i seggi si sono chiusi un po’ oltre le 18 ore locali per consentire a chi era in coda di esercitare il proprio diritto al voto), il presidente del Cne, Pedro Calzadilla ha annunciato i nomi dei governatori e delle governatrici, grazie all’efficiente sistema altamente informatizzato che ha retto anche questa elezione n. 29. Ai principali cartelli di opposizione, vanno tre governatori su 23 stati. Al chavismo, gli altri 20, più l’importante municipio della capitale, dove governerà l’almiranta Carmen Rodriguez, scelta a furor di popolo come candidata del Psuv durante le primarie del partito, che hanno rinnovato i volti di queste elezioni per oltre il 90%.

Con oltre il 90,21% dei voti scrutinati e una partecipazione del 41% (8 milioni di persone, superiore a quella del 2017), i venezuelani hanno eletto 3.082 candidati e candidate, distribuiti in 23 governatorati, 253 legislatori statali (152 per lista, 93 con voto nominale e 8 per le popolazioni indigene), 335 sindaci, per voto nominale, e 2.471 supplenti o consiglieri (1.420 con voto lista, 982 con voto nominale, e 69 per le rappresentazioni indigene). La gran maggioranza degli oltre 70.000 candidati al voto – che in Venezuela non è obbligatorio, perché è considerato un diritto e non un dovere, è stata presentata da partiti e organizzazioni della destra.

Nel paese erano presenti 350 “osservatori” dell’Unione Europea, dell’Onu, del Centro Carter e di altre importanti organizzazioni regionali (fatto salvo l’Organizzazione degli Stati Americani, Osa, che non era stata invitata, considerati i precedenti di parzialità e ingerenza dimostrati in altri paesi del continente, a cominciare dalla Bolivia). Se agli invitati del Cne si aggiungono quelli dei vari partiti e istituzioni venezuelane, il numero degli accompagnanti, dispiegati in tutto il paese, arriva a circa 500.

Nonostante i consueti allarmi, lanciati da alcuni media internazionali, tutto si è svolto nella calma e nella stretta osservanza delle misure di sicurezza dovute al covid-19, ed è terminato con mega-feste in tutti gli stati. Di pochissimo peso anche le dichiarazioni bellicose di quelle frange di estrema destra che, pur avendo avuto propri candidati a sindaci e governatori, hanno continuato gli appelli al sabotaggio, sperando di mantenere ancora un simulacro di rappresentanza all’”autoproclamato” presidente a interim Juan Guaidó. Ma i fatti sono lì a dimostrare che, anche i più inveterati oppositori del chavismo, hanno dovuto ammettere la legittimità di Nicolas Maduro, come unico presidente legittimo, eletto dal popolo.

Tra gli stridori registrati durante la giornata elettorale, le dichiarazioni dei due rettori di opposizione eletti nel Cne, che stanno dimostrando un’attitudine tutt’altro che imparziale, secondo i quali “la presenza dell’Unione Europea non legittima il governo Maduro”. Da tutt’altra sponda, fa discutere l’informativa del Partito Comunista Venezuelano, che ha presentato un’informativa all’Unione Europea, secondo la quale sarebbero stati violati i diritti politici della sua formazione.

Intanto, si sta terminando il conteggio relativo ai municipi, che dovrebbe confermare la tendenza espressa nelle governazioni.

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