Il Foro di São Paulo, uno spazio condiviso per i popoli in resistenza

Geraldina Colotti

Si è conclusa a Caracas la riunione allargata del Foro di São Paulo, ospitata nei locali dell’Università Internazionale della Comunicazione (Lauicom). I lavori della prima giornata sono stati aperti dal professor Adán Chávez, responsabile per gli affari esteri del Partito socialista unito del Venezuela (PSUV), dalla rettrice de Lauicom, Tania Diaz, responsabile della formazione nel PSUV, dalla Segretaria generale della gioventù del PSUV, Grecia Colmenares, e dalla coordinatrice del Fsp, Monica Valente.

All’apertura è intervenuto il vicepresidente del PSUV, Diosdado Cabello: “Il Foro de São Paulo – ha detto – è lo spazio dei popoli che serve per avanzare e costruire l’unità dei movimenti sociali”.  È solo mantenendo la unità delle forze rivoluzionarie, organizzate dal PSUV in alleanza con i partiti alleati – ha aggiunto – che il Venezuela ha potuto resistere ai molteplici attacchi dell’imperialismo.

“In questo spazio, la gioventù del mondo si unisce alla nuova tappa di integrazione dei popoli”, ha detto Grecia Colmenares.

Un tema, quello dell’unità, ripreso anche negli interventi della rettrice Tania Diaz, che ha ricordato l’impulso dato dal Foro di Sao Paulo ai successivi congressi internazionali organizzati in Venezuela, e dalla coordinatrice del Fsp.

“L’unità è una delle conquiste che abbiamo realizzato, visibile nella geopolitica del nostro continente”, ha affermato Adan Chavez nella plenaria conclusiva, salutando l’intervento di Camilla Fabri Saab, moglie del diplomatico venezuelano sequestrato e deportato negli Stati Uniti. Saab attende l’udienza relativa alla violazione del suo status di rappresentante speciale del Venezuela, il prossimo 12 dicembre.

Il Fsp ha approvato una risoluzione speciale sul caso di Alex Saab, di cui i movimenti popolari chiedono l’immediata liberazione, in varie parti del pianeta: anche in Italia, dove si è appena pubblicato il libro “Alex Saab, un diplomatico sequestrato”, che comprende le lettere dal carcere inviate dal diplomatico, alcuni interventi di Camilla, e la contestualizzazione del caso da parte dei legali.

La figura di Saab indica la ferocia e l’arroganza delle misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo nordamericano ai popoli che non si sottomettono al loro modello. Un tema centrale nei tavoli di lavoro del Foro, che ha denunciato con forza le “sanzioni” anche nella dichiarazione finale, letta dal dirigente chavista Roy Daza, e che Monica Valente ha incluso nelle campagne previste dal programma di azioni del Fsp, approvato per l’anno prossimo.

La discussione sull’impatto della guerra in Ucraina sul mercato petrolifero, sul sistema finanziario e sul mercato degli alimenti e dei fertilizzanti, ha animato i tavoli di lavoro, mettendo al centro la necessità di adottare contromisure comuni in tutto il continente: per la difesa dell’Amazzonia, il polmone del mondo, per sostenere le richieste di giustizia ambientali avanzate nella Cop27; per respingere insieme il bloqueo commerciale e finanziario del governo Usa al Venezuela, a Cuba e al Nicaragua; per opporsi al ricatto del debito estero con una strategia comune, e per costruire l’integrazione economica del Latinoamerica e dei Caraibi.

A questo riguardo, ora che le principali economie del continente – seppur diversamente modulate – sono nuovamente governate da presidenti progressisti o socialisti, si è tornati a discutere sulla possibile creazione di una moneta unica. Ricevendo gli invitati internazionali a Miraflores, il presidente Maduro ha toccato il tema, riferendosi alla creazione di un sistema multimonetario integrato per l’America latina e i Caraibi.

“C’è chi propone l’uso di una sola moneta, lo discuteremo, sarebbe straordinario”, ha detto il presidente, spiegando che il Venezuela ha acquisito esperienza adottando un sistema multimonetario, che ha permesso la diversificazione dell’economia nel popolo venezuelano. D’altro canto, il Venezuela è stato al centro della proposta del Sucre, adottata nell’ambito dei paesi dell’Alba, ai tempi d’oro dell’integrazione latinoamericana, ed è favorevole a un suo rilancio su più vasta scala.

La seconda ondata di governi progressisti è meno connotata, e la discussione sta prendendo toni diversi nei vari ambiti mediatici e politici dell’America Latina e dei Caraibi. Stando alle dichiarazioni pre-elettorali di Lula, che si avvia ad assumere la presidenza del Brasile, bisognerebbe proporre il Sur, una moneta unica che porterebbe all’indipendenza dal dollaro di tutta la regione, fino a prefigurare la costituzione degli Stati Uniti dell’America latina. Secondo la proposta brasiliana, si dovrebbe trattare di una moneta digitale sostenuta da una banca centrale.

Altri economisti di “centro”, mettono invece in rilievo che il Brasile ha il debito più alto della regione e che l’Argentina è squilibrata dall’inflazione e dal pagamento del debito, mentre il Venezuela viene considerato “inaffidabile”. Da questa sponda, sono più propensi a considerare inizialmente un nucleo di paesi con un’economia “più forte e integrata”, sul modello dell’Unione europea. Immaginano una ipotetica direzione del Cile, che però guarda più al nord che al sud, come Maduro non smette di ricordare.

Altre ipotesi considerano come modello i paesi del Centroamerica e quelli che appartengono alla Comunità andina delle nazioni, che “mostrano più tratti simili”. Altri ancora, rilevano che, prima di tutto, occorrerebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni per limitare la vulnerabilità delle economie, e che un’integrazione economica di questo tipo necessita di un processo lungo e complesso e di una struttura sovranazionale riconosciuta.

Ovviamente, oltre al merito economico, c’è quello politico, che riporta al presente la costruzione di una Patria Grande, con le caratteristiche immaginate dal Libertador Simon Bolivar e con gli ideali internazionalisti che hanno ispirato i pensatori anticoloniali della regione, sulla base del marxismo.

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