Essenze

Randy Alonso Falcon

Venerdì scorso una nota informativa di MINTUR affermava che il rapper USA che soggiornava in un hotel dell’Avana non era responsabile del vergognoso spettacolo che si era generato sul Paseo del Prado il giorno prima.

In un commento che ho scritto poche ore dopo l’accaduto, facevo presente che “si dice…” che il personaggio avesse lanciato dollari ai centinaia radunati in quel viale centrale della capitale e denunciavamo lo spregevole fatto per la sua natura, e non per il suddetto in questione (a prescindere dai suoi antecedenti). Segnalava anche: “E se lo ha fatto un altro, neppure è ammissibile”.

È bello sapere che è stato indagato con vigore e che chi si diceva, dalle reti e dai media, fosse l’autore del lancio di dollari non era tale. È anche bene sapere che i due autori identificati dello spiacevole spettacolo, residenti negli USA, siano stati arrestati per la loro azione. Nessuno può venire a commettere un atto umiliante o provocatorio gratuitamente: “nemmeno se lo stesso Elvis Presley resuscitasse”.

Ma l’evento va al di là del fatto in sé e indica cause e condizioni.

La cosa triste è che un rappresentante della cultura della violenza, della misoginia, del sessismo, delle dipendenze, che pratica e porta alla sua musica, mobiliti a centinaia all’Avana, soprattutto giovani (ambiente ideale per orchestrare l’incidente), e che le sue “canzoni” abbiano avuto presenza in alcuni media e spazi a Cuba; segno di debolezza nella nostra battaglia per la cultura generale completa e liberatrice a cui aspiriamo.

La degradazione dei gusti per l’arte genuina, l’esaltazione del banale, la massificazione dell’immaginario individualista e dello scontro con l’altro, l’accettazione moltiplicata del linguaggio volgare, l’abbagliamento per le fortune e le ricchezze di questo o quel personaggio dello spettacolo e la sicurezza di sé con cui alcuni di loro si esibiscono sborsando biglietti o riempiendosi d’oro, non è connaturato con le nostre aspirazioni a una società sana, educata, con valori.

E non è qualcosa che ci venga solo da oltre i nostri confini. È qui nel nostro Paese, in alcuni spazi culturali e ricreativi (ricordiamo el Huelga), negli spazi privati, in attività pubbliche (come a Guantanamo di recente).

Come segnalava Abel Prieto in un saggio: “A Cuba siamo attualmente più contaminati che in altri momenti della nostra storia rivoluzionaria dai simboli e dai feticci della “globocolonizzazione”. Dobbiamo combattere la tendenza a sottovalutare questi processi e lavorare in due direzioni fondamentali: promuovere volutamente opzioni culturali genuine e incoraggiare una visione critica intorno ai prodotti dell’industria egemonica dell’intrattenimento”.

Ci allertava anche, in uno dei suoi ultimi scritti, il collega, recentemente scomparso, e noto critico d’arte Rolando Pérez Betancourt “La banalizzazione è la protagonista di quello spettacolo presente nei media e nei prodotti provenienti dalla grande industria dell’intrattenimento, così tanto interessata sia nell’accumulare denaro che nell’addomesticare il pensiero critico su ciò che offre. Il superfluo si diffonde come una piaga e il batterio ideologico che lo accompagna adempie perfettamente alla sua missione di far sì che la gente pensi sempre meno e accetti come naturale la rappresentazione “leggera” di fatti trascendenti, o legati alla vita pubblica o privata di coloro che la fama ha trasformato in personaggi.

“E da quella trivialità, superfluidità, banalità, nasce una merce di moda coniata dalla reiterazione pubblicitaria di una falsa cultura ostinata a fare del consumo frivolo la massima felicità individuale.”

L’altra cosa triste è che alcuni credono sinceramente, come mi ha scritto qualcuno, che la presenza di questo “artista” – (che può godere a pieno titolo dei nostri luoghi), sia un bene per la promozione del turismo nel nostro paese, perché ha milioni di follower sulle reti sociali. Sono radicalmente in disaccordo con questa visione. Non credo nella positiva influenza di tale promozione. I valori di quella persona non combaciano affatto con quelli che sostengono Cuba e il turismo cubano. Non credo che trascinerà con il suo ‘seguito’ nelle reti sociali il turismo che questo Paese desidera.

Che vengano tanti, sì, è una necessità, ma sotto quale veste?

Che le celebrità continuino a venire, sì, e speriamo migliori, come alcune che sono arrivate in passato, o anche di recente.

Non è stata necessaria quella visita  perché il New York Times classificasse Cuba tra le destinazioni consigliate da visitare nel 2023, tra l’altro per la generosità della sua gente e la sua musica, né perché TripAdvisor ci classificasse come la prima Destinazione di tendenza o di moda per quest’anno nel mondo.

La Rivoluzione Cubana è stata forgiata ed è stata un evento eminentemente culturale, liberatorio, forgiatore di valori diversi in gran parte del popolo. È ciò che ci distingue nel mondo insieme alle nostre bellezze naturali. È il tesoro più grande da preservare e difendere, anche in tempi così difficili.

Come ho detto nel mio commento precedente “La nostra articolazione decolonizzante ha bisogno di tutte le forze e di tutti i momenti. La battaglia è dura”.


Esencias

Por: Randy Alonso Falcón

Una nota informativa del MINTUR el pasado viernes afirmaba que el rapero estadounidense que se alojaba en una instalación hotelera de La Habana no era el responsable del bochornoso espectáculo que se había generado en el Paseo del Prado el día anterior.

En un comentario que escribí unas horas después del incidente apuntaba que “se dice…” que el personaje había lanzado dólares a los cientos reunidos por aquella céntrica avenida de la capital  y denunciábamos el deleznable hecho por su naturaleza, y no por el susodicho en cuestión (más allá de sus antecedentes). Señalaba también: “Y si lo hizo otro, tampoco es admisible”.

Qué bueno saber que se investigó con denuedo y que quien se decía por las redes y medios que era el autor de la lanzadera de dólares no era tal. Bueno también saber que los dos autores identificados del desagradable show, residentes en EE.UU, hayan sido detenidos por su acción. Nadie puede venir a cometer acto humillante ni provocativo de manera gratuita: “ni aunque el mismísimo Elvis Presley resucitara”.

Pero el acontecimiento va más allá del hecho en sí, y apunta a causas y condiciones.

Lo triste es que un representante de la cultura de la violencia, la misoginia, el sexismo, las adicciones, las cuales practica y lleva a su música, movilice a cientos en La Habana, sobre todo jóvenes (ambiente ideal para orquestar el incidente), y que sus “canciones” hayan tenido presencia en algunos medios y espacios en Cuba; muestra  de debilidades en nuestra batalla por la cultura general integral y liberadora a la que aspiramos.

La degradación de los gustos por el arte genuino, la exaltación de lo banal, la masificación del imaginario individualista y de confrontación con el otro, la aceptación multiplicada del lenguaje soez, el deslumbramiento por las fortunas y las riquezas de tal o mas cual personaje de la farándula y el desparpajo con que algunos de estos hacen gala de ellas soltando billetes o llenándose de oro, no es consustancial con nuestras aspiraciones de una sociedad sana, educada, con valores.

Y no es algo que nos venga sólo desde allende nuestras fronteras. Está aquí adentro de nuestro país, en algunos espacios culturales y recreativos (recordar el Huelga), en espacios privados, en actividades públicas (como en Guantánamo recientemente).

Como señalaba en un ensayo Abel Prieto: “En Cuba estamos actualmente más contaminados que en otros momentos de nuestra historia revolucionaria por los símbolos y fetiches de la “globocolonización”. Debemos combatir la tendencia a subestimar estos procesos y trabajar en dos direcciones fundamentales: promover intencionalmente opciones culturales genuinas y fomentar una visión crítica en torno a los productos de la industria hegemónica del entretenimiento”.

También nos alertaba en uno de sus últimos escritos el recién fallecido colega y reconocido crítico de arte Rolando Pérez Betancourt: “La banalización es la estrella de ese show presente en los medios y en los productos procedentes de la gran industria del entretenimiento, interesada ella tanto en amasar dinero como en domesticar el pensamiento crítico ante lo que ofrece. Lo superfluo se extiende como una plaga y la bacteria ideológica que lo acompaña cumple perfectamente su cometido de que la gente piense cada vez menos y acepte como natural la representación «ligera» de hechos trascendentes, o relacionados con la vida pública o privada de aquellos a los que la fama ha convertido en personajes.

“Y de esa trivialidad, superfluidad, banalidad, surge una mercadería de moda acuñada por la reiteración publicitaria de una falsa cultura empecinada en hacer del consumo frívolo la máxima felicidad individual.”

Lo otro triste es que algunos crean sinceramente, como alguien me escribió, que la presencia de este “artista” -(con todo derecho puede disfrutar de nuestros parajes), es buena para la promoción del turismo hacia nuestro país, porque tiene millones de seguidores en sus redes sociales.

Discrepo radicalmente de esa visión. No creo positiva influencia esa promoción. No empatan para nada los valores de esa persona con los que sustentan a Cuba y al turismo cubano. No creo que arrastre con su “pegada” en las redes digitales al turismo que este país desea.

Qué vengan muchos, sí, es una necesidad, ¿pero bajo ese manto?

Qué sigan viniendo famosos, sí, y ojalá mejores, como algunos que vinieron antaño, o incluso hace poco.

No hizo falta esa visita para que The New York Times catalogara a Cuba entre los destinos recomendados a visitar en 2023, entre otras cosas por la generosidad de su pueblo y su música, ni para que TripAdvisor nos clasificara como el primer Destino de Tendencia o de moda para este año en el mundo.

La Revolución Cubana se forjó y ha sido un hecho eminentemente cultural, liberador, forjador de valores diferentes en la mayor parte del pueblo. Es lo que nos distingue en el mundo junto a nuestras bellezas naturales. Es el mayor tesoro a preservar y defender, aun en momentos tan difíciles.

Como dije en mi anterior comentario “Nuestra articulación descolonizadora necesita de todas las fuerzas y de todos los momentos. La batalla es dura”.

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