Due secoli dell’ambita”frutta matura”

Abel González Santamaría

Esattamente 200 anni fa, il 28 aprile 1823, l’allora Segretario di Stato USA, John Quincy Adams, delineò per Cuba la cosiddetta “legge di gravitazione” o meglio nota come teoria della “frutta matura”. Nel suo approccio, comparava l’isola a un frutto che sarebbe inevitabilmente annesso agli USA, una volta staccato per la sua maturità dal tronco coloniale spagnolo. Quel giorno nel suo messaggio al ministro USA a Madrid, scrisse:

Queste isole per la loro posizione locale sono appendici naturali del continente nordamericano, e una di esse, l’isola di Cuba, quasi in vista delle nostre coste, è diventata, per una moltitudine di ragioni, di trascendentale importanza per gli interessi politici e  commerciali della nostra Unione. La posizione dominante che occupa nel Golfo del Messico e nel Mare delle Antille, il carattere della sua popolazione, il posto che occupa a metà strada tra la nostra costa meridionale e l’isola di Santo Domingo, il suo vasto e obbligato porto dell’Avana, che fa fronte ad una lunga linea delle nostre coste private dello stesso vantaggio, la natura delle sue produzioni e quella delle sue stesse necessità, che serve come base per un commercio immensamente redditizio per entrambe le parti, tutto concorre a darle tale importanza nella somma dei nostri interessi nazionali, che non esiste altro territorio straniero che possa esserle paragonato, e che le nostre relazioni con essa siano quasi identiche a quelle che legano uno agli altri i diversi Stati della nostra Unione.

Così forti, in verità, sono i legami che uniscono quest’ultima alla suddetta Isola, legami geografici, commerciali e politici, formati dalla natura, man mano fomentati e rafforzati col trascorrere del tempo e ormai prossimi, sembra, a giungere al punto di maturità, che quando si getta uno sguardo al corso che probabilmente prenderanno gli eventi nei prossimi cinquant’anni, è quasi impossibile resistere alla convinzione che l’annessione di Cuba alla nostra Repubblica federale sarà indispensabile per la continuazione dell’Unione ed il mantenimento della sua integrità.

È ovvio, tuttavia, che non siamo ancora preparati a questo evento, e che a prima vista ci sono numerose e formidabili obiezioni contro l’espansione dei nostri domini territoriali lasciando il mare in mezzo (…) Ma ci sono leggi di gravitazione politica come ce ne sono di gravitazione fisica: e così come una mela separata dal suo albero dalla forza del vento non può, anche se volesse, smettere di cadere al suolo, così Cuba, una volta separata dalla Spagna e rotta la connessione artificiale che la lega ad essa, e incapace di sostenersi da sola, dovrà necessariamente gravitare verso l’Unione nordamericana, e verso essa esclusivamente, mentre all’Unione stessa, in virtù della stessa legge, sarà impossibile non ammetterla nel proprio seno. [1]

La visione sull’importanza strategica d’appropriarsi dell’isola, tenendo conto della sua privilegiata posizione geografica e delle sue potenzialità economiche, politiche e commerciali, può essere considerata come l’essenza del postulato centrale della geopolitica USA nei confronti di Cuba nel corso della sua storia. Fu proprio Quincy Adams a redigere, pochi mesi dopo di quello stesso anno, la cosiddetta “Dottrina Monroe”, formulata sotto la frase “America agli americani” che, come noto, in pratica significava “America agli statunitensi”.

Un racconto necessario

 

L’interesse a disputarsi il dominio su Cuba, con marcato interesse geopolitico, sorge nel contesto delle guerre di rapina europea nel continente americano, durante i secoli XVI, XVII e XVIII. I principali imperi dell’epoca lottarono per appropriarsi della anelata Chiave del Nuovo Mondo, per la sua privilegiata posizione geografica dovuta all’accesso alle più importanti vie di comunicazione e alle rotte commerciali dei Caraibi, alla qualità dei suoi porti e alla sua ubicazione per la creazione di punti difensivi nella regione. L’isola era combattuta tra il medioevale impero spagnolo, l’appetito di potere della metropoli francese e le ambizioni capitaliste del potere britannico.

Gli inglesi durante il processo di costituzione delle loro Tredici Colonie – che divennero gli Stati Uniti d’America nella seconda metà del XVIII secolo – proiettarono le loro aspirazioni a strappare al Regno di Spagna la sua ambita colonia nella Maggiore delle Antille. Un importante precedente che permette decifrare l’interesse che Cuba rappresenta per gli USA ciò che costituisce il pensiero geopolitico dei principali esponenti dei gruppi di potere USA, tra cui spiccano i primi governanti e altri personaggi influenti, noti come i “Fondatori Padri”.

In stretta sintesi, si vedano le proiezioni espansionistiche verso Cuba di alcuni “Padri Fondatori”:

# Nel 1767, un decennio prima che le Tredici Colonie inglesi dichiarassero la propria indipendenza, Benjamin Franklin aveva raccomandato al Segretario di Stato per gli affari coloniali britannici la fondazione di un insediamento in Illinois affinché, di fronte a un possibile conflitto armato, servisse da ponte per scendere verso il Golfo del Messico e poi prendere Cuba.

# Nel 1783 John Adams, divenuto poi secondo presidente USA (1797-1801), aveva scritto in una lettera che era quasi impossibile resistere alla convinzione che l’annessione di Cuba alla Repubblica Federale sarebbe stata indispensabile per la continuazione dell’Unione.

# Nel 1805 Thomas Jefferson, terzo presidente USA (1801-1809), disse al ministro britannico a Washington che gli USA avrebbero potuto impadronirsi di Cuba in caso di guerra con la Spagna, il cui possesso era necessario per la difesa della Louisiana e della Florida.

# Nel 1810 James Madison, il quarto presidente USA (1809-1817) indicò al suo ministro a Londra che trasmettesse alle autorità di quel paese l’importanza della posizione di Cuba per il commercio e la sicurezza USA e che, benché potessero rimanere inattivi, non avrebbero potuto essere spettatori soddisfatti della sua caduta in potere di un qualche governo europeo.

# Nel 1823, James Monroe, quinto presidente USA (1817-1825), in una lettera inviata a Jefferson, precisava che l’acquisizione di Cuba per l’Unione sarebbe stata della massima importanza per la tranquillità interna, nonché per la prosperità e l’ingrandimento degli USA.

A due secoli dalla sua applicazione

 

Risulta evidente che tutti questi postulati hanno influenzato la proiezione ideologica di John Quincy Adams verso Cuba per la teoria della “frutta matura”, che due anni dopo si sarebbe insediato come sesto presidente degli USA (1825-1829). Da allora, la stragrande maggioranza dei loro governi cercarono di impadronirsi dell’isola e utilizzarono vari metodi per raggiungere tali scopi. In sintesi, si possono citare i più significativi degli ultimi 200 anni:

Tentativi di acquisto e annessione, intervento armato e occupazione militare, imposizione di un’appendice alla Costituzione, usurpazione del suo territorio e installazione di una base militare permanente, instaurazione di regimi dittatoriali, realizzazione di azioni di sabotaggio, introduzione di parassiti e malattie, organizzazione di attentati contro i suoi principali dirigenti, molteplici azioni terroristiche con un bilancio di migliaia di vittime e disabili, isolamento politico internazionale e regionale; blocco economico, commerciale e finanziario; rottura delle relazioni diplomatiche, creazione e sostegno a bande armate, trasmissioni radiofoniche e televisive illegali, esecuzione di programmi sovversivi finanziati con miliardi di dollari, che attualmente stanno investendo neile reti sociali d’Internet per destabilizzare la nazione cubana.

Tutte queste azioni sono sufficientemente documentate dalla storiografia contemporanea e hanno fatto parte delle politiche pubbliche e segrete dei diversi governi nordamericani contro Cuba. Vale anche riconoscere che, nonostante tanta ostilità, il popolo cubano è unito da legami storici, culturali e familiari con quello USA.

Nei diversi periodi di storia comune tra i due paesi, sono esistite simpatie verso l’isola da parte di vari settori della società, personaggi del governo e del congresso negli USA. Tuttavia, sono stati generalmente sostituiti da forze di estrema destra anti-cubane che si sono opposte a qualsiasi riavvicinamento e normalizzazione delle relazioni bilaterali.

Quindi, finché rimarrà la stessa classe politica USA, alternandosi al potere, manterranno l’ossessione di riprendere nelle loro mani l’agognata “frutta matura” di cui hanno goduto per 60 anni e che è stata loro tolta dalla trionfante Rivoluzione del 1959. Due secoli dopo quella teoria, possiamo affermare che l’essenza del conflitto bilaterale tra i due paesi perdura nel tempo: Annessionismo vs. Indipendenza, Egemonia vs. Emancipazione, Dominazione vs. Sovranità.

Fonte:

[1] José I. Rodríguez: «Studio storico sull’origine, lo sviluppo e le manifestazioni pratiche dell’idea dell’annessione dell’isola di Cuba agli Stati Uniti», L’Avana, 1900, pp. 57-59. In: Eduardo Torres-Cuevas: Alla ricerca della cubanità, Editorial de Ciencias Sociales, L’Avana, 2006, t. io, pag. 176.


Dos siglos de la codiciada “fruta madura”

Por: Abel González Santamaría

Hace exactamente 200 años, el 28 de abril de 1823, el entonces secretario de Estado norteamericano John Quincy Adams, delineó hacia Cuba la denominada “ley de gravitación” o más conocida como la teoría de la “fruta madura”. En su enfoque comparaba a la Isla con una fruta que sería inevitablemente anexada a Estados Unidos, una vez desgajada por su madurez del tronco colonial español. Ese día en su mensaje al ministro estadounidense en Madrid, escribió:

Estas islas por su posición local son apéndices naturales del continente norteamericano, y una de ellas, la Isla de Cuba, casi a la vista de nuestras costas, ha venido a ser por una multitud de razones, de trascendental importancia para los intereses políticos y comerciales de nuestra Unión. La dominante posición que ocupa en el golfo de Méjico y en el mar de las Antillas, el carácter de su población, el lugar que ocupa en la mitad del camino entre nuestra costa meridional y la isla de Santo Domingo, su vasto y obligado puerto de La Habana, que hace frente a una larga línea de nuestras costas privadas de la misma ventaja, la naturaleza de sus producciones, y la de sus necesidades propias, que sirve de base a un comercio inmensamente provechoso para ambas partes, todo se combina para darle tal importancia en la suma de nuestros intereses nacionales, que no hay ningún otro territorio extranjero que pueda comparársele, y que nuestras relaciones con ella sean casi idénticas a las que ligan unos con otros los diferentes estados de nuestra Unión.

Tan fuertes son, en verdad, los vínculos que unen a esta última con la mencionada Isla, vínculos geográficos, comerciales y políticos, formados por la naturaleza, fomentados y fortalecidos gradualmente con el transcurso del tiempo y cerca ahora, a lo que parece, de llegar al punto de madurez, que cuando se eche una mirada hacia el curso que tomarán probablemente los acontecimientos en los próximos cincuenta años, casi es imposible resistir a la convicción de que la anexión a Cuba a nuestra República federal será indispensable para la continuación de la Unión y el mantenimiento de su integridad.

Es obvio, sin embargo, que para ese acontecimiento no estamos todavía preparados, y que a primera vista se presentan numerosas y formidables objeciones contra la expansión de nuestros dominios territoriales dejando el mar por medio (…) Pero hay leyes de gravitación política como las hay de gravitación física: y así como una manzana separada de su árbol por la fuerza del viento no puede, aunque quisiera, dejar de caer en el suelo, así Cuba, una vez separada de España y rota la conexión artificial que la liga con ella, e incapaz de sostenerse por sí sola, tiene que gravitar necesariamente hacia la Unión norteamericana, y hacia ella exclusivamente, mientras que la Unión misma, en virtud de la propia ley, le será imposible dejar de admitirla en su seno. [1]

La visión sobre la importancia estratégica de apropiarse de la Isla, atendiendo a su privilegiada posición geográfica y sus potencialidades económicas, políticas y comerciales, puede considerarse como la esencia del postulado central de la geopolítica de Estados Unidos hacia Cuba en toda su historia. Fue precisamente Quincy Adams quien redactó unos meses después de ese mismo año la denominada “Doctrina Monroe”, formulada bajo la frase “América para los americanos”, que como es bien conocido en la práctica significó “América para los estadounidenses”.

Un recuento necesario

El interés de disputarse el dominio sobre Cuba con marcado interés geopolítico, surge en el contexto de las guerras de rapiña europea en el continente americano, durante los siglos XVI, XVII y XVIII. Los principales imperios de la época pugnaron por apropiarse de la anhelada Llave del Nuevo Mundo, debido a su privilegiada posición geográfica por el acceso a las más importantes vías de comunicación y a las rutas comerciales del Caribe, la calidad de sus puertos y su ubicación para el establecimiento de puntos defensivos de la región. La Isla se debatía entre el medieval imperio español, la apetencia de poder de la metrópoli francesa y las ambiciones capitalistas de la potencia británica.

Los ingleses durante el proceso de establecimiento de sus Trece Colonias -las que se convirtieron en la segunda mitad del siglo XVIII en Estados Unidos de América- proyectaron sus aspiraciones de arrebatarle al Reino de España su codiciada colonia en la Mayor de las Antillas. Un precedente importante y que permite descifrar el interés que representa Cuba para Estados Unidos lo constituye el pensamiento geopolítico de los principales exponentes de los grupos de poder estadounidenses, destacándose entre ellos los primeros gobernantes y otras figuras influyentes, conocidos como los “Padres Fundadores”.

En apretada síntesis véase las proyecciones expansionistas hacia Cuba de algunos “Padres Fundadores”:

En 1767, una década antes de que las Trece Colonias inglesas declararan su independencia, Benjamín Franklin, había recomendado al secretario de Estado para los asuntos coloniales de Inglaterra, fundar un asentamiento en Illinois para que, ante un posible conflicto armado, sirviera de puente para descender hasta el golfo de México y luego tomar Cuba.

En 1783 John Adams, quien llegó a desempeñarse posteriormente como segundo presidente de Estados Unidos (1797-1801), en una carta había escrito que era casi imposible resistir a la convicción de que la anexión de Cuba a la República Federal sería indispensable para la continuación de la Unión.

En 1805 Thomas Jefferson, tercer presidente estadounidense (1801-1809), dijo al ministro británico en Washington, que Estados Unidos podría apoderarse de Cuba en caso de guerra con España, cuya posesión era necesaria para la defensa de Luisiana y Florida.

En 1810 James Madison, cuarto presidente estadounidense (1809-1817) le indicó a su ministro en Londres, que trasladara a las autoridades de ese país la importancia de la posición de Cuba para el comercio y la seguridad de Estados Unidos y que, aunque pudieran permanecer inactivos, no podrían ser espectadores satisfechos de su caída en poder de cualquier gobierno europeo.

En 1823 James Monroe, quinto presidente estadounidense (1817-1825), en carta enviada a Jefferson precisó que la adquisición de Cuba para la Unión sería de la mayor importancia para la tranquilidad interna, tanto como para la prosperidad y engrandecimiento de Estados Unidos.

A dos siglos de su aplicación

Resulta evidente que todos esos postulados influyeron en la proyección ideológica de John Quincy Adams hacia Cuba para la teoría de la “fruta madura”, quien dos años después asumiría como sexto presidente de Estados Unidos (1825-1829). Desde entonces, la gran mayoría de sus gobiernos intentaron apoderarse de la Isla y emplearon diversos métodos para lograr tales propósitos. A modo de resumen pudieran mencionarse los más significativos durante los 200 años transcurridos:

Intentos de compra y anexión, intervención armada y ocupación militar, imposición de un apéndice de la Constitución, usurpación de su territorio e instalación de una base militar permanente, establecimiento de regímenes dictatoriales, realización de acciones de sabotajes, introducción de plagas y enfermedades, organización de atentados contra sus principales dirigentes, múltiples acciones terroristas con un saldo de miles de víctimas mortales e incapacitados, aislamiento político internacional y regional; bloqueo económico, comercial y financiero; ruptura de las relaciones diplomáticas, creación y apoyo a bandas armadas, transmisiones radiales y televisivas ilegales, ejecución de programas subversivos financiados con miles de millones de dólares, los que invierten en la actualidad en las redes sociales de internet para desestabilizar a la nación cubana.

Todas esas acciones están suficientemente documentadas por la historiografía contemporánea y han formado parte de las políticas públicas y encubiertas de los diferentes gobiernos norteamericanos contra Cuba. Es válido también reconocer que, a pesar de tanta hostilidad, al pueblo cubano lo unen lazos históricos, culturales y familiares con el estadounidense.

En los diferentes periodos de historia común entre ambos países, han existido simpatías hacia la Isla de diversos sectores de la sociedad, figuras de los gobiernos y congresos en Estados Unidos. No obstante, han sido desplazadas generalmente por fuerzas de extrema derecha anticubana que se han opuesto a cualquier acercamiento y normalización de las relaciones bilaterales.

De ahí que siempre y cuando permanezca la misma clase política estadounidense alternándose en el poder, mantendrán la obsesión de volver a tener en sus manos la codiciada “fruta madura” que disfrutaron durante 60 años y que le fue arrebatada por la Revolución triunfante de 1959. A dos siglos de aquella teoría podemos afirmar que la esencia del conflicto bilateral entre ambos países perdura en el tiempo: Anexionismo vs. Independencia, Hegemonía vs. Emancipación, Dominación vs. Soberanía.

Fuente:

[1] José I. Rodríguez: «Estudio histórico sobre el origen, desenvolvimiento y manifestaciones prácticas de la idea de la anexión de la isla de Cuba a Estados Unidos», La Habana, 1900, pp. 57-59. En: Eduardo Torres-Cuevas: En busca de la cubanidad, Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 2006, t. I, p. 176.

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