Una vetrina della «giustizia» USA

Dopo 18 anni di detenzione nel centro di torture installato dagli USA nell’illegale base navale di Guantánamo, senza un’accusa ufficiale, il cittadino del Pakistan Saifullah Paracha, di 75 anni, è tornato finalmente nel suo paese il 29 ottobre e si è riunito con la sua famiglia.

La storia dei due decenni di detenzione in una prigione d’alta sicurezza- nonostante avesse avuto un infarto, sia diabetico e sofferente di altre malattie che non hanno interessato per niente le amministrazioni statunitensi che lo hanno mantenuto lì- si può definire come il vero esempio di quello che è la più flagrante violazione dei diritti umani e di come si applica  «la giustizia» negli Stati Uniti.

Saifullah Paracha, che fu rinchiuso nel celebre carcere nel 2004, era stato arrestato in un’operazione del FBI in Tailandia ed è stato uno dei tanti che senza accuse né circostanze su perché li arrestavano, ha ricevuto tutta la furia di una «giustizia» basata in pratiche di tortura, simulacri di affogamenti e altri procedimenti simili che s’imparano nei manuali della CIA e di altri enti repressori statunitensi.

Citata dal quotidiano britannico The Guardian, l’avvocata del Pakistan  Shelby Sullivan-Bennis ha detto: «Il caso de Paracha è un tragico promemoria di come gli Stati Uniti, dopo i fatti del 11 settembre ci portarono alle profondità della depravazione umana, distruggendo famiglie e mantenendo i loro membri in prigione per decenni, molti senza alcun tipo d’accusa».

Il carcere dell’illegale base costa agli USA più di 500 milioni di dollari l’anno, ed è questo l’elemento -cioè il suo alto costo- quello che utilizzano coloro che parlano di chiudere il recinto penitenziario e non le violazioni ai diritti umani o l’applicazione di una falsa giustizia.

Lì sono stati reclusi e torturati 700 cittadini, principalmente d’origine araba e nove sono morti, sette per suicidio.

Questa è una delle vetrine nelle quali vogliono farci cercare i loro riferiti modelli di società?

Vogliono che noi si sia così?

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