Cuba. I prigionieri politici: una storia basata su fatti non reali

Gustavo A. Maranges Resumen Latinoamericano

La scorsa settimana c’è stato un aumento esponenziale delle accuse da parte di funzionari del governo USA contro Cuba, per la presunta detenzione di oltre 600 prigionieri “politici” come risultato delle proteste dell’11 luglio.

Il Sottosegretario di Stato per gli Affari dell’emisfero occidentale, Brian Nichols, e il segretario di Stato, Anthony Blinken, sono stati i portavoce più attivi di questa campagna, insieme all’Ambasciata USA all’Avana.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di un’altra delle ricorrenti accuse USA, ma quelli del nord non danno segnali invano e queste occultano molti dettagli che non dobbiamo trascurare. Pertanto, è necessario analizzare, in primo luogo, perché gli alti funzionari USA sono così ansiosi di promuovere questa campagna contro Cuba? Chi ha fornito le statistiche? Sono veritiere? E, da ultimo, ma non meno importante, quale autorità morale hanno gli USA per giudicare uno stato sovrano?

La sovradimensionata cifra di 600 prigionieri politici proviene da un’Organizzazione Non Governativa (ONG) con sede in Spagna chiamata “Osservatorio Cubano dei Diritti Umani (OCDH)”, che è stata anche condivisa e ampliata anche da altri come Prisoners Defenders. Queste due organizzazioni hanno ricevuto, solo negli ultimi due anni, circa 900000 $ dall’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e dal National Endowment for Democracy (NED), che sono diventati i loro principali donatori. Pertanto, c’è da aspettarsi che questo gruppo, poco imparziale, fornisca un’informazione altamente tendenziosa, per non dire falsa.

D’altra parte, si tratta di organizzazioni che sono state coinvolte fino al midollo nelle campagne precedenti, e in corso, per promuovere il cambio di regime a Cuba, ciò che è stato pubblicamente noto nel settembre 2021 quando il giornalista USA, Tracey Eaton, e la stampa cubana hanno rintracciato il denaro dei contribuenti USA verso queste ONG.

Motivi più che sufficienti per esaminare in dettaglio qualsiasi informazione che queste fonti pubblichino su Cuba.

Vale la pena segnalare che molti dei cosiddetti “prigionieri politici” sono persone che sono state coinvolte in atti di vandalismo contro la proprietà pubblica, mentre altri hanno ammesso di aver ricevuto denaro per le loro azioni violente e destabilizzanti. Pertanto, non si tratta di una genuina opposizione politica come cercano di ritrarla, invece dovremmo chiamarli con il loro vero nome: mercenari, che affronteranno condanne come lo farebbero in tutto il mondo, incluso negli USA.

Uno degli esempi più noti è il caso di José Daniel Ferrer, apparentemente il principale “prigioniero politico”, che è a capo dell’Unione Patriottica di Cuba (UNPACU), un’organizzazione finanziata dalla Florida e legata agli atti violenti sull’isola. Ferrer ha denunciato torture e aggressioni psicologiche nei suoi confronti, ma il suo teatrino è terminato dopo che le autorità hanno pubblicato un video in cui si mostra come si autolesioni sbattendosi la testa contro il tavolo nella sala degli interrogatori.

Il Dipartimento di Stato ha iniziato una campagna contro Cuba proprio dopo gli eventi dell’11 luglio, con il presunto obiettivo di far pressione per la liberazione dei manifestanti che permangono incarcerati che, a prescindere dalle loro intenzioni non dichiarate, costituisce un flagrante atto di intromissione negli affari interni di Cuba.

Alti funzionari USA, come quelli citati sopra, hanno utilizzato il caso Ferrer per dimostrare che, a Cuba, il giusto processo non si rispetta. Tuttavia, nascondono che Ferrer ha rifiutato di avere una difesa al suo processo con il chiaro scopo di definirsi un “prigioniero politico”, anche se è stato incarcerato per aver violato gli arresti domiciliari che scontava dopo aver aggredito un uomo, ciò che è lontano dall’essere una causa politica. Sembrerebbe che il sistema giudiziario, secondo il governo USA e l’opposizione interna, sia quello in cui mercenari e criminali possano commettere qualsiasi numero di crimini e nascondersi dietro la loro opposizione al governo per liberarsi delle responsabilità che hanno come cittadini.

Sarebbe ingenuo pensare che queste omissioni nel discorso di Blinken, Nichols o dei loro seguaci siano dovute alla loro ignoranza dei fatti. Piuttosto, ciò che predomina è l’interesse politico degli USA nell’ignorare che molti dei suoi “prigionieri politici” non sono altro che il risultato della fallita strategia dell’11 Luglio. Inoltre, il contesto attuale offre una doppia vittoria ai politici USA: in primo luogo, mostrare che non abbandonano coloro che si sono allineati con loro all’interno dell’isola. In secondo luogo, offre loro la scusa perfetta per sostenere le dichiarazioni del Consulente per la Sicurezza Nazionale del Presidente Biden, Jake Sullivan e mantenere e aumentare l’assedio economico al popolo e governo cubani.

Ancora una volta, la strategia è molto chiara: fingono di sostenere il popolo cubano quando in realtà si riferiscono all’opposizione, mentre inaspriscono le sanzioni che stanno strangolando l’economia cubana e la capacità del governo di superare la crisi attuale. Non è una novità, anzi è una vecchia e ricorrente tattica USA per combattere i movimenti progressisti e quelli che considerano “stati canaglia”, cioè Venezuela, Siria, Iran, Nicaragua e Cuba.

Di fronte alle accuse USA, è necessario ricordare che Cuba è un paese che ha chiesto instancabilmente la chiusura del carcere di Guantánamo, dove più di 700 persone sono state incarcerate e torturate per due decenni, senza diritto a un processo e senza nemmeno essere accusate. Allo stesso modo, Cuba ha lottato fino alla fine per provare l’innocenza dei Cinque Eroi, che hanno scontato 16 anni nelle carceri USA per motivi politici, poiché le accuse di cospirazione non sono mai state provate. Ma le dichiarazioni USA sono ancora più ciniche se si tiene conto del fatto che molti attivisti USA per i diritti civili e dell’antirazzismo hanno trovato rifugio a Cuba dopo essere stati perseguitati politicamente negli USA, come nel caso di Assata Shakur, ex membro del Black Panther Party e dell’Esercito di Liberazione Nero.

Gli USA non hanno alcuna autorità legale o morale per accusare nessuno, men che meno Cuba. Un rapporto del 2018 del Jericho National Movement ha concluso che c’erano almeno decine di prigionieri politici nelle carceri di quel paese. Successivamente, nel luglio 2021, l’Alliance for Global Justice (AfGJ) ha aggiornato la sua lista di prigionieri politici, molti dei quali sono stati condannati all’ergastolo. Tuttavia, i funzionari USA si mostrano allarmati dal fatto che i tribunali cubani abbiano emesso condanne da 5 a 15 anni per le persone che hanno deciso di porre in pericolo la stabilità di un intero paese.

Molte volte abbiamo sentito dire che un attacco è la migliore difesa. Questo è esattamente ciò che gli USA stanno facendo per nascondere la natura oppressiva del loro sistema politico. Accusa il mondo intero di violazioni dei diritti umani e di repressione politica, mentre implementa le forme più sofisticate per fare esattamente la stessa cosa ai suoi cittadini e con non pochi di altri paesi.

Indipendentemente dai numeri, tuttavia, la parte peggiore della questione dei prigionieri politici negli USA è il trattamento che ricevono nelle carceri. Una vasta rete di carceri e la crudeltà del sistema penitenziario s’incaricano di distruggere coloro che non sono d’accordo con le logiche del capitale e annullarne le idee. Poco si sa del movimento dei prigionieri politici negli USA, il che si spiega solo con i continui sforzi del governo per tenere questo tema fuori dal dibattito, poiché, se parliamo di numeri, gli USA hanno 2,3 milioni di persone nelle loro carceri, il che significa il 25% della popolazione carceraria mondiale, la stragrande maggioranza dei quali afro-discendenti e ispanici. Ma questo è un altro tema che va oltre lo scopo di questo articolo.

D’altra parte, è evidente che i politici anticubani negli USA hanno una grande influenza sulla politica dell’amministrazione Biden nei confronti di Cuba, al punto da portarla a inadempiere le sue promesse elettorali. Oggi, dopo i fallimenti dell’11 luglio e del 15 novembre, si sono concentrati sulla promozione dell’immagine di una Cuba dittatoriale. In questo modo aspirano a ottenere maggiore sostegno all’interno di una comunità internazionale fortemente condizionata dai titoli dei principali media. Qualcosa che, a quanto pare, è stato affidato all’opposizione interna, che assilla costantemente i media accreditati nell’isola, sotto la minaccia di incolparli di allearsi con il governo se non informano a favore degli accusati dopo i disordini dell’11 luglio.

In conclusione, si tratta di una campagna ben congegnata in cui gli USA hanno il compito di finanziarla e di darle rilevanza internazionale, mentre l’opposizione interna viene utilizzata per generare le argomentazioni necessarie per un’accusa internazionale, legittimare il discorso dei “prigionieri politici e le violazioni dei diritti umani’ e, allo stesso tempo, cercare di reclutare i cubani dentro e fuori l’isola. Sfortunatamente, hanno fatto qualche progresso nei loro obiettivi, ma quanto più diffondiamo la realtà del popolo cubano, minori saranno le loro possibilità di successo.

Al di là delle intenzioni del governo USA, da parte cubana siamo certi che verranno fornite le informazioni e le spiegazioni opportune sui processi giudiziari in corso, con l’obiettivo di dimostrare, ancora una volta, l’indipendenza della magistratura a Cuba e il rispetto del giusto processo.

Se non è stato fatto finora, è per preservare il normale sviluppo dei processi senza la minima manipolazione politica. Noi cubani siamo stati testimoni degli atti di vandalismo e della condotta aggressiva di molti cittadini. Non abbiamo bisogno che un tribunale lo pronunci perché lo abbiamo visto nei luoghi di lavoro, nelle strade e nelle reti. Noi cubani siamo quelli che non vogliamo che venga alterata la nostra tranquillità e sicurezza cittadina e che si condanni coloro che li hanno commessi affinché non tornino a ripetersi.

L’unico antidoto contro la menzogna di cui ci si accusa ingiustamente è la verità e la trasparenza, a maggior ragione quando esistono  argomentazioni in abbondanza.


Cuba. Los presos políticos: Una historia basada en hechos no reales

Por Gustavo A. Maranges Resumen Latinoamericano

La semana pasada hubo un incremento exponencial de las acusaciones por parte de funcionarios del gobierno de Estados Unidos contra Cuba, por la supuesta retención de más de 600 presos «políticos» como resultado de las protestas del 11 de julio.

El Subsecretario de Estado para Asuntos del hemisferio occidental, Brian Nichols, y el secretario de Estado, Anthony Blinken, fueron los portavoces más activos de esta campaña, de conjunto con la Embajada de Estados Unidos en La Habana.

Algunos pudiesen pensar que se trata de otra de las recurrentes acusaciones de Estados Unidos, pero los del norte no dan señales en vano y estas ocultan muchos detalles que no debemos pasar por alto. Por tanto, se impone analizar, en primer lugar, ¿Por qué los altos funcionarios estadounidenses están tan ansiosos por impulsar esta campaña contra Cuba? ¿Quién ofreció las estadísticas? ¿Son confiables? Y, por último, pero no menos importante, ¿Qué autoridad moral tiene Estados Unidos para juzgar a un estado soberano?

La sobredimensionada cifra de 600 presos políticos proviene de una Organización No Gubernamental (ONG) con sede en España llamada «Observatorio Cubano de Derechos Humanos (OCDH)», la cual también ha sido compartida y engrosada por otras como Prisoners Defenders. Estas dos organizaciones recibieron, solamente en los dos últimos años alrededor de 900.000 dólares de la Agencia de Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (USAID) y la National Endowment for Democracy (NED), quienes se han convertido en sus principales donantes. Por tanto, es de esperar que este grupo, poco imparcial, proporcione información muy sesgada, por no decir falsa.

Por otor lado, se trata de organizaciones que han estado involucradas hasta la médula en campañas anteriores y actuales para promover un cambio de régimen en Cuba, lo cual fue públicamente notorio en septiembre de 2021 cuando el periodista estadounidense Tracey Eaton y la prensa cubana rastrearon el dinero de los contribuyentes estadounidenses hasta estas ONG.

Razones más que suficientes para mirar detalladamente cualquier información que dichas fuentes publiquen sobre Cuba.

Vale la pena señalar que muchos de los llamados «presos políticos» son personas que estuvieron involucrados en actos de vandalismo contra la propiedad pública, mientras que otros han admitido haber recibido dinero por sus acciones violentas y desestabilizadoras. Por lo tanto, no se trata de una oposición política genuina como tratan de mostrarlo, en cambio deberíamos llamarlos por su verdadero nombre: mercenarios, que enfrentarán condenas como lo harían en todo el mundo, incluso en los Estados Unidos.

Uno de los ejemplos más conocidos es el caso de José Daniel Ferrer, aparentemente el principal ‘preso político’, es el jefe de la Unión Patriótica de Cuba (UNPACU), una organización financiada desde la Florida y vinculada a actos violentos en la isla. Ferrer ha denunciado torturas y agresiones psicológicas en su contra, pero su teatro terminó luego de que las autoridades publicaran un vídeo en el que se aprecia cómo se autolesiona golpeándose la cabeza contra la mesa en la sala de interrogatorios.

El Departamento de Estado inició una campaña contra Cuba justo después de los sucesos del 11 de julio, con el supuesto objetivo de presionar por la liberación de los manifestantes que permanecían encarcelados, lo cual, independientemente de sus intenciones no declaradas, constituye un acto flagrante de intromisión en los asuntos internos de Cuba.

Altos funcionarios estadounidenses, como los citados anteriormente, han utilizado el caso de Ferrer para demostrar que en Cuba no se respeta el debido proceso. Sin embargo, ocultan que Ferrer se negó a tener defensa en su juicio con el claro propósito de autodenominarse como ‘preso político’, aun cuando fue encarcelado por violar el arresto domiciliario que cumplía tras agredir a un hombre, lo cual está lejos de ser una causa política. Tal pareciera que el sistema judicial, según el gobierno estadounidense y la oposición interna, es aquel donde los mercenarios y delincuentes puedan cometer cualquier cantidad de delitos y escudarse en su oposición al gobierno para librarse de la responsabilidad que tienen como ciudadanos.

Sería ingenuo pensar que estas omisiones en el discurso de Blinken, Nichols o sus seguidores se deben a su desconocimiento de los hechos. Mas bien lo que predomina es el interés político de Estados Unidos en ignorar que muchos de sus «presos políticos» son nada menos que el resultado de la fallida estrategia del 11J. Además, el contexto actual ofrece una doble ganancia para los políticos estadounidenses: en primer lugar, demostrar que no abandonan a quienes se alinearon con ellos dentro de la isla. En segundo lugar, les da la excusa perfecta para respaldar las declaraciones del Asesor de Seguridad Nacional del presidente Biden, Jake Sullivan y mantener y aumentar el asedio económico sobre el pueblo y gobierno cubanos.

Una vez más, la estrategia es muy clara: fingen apoyar al pueblo cubano cuando en realidad se refieren a la oposición, al tiempo que endurecen las sanciones que ahogan la economía cubana y la capacidad del gobierno para superar la crisis actual. No es nada nuevo, más bien es una vieja y recurrente táctica de Estados Unidos para combatir a los movimientos progresistas y a los que consideran como «Estados canallas», es decir, Venezuela, Siria, Irán, Nicaragua y Cuba.

Ante las acusaciones de Estados Unidos, es necesario recordar que Cuba es un país que ha exigido incansablemente por el cierre de la prisión de Guantánamo, donde más de 700 personas han sido encarceladas y torturadas durante dos décadas, sin derecho a un juicio y sin ser siquiera acusados. Asimismo, Cuba luchó hasta el final por demostrar la inocencia de los Cinco Héroes, quienes cumplieron 16 años en cárceles estadounidenses por razones políticas, ya que las acusaciones de conspiración nunca fueron probadas. Pero las declaraciones de EE.UU. son aún más cínicas si tenemos en cuenta que muchos activistas estadounidenses por los derechos civiles y del antirracismo encontraron refugio en Cuba después de ser perseguidos políticamente en EE.UU., como es el caso de Assata Shakur, antigua miembro del Partido de las Panteras Negras y del Ejército Negro de Liberación.

Los Estados Unidos no tienen ninguna autoridad legal o moral para acusar a nadie y menos a Cuba. Un informe de 2018 del Movimiento Nacional Jericó concluyó que había al menos decenas de presos políticos en las prisiones de ese país. Posteriormente, en julio de 2021, la Alianza por la Justicia Global (AfGJ) actualizó su lista de presos políticos, muchos de los cuales fueron sentenciados a cadena perpetua. Sin embargo, los funcionarios estadounidenses se muestran alarmados porque los tribunales cubanos dictaron sentencias de 5 a 15 años para las personas que decidieron poner en peligro la estabilidad de un país entero.

Muchas veces hemos escuchado que un ataque es la mejor defensa. Eso es exactamente lo que ha estado haciendo Estados Unidos para encubrir la naturaleza opresiva de su sistema político. Acusa a todo el mundo de violaciones de los derechos humanos y represión política, al tiempo que implementa las formas más sofisticadas de hacer precisamente lo mismo con sus ciudadanos y con no pocos de otros países.

Sin embargo, independientemente de los números, la peor parte de la cuestión de los presos políticos en Estados Unidos es el trato que reciben en las cárceles. Una vasta red de prisiones y la crueldad del sistema penitenciario se encargan de destruir a quienes no estén de acuerdo con las lógicas del capital y anular sus ideas. Poco se sabe sobre el movimiento de presos políticos en Estados Unidos, lo cual es solo explicable con los constantes esfuerzos del gobierno por mantener este tema fuera del debate, ya que, si de cantidades hablamos, EE.UU. tiene 2,3 millones de personas en sus cárceles, lo que significa el 25% de la población carcelaria del mundo, la gran mayoría afrodescendientes e hispanos. Pero este es otro tema que rebasa el objetivo de este artículo.

Por otra parte, es evidente que los políticos anticubanos en Estados Unidos tienen una gran influencia en la política de la administración Biden hacia Cuba al punto de llevarla a incumplir sus promesas electorales. Hoy, después de los fracasos del 11J y del 15 de noviembre, se han concentrado en promover la imagen de una Cuba dictatorial. De esta forma, aspiran ganar más apoyo dentro de una comunidad internacional fuertemente sesgada por los titulares de los principales medios de comunicación. Algo que, al parecer, le ha sido encomendado a la oposición interna, la cual constantemente acosa a los medios acreditados en la isla, bajo la amenaza de culparlos de aliarse con el gobierno si no reportan en favor de los acusados luego de los disturbios del 11J.

En conclusión, se trata de una campaña bien diseñada donde Estados Unidos es el encargado de financiarla y darle relevancia internacional, mientras que la oposición interna es utilizada para generar los argumentos necesarios para la acusación internacional, legitimar el discurso de los ‘presos políticos y las violaciones a los derechos humanos’, y, al mismo tiempo, tratar de captar a los cubanos dentro y fuera de la isla. Lamentablemente, han hecho algunos progresos en sus objetivos, pero cuanto más difundamos la realidad del pueblo cubano, menores serán sus posibilidades de éxito.

Más allá de las intenciones del gobierno de los Estados Unidos, por la parte cubana estamos seguros que se dará la información y explicaciones oportunas, sobre los procesos judiciales que se llevan a cabo, con el objetivo de demostrar una vez más la independencia del poder judicial en Cuba y el respeto al debido proceso.

Si no se ha hecho hasta ahora es para preservar el normal desarrollo de los procesos sin la más mínima manipulación política. Los cubanos fuimos testigos de los actos de vandalismo y la conducta agresiva de muchos ciudadanos. No necesitamos que un tribunal lo dictamine porque lo vimos en los centros de trabajos, en las calles y la redes. Somos los cubanos los que no queremos que se altere nuestra tranquilidad y seguridad ciudadana y se penalice a quien los haya cometido para que no vuelvan a repetirse.

El único antídoto contra la mentira de la cual se nos acusa injustamente es la verdad y la transparencia, más aun cuando existen argumentos sobrados.

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