Il carcere di Guantanamo è ancora aperto 20 anni dopo

Roberto Montoya Giornalista e scrittore https://blogs.publico.es

“Difenderemo i diritti di coloro che assicuriamo alla Giustizia. E chiuderemo il centro di detenzione della Baia di Guantánamo (…) Gli USA non tortureranno. Proteggeremo i diritti di coloro di cui siamo responsabili”. Parola di Joe Biden.

“La legge continua a proibire l’uso di fondi per trasferire i detenuti della Baia di Guantanamo alla custodia o al controllo effettivo di alcuni paesi esteri (…) e vieta anche l’uso di fondi per trasferire i detenuti della Baia di Guantanamo negli USA”. Parola di Joe Biden.

Tra le dichiarazioni del primo paragrafo e quelle del secondo sono trascorsi quasi 13 anni. Le prime sono state pronunciate da Biden quando era vicepresidente di Barack Obama all’inizio del suo primo mandato, durante la 45a Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, del 2009, davanti a governanti e rappresentanti di 70 paesi.

Le altre dichiarazioni sono anche di Joe Biden, ma del Biden presidente, e le ha pronunciate lo scorso 27 dicembre.

Biden sembrerebbe seguire, sino ad ora, passo dopo passo la strada percorsa da Obama.

Obama ha assicurato, durante la campagna elettorale del 2008, che la chiusura di Guantánamo sarebbe stata una delle sue prime misure al giungere al potere. Lo ha ripetuto poco dopo aver assunto la presidenza -il 20 gennaio 2009- ma non lo ha fatto e, nel 2015, al penultimo anno del suo secondo mandato, è giunto il suo pentimento per non aver chiuso quel campo di concentramento del XXI secolo appena arrivato alla Casa Bianca: “Non l’ho fatto perché all’epoca avevamo un accordo bipartisan che doveva chiudersi. Pensavo che avessimo un consenso e che l’avremmo fatto tranquillamente. Tuttavia la politica si è fatta dura e la gente ha iniziato a spaventarsi per la retorica su Guantanamo. Il più fattibile è stato lasciarlo aperto”.

Nonostante ciò, cosciente che la storia avrebbe ricordato il suo inadempimento, nel febbraio 2016 è tornato a ripetere che intendeva ancora chiudere Guantánamo: “Non voglio trasferire il problema al prossimo presidente, chiunque esso sia. Se non lo risolviamo ora, quando? Prolungheremo questo di altri 15, 20, 30 anni?”

Il 19 gennaio 2017, appena un giorno prima di lasciare la Casa Bianca, il presidente uscente ha inviato una lettera al Congresso criticando che si continuasse bloccando la chiusura di Guantánamo e ha fatto appello, come aveva già fatto molte volte prima, a essere pragmatici, a pensare in termini economici: “I costi per mantenerlo aperto superano di gran lunga le complicazioni che implica chiuderlo”.

In tutti questi anni, il costo di mantenere aperto il carcere si è convertito in un elemento vitale nel dibattito sul suo futuro, attribuendogli più importanza che la flagrante violazione dei diritti umani che comporta.

La prigione più costosa del mondo

 

Guantánamo è senza dubbio la prigione più costosa del mondo. Con il numero di prigionieri che ha attualmente, 39, custoditi da 1800 soldati, ogni prigioniero costa al Pentagono 13 milioni di dollari, tenendo conto dello stipendio dei militari e del personale civile, dell’ infrastruttura esistente, caserme, centro medico, cinema, sale da pranzo e strutture ricreative per la truppa, esibizioni dal vivo di gruppi country e rock portati dagli USA.

Obama, come Biden adesso, hanno caricato tutta la responsabilità al Partito Repubblicano.

Ma è stato davvero il buonismo ciò che ha impedito la chiusura, la presunta ingenuità delle amministrazioni Obama e Biden (2009-2016), il suo tentativo di raggiungere un accordo di Stato con i repubblicani per chiudere Guantánamo, invece di usare la via di un Ordine Esecutivo?

Il tempo per farlo è stato nei suoi primi due anni di mandato, prima delle elezioni legislative del novembre 2010, poiché in quelle elezioni, come si prevedeva, i repubblicani hanno trionfato, hanno recuperato gli elettori, sono arrivati ​​a controllare la Camera dei Rappresentanti e hanno fatto grandi progressi anche al Senato. In questo modo Obama si è trovato con sempre più ostacoli per promuovere le sue promesse elettorali.

Ed è uno scenario che può ripetersi anche adesso, alle elezioni legislative di medio termine di Biden, del prossimo novembre, se il presidente continuerà a perdere punti nei prossimi mesi.

Governatori democratici contro il trasferimento di prigionieri negli USA

 

La versione che sia Obama, all’epoca, che Biden, ora, hanno dato per giustificare che il carcere di Guantánamo non si sia potuto chiudere è vera solo in parte. L’amministrazione Obama-Biden, nel 2009, non solo ha incontrato il rifiuto del Partito Repubblicano, bensì ha anche dovuto affrontare il rifiuto di alcuni dei loro stessi governatori democratici.

Vari di loro si sono rifiutati che si trasferissero i prigionieri di Guantánamo in carceri di massima sicurezza nei propri rispettivi territori, adducendo problemi di sicurezza.

Hanno sostenuto che ciò convertirebbe i loro Stati in bersagli di attacchi terroristici, utilizzando quindi, alla fine, lo stesso argomento di quello impugnato dai Governatori e congressisti repubblicani.

La resistenza interna del settore più conservatore del Partito Democratico si è aggiunta al rifiuto del Partito Repubblicano. In questo modo si è ripetuto lo stesso rifiuto interno che Obama ha avuto al suo piano affinché si formasse una commissione d’inchiesta parlamentare per determinare le responsabilità politiche e penali per i crimini commessi dall’amministrazione Bush nell’ambito della sua Guerra al Terrore.

Il fatto che diversi congressisti e senatori democratici e persino membri del Governo abbiano aggiunto il loro rifiuto a quello del Partito Repubblicano ha impedito che si potesse indagare e penalizzare il vasto piano dell’amministrazione Bush per blindare legalmente la tortura sistematica dei prigionieri, i rapimenti della CIA, le sue prigioni segrete, gli omicidi, i tantissimi danni collaterali sofferti dalla popolazione civile in Afghanistan, Iraq o Pakistan.

Indubbiamente Barack Obama non è colpevole di aver ricevuto in eredità da George W. Bush una situazione penosa situazione economica e un carcere all’estero con 242 prigionieri in una situazione di totale irregolarità legale ma o per mancanza di fermezza e decisione o per non mettere alla prova il suo proprio partito, non ha utilizzato gli strumenti che aveva a sua portata per porre fine a tale situazione.

Obama non ha sbattuto il pugno sul tavolo come molti credevano che avrebbe fatto date le ambiziose promesse sociali e in materia di diritti umani che aveva fatto durante la sua campagna elettorale.

Con il suo atteggiamento ha, in definitiva, collaborato per alzare un mantello di impunità sui crimini commessi durante gli otto anni di Bush alla Casa Bianca, prolungando ulteriormente il crescente livello di decadenza morale USA.

Solo 8 dei 779 prigionieri sono stati condannati da tribunali militari

 

Da quando, l’11.1.2002, il primo gruppo di prigionieri afghani è arrivato a Guantanamo, 20 anni fa, sono passati per questo carcere 779 uomini di 49 nazionalità diverse, per lo più afgani, sauditi, yemeniti e pakistani, di età compresa tra i 13 e gli 89 anni, al momento di essere catturati.

Durante l’amministrazione Bush, 537 di loro sono stati trasferiti nei loro paesi di origine o in paesi terzi per mancanza di accuse a loro carico, dopo aver sofferto, per anni, torture fisiche e psicologiche e senza ricevere, successivamente, né scuse né alcuna compensazione economica.

Da parte sua, negli otto anni dell’amministrazione Obama, sono stati rilasciati o trasferiti altri 199 prigionieri; Trump ne ha liberato solo uno e Biden anche uno nell’anno in cui è stato al potere. Sono ancora 39 i detenuti che sono in carcere da più di un decennio, 28 dei quali non sono ancora stati accusati di alcun reato specifico.

Durante questi 20 anni almeno 9 prigionieri si sono ‘suicidati’ in oscure circostanze, 3 di loro sono apparsi, nel giugno 2006, appesi nelle loro celle con le mani legate dietro la schiena.

Centinaia di prigionieri hanno realizzato prolungati scioperi della fame per protestare contro i maltrattamenti sofferti e gli sono stati imposti a forza sonde gastroesofagee per alimentarli e mantenerli in vita.

In tutti questi anni i tribunali militari di Guantánamo hanno condannato solo 8 prigionieri; alcuni altri aspettano da molto tempo di essere trasferiti in diversi paesi e altri sono considerati ‘pericolosi’, ma in assenza di prove a loro carico restano in carcere a tempo indefinito.

Il 23 giugno 2016, negli ultimi mesi di Obama al potere, l’allora relatore speciale delle Nazioni Unite in materia di tortura, Juan Méndez, ha denunciato sul New York Times di aver cercato, dal 2004 (sotto l’amministrazione Bush), di ottenere che gli autorizzassero il permesso di vedere i prigionieri di Guantanamo, ma non l’ha ottenuto né con l’amministrazione repubblicana né con quella democratica.

Come abbiamo visto all’inizio di questo articolo, lo scorso 27 dicembre il presidente Biden criticava il Congresso per non approvare i fondi che ha richiesto per poter trasferire una parte di loro in paesi terzi e il resto nelle carceri di massima sicurezza in territorio continentale USA.

Ma dalle sue stesse file gli dicono che è una questione di volontà politica farlo.

Donald Trump ha anche affrontato, all’epoca,  ostacoli al Congresso affinché gli approvassero i fondi federali necessari per continuare la costruzione del muro con il Messico ma, tuttavia, è riuscito ad aggirare il problema prelevando denaro da altre voci di bilancio.

I settori più progressisti criticano Biden che, nonostante le sue critiche al Congresso per non avergli autorizzato quei fondi, ha approvato anche il National Defense Authorization Act (NDAA), il budget della Difesa di 760.000 milioni di dollari per l’anno 2022 (5% in più rispetto al 2021 nonostante il ritiro delle truppe dall’Afghanistan). In questo modo, ha accettato le clausole specifiche contenute in quella legge, impedendogli di destinare parte di quei fondi per trasferire prigionieri e chiudere Guantánamo.

E se quella legge è andata avanti con quelle clausole, come è successo nel 2009, quattro mesi dopo che Obama è salito al potere e ciò è stato ripetuto più volte in votazioni simili, è perché anche molti deputati e senatori democratici hanno votato a favore.

In quei primi dibattiti sul tema, nel 2009, Obama aveva già visto respinta la sua richiesta che si destinassero 80 milioni di dollari su un budget di 91,3 miliardi di dollari stanziati per finanziare le guerre in Iraq e Afghanistan e altre questioni di sicurezza, per poter chiudere il carcere. Al Senato 90 hanno votato contro e solo 6 democratici a favore.

Il Partito Democratico ha un cronico e serio problema interno.

Fanno pressioni su Biden affinché chiuda la prigione “una volta per tutte”

 

Quasi 13 anni dopo quel voto del 2009, quando era vicepresidente, Biden sta ricevendo sempre più crescenti pressioni per non seguire le orme di Obama sulla questione.

Nel gennaio 2021, otto ex relatori dell’ONU sui Diritti Umani hanno chiesto in un comunicato congiunto a Biden che chiudesse immediatamente il carcere: “Guantánamo è un luogo di arbitrarietà e abusi, di torture e maltrattamenti in cui le leggi sono sospese e la giustizia respinta”.

Ventiquattro senatori democratici hanno richiesto al presidente la chiusura di Guantánamo “una volta per tutte” e poco dopo, lo scorso maggio, 78 personalità politiche, accademici e 23 ex ministri degli Esteri dell’America Latina si sono uniti alla richiesta. “La chiusura manderebbe un messaggio chiaro e significativo al mondo e all’America Latina in particolare, nel cui territorio si trova quel carcere”, hanno affermato nella loro lettera.

Lo scorso agosto, 75 congressisti democratici hanno esortato Biden a chiudere il carcere per “rappresentare un tradimento fondamentale dei nostri valori e del nostro impegno come paese con stato di diritto”.

Con un gesto senza precedenti, lo scorso novembre, persino sette ufficiali USA componenti di un tribunale militare di Guantánamo hanno pubblicato una lettera in cui denunciavano le brutali torture sofferte, per mano degli agenti della CIA, da uno dei detenuti catturati in Pakistan, nel 2003, che si trova ancora in prigione, Majid Khan. Gli alti funzionari militari che hanno firmato la lettera hanno qualificato questi maltrattamenti come una “macchia nella fibra morale degli USA”.

La testimonianza di Khan in tribunale, di 39 pagine, esemplifica con crudezza in prima persona ciò che centinaia di prigionieri hanno passato in quella prigione delle forze armate USA.

L’aereo che ha trasportato i primi prigionieri a Guantánamo è partito dalla base di Morón

 

La prigione della base navale, che gli USA mantengono illegalmente nella Baia di Guantánamo in territorio cubano, rivela non solo l’ipocrisia morale della democrazia USA, ma anche dell’Unione Europea e della NATO.

L’11 gennaio 2002, solo quattro mesi dopo l’inizio dell’invasione dell’Afghanistan e della crociata Bush-Blair e Aznar, gli USA trasportavano su aerei da carico militari da quel paese asiatico a Guantanamo, ammanettati ed incappucciati, il primo contingente di prigionieri catturati nella sua Guerra contro il Terrore.

Nessuno dei suoi alleati europei e di altri paesi si è opposto al fatto che gli USA decidessero unilateralmente di trasferire questi prigionieri in un territorio senza legge, in cui non si applicavano né le leggi federali USA né sono stati riconosciuti come prigionieri di guerra come stabilito dalle Convenzioni di Ginevra e dal Diritto Internazionale Umanitario.

Infatti, quel primo contingente di 23 prigionieri giunti a Guantanamo dopo più di venti ore di viaggio e che il Pentagono esibiva con orgoglio con le loro tute arancioni, incatenati e inginocchiati nel pieno sole caraibico davanti alle loro gabbie a cielo aperto, ha fatto scalo in Spagna.

Il volo RCH7502 di un C-17 delle forze armate USA era partito dalla base di Kandahar, in Afghanistan, il 10 gennaio, ed era arrivato alla base aerea di Morón de la Frontera alle due del mattino del giorno 11 GMT secondo i registri dell’aeroporto, dove i prigionieri sono stati trasferiti su un aereo C-141 con il quale sono arrivati ​​a Guantánamo alle 18:50 GMT.

Sarebbe solo il primo scalo di questo tipo sul suolo spagnolo, a cui sarebbero seguiti altri simili in diversi paesi dell’UE, e a cui si aggiungerebbero presto i 1080 scali dei voli della CIA su aerei mimetizzati che trasportavano clandestinamente prigionieri non solo a Guantanamo ma anche alle prigioni segrete in Europa e in molti altri paesi per essere interrogati e torturati.

Non molti anni fa si sono verificati questi eventi. Nessuno ha pagato né politicamente né penalmente per questi crimini negli USA, ma nessuno ha pagato neppure in Spagna né nel resto d’Europa per tale complicità di anni in cui ci sono stati molti protagonisti e senza i quali non avrebbero potuto essere commessi.


La cárcel de Guantánamo sigue abierta 20 años después

ROBERTO MONTOYA Periodista y escritor

“Defenderemos los derechos de aquellos que llevamos ante la Justicia. Y cerraremos el centro de detención de la Bahía de Guantánamo (…) Estados Unidos no torturará. Protegeremos los derechos de aquellos a quienes debemos rendir cuentas”. Palabra de Joe Biden.

“La ley sigue prohibiendo el uso de fondos para transferir a los detenidos de la Bahía de Guantánamo a la custodia o el control efectivo de ciertos países extranjeros (…) y también prohíbe el uso de fondos para transferir a los detenidos de la Bahía de Guantánamo a los Estados Unidos”. Palabra de Joe Biden.

Entre las declaraciones del primer párrafo y las del segundo pasaron casi 13 años. Las primeras las pronunció Biden cuando era vicepresidente de Barack Obama al comienzo de su primer mandato, durante la 45ª Conferencia de Seguridad de Múnich de 2009 ante gobernantes y representantes de 70 países.

Las otras declaraciones son también de Joe Biden, pero del Biden presidente, y las pronunció el pasado 27 de diciembre.

Biden pareciera seguir hasta ahora paso a paso el camino transitado por Obama.

Obama aseguró durante la campaña electoral de 2008 que el cierre de Guantánamo sería una de sus primeras medidas al llegar al poder. Lo repitió poco después de haber asumido la presidencia -el 20 de enero de 2009- pero no lo hizo y en 2015, en el penúltimo año de su segundo mandato, llegó su arrepentimiento por no haber cerrado ese campo de concentración del siglo XXI ni bien llegar a la Casa Blanca: “No lo hice porque en ese momento teníamos un acuerdo bipartidista de que debía cerrarse. Pensé que teníamos consenso y que lo haríamos sosegadamente. Sin embargo, la política se volvió dura y la gente comenzó a asustarse por la retórica sobre Guantánamo. Lo más factible fue dejarlo abierto”.

Aún así, consciente de que la historia recordaría su incumplimiento, en febrero de 2016 volvió a repetir que aún pretendía cerrar Guantánamo: “No quiero trasladar el problema al siguiente presidente, sea quien sea. Si no resolvemos esto ahora, ¿cuándo? ¿Vamos a prolongar esto otros 15, 20, 30 años?”

El 19 de enero de 2017, solo un día antes de abandonar la Casa Blanca, el presidente saliente envió una carta al Congreso criticando que se siguiera bloqueando el cierre de Guantánamo, y apeló, como ya lo había hecho muchas veces antes, a ser pragmáticos, a pensar en términos económicos: “Los costos de mantenerlo abierto superan con creces las complicaciones que implica cerrarlo”.

El costo de mantener abierta la prisión se convirtió durante todos estos años en un elemento vital en el debate sobre el futuro de la misma, asignándosele más importancia incluso que a la flagrante violación de los derechos humanos que supone.

La cárcel más cara del mundo

Guantánamo es sin duda la cárcel más cara del mundo. Con el número de prisioneros que tiene actualmente, 39, custodiados por 1.800 soldados, cada prisionero cuesta 13 millones de dólares al Pentágono, teniendo en cuenta el sueldo de los militares y del personal civil, la infraestructura existente, cuarteles, centro médico, cine, comedores e instalaciones de ocio para la tropa, actuaciones en vivo de grupos de country y rock llevados desde EEUU.

Obama, al igual que ahora Biden, cargaron toda la responsabilidad en el Partido Republicano.

Pero, ¿fue realmente el buenismo lo que lo impidió el cierre, la supuesta ingenuidad de los gobiernos de Obama y Biden (2009-2016), su intento de lograr un acuerdo de Estado con los republicanos para cerrar Guantánamo, en vez de utilizar la vía de una Orden Ejecutiva?

El tiempo para hacerlo fue en sus dos primeros años de mandato, antes de las elecciones legislativas de noviembre de 2010, ya que en esos comicios, como se preveía, los republicanos triunfaron, recuperaron electores, pasaron a controlar la Cámara de Representantes e hicieron un gran avance también en el Senado. De esta forma Obama se encontró cada vez con más obstáculos para sacar adelante sus promesas electorales.

Y es un escenario que también puede volverse a repetir ahora, en las elecciones legislativas de medio mandato de Biden de noviembre próximo, si el presidente sigue perdiendo puntos los próximos meses.

Gobernadores demócratas en contra del traslado de presos a EEUU

La versión que tanto Obama en su momento como Biden ahora han dado para justificar que la prisión de Guantánamo no se haya podido cerrar es cierta solo en parte. El Gobierno Obama-Biden en 2009 no sólo se encontró con el rechazo del Partido Republicano, sino también se tuvo que enfrentar a la negativa de varios de sus propios gobernadores demócratas.

Varios de ellos se negaron a que se trasladara a prisioneros de Guantánamo a cárceles de máxima seguridad en sus respectivos territorios, alegando problemas de seguridad.

Sostuvieron que eso convertiría a sus Estados en blanco de ataques terroristas, utilizando así el mismo argumento en definitiva que el esgrimido por los gobernadores y congresistas republicanos.

La resistencia interna del sector más conservador del Partido Demócrata se sumó al rechazo del Partido Republicano. Se repitió de esta forma el mismo rechazo interno que Obama tuvo a su plan para que se formara una comisión de investigación parlamentaria para delimitar responsabilidades políticas y penales por los crímenes cometidos por la Administración Bush bajo su Guerra contra el Terror.

El hecho de que varios congresistas y senadores demócratas e incluso miembros del Gobierno sumaran su rechazo al del Partido Republicano impidió que se pudiera investigar y penalizar el vasto plan de la Administración Bush para blindar legalmente la tortura sistemática a los prisioneros, los secuestros de la CIA, sus cárceles secretas, los asesinatos, los tantísimos daños colaterales sufridos por la población civil en Afganistán, Irak o Pakistán.

Sin duda Barack Obama no es culpable de haber recibido como herencia de George W.Bush una penosa situación económica y una prisión de ultramar con 242 prisioneros en situación de total irregularidad legal, pero, o por falta de firmeza y decisión o por no poner a prueba a su propio partido, no usó las herramientas que tenía a su alcance para acabar con esa situación.

Obama no dio un fuerte golpe en la mesa como muchos creían que haría dadas las ambiciosas promesas sociales y en materia de derechos humanos que hizo durante su campaña electoral.

Con su actitud colaboró en definitiva para tender un manto de impunidad sobre los crímenes cometidos durante los ocho años de Bush en la Casa Blanca, prolongando aún más el creciente nivel de decadencia moral de Estados Unidos.

Sólo 8 de los 779 prisioneros fueron condenados por los tribunales militares

Desde que el 11 de enero de 2002 llegó el primer grupo de prisioneros afganos a Guantánamo, hace ahora 20 años, pasaron por esa cárcel 779 hombres de 49 nacionalidades distintas, mayoritariamente afganos, saudíes, yemeníes y paquistaníes con edades comprendidas entre los 13 y los 89 años al momento de ser capturados.

Durante los gobiernos de Bush se transfirió a sus países de origen o a terceros países por falta de cargos en su contra a 537 de ellos, tras sufrir torturas físicas y psicológicas durante años y sin recibir posteriormente ni disculpas ni compensación económica alguna.

Por su parte, en los ocho años de la Administración Obama se liberaron o transfirieron a otros 199 prisioneros; Trump liberó solo a uno y Biden a uno también en el año que lleva en el poder. Quedan aún 39 prisioneros que llevan más de una década presos, a 28 de los cuales no se les ha acusado todavía de ningún delito concreto.

Durante estos 20 años al menos 9 presos se ‘suicidaron’ en oscuras circunstancias, 3 de ellos aparecieron en junio de 2006 colgados en sus celdas con las manos atadas a la espalda.

Cientos de presos llevaron a cabo prolongadas huelgas de hambre en protesta por los maltratos sufridos y se les impuso por la fuerza sondas gastroesofágicas para alimentarlos y mantenerlos con vida.

En todos estos años los tribunales militares de Guantánamo sólo han condenado a 8 prisioneros; otros varios esperan desde hace mucho tiempo ser transferidos a distintos países y a otros se les considera ‘peligrosos’, pero al no haber pruebas contra ellos siguen en prisión por tiempo indefinido.

El 23 de junio de 2016, en los últimos meses de Obama en el poder, el entonces relator especial de las Naciones Unidas en materia de tortura, Juan Méndez, denunció en The New York Times que llevaba desde 2004 (bajo el Gobierno Bush) intentando conseguir que le autorizaran ver a los presos de Guantánamo, pero que no lo consiguió ni con el gobierno republicano ni con el demócrata.

Como hemos visto al inicio de este artículo, el pasado 27 de diciembre el presidente Biden criticaba al Congreso por no aprobar los fondos que requirió para poder transferir a parte de ellos a terceros países y al resto a cárceles de máxima seguridad en territorio continental estadounidense.

Pero desde sus propias filas le dicen que es cuestión de voluntad política hacerlo.

Donald Trump también se enfrentó en su momento con obstáculos en el Congreso para que le aprobaran los fondos federales necesarios para continuar la construcción del muro con México, pero sin embargo logró sortear el problema detrayendo dinero de otras partidas presupuestarias.

Los sectores más progresistas critican a Biden que a pesar de sus críticas al Congreso por no autorizarle esos fondos aprobó igualmente la Ley de Autorización de Defensa Nacional (NDAA en sus siglas en inglés), el presupuesto de Defensa de 760.000 millones de dólares para el año 2022 (un 5% más que en 2021 a pesar de que se ha retirado las tropas de Afganistán). Aceptó de esta forma las cláusulas específicas que contiene esa ley impidiéndole destinar parte de esos fondos para trasladar prisioneros y cerrar Guantánamo.

Y si esa ley salió adelante con esas cláusulas, al igual que sucedió en 2009, cuatro meses después de llegar Obama al poder y que se repitió varias veces más en votaciones similares, es porque muchos congresistas y senadores demócratas también la votaron.

En aquellos primeros debates sobre el tema en 2009 Obama ya vio rechazado su pedido de que se destinaran 80 millones de dólares de un presupuesto de 91.300 millones de dólares destinados a financiar las guerras de Irak y Afganistán y otros temas de seguridad, para poder cerrar la cárcel. En el Senado 90 votaron en contra y solo 6 demócratas a favor.

El Partido Demócrata tiene un crónico y serio problema interno.

Presionan a Biden para que cierre la prisión ‘de una vez por todas’

Casi 13 años después de aquella votación de 2009, cuando era vicepresidente, Biden está recibiendo ahora cada vez más presiones para no seguir los pasos de Obama sobre el tema.

En enero de 2021 ocho ex relatores de la ONU sobre Derechos Humanos reclamaron en un comunicado conjunto a Biden que cerrara de inmediato la cárcel: “Guantánamo es un lugar de arbitraridad y abusos, de torturas y malos tratos donde las leyes quedan suspendidas y la Justicia rechazada”.

Veinticuatro senadores demócratas reclamaron al presidente el cierre de Guantánamo “de una vez por todas” y poco después, en mayo pasado, 78 personalidades políticas, académicas y 23 ex cancilleres de América Ltina se sumaron al pedido. “El cierre enviaría un mensaje claro y significativo al mundo y a América Latina en particular, en cuyo territorio se sitúa esa prisión”, dijeron en su carta.

En agosto pasado fueron 75 los congresistas demócratas que instaron a Biden a cerrar la prisión por “representar una traición fundamental a nuestros valores y a nuestro compromiso como país con el estado de derecho”.

En un gesto inédito en noviembre pasado incluso siete oficiales estadounidenses integrantes de un tribunal militar en Guantánamo publicaron una carta denunciando las brutales torturas sufridas de manos de agentes de la CIA por uno de los detenidos capturados en Pakistán en 2003 que aún permanece en prisión, Majid Khan. Los altos cargos militares firmantes calificaron esos maltratos de “mancha en la fibra moral de Estados Unidos”.

El testimonio de Khan ante el tribunal, de 39 páginas, ejemplifica con crudeza en primera persona por lo que han pasado cientos de prisioneros en esa prisión de las fuerzas armadas estadounidenses.

El avión que trasladó a los primeros prisioneros a Guantánamo partió de la base de Morón

La prisión de la base naval que EEUU mantiene ilegalmente en la Bahía de Guantánamo, en territorio cubano no solo revela la hipocresía moral de la democracia estadounidense, sino también de la Unión Europea y la OTAN.

El 11 de enero de 2002, solo cuatro meses después del inicio de la invasión de Afganistán y de la cruzada de Bush-Blair y Aznar, EEUU transportaba en avión de carga militar desde ese país asiático a Guantánamo, engrillados y encapuchados, al primer contingente de prisioneros capturados en su Guerra contra el Terror.

Ninguno de sus aliados europeos y de otros países objetó que EEUU decidiera unilateralmente trasladar a esos prisioneros a un territorio sin ley, en el que no se aplicaban ni las leyes federales estadounidenses ni se les reconocía como prisioneros de guerra tal como establecen las Convenciones de Ginebra y el Derecho Internacional Humanitario.

De hecho ese primer contingente de 23 prisioneros que llegó a Guantánamo tras más de veinte horas de viaje y que el Pentágono mostró con orgullo con sus monos naranja, encadenados y arrodillados a pleno sol del Caribe frente a sus celdas de rejas al aire libre, hizo escala en España.

El vuelo RCH7502 de un C-17 de las fuerzas armadas estadounidenses había partido de la base de Kandahar, en Afganistán, el día 10 de enero, llegó a la Base Aérea de Morón de la Frontera a las dos de la madrugada del día 11 GMT según los registros aeroportuarios, donde los prisioneros fueron trasladados a un avión C-141 con el que llegaron a Guantánamo a las 18.50 GMT.

Sólo sería la primer escala de este tipo en suelo español, al que seguirían otras similares en distintos países de la UE, y a las que pronto se sumarían las 1.080 escalas de los vuelos de la CIA en aviones camuflados transportando clandestinamente prisioneros no solo a Guantánamo sino también a cárceles secretas en Europa y muchos otros países para ser interrogados y torturados.

No hace tantos años que se produjeron estos hechos. Nadie pagó ni política ni penalmente por esos crímenes en Estados Unidos, pero nadie pagó tampoco en España ni en el resto de Europa por esa complicidad de años en la cual hubo muchos protagonistas y sin la cual no se hubieran podido cometer.

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