Yoanismo senza Yoani

Iroel Sanchez https://lapupilainsomne.wordpress.com

yoani-marioneta-1Quando gli sponsor di Yoani Sánchez hanno deciso di lanciare il “giornale” 14 e mezzo -che compie  già un anno-  non è l’algoritmo ciò che non è riuscito: fare uscire qualcuno da Cuba, prepararlo, assegnarle un finanziamento non proveniente direttamente dal governo USA, dichiarare trasparenza nell’origine e impiego del denaro e proclamare preoccupazione per questioni  cittadine come il diritto all’informazione ed i problemi della comunità insufficientemente attesi dalle  istituzioni governative, organizzazioni di massa e la stampa cubana.

Non si sono nemmeno sbagliati  nell’utilizzare  internet come piattaforma del nuovo spazio. Essi hanno previsto l’aumento dell’accesso dei cubani alla rete delle reti, obbiettivo  recentemente dichiarato dal  governo cubano e sostenuto da Washington, che ha annunciato cesserà di essere un ostacolo alla connettività dell’isola.

L’errore è stato la persona prescelta,  con un passato di legami con la screditata controrivoluzione  tradizionale, e la Sezione di Interessi USA  all’Avana, documentati da Wikileaks, e scollegata  dal’ accademia e dai  giornalisti cubani. Altri progetti, come “El Barrio dal vivo”,- rivelato dal giornalista Tracey Eaton nel sul suo blog ‘Along the malecon’- risolvevano il primo ma omettevano il secondo.

Un cablo dall’agenzia  Reuters,  annuncia la forma delle cose a venire, o meglio, stanno arrivando, per fare  fiorire – con i necessari adattamenti –  il yoanismo senza Yoani davanti al ripristino delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli USA ed il richiamo del  governo cubano che l’attività diplomatica di Washington nell’isola sia  conforme alle disposizioni della Convenzione di Vienna:

Gli USA segnalano che potrebbero modificare i loro programmi pro democrazia a Cuba

di Lesley Wroughton

WASHINGTON, 19 maggio (Reuters) – Un alto funzionario USA ha detto martedì che il suo governo potrebbe modificare i programmi pro democrazia a Cuba che quest’ultimo paese disapprova, ciò che eliminerebbe uno dei maggiori ostacoli per il ripristino delle relazioni diplomatiche tra le due nazioni.

L’alto funzionario del Dipartimento di Stato ha detto ai giornalisti prima dei colloqui con i rappresentanti di Cuba il giovedì, che le due parti hanno avvicinato le posizioni per la riapertura delle ambasciate dopo l’annuncio, in dicembre, di un processo per ristabilire i legami tagliati durante la Guerra Fredda.

“I programmi democratici (…) sono cambiati nel tempo e continueranno ad esserlo per riflettere una realtà, si tratti di una realtà sul campo a Cuba o negli USA” ha detto il funzionario in una conferenza telefonica a condizione dell’anonimato secondo regole del Dipartimento di Stato.

Cuba si è opposta da molto tempo ai programmi pro democrazia, che comprendono corsi di base di giornalismo e di tecnologie dell’informazione nella missione diplomatica USA a L’Avana.

Gli USA ritengono che i corsi sono una parte normale delle loro funzioni diplomatiche, ma il presidente di Cuba, Raul Castro, ha detto la settimana scorsa che sono formazione “illegale” per gli oppositori del suo Governo.

Il funzionario ha detto, tuttavia, che gli USA non fermeranno i programmi, perché è il modo più diretto di sostenere il cittadino cubano comune.

“Dobbiamo stare attenti a non pensare che questi programmi sono statici e separati dai cambiamenti nell’ambiente in cui si sviluppano” ha detto il funzionario.

I colloqui di giovedì a Washington sono i quarti da quando i presidenti Barack Obama e Castro hanno deciso di ristabilire le relazioni diplomatiche il 17 dicembre, e si concentreranno nel trasformare le cosiddette sezioni d’interesse a Washington e l’Avana in ambasciate. Cuba ha detto lunedì che era pronta ad andare avanti e che non vedeva ostacoli.

Il funzionario del Dipartimento di Stato era d’accordo.

“Sono abbastanza ottimista sul fatto che possiamo arrivare ad un accordo che soddisfi le nostre esigenze”, ha detto il funzionario.

Il Dipartimento di Stato USA ha annunciato il 24 dicembre 2014 – esattamente una settimana dopo gli accordi del 17D tra i governi di Cuba e USA – che era alla ricerca di organizzazioni USA basati o basate all’estero interessate a programmi che “promuovano i diritti civili, politici e lavorativi a Cuba” a cui assegnare fino a 11 milioni di dollari in sovvenzioni che vanno da 500000 $ a 2 milioni $ ciascuno, affermando che darebbe priorità alle proposte che “sottolineano il ruolo degli interlocutori cubani nello sviluppo ed il raggiungimento degli obiettivi programmatici”. Le attività da finanziare comprendono “formazione, borse di studio a breve termine, o d’impegno”, non nella missione diplomatica USA all’Avana ma in altri paesi, tra cui gli USA.

Il 18 novembre, un mese prima del 17D, ho scritto:

Cosa può succedere ora?

“Due cose. Anche se il presidente Barack Obama non utilizzerà, nel breve termine, le sue prerogative -che ha- per cominciare a progredire verso la normalizzazione con Cuba -ampia licenza per viaggi di cittadini USA, scambio di prigionieri, ritirare l’isola dalla lista dei paesi terroristi, per esempio- i settori che si oppongono al cambiamento, -soprattutto la cosiddetta estrema destra cubano americana- impiegherà tutte le sue arti per provocare un incidente che inceppi il processo. Già lo hanno fatto in passato ogni volta che si vide all’orizzonte qualsiasi possibilità di riavvicinamento e ora devono essere disperati alla ricerca di una provocazione.

“In parallelo, vedremo l’incremento delle azioni che The [New York] Times chiama “influire in modo positivo sull’evoluzione di Cuba “, con il conseguente fiorire -già in parte apprezzabile e finanziato da paesi terzi alleati USA- di progetti per cui il quinto editoriale del giornale di New York descrive come “meccanismi per potenziare il cubano comune, ampliando le opportunità di studio all’estero, organizzando più collegamenti professionali ed investendo nelle nuove microimprese nell’isola”. Una sfida che fa parte di quell’avvicinamento che Cuba mai rifiuterà ma il cui obiettivo, neppure, si deve essere ignorare”.

Sembra che andiamo per di lì. Provocazioni non sono mancate (“Performance” nella Piazza della Rivoluzione, gli eventi del parco Porras a Panama) e “meccanismi” neppure.

Yoanismo sin Yoani: “Los programas democráticos seguirán”

Cuando los patrocinadores de Yoani Sánchez decidieron lanzar el “periódico” 14 y medio -que ya cumple un año- no es el algoritmo lo que falló: sacar a alguien de Cuba, prepararlo, asignarle un financiamiento no proveniente directamente del gobierno de EE.UU., declarar transparencia en el origen y uso del dinero y proclamar preocupación por asuntos ciudadanos como el derecho a la información y los problemas de la comunidad insuficientemente atendidos por instituciones gubernamentales, organizaciones de masas y la prensa cubana.

Tampoco se equivocaron en utilizar internet como plataforma del nuevo espacio. Previeron el incremento del acceso de los cubanos al red de redes, objetivo recientemente declarado por el gobierno cubano y apoyado por Washington, que ha anunciado dejará de ser un obstáculo para la conectividad de la Isla.

El error fue la persona escogida, con un pasado de vínculos con la desacreditada contrarrevolución tradicional, y la Sección de Intereses de EE.UU. en La Habana, documentados por Wikileaks, y desconectada de la academia y los periodistas cubanos. Otros proyectos como “El Barrio en vivo”,  -revelado por el periodista Tracey Eaton en su blog Along the malecon– resolvían lo primero pero carecían de lo segundo.

Un cable de la agencia Reuters, anuncia la forma de las cosas que vendrán, o mejor dicho, ya vienen, para hacer florecer -con los necesarios ajustes- el yoanismo sin Yoani ante el restablecimiento de las relaciones diplomáticas entre Cuba y Estados Unidos y el reclamo del gobierno cubano de que la actividad diplomática de Washington en la Isla se atenga a lo establecido por el Convenio de Viena:

EEUU señala que podría modificar sus programas pro democracia en Cuba

Por Lesley Wroughton

WASHINGTON, 19 mayo (Reuters) – Un alto funcionario estadounidense dijo el martes que su Gobierno podría modificar programas pro democracia en Cuba que ese país desaprueba, lo que removería uno de los mayores obstáculos para el restablecimiento de las relaciones diplomáticas entre ambas naciones.

El alto funcionario del Departamento de Estado dijo a periodistas, antes de conversaciones con representantes de Cuba el jueves, que ambas partes han acercado posiciones para la reapertura de embajadas tras el anuncio en diciembre de un proceso para restablecer lazos cortados durante la Guerra Fría.

“Los programas democráticos (…) han cambiado con el tiempo y seguirán haciéndolo para reflejar una realidad, ya sea una realidad en el terreno en Cuba o en Estados Unidos”, dijo el funcionario en una conferencia telefónica, a condición de anonimato según reglas del Departamento de Estado.

Cuba se ha opuesto desde hace mucho tiempo a los programas pro democracia, que incluyen cursos básicos de periodismo y de tecnologías de la información en la misión diplomática de Estados Unidos en La Habana.

Estados Unidos considera que los cursos son parte normal de sus funciones diplomáticas, pero el presidente de Cuba, Raúl Castro, dijo la semana pasada que son entrenamiento “ilegal” para opositores a su Gobierno.

El funcionario dijo, sin embargo, que Estados Unidos no detendrá los programas porque es la manera más directa de apoyar al ciudadano cubano común.

“Tenemos que ser cuidadosos y no pensar que esos programas son estáticos y separados de los cambios de ambiente en los que se desarrollan”, dijo el funcionario.

Las conversaciones del jueves en Washington son las cuartas desde que los presidentes Barack Obama y Castro acordaron restaurar las relaciones diplomáticas el 17 de diciembre, y se enfocarán en convertir las llamadas secciones de intereses en Washington y La Habana en embajadas. Cuba dijo el lunes que estaba lista para avanzar y que no ve obstáculos.

El funcionario del Departamento de Estado estuvo de acuerdo.

“Soy bastante optimista de que podemos llegar a un acuerdo que satisfaga nuestros requerimientos”, dijo el funcionario.

 

El Departamento de Estado de Estados Unidos anunció el 24 de diciembre de 2014 -exactamente una semana después de los acuerdos del 17D entre los gobiernos de Cuba y EE.UU.- que estaba buscando organizaciones estadounidenses o basadas en el extranjero interesadas en programas que “promuevan los derechos civiles, políticos y laborales en Cuba” para adjudicarles hasta $ 11 millones en subvenciones que van desde $ 500.000 a $ 2 millones cada una, declarando que daría prioridad a las propuestas que “hagan hincapié en el papel de los interlocutores cubanos en el desarrollo y el logro de los objetivos programáticos.” Las actividades a financiar abarcan “capacitaciones, becas de corta duración, o de compromiso”, no en la misión diplomática de EE.UU. en La Habana sino en otros países, incluyendo EE.UU.

El 18 de noviembre, un mes antes del 17D, escribí:

¿Qué puede pasar ahora?

“Dos cosas. Incluso si el presidente Barack Obama no utilizara en el corto plazo sus prerrogativas -que las tiene- para comenzar a avanzar en la normalización con Cuba -amplia licencia para viajes de ciudadanos estadounideses, canje de prisioneros, retirar a la Isla de la lista de países terroristas, por ejemplo- los sectores que se oponen al cambio -especialmente la llamada extrema derecha cubanoamericana- empleará todas sus artes para provocar un incidente que atore el proceso. Ya lo hicieron en el pasado cada vez que se vio en el horizonte cualquier posibilidad de acercamiento y ahora mismo deben andar desesperados buscando una provocación.

“En paralelo, veremos el incremento de las acciones para lo que The [New York] Times llama “influir de manera positiva en la evolución de Cuba” con el consiguiente florecimiento -ya en parte apreciable y financiado desde terceros países aliados a EE.UU-. de proyectos para lo que el quinto editorial del periódico neoyorquino describe como “mecanismos para empoderar al cubano común y corriente, expandiendo oportunidades de estudios en el exterior, organizando más enlaces profesionales, e invirtiendo en las nuevas microempresas en la isla”. Un desafío que es parte de ese acercamiento que Cuba jamás rechazará pero cuyo objetivo tampoco se debe desconocer.”

Parece ser que por ahí vamos. Provocaciones no han faltado (“Performance” en la Plaza de la Revolución, sucesos del parque Porras en Panamá) y “mecanismos” parece ser que tampoco.

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