La svolta a sinistra dell’Honduras

Francisco Dominguez, Orinoco Tribune 10 dicembre 2021

Da quando il colpo di Stato sostenuto dagli USA rovesciò Mel Zelaya nel 2009, l’Honduras dovette affrontare un giro di vite sulla democrazia e gravi violazioni dei diritti umani. Ma l’elezione della socialista Xiomara Castro è un’occasione per rompere il ciclo.

Ciò che sembrava impossibile è stato raggiunto: il popolo dell’Honduras ha spezzato la perpetuazione, attraverso brogli e violenze, di un regime brutale, illegale, illegittimo e criminale. Mediante la pura resistenza, resilienza, mobilitazione e organizzazione, riusciva a sconfiggere la narco-dittatura di Juan Orlando Hernandez alle urne. Xiomara Castro, candidata alla presidenza del partito di sinistra Libre, ottenendo uno splendido 50+ %, tra il 15 e il 20% in più di voti rispetto al candidato rivale più vicino, Nasry Asfura, Partito Nazionale candidato, in un’elezione con livelli di partecipazione storicamente alti (68%).

La straordinaria impresa compiuta dal popolo dell’Honduras si svolse sotto il regime dittatoriale di Hernandez (alias JOH) in un’elezione segnata da omicidi di candidati e attivisti. Fino all’ottobre 2021 furono perpetrati 64 violenze elettorali, tra cui 11 attentati e 27 omicidi. E nel periodo precedente alle elezioni (11-23 novembre) si ebbe un’altra serie di omicidi, principalmente di candidati. Nessuna delle vittime era membro del Partito Nazionale di Hernandez. L’obiettivo sembrava terrorizzare l’opposizione, e in particolare il suo elettorato, facendogli credere che non fosse sicuro votare, e che anche se l’avessero fatto, avrebbero nuovamente derubato le elezioni con frode e violenza, come fecero due volte, nel 2013 e nel 2017.

I commentatori definiscono correttamente ciò come “colombianizzazione” della politica honduregna, ovvero una banda al potere al potere schiera forze di sicurezza e paramilitari per assassinare gli attivisti dell’opposizione. In Honduras, l’atto più spregevole fu l’omicidio dell’attivista ambientalista, femminista e leader indigena Berta Caceres da parte di intrusi armati a casa, dopo anni di minacce di morte. Fu una figura di spicco nella lotta contro la frode elettorale e la dittatura, e chiese l’urgente rifondazione della nazione, proposta incorporata nel programma dei movimenti sociali di massa come il Consiglio dei Popolari ed Organizzazioni Indigene dell’Honduras (COPINH). Dal 2009, centinaia di attivisti furono assassinati per mano della polizia, dell’esercito e dei paramilitari.

L’analogia colombiana non si ferma all’assassinio degli oppositori. A giugno, il Washington Post spiegò l’entità dell’infiltrazione della criminalità organizzata: “Capi militari e di polizia, politici, uomini d’affari, sindaci e persino tre presidenti erano collegati al traffico di cocaina o accusati di ricevere fondi dal traffico”. Il giudice statunitense Kevin Castel, che condannò all’ergastolo “Tony” Hernandez, fratello di JOH, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver contrabbandato 185 tonnellate di cocaina negli Stati Uniti, dichiarò: “Qui, il traffico [di droga] era davvero sponsorizzato dallo Stato”. Nel marzo 2021, al processo contro Geovanny Fuentes, honduregno accusato di traffico di droga, il pubblico ministero Jacob Gutwillig affermò che il presidente JOH l’aiutò nel traffico di tonnellate di cocaina. La corruzione permea l’intera dirigenza honduregna. Il candidato del Partito Nazionale Nasry Asfura affrontò un processo preliminare “per abuso di autorità, uso di documenti falsi, appropriazione indebita di fondi pubblici, frode e riciclaggio di denaro”, e Yani Rosenthal, candidato del partito liberale una volta al governo, membro del Congresso e banchiere, fu dichiarato colpevole e condannato a tre anni di carcere negli Stati Uniti per “partecipazione a transazioni finanziarie utilizzando proventi illeciti (riciclaggio di denaro sporco)’.

I paralleli continuano. Come la Colombia, l’Honduras è un narco-Stato in cui gli Stati Uniti hanno una miriade di basi militari. Fu dal territorio honduregno che i mercenari Contra condussero la guerra per procura contro il Nicaragua sandinista negli anni ’80, e fu anche dall’Honduras che fu lanciata l’invasione del Guatemala guidata dagli Stati Uniti nel 1954, provocando la violenta cacciata della sinistra democraticamente eletta del presidente nazionalista Jacobo Arbenz. Gli specialisti si riferiscono giustamente al Paese come “USS Honduras”. Quindi il traffico di cocaina e il terrorismo di Stato, che opera come business della droga in combutta con le istituzioni statali, è “tollerato” e probabilmente sostenuto da varie agenzie statunitensi “in cambio” di una grande presenza militare statunitense: gli Stati Uniti hanno Soto Cano e altre 12 basi militari statunitensi in Honduras, per calcoli geopolitici come la lotta regionale contro i governi di sinistra. La stabilità di tale sistema criminale richiede l’eliminazione degli attivisti politici e sociali. Così molte istituzioni statunitensi, dalla Casa Bianca fino alla catena alimentare, chiudono un occhio sui colossali livelli di corruzione. In effetti, SOUTHCOM attivamente costruì la potenza repressiva dell’Honduras finanziando e addestrando unità speciali come Batallion-316, che secondo quanto riferito agisce da squadrone della morte, “colpevole di rapimento, tortura e omicidio”. “Tra 2010 e 2016, mentre gli “aiuti” e l’addestramento statunitensi continuavano a fluire, oltre 120 attivisti ambientali furono assassinati da sicari, bande, polizia e militari per essersi opposti al disboscamento illegale e all’estrazione mineraria”, spiegava un rapporto .

L’eredità lasciata dai governi di destra dalla violenta cacciata di Mel Zelaya nel 2009 è abissale. L’Honduras è uno dei Paesi più violenti al mondo (37 omicidi ogni 100000 abitanti, di cui il 60% imputabili alla criminalità organizzata), con livelli di povertà sbalorditivi (il 73,6% delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà , di cui il 53,7% in condizioni di estrema povertà), alti livelli di disoccupazione (ben oltre il 12%) e ancora più alti livelli di sottoccupazione (il settore informale dell’economia, per gli effetti del Covid-19, è cresciuto dal 60 al 70%). Il debito estero supera i 15 miliardi di dollari (57% del PIL) e la nazione soffre di un’elevata incidenza di appropriazione indebita e appropriazione illegale di risorse statali da parte di questa amministrazione criminale. Il marciume è così pronunciato che a febbraio un gruppo di democratici al Senato USA introdusse una legge intesa a tagliare gli aiuti economici e la vendita di munizioni alle forze di sicurezza honduregne. La proposta “mette a nudo le violenze e gli abusi perpetrati dal colpo di Stato sostenuto dai militari del 2009, a seguito di una diffusa collusione tra funzionari governativi, forze di sicurezza statali e private, criminalità organizzata e dirigenti d’azienda”. In Gran Bretagna, Colin Burgon, presidente di Labour Friends of Progressive Latin America, espresse aspre critiche alla complicità del governo britannico per “aver venduto (quando Boris Johnson era nientemeno che ministro degli Esteri) al governo dell’Honduras uno spyware progettato per intercettare i cittadini, mesi prima che lo Stato rastrellasse migliaia di persone in un’operazione di sorveglianza ben orchestrata”.

Per finire, attraverso l’iniziativa ZEDES (Zone speciali di sviluppo e occupazione), interi pezzi di territorio nazionale vengono dati a imprese private soggette a un “regime speciale” che consente agli investitori di istituire propri organismi di sicurezza, compresi propria polizia e sistema penitenziario, per indagare su reati penali e avviare azioni legali. Questo porta il neoliberismo a livelli aberranti, il sogno del capitale multinazionale: la svendita di porzioni di territorio nazionale all’impresa privata. Affermare che l’oligarchia honduregna, guidata da JOH, “vende il Paese lungo il fiume” non è un modo di dire. È tale mostruosità, costruita dopo il rovesciamento del Presidente Mel Zelaya nel 2009 dallo Stato oligarchico, che l’ormai vittorioso partito Libre e la nuova Presidentessa Xiomara Castro devono superare per migliorare la vita del popolo dell’Honduras. La schiera di forze interne ed estere estremamente feroci contro cui il suo governo dovrà confrontarsi è spaventosamente potente e ha dimostrato in abbondanza a cosa è pronto per difendere i propri interessi criminali.

Il partito Libre della Presidentessa Xiomara, è il più grande del Congresso con 128 seggi, e col suo partner di coalizione, Salvador, avrà una presenza parlamentare forte, che sarà centrale in qualsiasi proposta di referendum per un’Assemblea costituente volta a rifondare la nazione. Libre ha vinto anche nella capitale Tegucigalpa e a San Pedro Sula, la seconda città del Paese. Ancora più importante, a differenza delle elezioni altrove (in Venezuela, Nicaragua e Bolivia), il candidato del Partito Nazionale, Asfura, ammise la sconfitta. Quindi, Xiomara ha un mandato molto forte. Tuttavia, in una regione dominata dalle operazioni di “cambio di regime” guidate dagli USA: il colpo di Stato in Bolivia, il tentativo di colpo di Stato in Nicaragua, l’attacco mercenario al Venezuela, oltre a una serie di violenze di strada a Cuba, una vigorosa destabilizzazione contro il Presidente Castillo di recente eletto in Perù, e così via fino alla nausea, l’Honduras avrà bisogno di tutta la solidarietà internazionale che si può fornire, cosa che dobbiamo fare.

L’eroica lotta del popolo dell’Honduras ha dimostrato ancora una volta che si può fare: il neoliberismo e i suoi brutali istigatori stranieri e imperialisti possono essere sconfitti e un mondo migliore può essere costruito. Quindi, prima che Washington e i suoi compari honduregni, complici europei e i media aziendali mondiali scatenino qualsiasi trucco, diciamo forte e chiaro: USA giù le mani dall’Honduras!

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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