L’omicidio di JFK, la CIA e la (vera) genesi della “teoria del complotto”

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L’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy è tornato a tema in qualche media alternativo americano, a iniziare da Fox New, che alternativo non è ma lo è il giornalista che vi ha dedicato una puntata, Tucker Carlson, l’anchorman forse più seguito al mondo.

La genesi della “teoria del complotto”

 

Il 15 dicembre Carlson è tornato sul caso, spiegando di non credere affatto alla versione ufficiale, che vede  Lee Oswald sparare e finire vittima anch’egli di un killer solitario. I fatti e le domande sull’assassinio di JFK sono note.

La più bizzarra, riportiamo a titolo di esempio, è quella sul proiettile magico, che zig-zagando tra i corpi di Kennedy e del suo accompagnatore, il governatore del Texas John Connally, provocò da solo “sette ferite” riscontrate sui due, per di più senza neanche “deformarsi”. Se torniamo sulla vicenda è perché Carlson ha detto qualcosa di nuovo, almeno per tanti.

“Il termine teoria del complotto non esisteva come espressione nell’usuale dibattito americano prima del 1964. Nel 1964, l’anno in cui la Commissione Warren [istituita per indagare sull’omicidio ndr] pubblicò il suo rapporto, il New York Times pubblicò cinque storie in cui compariva la formula ‘teoria del complotto’.’ Oggi l’espressione ‘teoria del complotto’ appare praticamente in ogni articolo del New York Times”…

Carlson si interpella soprattutto sul ruolo che potrebbe aver avuto la Cia nell’assassinio, cose note, da teoria del complotto, appunto, che però appaiono stranamente più credibili della versione ufficiale.

Quindi ricorda come le carte secretate sull’assassinio, che tutti i presidenti che si sono succeduti negli ultimi anni, compreso Biden, hanno detto di voler rendere pubbliche, sono rimaste segrete, Quindi accenna ad alcune dichiarazioni che in merito all’assassinio del presidente tirano in ballo la Cia e al ruolo da essa svolto, insieme ad altri apparati, di governo-ombra dell’Impero. E a una dimenticata Commissione d’inchiesta della Camera del ’78, la quale concluse che JFK era stato vittima di una “cospirazione”, senza però individuare i cospiratori.

Un intervento, quello di Carlson, che si è guadagnato questo tweet di, Robert Kennedy Jr, nipote di JFK: “ Il telegiornale più coraggioso degli ultimi 60 anni. L’assassinio di mio zio da parte della CIA è stato un colpo di stato riuscito dal quale la nostra democrazia non si è mai ripresa“. Il neretto è nostro e serve a sottolineare l’attualità della vicenda.

Llewellyn H. Rockwell Jr, che ha riferito nel suo blog quanto abbiamo riportato, aggiunge di aver intervistato in passato Jim Douglass, il quale, nel suo libro JFK and the Unspeakable, spiega, in sintesi, che “JFK non si fidava della CIA e progettava di smantellarla. Per questo motivo, la CIA si è sbarazzata di lui prima che potesse farlo”.

Dulles e l’insabbiamento della Commissione Warren

 

Kennedy fu ucciso perché uomo di pace, dichiarava Douglass nell’intervista rilasciata a Rockwell, e il catalizzatore del redde rationem con la CIA fu la vicenda della Baia dei Porci. L’operazione era stata preparata sotto Eisenhower e la Cia aveva assicurato a Kennedy che il popolo cubano avrebbe accolto con entusiasmo l’arrivo dei marines, sollevandosi contro Fidel Castro.

Kennedy, spiega Douglass, capì di essere stato ingannato, che non ci sarebbe stata nessuna rivolta popolare e che gli avevano mentito per invadere l’isola caraibica, così non mandò l’attesa copertura aerea, da cui il fallimento dello sbarco.

Compreso il pericolo dell’improvvido attivismo della CIA e delle manipolazioni con le quali supportava i suoi progetti, Kennedy “prese provvedimenti per impedire alla CIA di ripetersi in futuro. Così ne licenziò il direttore in carica, Allen Dulles […] e i suoi più stretti collaboratori, che lo avevano incastrato nella Baia dei Porci”.

“Dopo il suo assassinio, chi nomina Lyndon Johnson, il suo successore, come membro della cosiddetta Commissione Warren, se non Allen Dulles, che peraltro era la persona certamente più influente del consesso? Avrebbe dovuto essere considerato, giustamente, il principale sospettato dell’assassinio, piuttosto che essere incaricato dell’indagine. È la classica volpe che indaga su un omicidio avvenuto nel pollaio”.

Robert, il fratello del presidente, allora ministro della Difesa, non fece nulla per far luce sull’accaduto perché era isolato come lo era stato il fratello, spiega Douglass. Però, aggiunge Douglass, sospettò subito che ci fosse la mano della Cia. “E quel pomeriggio ha affrontato uomini della CIA, chiedendo loro del ruolo avuto nell’assassinio”.

Un drammatico faccia a faccia rimasto segreto. Infatti, Robert disse “ai suoi amici che avrebbe aspettato fino a quando non sarebbe diventato presidente. Una decisione tragica e fatale. Doveva parlare molto prima.  E, naturalmente, non gli è mai stata data questa opportunità”. Robert Kennedy, ricordiamo, fu assassinato nel tragico ’68, durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, che avrebbe vinto a mani basse.

Nixon e la “pistola fumante”

 

Fin qui l’articolo di Rockwell Jr, che sul suo blog racconta particolari inediti su una vicenda che ha segnato le sorti dell’America e del mondo. Una fonte di informazione alternativa al mainstream, a cui in genere non diamo spazio.

Se abbiamo fatto un’eccezione è perché di tale vicenda si è occupato anche un media mainstream come Politico nel maggio scorso, pubblicando un capitolo del libro di Jefferson Morley, Scorpions’ Dance: The President, the Spymaster and Watergate.

Il capitolo si riferisce alla “pistola fumante” del Watergate, la registrazione che costrinse Nixon alle dimissioni. Su istigazione dell’intelligence, ricordiamo, alcuni “ladri” al soldo del partito repubblicano penetrarono nel Watergate, quartier generale del partito democratico, per piazzarvi microspie. L’intrusione fu scoperta e iniziò l’indagine dell’FBI, finita poi sulle pagine del Washington Post, che perse il presidente che aveva ordinato l’indebita intrusione.

La “pistola fumante” era la registrazione di una conversazione in cui Nixon ringhiava: “Abbiamo protetto Helms [il capo della CIA ndr] da un sacco di cose. Togli quella crosta e troverai un sacco di cose; se questa cosa [si riferisce all’indagine ndr] va oltre, pensiamo che farebbe soltanto molti danni. Coinvolge questi cubani, [l’ex uomo della CIA e ladro del Watergate Howard] Hunt, e un sacco di illeciti che non hanno niente a che fare con noi”.

Queste le minacce di Nixon, che voleva costringere la Cia a mettere i bastoni tra le ruote all’FBI. Infatti, Nixon spiega al capo del suo staff presidenziale “come convincere il direttore della CIA a insabbiare l’inchiesta dell’FBI”.

“Guarda, il problema è che questo aprirà l’intera… l’intera faccenda della Baia dei Porci, e il Presidente sa solo che… ah, senza entrare nei dettagli… non mentirgli al punto da dire che non siamo coinvolti, ma basta dirgli che questa è una sorta di commedia degli equivoci, una cosa bizzarra, senza entrare nel merito… il presidente crede che può riaprire tutta la faccenda della Baia dei Porci’”.

JFK e la Baia dei porci

 

Usato per provare che Nixon avesse dato mandato alla CIA di chiudere l’indagine, Morley dice che rivela molto di più. Infatti scrive: “Il comandante in capo ha lanciato al suo capo dell’intelligence, la cui agenzia aveva assunto quattro dei sette ladri [del Watergate ndr], minacce che puzzavano di taciti crimini”.

“A quale ‘intrighi’ si riferiva Nixon? Cosa intendeva con ‘l’intera faccenda della Baia dei Porci?’ Quale storia sarebbe ‘scoppiata se la CIA non avesse collaborato?”.

“Una registrazione della Casa Bianca a lungo trascurata fornisce le risposte. L’”illecito” si riferiva agli assassinii della CIA nei primi anni ’60. ‘L’intera faccenda della Baia dei Porci’ si riferisce alla reazione dell’Agenzia per la sua più umiliante sconfitta. E la storia che poteva esplodere era la connessione tra quei fatti e l’omicidio di JFK”.

In seguito, scrive Morley, “Haldeman suggerì che Nixon usasse la frase ‘l’intera faccenda della Baia dei Porci’, come riferimento in codice all’assassinio del presidente John F. Kennedy”.  Helms, continua Politico, obbedì, ma, resosi conto che il Capo dell’FBI non cedeva alle pressioni, abbandonò il presidente al suo destino.

Ma questa è un’altra storia, quella importante si condensa tutta in quella oscura minaccia di Nixon. E in un presidente morto ammazzato (al quale seguirono tante altre morti misteriose, collegate in vario modo a quell’omicidio, per lo più testimoni, diretti o indiretti, di quanto accaduto; sul punto vedi il docu-film JFK).

Non si tratta di scoprire chi e come è stato ucciso JFK, solo registrare che il clima infuocato dello scontro civile americano sta portando tanti cittadini a porsi domande, sul passato e sul presente.

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