Nicaragua-Cina: la Nuova Via della Seta in America Centrale e Latina

Fabrizio Verde www.lantidiplomatico.it

«Oggi è un giorno storico. Il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese corrisponde pienamente alla volontà e agli interessi fondamentali del popolo nicaraguense.

Il Nicaragua riconosce il principio della Cina unica e riconosce che il governo della Repubblica Popolare Cinese è l’unico governo legittimo che rappresenta tutta la Cina e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese.

Il Nicaragua ha già rotto le asserite relazioni diplomatiche con Taiwan e non avrà più alcun rapporto ufficiale o contatto con Taiwan.

Il Nicaragua ammira lo straordinario successo che la Cina ha ottenuto nello sviluppo, apprezza molto l’importante posizione che occupa la Cina sulla scena internazionale e sostiene l’iniziativa per lo sviluppo globale proposta dalla Cina.

Il Nicaragua è disposto a partecipare attivamente alla costruzione della Nuova Via della Seta.

Il Nicaragua è in attesa di realizzare operazioni con la Cina nei campi politico, economico, sociale e culturale, tra gli altri, al fine di promuovere lo sviluppo nazionale, le relazioni tra Cina e America Latina e Caraibi, nonché la cooperazione Sud-Sud».

Queste le parole pronunciate dal nicaraguense Laureano Ortega, consigliere presidenziale e viceministro degli Esteri di Managua, nella conferenza stampa congiunta con il suo omologo cinese Ma Zhaoxu seguita all’annuncio del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Cina e Nicaragua.

Dichiarazioni molto significative che rendono l’idea della storicità del momento e di come questo atto possa significare davvero molto per il Nicaragua, il Centro America e l’intera America Latina. Tutto l’emisfero centrale e meridionale del continente americano potrà infatti beneficiare della cooperazione win-win con la Repubblica Popolare Cinese.

Proprio l’America Centrale ci dimostra che il dominio statunitense non ha apportato alcun beneficio ai pesi e i popoli della regione. Guatemala, Honduras e Panama sono partner finanziari degli Stati Uniti da un centinaio di anni. Le banche e le società di Wall Street hanno quasi mano libera in questi paesi. Il risultato è quello sotto gli occhi di tutti: povertà dilagante e aumento della violenza e del potere dei narcotrafficanti. Per molti in America Centrale e in Messico, il regno non regolamentato delle corporazioni statunitensi ha reso la vita quasi invivibile e sono stati costretti a fuggire negli Stati Uniti. Ogni giorno vengono scoperti cadaveri lungo il confine degli Stati Uniti. I corpi appartengono a coloro che cadono nel tentativo di entrare nel Paese dopo essere fuggiti dalla loro patria. I cadaveri appartengono quasi esclusivamente a coloro che vivono sotto regimi di libero mercato liberal/liberisti.

Come i morti nell’incidente stradale in Chiapas (in Messico), dove un camion stracolmo di uomini in fuga ha perso il controllo, provocando la morte di oltre 50 migranti in maggioranza provenienti dall’America Centrale.

Questo è lo scenario nella maggior parte dei paesi dell’America Centrale. Ma c’è un paese che ha preso una direzione diversa, con risultati lusinghieri. In Nicaragua il tenore di vita è in aumento e il paese si sta stabilizzando. Un recente articolo del Wall Street Journal descrive come la povertà sia stata drasticamente ridotta negli ultimi dieci anni.

A differenza dei suoi vicini, il Nicaragua non è guidato da un regime filo-occidentale e orientato al mercato. Al potere ci sono i sandinisti. Il presidente Daniel Ortega si definisce un rivoluzionario marxista. Mentre altri paesi del “blocco bolivariano” degli Stati latinoamericani di sinistra sono entrati in sofferenza a causa del sabotaggio economico degli Stati Uniti e del calo del prezzo del petrolio, l’economia del Nicaragua continua a crescere. Anche perché i sabotaggi e le sanzioni statunitensi hanno poco effetto su di un paese che non è dipendente dalle importazioni e produce la maggior parte del proprio fabbisogno alimentare in patria.

Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, tra il 2005 e il 2014 la povertà in Nicaragua è diminuita del 30%. Nel frattempo, il PIL è aumentato del 36% tra 2007 e 2016. La tendenza dell’economia del Nicaragua è in netto contrasto con il resto della regione.

Cina e Nicaragua

Nella crescita del Nicaragua uno dei fattori fondamentali è il rapporto stretto con la Repubblica Popolare Cinese. La Cina è infatti coinvolta nel più grande progetto del Nicaragua: la costruzione – per un valore di 40 miliardi di dollari – di un canale navigabile tra il Mar dei Caraibi e l’Oceano Pacifico che attraversa tutto il paese, alternativo al Canale di Panama.

Il progetto fa parte della politica “One Belt, One Road” di Xi Jinping. Nell’emisfero occidentale, il Nicaragua può forse essere descritto come il punto più importante della Nuova Via della Seta cinese.

Prima del 1949, la Cina era comunemente chiamata “il malato dell’Asia”. Negli anni ’70, il Nicaragua poteva essere descritto come “il malato” dell’America Centrale. Il paese era guidato da un dittatore brutale, Anastasio Somoza, sostenuto dagli Stati Uniti. Quando il paese è stato colpito da un terribile terremoto nel 1972, il mondo ha visto il regime corrotto al servizio degli Stati Uniti confiscare gli aiuti umanitari e impedire ai feriti e agli sfollati di ricevere assistenza.

La musica cambia decisamente nel 1979 quando il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale prese il potere. Come il Partito Comunista Cinese di Mao Zedong, il il Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista aveva sviluppato la propria ideologia e tattica basata sulle condizioni uniche del loro paese. Oltre al marxismo-leninismo, i sandinisti abbracciarono anche il cristianesimo e avevano molti preti cattolici tra le loro fila. I sandinisti erano ambientalisti e cercavano di preservare le foreste pluviali e le risorse naturali del paese, che le compagnie occidentali stavano distruggendo.

Proprio come la rivoluzione in Cina di Mao Zedong profondeva enormi sforzi per migliorare la vita dei contadini, Daniel Ortega e i suoi compagni si concentrarono sul fornire assistenza alla propria popolazione rurale. I medici cubani gestivano cliniche sanitarie gratuite costruite con denaro sovietico. Il governo sandinista lanciò una campagna di alfabetizzazione e così riuscì ad insegnare a leggere e scrivere a milioni di poveri nicaraguensi che prima languivano nella povertà e l’ignoranza.

Gli Stati Uniti utilizzarono le stesse tattiche sia in Cina che in Nicaragua: Washington sostenne il dittatore Chiang Kai-shek contro la rivoluzione in Cina, mentre in Nicaragua gli Stati Uniti hanno finanziato e addestrato terroristi violenti ed estremisti noti come “contra”, per rovesciare il governo sandinista.

Quando poi nel 1990 un cartello elettorale guidato da Violeta Chamorro strappò il potere ai sandinisti, Managua essendosi allineata a Washington oltre a ritornare ad applicare misure di carattere neoliberista in economia, allacciò relazioni diplomatiche con Taiwan. Tuttavia i sandinisti riescono a tornare al potere nel 2006 con un programma di nazionalismo economico, diritti per le popolazioni indigene e indipendenza per il paese. Risulta quindi una naturale conseguenza a livello diplomatico e di politica estera tornare a riconoscere una sola Cina rappresentata dalla Repubblica Popolare Cinese.

La Nuova Via della Seta in America Latina e Centrale

La decisione del Nicaragua di riconoscere la Cina, stabilire relazioni diplomatiche con Pechino e cessare le sue relazioni con Taiwan dà al Dragone un altro punto d’appoggio in America Latina e Centrale. Con il Nicaragua che firmerà un protocollo d’intesa sulla Nuova Via della Seta con la Cina, la mossa diplomatica aggiunge un altro tassello alla presenza cinese nella regione.

Il Nicaragua è membro del Mercato Comune Centroamericano (CACM) che comprende anche Costa Rica, El Salvador, Guatemala e Honduras, con i primi due paesi che hanno già attivo un accordo con la Cina. Nessuno di questi paesi ha trattati sulla doppia imposizione con la Repubblica Popolare Cinese e, con l’eccezione del Costa Rica, nessuno ha nemmeno accordi di libero scambio con la Cina. Ma la situazione potrebbe mutare nel breve termine. La Cina è ora il secondo più grande partner commerciale globale, dopo gli Stati Uniti nel CACM, quindi le opzioni sono sul tavolo.

La mossa del Nicaragua si può quindi leggere come contrasto all’iniziativa infrastrutturale degli Stati Uniti “Build Back Better World”. Tale piano sulla carta afferma di voler effettuare forti investimenti, ma vi sono dubbi circa la reale capacità del piano statunitense ideato allo scopo di contrastare l’ascesa cinese e legare ulteriormente i paesi aderenti agli Stati Uniti.

I paesi CACM hanno certamente bisogno di investimenti, tuttavia Washington impone vincoli e pesanti ingerenze, quindi i paesi guarderanno con molto interesse come la Cina finanzia lo sviluppo delle infrastrutture e investe in progetti in Nicaragua, oltre a come si sviluppa il commercio.

Nonostante la mancanza di un accordo di libero scambio, il commercio cinese è diventato importante a livello regionale ed è in una fase di crescita.

Il volume degli scambi bilaterali del Nicaragua con Taiwan nel 2020 è stato di circa 168 milioni di dollari, a differenza del commercio della Cina con il Nicaragua di poco meno di 50 milioni di dollari. Tuttavia, il commercio taiwanese ha probabilmente raggiunto quasi il tetto massimo con il Nicaragua: è limitato dal volume e dalla capacità di mercato. Managua quindi punta nel 2022 a superare con la Cina il volume d’affari raggiunto con Taiwan nel giro di pochi mesi.

Mentre gli Stati Uniti continueranno ad essere il mercato dominante per il CACM, la posizione del Nicaragua pone una sfida a Washington.

La decisione del Nicaragua di riconoscere la Cina è stata una mossa intelligente, oltre che una naturale evoluzione diplomatica dei rapporti sempre più stretti tra Pechino e Managua.

Se “Build Back Better World” includerà l’America Centrale, quante risorse investirà?

Difficile che gli Stati Uniti possano superare la Cina sia come investimenti che per le condizioni offerte. Le nazioni preferiscono accordi win-win reciprocamente vantaggiosi, come quelli che avanza la Cina, ad accordi pesantemente vincolanti e che pongono in condizioni di subordinazione a Washington.

In ogni caso la locomotiva cinese corre inarrestabile lungo tutto il subcontinente. Il grande drago orientale è ormai fondamentale per l’economia dell’America Latina. È un vorace consumatore di cibo, minerali, metalli e combustibili prodotti nella regione. Gli scambi commerciali, gli aiuti finanziari e gli investimenti sono fondamentali per permettere all’area, indipendentemente dal segno politico dei suoi governi, di affrontare le sue sfide di crescita.

Secondo Alicia Bárcena, segretaria esecutiva della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (ECLAC), la cooperazione tra Cina e America Latina e Caraibi offre un’opportunità per ridurre le asimmetrie globali e sostenere una ripresa economica trasformativa inclusiva che promuova lo sviluppo sostenibile.

La pandemia non ha fermato la lunga marcia cinese: nel contesto della pandemia sono stati intensificati gli accordi di ricerca e sviluppo, soprattutto in ambito farmaceutico. La sua scommessa (senza abbandonare gli altri settori) è avanzare nella logistica, nei servizi, nelle telecomunicazioni e nei trasporti. Nulla sembra indicare che questa tendenza scomparirà.

La nazione asiatica è il secondo partner commerciale dell’America Latina, al di sopra dell’Unione Europea. Oggi rappresenta il 15% del commercio dell’area. Allo stesso tempo, è la terza fonte di investimento nelle economie dell’area. Tra il 2015 e il 2020, aziende private e parastatali hanno investito circa 7.850 milioni di dollari nell’emisfero. Paesi come il Cile hanno un accordo di libero scambio con la Cina dal 2006. E il Perù è diventato la destinazione preferita per gli investimenti delle aziende cinesi nel continente.

Secondo il China-Mexico Studies Center (Cechimex), il colosso orientale ha 138 progetti infrastrutturali in America Latina, con un investimento di circa 94 miliardi di dollari, che hanno generato 600mila posti di lavoro diretti.

La crescente presenza cinese in un’area tradizionalmente di influenza statunitense incontra un crescente disagio da parte di Washington. L’impero ha cercato di contenere e gestire l’impatto della potenza orientale e limitarlo alla sfera economica. Pechino, a sua volta, ha agito con cautela e ha chiarito che la sua intenzione è quella di espandere i propri confini economici.

Si tratta di affari, investimenti e prestiti non condizionati all’accettazione di dogmi di sviluppo, considerazioni ideologiche o criteri strettamente politici. Sono accordi basati sulla cooperazione e sostegno reciproco.

In un’intervista al quotidiano messicano La Jornada, l’ex presidente boliviano Evo Morales ha spiegato così questo rapporto: «La Cina sostiene lo sviluppo senza ricattarci, senza condizionarci. Gli Stati Uniti sostengono, ma in cambio della privatizzazione delle risorse naturali e dei servizi di base, oltre a condizionare la lotta al narcotraffico. La Cina ti dà credito, non ti pone alcuna condizione. Questa è la differenza profonda. Lo stesso accade con la Russia e altri paesi. Nella mia esperienza, stiamo combattendo con un impero, ma non con altre potenze».

In un breve messaggio video registrato diffuso al vertice della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (Celac) lo scorso settembre, il presidente cinese Xi Jinping ha offerto aiuto ai paesi dell’America Latina e dei Caraibi per contribuire a un pieno recupero dopo la pandemia e per promuovere lo sviluppo socioeconomico. Le relazioni – ha sottolineato – sono entrate in una nuova era caratterizzata da uguaglianza, mutuo vantaggio, innovazione, apertura e benessere per i popoli.

La Cina, ha evidenziato Xi, vuole lavorare con i paesi della regione per superare insieme le difficoltà e creare insieme opportunità per costruire una comunità di futuro condiviso tra Cina e America Latina.

Il dragone, nonostante le manovre statunitensi, non ha alcuna intenzione di lasciare l’America Latina. Regione cruciale per lo sviluppo occidentale della Nuova Via della Seta


Il Nicaragua rompe le relazioni con Taiwan e ristabilisce quelle con Pechino

di Giulio Chinappi

La mossa diplomatica del Nicaragua isola ancora di più Taiwan, che oramai gode del riconoscimento di solamente tredici Paesi membri delle Nazioni Unite. La decisione arriva poche settimane dopo l’abbandono dell’OSA da parte di Managua.

Il Nicaragua era, fino a ieri, uno dei quattordici membri delle Nazioni Unite che riconoscevano Taiwan come Stato indipendente, intrattenendo relazioni diplomatiche con l’isola. Il 9 dicembre, tuttavia, il ministro degli Esteri del Paese centroamericano, Denis Moncada, ha comunicato ufficialmente la rottura delle relazioni bilaterali con Taipei, affermando che quel territorio fa parte integrante della Repubblica Popolare Cinese. In questo modo, il Nicaragua va ad aggiungersi a Panama ed El Salvador, due Paesi della regione che avevano operato la stessa scelta tra il 2018 ed il 2019.

“Il governo della Repubblica del Nicaragua interrompe da oggi le relazioni diplomatiche con Taiwan e cessa ogni contatto o relazione ufficiale“, ha annunciato il ministro degli Esteri del governo sandinista. Moncada ha anche affermato l’adesione di Managua al principio di “una sola Cina”, e che il governo di Pechino è il legittimo depositario della sovranità sull’isola ribelle: “La Repubblica popolare cinese è l’unico governo legittimo che rappresenta tutta la Cina e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese“, ha affermato il capo della diplomazia nicaraguense.

Tre ore dopo l’importante dichiarazione da parte di Moncada, i governi del Nicaragua e della Repubblica Popolare Cinese hanno annunciato di aver ristabilito le relazioni diplomatiche bilaterali, interrotte nel 1990 dal governo reazionario di Violeta Chamorro, che aveva posto fine alla prima esperienza di governo sandinista.

Zhang Jun, rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, ha elogiato la “decisione giusta” del Nicaragua di interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan e ha affermato: “Lodiamo vivamente la decisione giusta presa dal governo del Nicaragua, che è in linea con la tendenza prevalente dei tempi e delle aspirazioni del popolo“, come riporta la stampa cinese. “Il principio di una sola Cina è un consenso ampiamente accettato dalla comunità internazionale e non ammette sfide“, ha twittato Zhang.

Dopo la decisione del governo sandinista di Daniel Ortega, Taiwan può contare ancora sul sostegno di appena tre Paesi della regione centroamericana, ovvero Belize, Guatemala e Honduras. Per quanto riguarda il caso honduregno, la presidente eletta Xiomara Castro aveva paventato nel corso della campagna elettorale una possibile rottura con Taiwan per curare le relazioni con Pechino. Tuttavia, alla vigilia delle elezioni, gli Stati Uniti hanno inviato una delegazione in Honduras chiedendo minacciosamente a tutti i candidati il mantenimento delle relazioni bilaterali con Taiwan. Non è dunque chiaro cosa effettivamente accadrà a gennaio, quando il nuovo governo di Xiomara Castro prenderà le redini del Paese.

Anche tra le isole del Pacifico, Taiwan ha perso importanti sostegni diplomatici. Nel 2019, sia Kiribati che le Isole Salomone hanno abbandonato la sedicente “Repubblica di Cina”, optando per Pechino. Restano ancora legati al governo di Taipei gli Stati di Isole Marshall, Nauru, Palau e Tuvalu. A questi si aggiungono uno Stato africano (Eswatini), uno sudamericano (Paraguay) e quattro caraibici (Haiti, Saint Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine), nonché il Vaticano, che però non è membro dell’ONU.

Tornando al Nicaragua, la decisione annunciata dal ministro Moncada arriva poche settimane dopo un’altra importante mossa diplomatica da parte del governo sandinista, che ha deciso di abbandonare l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Lo scorso venerdì, era toccato allo stesso ministro degli Esteri comunicare l’abbandono dell’OSA da parte del suo Paese.

“L’Organizzazione degli Stati americani è stata concepita come un forum politico diplomatico nato sotto l’influenza degli Stati Uniti come strumento di interferenza e intervento“, ha affermato in quell’occasione il ministro Moncada. “La missione di questa organizzazione è facilitare l’egemonia degli Stati Uniti con il suo interventismo sui paesi dell’America Latina e dei Caraibi, cosa inaccettabile per il Nicaragua. Lo rifiutiamo e lo condanniamo”, ha aggiunto. “Il popolo e il governo degni del Nicaragua rinunciano a far parte di questa organizzazione prigioniera di Washington, strumentalizzata a favore degli interessi nordamericani, diventando un costruttore di interferenze e disaccordi tra i popoli dell’America Latina e dei Caraibi“.

Intervistato da TeleSur, il capo della diplomazia nicaraguense ha ribadito che “l’OSA continua ad essere lo strumento creato dagli Stati Uniti per proiettare la sua politica interventista ed egemonica di intervento, di minaccia, di aggressione contro i paesi dell’America Latina e dei Caraibi”. “Il Nicaragua, con a capo del governo il presidente Ortega e la compagna Rosario Murillo, ha mantenuto una posizione di lotta, difesa e rafforzamento delle posizioni antimperialiste e anticolonialiste di potenze come gli Stati Uniti e alcuni paesi dell’Unione Europea“, ha sottolineato.

Tale posizione antimperialista trova la propria coerente espressione anche nella decisione di rompere le relazioni diplomatiche con lo Stato fantoccio di Taiwan, la cui esistenza è stata storicamente favorita dagli Stati Uniti in funzione anticinese e anticomunista.

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