Entusiasmo e prudenza

Alessandra Riccio

Qualche anno fa, il 22 febbraio del 2019, alla frontiera fra Colombia e Venezuela, con i soldi del magnate inglese Richard Bronson (ma non solo) e la partecipazione di 30 artisti internazionali, si tenne un Concertone che avrebbe dovuto abbattere il regime di Maduro. I media si scatenarono, Guaidò (ve lo ricordate? era l’autoeletto presidente del Venezuela) si fece presente, Miguel Bosé gridava “Venezuela libre”, tonnellate di “aiuti umanitari” si ammassavano alla frontiera … ma nulla di quella che si sperava avvenne. Oggi il Presidente Petro manda il Ministro degli Esteri Benedetti dal Presidente Maduro a negoziare la riapertura delle relazioni. Quando c’è volontà, la diplomazia funziona. Qui di seguito una cronaca dell’incontro:

Maduro, entusiasta ma prudente

Juan Diego Quesada

Il Presidente del Venezuela ha ricevuto con toni scherzosi, lunedì scorso, il nuovo ambasciatore colombiano, Armando Benedetti, incaricato di ristabilire le relazioni fra i due paesi che da tre anni non si parlavano. Vestiva di bianco da cima a piedi. L’ospite, in giacca e cravatta, ha regalato all’anfitrione un tipico cappello vueltiao e lui ha corrisposto con un quadro di Simón Bolívar. L’arrivo al potere di Gustavo Petro ha aperto una nuova era fra la Colombia e il Venezuela. Benedetti ha sottolineato con lo stesso spirito di conciliazione, che la notizia della loro fratellanza doveva essere una festa, un carnevale, dopo la piccola guerra fredda di cui erano stati protagonisti.

Questo tono disteso, però, non farà precipitare la tabella di marcia che si sono imposti per tronare alla normalità. “Si deve fare in maniera ordinata”, ha detto Maduro. La Colombia ha l’intenzione di aprire quanto prima la frontiera, chiusa in maniera intermittente dal 2015. Per questo propongono di usare un sistema biometrico d’identificazione per controllare il passaggio delle persone. Il chavismo si dimostra più cauto e preferisce farlo in maniera progressiva. Maduro propone, in cambio, di effettuare una riunione di governatori di un lato e dell’altro della frontiera con la presenza dei ministri degli Esteri. Adesso tocca a Petro dare l’assenso.

Sul tavolo ci sono molti temi da discutere, come la sicurezza alla frontiera dove agiscono i cartel della droga e gruppi guerriglieri colombiani, o il processo di pace con la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), in cui Petro non vuole involucrare il chavismo ma nel quale, sicuramente il Venezuela vorrà avere voce in capitolo.

Compreso il tema migratorio, visto che la Colombia ha accolto due milioni e mezzo di rifugiati venezuelani. E compreso anche il futuro di Monómeros, l’impresa venezuelana con sede in Colombia che produce un terzo dei suoi fertilizzanti per l’agricoltura. “Se non lo facciamo bene, sarà un fallimento”, ha ripetuto Maduro davanti a Benedetti che era accompagnato dalla moglie Adelina Guerrero. E ha aggiunto, ricordando il reciproco distanziamento: “Non avrebbe mai dovuto succedere. Se esistono due popoli simili e fraterni, quelli siamo noi”.

Il successore di Hugo Chávez, accompagnato dalla moglie Cilia Flores, ha parlato della sua preoccupazione per il narcotraffico, per il contrabbando, per le tasse di dogana alla frontiera e per la guerriglia. Il contrabbando di benzina, che sembra preoccupare anche il Governo di Petro, vorrebbe controllarlo aprendo un distributore a prezzi venezuelani dalla parte colombiana, come aveva proposto in passato l’ex presidente Juan Manuel Santos.

Il tema della sicurezza è molto più delicato. Negli ultimi mesi, quattro guerriglieri colombiani storici sono stati assassinati nella frangia di frontiera senza che si siano, per adesso, chiariti del tutti i motivi della loro morte. La teoria sostenuta da fonti della sicurezza colombiana è che un gruppo di mercenari realizza operazioni chirurgiche in questa zona dove a stento vi è un qualche controllo di qualche stato –la Colombia o il Venezuela – per incassare la ricompensa milionaria offerta dagli Stati Uniti per le loro teste. Questo territorio viene considerato come una zona d’ombra, un vespaio.

Maduro ha preso la mano che gli ha teso Petro ma ha detto chiaramente che funziona secondo i suoi tempi e le sue logiche, senza pressioni esterne. Il Presidente ha vissuto anni d’isolamento internazionale per le sue politiche repressive e ciò nonostante è rimasto saldo al potere. Il tempo gioca a suo favore. Neanche tutta la batteria di sanzioni degli Stati Uniti è riuscita a fargli tremare la poltrona. Joe Biden sta provando adesso la via diplomatica, come fa anche Petro.

L’opinione generale fra i governanti attualmente al potere è che il Venezuela ha bisogno di un’uscita negoziata alla sua crisi istituzionale, dove l’opposizione possa avere possibilità reali di poter accedere alle istituzioni. Non sarà facile.

Maduro ricorda spesso che non gli piace che altri paesi si immischino nei suoi affari interni e non farà un’eccezione con la Colombia.

L’incontro è servito anche per ricordare buoni momenti. Maduro ha ricordato quando aveva una relazione fluida con Santos assicurando che si telefonavano quasi ogni giorno. Poi, secondo lui, tutto si è guastato per l’ingerenza degli Stati Uniti. Adesso, ha aggiunto, vorrei avere questo tipo di rapporti con Petro. Benedetti, che ha ascoltato con attenzione, sarà l’intermediario.

Si sono trovati faccia a faccia due nuovi soci che si sono incontrati con piacere ma che vogliono fare le cose poco a poco.

(“La Jornada”, 30.8.2022)

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