Chavez 2013-2023: l’unità antimperialista dei popoli

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“Per la dignità, per la sovranità dei nostri popoli, non abbiamo altra scelta che unirci contro quella minaccia comune che è l’impero degli Stati Uniti, l’imperialismo mondiale, il capitalismo mondiale”.

Hugo Chávez, 14 giugno 2006

“Non c’è soluzione al problema del colonialismo e della dipendenza all’interno dei confini di nessun Paese; l’imperialismo è un problema internazionale e la soluzione all’imperialismo è anch’essa internazionale”.

Hugo Chávez, 21 luglio 2006

Proponiamo all’attenzione dei nostri lettori queste riflessioni del prof. Adan Chavez, fratello del Comandante Hugo, sulla costante ricerca da parte del gigante bolivariano dell’unità dei popoli contro la barbarie imperialista.

Queste citazioni del Comandante Chávez sono state dedicate all’unità dei popoli, che di recente è stata nuovamente rafforzata durante l’Incontro Mondiale contro l’Imperialismo tenutosi a Caracas. Un incontro storico, vista la trascendenza non solo dei temi e degli accordi emersi dagli appassionati dibattiti, ma anche del momento che l’umanità sta vivendo, nel mezzo della crisi capitalistica globale, dell’inasprimento della politica di guerra imperialista e dell’impulso delle forze progressiste che stanno resistendo attivamente. Allo stesso tempo uniscono le volontà e le coscienze con un obiettivo comune, urgente e vitale: la vittoria finale sul capitalismo e la costruzione del socialismo, l’unica via per garantire la pace e la vita sul pianeta. Sappiamo che questa vittoria sarà tutt’altro che facile, che l’imperialismo ricorre costantemente all’uso del suo potere multifattoriale per attaccare, destabilizzare e mantenere la sua egemonia sulle nazioni: Guerre dirette, colpi di Stato, blocchi economici, finanziari e commerciali, misure coercitive unilaterali illegali, paramilitarismo, persecuzione dei leader nazionalisti e progressisti, uso permanente del suo apparato ideologico, dei mass media e della sua potente industria delle comunicazioni, imposizione della cultura del consumismo e dell’individualizzazione: queste sono le armi ricorrenti della sua disperazione per sostenere l’unipolarità dei suoi domini, che utilizza per il suo infame scopo colonizzatore. Il neoliberismo si è radicalizzato e cerca vie estreme per proteggere i privilegi delle corporazioni multimiliardarie.

Per questo osserviamo come stimolano il fascismo, la discriminazione razziale, l’oppressione di genere e il fanatismo religioso, manipolando le credenze ancestrali per il loro interesse a stabilire il pensiero unico elaborato dai loro ideologi. Questo è stato chiaramente stabilito dal nostro Comandante Eterno, un problema che non è limitato a una sola nazione, a un solo Paese; è un problema di tutti gli abitanti del pianeta, che dobbiamo risolvere unendo le forze rivoluzionarie di ogni continente. Per questo è fondamentale l’unità mondiale dei Popoli, dei partiti e dei movimenti sociali, dei lavoratori, degli intellettuali, dei giovani, delle donne, tutti uniti intorno a questa causa comune, la causa antimperialista. Come ha detto il compagno Evo, il tempo di stare inginocchiati è finito. È tempo di agire, perché senza dubbio le decisioni che prenderemo ora segneranno il corso dell’umanità. Questo incontro di volontà che si è concluso nell’ambito dell’agenda del Forum di San Paolo è solo un esempio dei progressi del movimento rivoluzionario in tutti i continenti. Più di 400 delegati provenienti da 73 Paesi si sono riuniti nella Patria bolivariana per iniziare il 2020 con la ferma determinazione di affrontare le politiche criminali emanate dalla Casa Bianca e dai suoi alleati. Lì, ancora una volta, i leader progressisti hanno riaffermato la loro solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana, sottolineando l’esemplare difesa che il popolo venezuelano e il presidente Nicolás Maduro hanno fatto della loro sovranità, dignità e conquiste.

Come ha sottolineato la compagna Terik Manson, un importante combattente statunitense del Movimento Code Pink, riferendosi al nostro Popolo, alla sua galanteria e alla sua infrangibile volontà di essere libero: “Il Venezuela non cadrà mai sotto gli Stati Uniti, perché questa decisione appartiene al Popolo venezuelano, e questo Popolo non si arrenderà mai”. Proprio così, non accadrà mai, perché questo Popolo ha ereditato la passione libertaria di Bolívar e Chávez! La difesa della pace e della sovranità, la solidarietà con le lotte dei popoli oppressi, il rifiuto energico della militarizzazione dei nostri territori da parte degli Stati Uniti, la condanna unanime dei bombardamenti in Medio Oriente, la denuncia collettiva dei tentativi di censurare le televisioni di Stato TeleSUR e Hispan TV, sono tutti elementi della dichiarazione firmata dai delegati. I 12 gruppi di lavoro che si sono svolti durante i tre giorni di riunione hanno portato a conclusioni e accordi di vitale importanza per l’unità dei Popoli, tra cui la costruzione di una Piattaforma Mondiale Unitaria per affrontare le aggressioni imperialiste e forgiare un nuovo ordine internazionale di giustizia, che promuova l’inclusione e permetta di superare le grandi disuguaglianze sociali prevalenti. Sarà un anno di mobilitazione permanente, di grandi giornate di lotta antimperialista. Non può essere altrimenti. Il popolo venezuelano ha deciso il suo destino e al suo fianco combatteremo le battaglie necessarie per un futuro di prosperità. “Il presente è una lotta, il futuro ci appartiene”, diceva Ernesto Che Guevara. E solo così potremo lasciare in eredità alle generazioni future il mondo possibile che sogniamo, il mondo socialista.

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)


Chavez 2013-2023: la filosofia di pace del Comandante

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In questa settimana che ci conduce al decimo anniversario della scomparsa fisica di un gigante come Hugo Chavez, abbiamo deciso di proporre ai nostri lettori una serie di articoli dedicati alla figura del Comandante Eterno, il cui pensiero resta ancora estremamente attuale.

Questo articolo del filosofo messicano Fernando Buen Abad, apparso nel 2014 su Aporrea, ci illustra la filosofia di pace coltivata da Hugo Chavez. Un pensiero estremamente attuale in un periodo storico dove la pace viene declinata come invio di armi a un regime neonazista in Ucraina impegnato in una guerra per  procura con la Russia.

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Cosa pensava del pensiero

Hugo Chávez sapeva che in società come la nostra, soggiogate, schiavizzate e umiliate dal capitalismo, la filosofia è importante e la sua ricchezza è importante come motore del cambiamento, come espressione del pensiero per elevare la coscienza, per arricchire l’organizzazione e per cementare la certezza che l’unica cosa nuova possibile, se vuole essere nuova e veramente possibile, deve essere socialista. E poiché sapeva tutto questo, Chávez ha fatto della filosofia uno strumento indispensabile, ma ha anche usato l’umorismo nero e il sarcasmo contro i filosofi borghesi, professionisti dell’inganno, e contro gli esperti del dotto oscurantismo.

Non c’è dubbio su quanto il presidente venezuelano Hugo Chávez sia sempre stato interessato alla filosofia. Non c’è dubbio sul suo amore per la conoscenza e per l’apprendimento delle idee che raccoglieva nelle sue letture permanenti… non c’è dubbio sul posto che ha dato alla filosofia e soprattutto al filosofare socialista, anche in spazi in cui si è distinto per la sua assenza e persecuzione. Tuttavia, Hugo Chávez è stato un critico severo del filosofare dilettantesco. Più volte ha ironizzato, a destra e a sinistra, su tutto il pensiero filosofico che si è rivelato inutile, oscuro, contorto ed elitario. Non perdeva occasione per fare satira sulla verbosità filosofica, infarcita di retorica e astrazioni.

Ovunque nel mondo la “destra” si riunisce, qua e là. Organizzano “riunioni”, “congressi”, “assemblee”… per pensare a come uscire dai loro disastri e dalle loro crisi. Assumono clown e pagliacci di ogni tipo, bisognosi di credibilità e illusionismo. Si riuniscono in permanenza, una volta qui, una volta là. Si incontrano a Rosario, a Puebla, a Guanajuato… solo per citarne alcuni. Vi partecipano i più famosi dei peggiori. Seducenti leader studenteschi, presidenti di partiti nazifascisti, ex funzionari del fallimento neoliberale e figure imprenditoriali responsabili del disastro economico, nazionale e globale, che ci ha portato dove siamo. Si riuniscono per “pensare” a come uscirne “indenni” (loro) mentre noi paghiamo per il loro saccheggio di ‘pachanga’. E vogliono che li ringraziamo per questo. Banchieri, proprietari terrieri e uomini d’affari che filosofeggiano su come prolungare la vita del capitalismo. A qualsiasi costo.

La pace come tema privilegiato per pensare e fare

Hugo Chávez ha insistito più volte sulla promozione di idee e azioni per la Pace. Ha definito il capitalismo come il nemico storico numero uno della Pace e ha insistito sulla battaglia delle idee verso il socialismo per raggiungere una vera Pace socialista, per sviluppare al massimo il potenziale degli esseri umani nell’industria, nell’agricoltura, nella scienza e nella tecnologia. Pensare e fare la Pace per realizzare l’enorme potenziale degli esseri umani liberi, verso un’umanità consapevole delle necessità e della lotta per ridurre al minimo le ore di lavoro, per ridurre le ore di schiavitù e per permettere a se stessa di sviluppare qualsiasi potenziale fisico, intellettuale o spirituale. Pace affinché l’umanità possa passare, il prima possibile, “dal regno del bisogno al regno della libertà”. Milioni di persone si stanno già muovendo con il risveglio di nuove idee per cambiare la società. Non c’è più spazio per il cinismo, lo scetticismo e la demoralizzazione. Il capitalismo deve morire per il bene dell’umanità, il prima possibile. È tempo di approfondire la lotta per la Pace.

Chavez è stato un pensatore trasparente che ci ha permesso di vedere attraverso di lui il movimento rivoluzionario di un popolo, dal basso, di cui non era un traduttore o un intermediario mediatico, ma una voce dello spirito di questo popolo in ascesa “L’ho già detto. Sono convinto che la via per costruire un mondo nuovo e migliore non sia nel capitalismo. Il capitalismo ci porta dritti all’inferno”. H.Ch.

La pace è anche una lotta

Le idee di Chávez hanno anche l’obiettivo culturale di mobilitare un esercito rivoluzionario di semantici, un esercito di riservisti della comunicazione creativa con semiosi rivoluzionaria permanente e solidarietà mondiale in grado di rendere visibile ogni trionfo (e ogni sconfitta) che si produce dal basso proprio perché siamo in marcia rivoluzionaria.

L’opera filosofica di Hugo Chávez ha rotto i canoni e i sillabari con cui molti addetti ai lavori e sapientoni vanno in giro per il mondo a vendere verità tascabili. Hugo Chávez ha passato ore a spiegare piani e tattiche sulla lavagna elettrica della TV e della radio, piena di sguardi… insegna, impara, denuncia, esige… parola per parola. Parla con forza di politica, di politica e contro certi politici che hanno paura di sporcarsi le scarpe. Nelle idee di Chávez c’è la lotta contro la barbarie e l’enorme elenco di problemi turbolenti. Ora sappiamo chi è chi. Questo aiuta certamente a chiarire il problema del movimento operaio e della comunicazione necessaria in una rivoluzione. Chávez si trova all’apice di una certa logica in cui convergono linee storicamente tracciate, è lui stesso un punto di riferimento nell’immaginario rivoluzionario, ma un punto di fuga che dà prospettiva al processo molto complesso di trasformazioni ideologiche, politiche, etiche ed estetiche avviate in Venezuela non per magia ma per un processo rivoluzionario in corso. Chávez possiede un’intuizione e una prassi comunicativa di carattere pendolare che va avanti e indietro dal progetto alla rivendicazione. Dai piani alle critiche, dalle parole ai fatti.

È vero che la filosofia si comporta spesso come un’arma da guerra nella battaglia semiotica che Chávez ha combattuto, ma è un’arma che accetta solo munizioni sociali di base. Non funziona senza, è la sua pietra filosofale, che le permette di scoprire e trasformare la realtà. Egli basa il suo discorso su una sintesi finissima che ha bisogno della dialettica della lotta perché commemora e denota, ricorda e significa la vita quotidiana, la prassi rivoluzionaria. Politica e comunicazione coincidono, diventando poesia e filosofia della rivoluzione. La coscienza della critica e la critica della coscienza coincidono. A volte di più, altre volte meno. L’arsenale filosofico di Hugo Chávez contiene la creazione letteraria, i canzonieri popolari, le geografie, i colori, gli odori, i sapori, la storia, la psicologia, la semiotica… come parola creativa e saggezza di un discorso poetico fatto senza pedanteria ed esibizionismo… che scaturisce dalla verità stessa della lotta che Chávez non “fa” per sé.

Chávez è il protagonista di una filosofia di un personaggio multiplo che è se stesso nella pelle di tutti. Vecchio, adolescente, creolo, meticcio, militare, contadino, operaio… giocatore di baseball, conserva nel suo volto i volti di un popolo che ha un po’ di tutto, compreso il sorriso fresco, le difficoltà, le paure e i dolori. È la vita stessa di un Paese ferito da colpi, bugie, furti e crimini. Ma perché il senso filosofico di Hugo Chávez abbia effetto, le idee e le azioni della rivoluzione devono moltiplicare il loro significato nel pensiero che dà una direzione rigorosa e univoca alla rivoluzione stessa. La figura del Presidente Chávez non è quella di un filosofo in senso convenzionale, è la costruzione totalizzante di una società come organismo di unità di senso in piena rielaborazione rivoluzionaria.

Tale esperienza di filosofia, che è un essere sociale vivente mosso da ritmi simili a quelli che governano gli esseri viventi in generale, è espressione dello stato attuale dell’umanità, della sua valutazione, degenerazione o emancipazione. È un modo di filosofare nella prassi che interviene per mobilitare forze sopite in essa dopo anni di assopimento e brutalità, procede verso una ribellione, assente fino ad oggi negli “intellettuali”, in molti uomini di scienza e in non pochi filosofi… procede come procedono i popoli in rivolta che non trasformano la rivoluzione in un “dono”, in filantropia, ma che modificano le culture, i valori, i mezzi, le forze, a partire dalle loro basi, affinché diventino nuclei di energia rivoluzionaria.

Hugo Chávez ha trasformato il suo amore per la filosofia in un forum di educazione politica popolare basato sullo studio concreto con l’obiettivo principale di organizzare e orientare il popolo in termini di sentimenti e pensieri contro l’imperialismo e per la rivoluzione.

La pace socialista non è un’entelechia

E naturalmente è costato molto avanzare, per lunghi tratti e per brevi tratti, nelle idee e nell’azione, nel dibattito e nella coincidenza, con mediazione e nell’immediato… è costato molto recuperare il socialismo come bussola e come esame permanente. Filosofare per la Pace, che ha occupato ore del pensiero di Hugo Chávez, non può essere ridotto a una definizione da dizionario perché il problema non si chiude in una parola, è una nozione filosofica sostanziale, è una tappa di coscienza e di azione, è una tappa indispensabile per le nostre lotte ed è un patrimonio emblematico e categorico che ci rende responsabili del suo valore teorico-politico e del suo peso tattico e strategico.

Siamo in tempo per valutare le dimensioni e la portata delle offensive in corso contro la Rivoluzione del popolo venezuelano. Siamo in tempo per dotarci degli strumenti per smascherare le calunnie e i “nuovi” trucchi sporchi che si stanno preparando nei laboratori della guerra ideologica e nelle “situation rooms” delle oligarchie. Siamo in tempo per qualificare e quantificare i fronti che il capitalismo sta preparando per far deragliare la Rivoluzione verso il sogno dorato di impadronirsi del petrolio, delle risorse naturali, della posizione geopolitica e della forza lavoro del popolo venezuelano. Siamo in tempo per prepararci oggettivamente e soggettivamente a resistere all’offensiva e a sconfiggerla combattendo, spalla a spalla, con ogni venezuelano che dà la vita per difendere i progressi socialisti per loro e per il mondo intero.

Questa è la difficoltà di convertire qualsiasi nozione di pace in un piano d’azione, come Hugo Chávez ha capito molto bene. Non c’è dubbio che Chavez sognava di generare dal Venezuela una mobilitazione filosofica mondiale per portare la lotta di classe su un piano più avanzato. Oggi è straordinariamente chiaro che la rivoluzione venezuelana e la sua leadership nei dibattiti sulla pace vanno a vantaggio di tutti noi, perché si è posta l’obiettivo di sconfiggere il capitalismo e questo è un grande esempio, un’ispirazione e un magnifico risultato. Deve essere ampliato e approfondito.

È necessario garantire la Pace, come pensava Chávez, affinché la Rivoluzione venezuelana possa avanzare in termini di salute, casa, educazione e lavoro… questi sono, tra le mille cose, un dono e una scuola che, nel brevissimo tempo in cui la rivoluzione è in corso, ha già prodotto benefici diretti e indiretti per molti popoli e compagni latinoamericani (e non solo). Il Venezuela, con la sua rivoluzione socialista, ci ha dato la certezza definitiva che la lotta per la dignità porta al trionfo delle più profonde e sincere aspirazioni democratiche dei popoli. La parola di questo Venezuela rivoluzionario è oggi nel mondo una parola di Pace, di speranza e di impegno che incoraggia molti e risveglia i popoli. “Siamo tutti filosofi, ma ci sono alcuni che sono più filosofi di altri, io, per esempio, nuoto sulla riva, mentre Fidel, lui sa nuotare negli abissi…”. Hugo Chávez

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)


Chavez 2013-2023: il carattere antimperialista della Rivoluzione Bolivariana

Fabrizio Verde

Correva l’anno 2004 quando il Comandante Chávez dichiarava il carattere antimperialista della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela.

In occasione di un discorso tenuto davanti a una folla oceanica il 29 di febbraio di quell’anno, Hugo Chávez sottolineava che che il popolo si era riunito per “dire no all’interventismo yankee in Venezuela, per dire basta al governo di Bush, un governo interventista, invasore e colonialista come pochi altri che sono passati dalla Casa Bianca”.

Davanti alla impressionante folla che lasciava spazio nemmeno per uno spillo presso Francisco Fajardo e i suoi dintorni a Caracas, il Comandante scandiva a voce alta: “Il Venezuela si rispetta!”.

“Signor Bush, questo è il Venezuela, ascolti il saluto del Venezuela. Signor Bush, lei e la sua cricca che ha appoggiato i golpisti qui, che ha appoggiato la destabilizzazione politica qui, che ha appoggiato la destabilizzazione economica qui, che ha violato la nostra sovranità qui, che ha fatto ogni sforzo per rovesciare il governo legittimo del Venezuela, ha avuto una risposta nel recente passato. Oggi ne ha avuta un’altra, e se volete che continuiamo a darvi risposte, il popolo di Simón Bolívar è pronto a continuare a darvi risposte”, affermava il leader della Rivoluzione Bolivariana.

Parlando alla radio e alla televisione dal palco situato vicino al Giardino Botanico, il capo di Stato venezuelano avvertiva il governo degli Stati Uniti che in Venezuela ci sono abbastanza savane, isole, montagne, giungle, terre e soprattutto “abbastanza persone con ‘attributi’ per difendere la terra e questa patria da qualsiasi intruso che cerchi di venire a umiliare la dignità di questo popolo”.

Dal centro della capitale, il leader rivoluzionario ricordava di non aver mai puntato il dito contro l’imperialismo come allora: “Cioè, lo ratifico qui, la Rivoluzione Bolivariana dopo cinque anni e tre mesi e poco più di governo, e dopo aver attraversato diverse fasi, è entrata nella fase antimperialista. Questa è una rivoluzione antimperialista e questo la riempie di un contenuto speciale che ci obbliga, sì, che ci obbliga a pensare chiaramente e ad agire, non solo in Venezuela ma nel mondo intero”.

La svolta antimperialista

Non è casuale la data in cui avviene la svolta nella politica estera venezuelana. Nei primi anni della sua presidenza, Hugo Chávez mantiene fondamentalmente una politica estera basata sulla ricerca di un maggiore equilibrio internazionale e sulla promozione dell’integrazione regionale. Tuttavia, il suo consolidamento politico dopo la vittoria nel referendum revocatorio e l’aumento del prezzo del petrolio gli hanno permesso di mettere in campo una nuova e ambiziosa strategia internazionale: il ritiro del Venezuela da processi di integrazione predatori su basi neoliberiste come l’ALCA, l’ingresso nel Mercosur, la promozione di progetti come Telesur, la Banca del Sud e altri organismi regionali di tipo solidaristico. Contestualmente aumenta la retorica e la politica anti-statunitense, così come i contatti e i progetti con paesi come Cina e Russia, che Chavez con lungimiranza e visione ritiene alfieri di un nuovo mondo multipolare in divenire.

Il Comandante riteneva fondamentale per il consolidamento della Rivoluzione Bolivariana la creazione di alleanze geopolitiche e strategiche con altri Paesi in opposizione all’imperialismo statunitense. Così veniva impressa un’accelerazione per un netto cambio di marcia al ministero degli Esteri che dal 2006 sarà guidato dall’attuale presidente Nicolas Maduro, uomo chiave della diplomazia di pace venezuelana voluta da Chavez.

Quindi nel 2004, l’anno della svolta, Chavez propone la definizione dei dieci grandi obiettivi strategici che segneranno “la nuova tappa” della Rivoluzione Bolivariana e, all’interno di questi, il “nuovo sistema multipolare internazionale”.

Inoltre nella visione di Chavez ci sono cinque poli di potere nel mondo: Europa, Asia, Africa, Nord America e Sud America. Tra questi, ritiene molto importante il ruolo dell’India e della Cina nel nuovo contesto globale, in quest’ultimo caso sostenuto da una crescita economica impressionante che, a suo avviso, offre nuove opportunità di investimento. A livello politico, evidenzia la crescita della sinistra in India. In quegli esprime poi la sua solidarietà all’Africa, dove, come in America Latina, persistono i resti e i danni del colonialismo, e sottolinea la necessità di compiere sforzi per concentrare gli obiettivi di politica estera su Paesi strategici e consolidare le relazioni con nazioni come Libia, Algeria, Nigeria e Sudafrica. Ritiene inoltre necessario rafforzare l’alleanza con i membri dell’OPEC. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, afferma di credere che continueranno con la loro politica “interventista e aggressiva”, ma assicura: “Non ci arrenderemo. Useremo tutte le strategie”.

Date queste basi, quindi, la politica estera venezuelana comprendeva alcune azioni molto visibili, come lo stringere alleanze ancora più salde con Cuba, Iran, Cina e Russia.

Contro l’interventismo imperialista

Hugo Chavez fu uno strenuo oppositore degli interventi USA e NATO contro paesi sovrani come la Libia e la Siria. Sulla Siria e il suo legittimo governo guidato da Bashar Al Assad dichiarava: “Come potrei non appoggiare il governo di Bashar Al Assad dal momento che è il solo governo legittimo in Siria? Come potrei non appoggiarlo? A chi dovrei dare appoggio, ai terroristi? Quelli che chiamano ‘Consiglio di Transizione’ o non so cosa che vanno in giro ammazzando gente dappertutto? Io non mi capacito di come alcuni governi che si dicono seri in Europa possano ricevere, riunirsi con questi terroristi”. Il gigante venezuelano consegnò al su omologo siriano Assad la Spada di Simon Bolivar, El Libertador, simbolo per i venezuelani e per i popoli oppressi dall’imperialismo della liberazione dalle catene colonialiste, della conquista della propria sovranità e autodeterminazione.

Chavez aveva con forza denunciato che la cosiddetta coalizione dei volenterosi capitanata da Stati Uniti e Francia aveva in realtà l’obiettivo di abbattere la Libia di Gheddafi con l’unico intento di appropriarsi delle ingenti risorse naturali del paese e creare un avamposto imperialista in Nord Africa.

Per questo sin dall’inizio della destabilizzazione imperialista della Libia il presidente venezuelano invitava a difendere l’indipendenza della Libia e sosteneva che nel Paese era in corso una “guerra civile”. Mentre il suo ministro degli Esteri, Nicolas Maduro, in parlamento avvertiva: “Si stanno creando le condizioni per giustificare un’invasione… per portare via il loro petrolio”.

Le relazioni del Venezuela con la Libia erano andate intensificandosi in quegli anni. Nel 2009, sull’isola di Margarita, dopo il secondo vertice Sudamerica-Africa, Chavez affermava: “Siamo tutti consapevoli che qui stiamo scrivendo pagine di una nuova storia, affrontando l’imperialismo, la borghesia, l’arretratezza e il colonialismo”. Gheddafi rispondeva dichiarando: “Condividiamo la stessa trincea, lo stesso destino, la stessa battaglia contro lo stesso nemico, e vinceremo”.

Come simbolo delle buone relazioni, Chávez consegnava a Gheddafi il collare dell’Ordine del Libertador, la più alta onorificenza che può essere conferita in Venezuela, e gli regalava una replica della spada dell’eroe venezuelano Simón Bolívar.

L’eredità antimperialista di Chavez

Chávez con le sue politiche e la sua visione ha guidato un processo sociale che non solo rivendica la propria tradizione anticoloniale rinnovando il pensiero di Simón Bolívar: la lotta per l’indipendenza, la lotta per l’unità della regione latinoamericana e la lotta per la giustizia sociale, ma recupera anche le lotte storiche dei popoli durante il XX secolo contro l’imperialismo statunitense che, sulla base della dottrina Monroe, intendeva rendere l’America Latina parte del suo dominio, il suo giardino di casa.

Parte dell’eredità di Hugo Chávez è stata quella di aver lasciato una leadership collettiva alla Rivoluzione Bolivariana che oggi, sotto Nicolás Maduro e le forze rivoluzionarie e popolari del Venezuela, ha realizzato più di un decennio di resistenza alla più forte aggressione economica e sociale che il Paese abbia ricevuto in tutta la sua storia. Così il Venezuela continua ad essere un bastione della lotta antimperialista internazionale, e grazie alle politiche avviate dal Comandante continua attivamente a rappresentare una parte importante di quel mondo multipolare in costruzione.


L’America Latina rende omaggio a Chávez in Venezuela

 

Un omaggio al Comandante Hugo Chávez, nel decimo anniversario del suo decesso, ha marcato l’inizio della VII Riunione di Coordinamento Continentale dell’ ALBA Movimenti, che riunisce popolani, politici e femministe dell’America Latina  e dei Caraibi, ed ha il suo asse centrale nei dieci anni della semina del padre della Rivoluzione Bolivariana.

«Chávez non va pianto», ha detto nel suo intervento Hernán Vargas, vice ministro dei Comuni del Venezuela; «stiamo rendendogli omaggio, nel modo migliore di dire che  Chávez vive e la lotta continua».

Vargas ha ricordato le previsioni sbagliate di coloro che credevano che la dipartita fisica del Comandante Eterno era la fine della rivoluzione iniziata da lui; “noi siamo qui invece, ha detto,  in piedi con il popolo, con la bandiera del socialismo».

Guillermo Díaz, a nome dell’Istituto Simón Bolívar per la Pace e  la Solidarietà con i popoli, ha risaltato l’impegno di numerose organizzazioni dell’America Latina e i Caraibi per rivendicare i loro martiri e antenati.  «Questo è quello che stiamo facendo qui, combattendo questa lotta per costruire il futuro», ha segnalato.

Rappresentanti di 19 paesi della regione, tra i quali Cuba, Brasile, Argentina, Bolivia e Colombia, animano i dibattiti dell’incontro  che si realizza nella Scuola Robinsoniana di Caracas, e durerà sino a domani 4 marzo.

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