Pirateria

L’oro sequestrato a Londra conferma il ladrocinio istituzionale del Regno Unito

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Il sequestro dell’oro venezuelano nei caveau della Banca d’Inghilterra, a Londra, è stato, fin dall’inizio, un caso politico. Non solo perché il governo di Boris Johnson ha deciso di riconoscere Juan Guaidó come presunto “presidente ad interim” del Venezuela, bensì anche perché compete alle autorità giudiziarie del Regno Unito una serie di decisioni che, alla chiusura di questo articolo, sono ancora in discussione.

La Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito, lo scorso anno, che Guaidó dovrebbe essere riconosciuto come capo dello Stato venezuelano, seguendo la posizione del governo britannico, per cui spettava a lui avere l’autorità di determinare il futuro delle 31 tonnellate di lingotti d’oro.

Attualmente la questione torna ai tribunali del Regno Unito, mentre il governo Johnson, prossimo a lasciare dopo la sua annunciata rinuncia, ha appena finito di riaffermare il suo riconoscimento di Juan Guaidó. Non ci si aspetta che la prossima amministrazione cambi posizione sulla questione.

L’udienza di questa settimana si concentrerà sulla questione se il riconoscimento, da parte del Regno Unito, di Juan Guaidó come rappresentante dello Stato venezuelano gli permetta trasferire i beni dello Stato venezuelano al “governo ad interim” di Guaidó.

Pertanto, i tribunali devono decidere se possono ignorare le sentenze del Tribunale Supremo di Giustizia del Venezuela, che hanno dichiarato come invalide le nomine dell’opposizione estremista per un consiglio ad hoc della Banca Centrale del Venezuela (BCV).

Sarosh Zaiwalla, socio dello studio legale Zaiwalla & Co. che rappresenta la BCV costituzionale, ha detto a SwissInfo che “è in gioco la questione se i tribunali inglesi possano giudicare la validità delle decisioni prese dal tribunale supremo di un’altra nazione sovrana”, aggiungendo: “Questo caso si è trovato all’incrocio tra diritto e politica, e questa udienza non è diversa”.

Cioè, ai tribunali del Regno Unito si sta chiedendo che legittimino l’atto di pirateria monetaria iniziato nel 2019.

RICAPITALANDO UNA RAPINA ISTITUZIONALIZZATA

John Bolton, ex consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’ex presidente Donald Trump, e che ha recentemente confessato, davanti alle telecamere della CNN, di aver pianificato colpi di stato, ha recentemente pubblicato un libro in cui affermava che l’ex ministro degli Esteri del Regno Unito, Jeremy Hunt, era “felice” di congelare l’oro del Venezuela a sostegno degli sforzi di destabilizzazione USA contro il governo del presidente Maduro, quando è stato avviato il “progetto Guaidó” nel 2019.

Il giornalista britannico John McEvoy, che ha seguito questo caso sin dall’inizio, ha richiesto informazioni sulle relazioni USA-Regno Unito in merito all’oro sequestrato, ma non è riuscito a far declassificare i fascicoli relativi alla questione. In un thread su Twitter si dice: “Il Ministero degli Esteri britannico si rifiuta di divulgare informazioni sulla pressione degli USA per congelare l’oro, che è valutato a circa 2 miliardi di dollari”.

*In questo sito sono stati esaminati e analizzati altri lavori di McEvoy sugli atti di ingerenza e destabilizzazione dello Stato britannico contro il Venezuela.

L’ istituzionalità britannica ha risposto al giornalista: “Ai sensi della sezione 27 (1) del Freedom of Information Act (FOIA), riconosce la necessità di proteggere le informazioni che potrebbero danneggiare le relazioni tra il Regno Unito e altri Stati se fossero divulgate. In questo caso, se si pubblica l’informazione correlata potrebbe danneggiare le nostre relazioni con gli USA”.

Quel denaro in oro potrebbe essere speso per gli sforzi del governo venezuelano per alleviare gli effetti negativi della pandemia di covid-19, come ha sostenuto la difesa della BCV davanti alle autorità giudiziarie britanniche. La Relatrice Speciale sulle Sanzioni Unilaterali dell’ONU, Alena Douhan, ha esortato il Regno Unito a restituire l’oro in modo che il Venezuela possa acquistare medicine e forniture. I reclami sia a livello nazionale che internazionale sono stati disattesi.

Da parte sua, la totale opacità e la corrotta amministrazione con cui Guaidó e la sua setta politica hanno gestito le risorse fornite dagli USA è stata pubblicamente conosciuta grazie ad attori che sono stati all’interno del suo “interinato” chiaramente antiistituzionale e da altri portavoce mediatici.

Gli scandali sulla gestione del denaro statale venezuelano rubato dagli USA, attraverso sanzioni unilaterali illegali, per consegnarlo all’antichavista si sono diffusi nell’opinione pubblica britannica, poiché i costi legali della controversia si aggirano intorno ai 7 milioni di dollari. “Quasi la metà di questo denaro è stato inviato per una serie di pagamenti ad Arnold & Porter Kaye Scholer LLP, lo studio legale che rappresenta Guaidó nel Regno Unito”, scrive McEvoy in una indagine precedente.

Lo stesso giornalista riferisce che il consiglio ad hoc della BCV (setta Guaidó) sta usando milioni di dollari, originariamente saccheggiati dal governo USA, “per finanziare il suo defunto governo parallelo” e se stessi. Secondo i dati più recenti, circa 148 milioni di dollari sono stati saccheggiati dai conti congelati dello Stato venezuelano.

Tra le altre cose, Guaidó ha usato questo denaro per finanziare invasioni mercenarie in Venezuela a scopi di destituzione e assassinio, come nel caso dell’Operazione Gedeon. Anche l’oro piratato nella Banca d’Inghilterra potrebbe essere utilizzato per questi scopi.

Il Regno Unito, dal canto suo, promuove i suoi interessi energetici in Venezuela utilizzando come perno l’opposizione vicina al “progetto Guaidó”. In momenti segnati da una crisi delle materie prime su scala mondiale, a seguito della guerra totale scatenata da Washington contro la Russia, gli interessi britannici per il petrolio e il gas venezuelano potrebbero motivare i poteri giudiziari ad impegnarsi nell’agenda destabilizzante contro la Repubblica Bolivariana nell’ambito della disputa per l’oro sequestrato.

È molto probabile che la sentenza dei tribunali dia carta bianca all’antichavismo affinché faccia uso l’oro nella Banca d’Inghilterra, il che confermerebbe due cose: primo, che quello della “separazione dei poteri” è un’entelechia infondata anche nel paese che ha dato vita all’idea del liberalismo politico; ed, infine, che la stessa istituzionalità che dice di promuovere la democrazia ed i diritti umani è nuda davanti al resto del mondo, confermando il suo carattere di spoliazione e ladrocinio ufficializzato nei confronti del Sud Globale, quando non davanti alla sua stessa popolazione occidentale.


EL ORO SECUESTRADO EN LONDRES CONFIRMA EL LATROCINIO INSTITUCIONAL DEL REINO UNIDO

 

El secuestro del oro venezolano en las bóvedas del Banco de Inglaterra, en Londres, ha sido desde el principio un caso político. No solo porque el gobierno de Boris Johnson ha decidido reconocer a Juan Guaidó como supuesto “presidente interino” de Venezuela, sino también porque compete a las autoridades judiciales del Reino Unido en una serie de decisiones que, al cierre de esta nota, aún se discuten.

La Corte Suprema del Reino Unido dictaminó el año pasado que Guaidó debería ser reconocido como jefe del Estado venezolano, siguiendo la posición del gobierno británico, por lo que le tocaba a aquél tener la autoridad de determinar el futuro de las 31 toneladas de lingotes auríferos.

Actualmente, el asunto vuelve a los tribunales del Reino Unido, mientras el gobierno de Johnson, próximo a salir tras su anunciada renuncia, acaba de reafirmar su reconocimiento de Juan Guaidó. No se espera que la próxima administración cambie de posición ante la cuestión.

La audiencia de esta semana se centraría en si el reconocimiento de Juan Guaidó por parte del Reino Unido como representante del Estado venezolano le permite transferir los activos del Estado venezolano al “gobierno interino” de Guaidó.

Así, los tribunales tienen que decidir así si pueden ignorar las sentencias del Tribunal Supremo de Justicia de Venezuela, que fallaron como inválidos los nombramientos de la oposición extremista para una junta ad hoc del Banco Central de Venezuela (BCV).

Sarosh Zaiwalla, socio del bufete de abogados Zaiwalla & Co. que representa al BCV constitucional, dijo en declaraciones SwissInfo que “está en juego la cuestión de si los tribunales ingleses pueden juzgar la validez de las decisiones tomadas por el tribunal supremo de otra nación soberana”, y añadió: “Este caso siempre se ha sentado en la intersección de la ley y la política, y esta audiencia no es diferente”.

Es decir, se está pidiendo a los tribunales del Reino Unido que legitimen el acto de piratería dineraria que comenzó en 2019.

RECAPITULANDO UN ROBO INSTITUCIONALIZADO

John Bolton, exasesor de Seguridad Nacional del expresidente Donald Trump, y quien recientemente confesó ante las cámaras de CNN que había planificado golpes de Estado, publicó un libro recientemente en donde contaba que el exsecretario de Asuntos Exteriores del Reino Unido, Jeremy Hunt, estaba “encantado” de congelar el oro de Venezuela en apoyo de los esfuerzos de desestabilización de Estados Unidos contra el gobierno del presidente Maduro, cuando comenzó el “proyecto Guaidó” en 2019.

El periodista británico John McEvoy, quien ha seguido este caso desde su inicio, ha solicitado información sobre las relaciones entre Estados Unidos y Reino Unido referidas al oro secuestrado, pero no ha tenido éxito en desclasificar los archivos que refieren el asunto. En un hilo de Twitter dice: “El Ministerio de Asuntos Exteriores británico se niega a divulgar información sobre la presión de Estados Unidos para congelar el oro, que está valorado en aproximadamente 2 mil millones de dólares”.

*En esta tribuna se han reseñado y analizado otros trabajos de McEvoy sobre los actos de injerencia y desestabilizadores del Estado británico contra Venezuela.

La institucionalidad británica le respondió al periodista: “Según la Sección 27 (1) de la Ley por la Libertad de la Información (FOIA, sus siglas en inglés) reconoce la necesidad de proteger la información que podría perjudicar las relaciones entre Reino Unido y otros Estados si se diera a conocer. En este caso, si se publica información relacionada pudiera dañar nuestras relaciones con Estados Unidos de América”.

Ese dinero en oro se podría gastar en los esfuerzos del gobierno venezolano por paliar los efectos negativos de la pandemia del covid-19, tal como la defensa del BCV ha argumentado ante las autoridades judiciales británicas. La Relatora Especial sobre Sanciones Unilaterales de la ONU, Alena Douhan, ha instado al Reino Unido a devolver el oro para que Venezuela pudiera comprar medicamentos y suministros. Los reclamos tanto a nivel nacional como internacional han sido desatendidos.

Por su lado, la opacidad total y la corrupta administración con la que Guaidó y su secta política han manejado recursos provistos por Estados Unidos se ha conocido de manera pública por actores que han estado dentro de su “interinato” claramente anti-institucional y por otros voceros mediáticos.

Los escándalos en torno al manejo de dinero estatal venezolano robado por Estados Unidos, vía sanciones unilaterales ilegales, para otorgárselo al antichavista se han regado entre la opinión pública británica, pues los costos legales de la pugna rondan los 7 millones de dólares. “Casi la mitad de este dinero fue enviado a una serie de pagos a Arnold & Porter Kaye Scholer LLP, la firma legal que representa a Guaidó en el Reino Unido”, escribe McEvoy en una investigación anterior.

El mismo periodista refiere que la junta ad hoc del BCV (secta Guaidó) está usando millones de dólares, originalmente saqueados por el gobierno estadounidense, “para financiar su difunto gobierno paralelo” y a sí mismos. Según los datos más recientes, han saqueado de las cuentas congeladas al Estado venezolano unos 148 millones de dólares.

Entre otras cosas, Guaidó ha usado ese dinero para financiar invasiones mercenarias en Venezuela con fines destituyentes y magnicidas, tal como fue el caso de la Operación Gedeón. El oro pirateado en el Banco de Inglaterra también pudiera usarse con esos propósitos.

Reino Unido, por su lado, promueve sus intereses energéticos en Venezuela usando de pivote a la oposición cercana al “proyecto Guaidó”. En momentos signados por una crisis de materias primas a escala global, a raíz de la guerra total desenfundada por Washington contra Rusia, los intereses británicos en el petróleo y el gas venezolanos pudieran estar motivando a los poderes judiciales en involucrarse en la agenda desestabilizadora contra la República Bolivariana en el marco de la disputa por el oro secuestrado.

Es muy probable que el fallo de los tribunales den carta blanca al antichavismo para que haga uso del oro en el Banco de Inglaterra, lo que confirmaría dos cosas: primero, que eso de la “separación de poderes” es una entelequia sin fundamento aún en el país que parió la idea del liberalismo político; y por último, que la misma institucionalidad que dice promover la democracia y los derechos humanos se encuentra desnuda ante el resto del mundo, confirmando su carácter de despojo y latrocinio oficializado respecto al Sur Global, cuando no ante su propia población occidental.

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