Il Bin Laden d’America Latina…

Hernando Calvo Ospina

Cinque anni fa moriva, in Florida, il Bin Laden dell’America Latina, Luis Posada Carriles, un terrorista di origine cubana, benché la grande stampa mondiale lo abbia trattato, semplicemente, come un “notorio anticastrista”. Se n’è andato senza pagare per tutti i suoi crimini poiché un protetto dal governo USA, in particolare dalla CIA e dalla famiglia Bush.

Divenne noto in tutto il mondo quando si seppe che era stato uno degli autori intellettuali dell’esplosione dell’aereo della Cubana de Aviación, il 6 ottobre 1976, con 73 passeggeri a bordo, poco dopo il decollo dall’aeroporto Seawell di Barbados. Fu catturato in Venezuela, dove lavorava per i servizi di sicurezza di quel paese. Dopo aver trascorso alcuni anni in prigione, la CIA lo aiutò a fuggire e lo portò in America Centrale per collaborare alla guerra del terrore che Ronald Reagan, e il suo vicepresidente George Bush padre, intrapresero contro il Governo sandinista del Nicaragua nella decade dell’80.

Ecco alcuni altri dettagli delle azioni di questo terrorista, così come i nomi di alcuni dei suoi protettori e complici (*)

Posada Carriles era stato reclutato dalla CIA nel 1960. In un’intervista al New York Times, del 12 luglio 1998, disse: “La CIA ci ha insegnato tutto… tutto. Come usare gli esplosivi, come uccidere, fabbricare bombe… ci addestrarono ad atti di sabotaggio”.

Fu uno dei selezionati per partecipare alle operazioni speciali contro Cuba. Dopo la Crisi dei Missili si arruolò nell’esercito USA, graduandosi come ufficiale.

Non sono pochi gli investigatori che lo collocano come un altro dei partecipanti al complotto che pose fine alla vita del presidente Kennedy. La CIA lo collega alla Rappresentanza Cubana in Esilio, RECE, un’organizzazione che riceveva importanti contributi finanziari dalla società del rum Bacardí (1). Dopo la Crisi dei Missili, l’obiettivo iniziale del RECE era preparare una massiccia aggressione contro Cuba, ma tutto si è concluso con azioni terroristiche contro la popolazione civile.

Posada Carriles lascia la RECE per recarsi in Venezuela. Racconta nella sua autobiografia che nel 1969 è incorporato nei servizi di sicurezza politica di quel paese, su indicazione della CIA. “Alcuni di noi furono raccomandati a diversi governi, per agire come istruttori del personale nel campo della lotta antisovversiva o come consiglieri in materia di sicurezza nazionale”. (2)

In Venezuela giunse a ricoprire la carica di Commissario Capo nella DISIP. “Dalla mia posizione ho combattuto senza tregua i nemici della democrazia venezuelana”. Il che significò la tortura e la morte di molti cittadini dell’opposizione, non solo armata.

Pur continuando a mantenere contatti diretti, nel 1974 si svincola ufficialmente dalla DISIP per creare una propria società di sicurezza, per la quale si reca negli USA per acquisire il materiale necessario.

Irangate e Contragate

 

Il 7 ottobre 1986, le autorità sandiniste presentarono alla stampa un prigioniero di nome Eugene Hasenfus. Il giorno dopo, il quotidiano ufficiale Barricada pubblica in prima pagina, a tutta pagina, una foto che farà il giro del mondo. Un giovanetto dai lineamenti indigeni, con una croce al collo e una divisa verde oliva tirava una corda. Aveva legato per le mani un uomo biondo, alto e corpulento.

Hasenfus era stato l’unico sopravvissuto. Il razzo portatile aveva colpito l’aereo da trasporto militare, tra l’incredulità dei miliziani nicaraguensi che lo avevano sparato. Il velivolo precipitò a terra prima senza che gli altri due statunitensi avessero il tempo di lanciarsi con il paracadute. Tutti e tre i veterani dell’Air America e membri della squadra che sganciava rifornimenti militari ai Contras. Era il 5 ottobre, vicino al confine con il Costa Rica.

Nonostante la notizia suonasse come un’esplosione nel cuore del potere di Washington, da Reagan in giù si cercò di non darle importanza e di non mostrare interesse, cominciando a negare qualsiasi responsabilità. Questo atteggiamento doveva durare alcuni giorni.

Le autorità nicaraguensi mostrarono diversi documenti che compromettevano la CIA, trovati tra i rottami dell’aereo. La stampa USA scoprì la casa di sicurezza di Hasenfus a San Salvador e un’agenda con il numero diretto dell’ufficio di North a Washington, di Secord in Virginia e del capo della stazione CIA presso l’ambasciata del Costa Rica.

Le dichiarazioni del mercenario, veterano del Vietnam, peggiorarono le cose. Ad esempio, disse che i suoi capi in El Salvador erano due ufficiali della CIA di nome “Max Gómez” e “Ramón Medina”. Gli stessi giornalisti si incaricarono di scoprire che quelli erano gli pseudonimi di Félix Rodríguez e Luis Posada Carriles.

Lo scandalo prese forma: alti funzionari della Casa Bianca e della CIA stavano apparentemente lavorando a un’operazione segreta proibita dal Congresso. Inoltre, in questa azione illegale era coinvolto Posada Carriles, un uomo che si diceva funzionario della Agenzia, ma implicato nell’esplosione di un aereo civile ed evaso da un carcere venezuelano.

Nella sua autobiografia (3), Posada ricorda che, poco dopo la cattura di Hasenfus, «Appaio sulla prima pagina del Miami Herald, di Miami». Narrò che in El Salvador si produsse un gran clamore, perché la stampa internazionale individuò “due delle case dove abitano i piloti e hanno rilevato anche la mia”. E in questa frase il terrorista conferma il grado di comando che gli era stato dato a Ilopango: “Proibii ai nordamericani di uscire di casa”.

Un terremoto si converte in disgrazia per gli abitanti di San Salvador, ma aiuta i mercenari della CIA a distogliere l’attenzione della stampa. “Abbiamo sfruttato bene il tempo, racconta Posada, abbiamo trasferito tutto il personale, circa 30 uomini, alla Base di Ilopango. L’aviazione [salvadoregna] mi prestò camion e personale militare in divisa, e quella notte abbiamo spostato scatole di documenti, scollegato le radio e le grandi antenne sui tetti. Le armi e tutto il materiale sensibile furono trasferiti e depositati presso la Base Aerea”.

Come Posada Carriles fosse arrivato sin lì, e altre intimità vissute a Ilopango, non erano solo raccontate in quel libro. Secondo un documento declassificato dall’FBI, due “agenti speciali” di quell’organismo interrogarono Posada il 3 febbraio 1992. (4) Pur essendo ricercato per terrorismo ed evasione, l’incontro avvenne nella stessa ambasciata USA a Tegucigalpa. Lì disse loro che “[Félix] Rodríguez e altri amici cubani lo aiutarono a lasciare il Venezuela e trasferirsi in El Salvador”.

In questo paese gli consegnarono documenti con un altro nome e l’autorizzazione a portare qualsiasi tipo di arma, iniziando a lavorare per il “Progetto di rifornimento” della Contra, dalla fine del 1985. Seppe che Chichí Quintero era una specie di “manager”, tanto che “andava avanti e indietro tra Washington e San Salvador, portando denaro e istruzioni”. Quelli dell’FBI annotano che Posada “memorizza che il denaro mai sembrò un problema”.

Il Bin Laden latino, perdonato

 

Durante i primi mesi dell’Iran-Contras, Luis Posada Carriles divenne un incubo per il vicepresidente Bush. Nessuno gli credeva che non sapesse della partecipazione del terrorista all’operazione per rifornire armi alla Contras. Era necessario che scomparisse dalla scena pubblica, cosa che si ottenne con la complicità dei governi di El Salvador, Guatemala e Honduras. Ma Washington sapeva sempre dove fosse, come lo dimostra l’intervista fattagli da due agenti dell’FBI, nel 1992, all’interno dell’ambasciata USA a Tegucigalpa.

Nel 1997 a L’Avana si verifica un’ondata di attentati dinamitardi contro hotel e siti turistici. Diverse persone rimangono ferite e un giovane italiano rimane ucciso. Le autorità cubane detengono due centroamericani come responsabili materiali. Confessano di aver agito per ordine di Posada Carriles. Il 12-13 luglio 1998, il New York Times pubblicò una lunga intervista con quell’ex ufficiale della CIA, un uomo dello Strike Team, da un luogo segreto che risultò essere Aruba.

Il quotidiano affermava che “per la prima volta Posada descriveva il ruolo che ebbe in alcuni episodi importanti della Guerra Fredda”. Precisando che la veridicità delle sue dichiarazioni potevano essere confermate in documenti ufficiali declassificati, e che le autorità USA avevano chiuso gli occhi affinché Posada potesse avere libertà nelle sue attività.

Tra le cose che Posada raccontò, con totale cinismo, e che causarono un certo scalpore negli USA, c’era il fatto che la Fondazione Nazionale Cubano-Americana, la FNCA, aveva finanziato gli attentati. Va notato che quasi tutti i massimi dirigenti di questa organizzazione estremista hanno avuto legami con i servizi di sicurezza di quel paese, risalenti al tentativo di invasione di Cuba dalla Baia dei Porci. La Fondazione è stata uno strumento politico del Partito Repubblicano e dei Bush, e diverse indagini hanno mostrato la sua complicità con diversi dei terroristi che hanno agito per lo Strike Team. La società di rum Bacardi ha avuto una grande influenza su questa Fondazione.

Posada ammise al NYT la sua responsabilità intellettuale per gli attentati all’Avana, che qualificò come “atti di guerra” e un modo per fomentare dubbi sulla stabilità dello Stato cubano e delle sue Forze Armate. Del cittadino morto disse: “Quell’italiano era nel posto sbagliato, nel momento sbagliato”. Né quello né gli altri crimini commessi durante la sua attività terroristica turbano la sua coscienza: “dormo come un bambino”.

“Come potete constatare, il terrorista continuò a dire ai giornalisti, l’FBI e la CIA non mi danno fastidio, e io sono neutrale davanti a loro. Quando posso aiutarli, lo faccio”. Li riconobbe avere passaporti di quattro nazionalità con nomi diversi. Uno di essi era USA, che usava “occasionalmente” per recarsi “ufficialmente” in quel paese.

Sulla base delle informazioni fornite dalle autorità cubane, il 17 novembre 2000, Posada Carriles è arrestato a Panama City insieme a Gaspar Jiménez, Pedro Remón e Guillermo Novo Sampol. Tutti veterani della CIA, del Progetto Cuba e dello Shock Team. Stavano preparando un attentato all’Università per il giorno successivo, quando il presidente Fidel Castro si sarebbe rivolto a più di mille studenti. Sarebbe stato un massacro. Il dirigente cubano era arrivato a Panama per partecipare al X Vertice Iberoamericano.

Il 20 aprile la giustizia panamense condannò Posada Carriles e Gaspar Jiménez a otto anni di carcere per reati contro la sicurezza pubblica, pericolo comune e falsificazione di documenti. Gli altri furono condannati a sette anni. Ma la presidentessa Mireya Moscoso li indultò per “motivi umanitari”, il 26 agosto 2004, cinque giorni prima di cedere il mandato. Due aerei giunsero a prenderli dagli USA. Posada si recò in un paese centroamericano, e gli altri entrarono direttamente in Florida senza incontrare grossi impedimenti. Come si apprese poco dopo, Posada disponeva di documenti rilasciati dall’ambasciata USA a Panama. L’intervento diretto del governo di George Bush Jr.

Nel marzo 2005, il terrorista entrò illegalmente in territorio USA dal Messico. Inizialmente, tramite il suo avvocato, chiese asilo politico al fine di evitare la richiesta di estradizione subito presentata dal Venezuela, dove era latitante. Nonostante ciò, ancora a maggio il Dipartimento di Stato affermava che Posada non si trovava negli USA. Ma il 17 di quel mese il Miami Herald intervistò Posada da qualche parte in Florida. Non essendoci alternativa, lo stesso giorno fu arrestato con l’accusa di ingresso illegale nel territorio USA.

Senza dirlo direttamente, in molte occasioni Posada Carriles “ha fortemente suggerito che se parlava poteva causare gravi problemi all’FBI, alla CIA, al governo e… al clan Bush”. (5)

Ecco perché non fu così strano che nel gennaio 2006 il governo di Bush figlio annunciasse la possibilità di rilasciare il terrorista su cauzione. E si rese effettivo il 19 aprile 2007, dopo che i suoi amici depositarono $ 350000. A niente servirono gli appelli internazionali per finalizzare la sua estradizione, o un processo per terrorismo. Il manto dell’impunità copriva un altro membro dello Shock Team. Ancora una volta uno del clan Bush lo stava estendendo. E nel bel mezzo della presunta “guerra al terrorismo”.

Il 27 agosto 2008, il presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya, denunciò che nel gennaio 2006 l’ambasciatore USA in questo Paese, Charles Ford, aveva presentato una richiesta affinché si concedesse un visto a Posada Carriles. In altre parole, la Casa Bianca aveva cercato l’alternativa che si accogliesse il terrorista in quel Paese, se le procedure “legali” si fossero complicate per lui per restare negli USA. “Era impossibile dare un visto a Luis Posada Carriles, quando era una persona investigata per atti di terrorismo. Difendono quel tipo di terrorismo, lo so per certo”, ha sottolineato Zelaya.

Così, a Miami, Posada Carriles diventava vicino di diverse persone coinvolte nel terrorismo dello Shock Team, come Orlando Bosch, l’altro responsabile intellettuale dell’attentato terroristico contro l’aereo commerciale di Cubana de Aviación. Si tornava a dimostrato che Washington ha terroristi buoni e terroristi cattivi, a seconda di quanto dettano i loro interessi.

“Sig. Bush, cosa sa lei di Luis Posada?”

 

In una sessione speciale del Senato, tra le domande che il legislatore Tom Harkin rivolse all’assente Vicepresidente Bush, le stesse rimaste senza risposta, vi sono: (6)

Perché la Task Force per Combattere il Terrorismo, da lei diretta, non indagò le accuse di connessioni di Posada con l’operazione segreta di rifornimento dei Contras? […]

Se il signor Posada, che era un compagno di lavoro di uno stretto collaboratore del vicepresidente [riferendosi a Rodríguez] e un alleato di lunga data del consigliere per la sicurezza nazionale del signor Bush […] abbia potuto sfuggire al controllo della Task Force per il Terrorismo del Vicepresidente, poi, occorre chiederci su quali altri terroristi internazionali il Vicepresidente non si sia preso la briga di indagare […]

“Sembra che lei trovi certi tipi di terrorismo internazionale meno offensivi, o almeno meno degni di indagine, di altri. […] È difficile combattere il terrorismo quando i terroristi sono amici di uno dei suoi “buoni amici”, e sono parte di un’operazione illegale che si realizza sotto il suo stesso naso […]”.


El Bin Laden de América Latina…

Por: Hernando Calvo Ospina

Hace 5 años murió en La Florida el Bin Laden de América Latina, Luis Posada Carriles, un terrorista de origen cubano, aunque la gran prensa mundial lo trató simplemente de “notorio anticastrista”. Se fue sin pagar por todos sus crímenes al ser un protegido del Gobierno de Estados Unidos, en particular por la CIA y la familia Bush.

Fue conocido mundialmente cuando se supo que había sido uno de los autores intelectuales de la voladura del avión de Cubana de Aviación, el 6 de octubre de 1976, con 73 pasajeros a bordo, poco después de haber despegado del aeropuerto Seawell de Barbados. Fue capturado en Venezuela, donde trabajaba para los servicios de seguridad de ese país. Luego de estar en prisión unos pocos años, la CIA lo ayudó a fugarse y lo llevó hasta Centroamérica para que colaborara en la guerra de terror que Ronald Reagan y su vicepresidente George Bush, padre, adelantaron contra el Gobierno sandinista de Nicaragua en la década de los ochenta.

Aquí algunos otros detalles del accionar de este terrorista, así como los nombres de algunos de sus protectores y cómplices (*)

Posada Carriles había sido reclutado por la CIA en 1960. En una entrevista al New York Times el 12 de julio de 1998 decía: “La CIA nos lo enseñó todo… todo. Cómo usar explosivos, cómo matar, hacer bombas… nos entrenaron en actos de sabotaje”.

Fue de los seleccionados para participar de las operaciones especiales contra Cuba. Luego de la Crisis de los Misiles se enroló en el ejército estadounidense, graduándose de oficial.

No son pocos los investigadores que lo ubican como otro de los participantes en el complot que terminó con la vida del presidente Kennedy. La CIA lo vincula a la Representación Cubana en el Exilio, RECE, organización que recibía importantes aportes financieros de la empresa ronera Bacardí (1). Después de la Crisis de los Mísiles, la RECE tenía como objetivo inicial preparar una masiva agresión a Cuba, pero todo quedó en acciones terroristas contra la población civil.

Posada Carriles deja la RECE para viajar a Venezuela. Cuenta en su autobiografía que en 1969 es incorporado a los servicios de seguridad política en ese país, por indicaciones de la CIA. “Unos pocos fuimos recomendados a diferentes gobiernos, para actuar como instructores de personal en el campo de la lucha antisubversiva o como asesores en materia de seguridad nacional.” (2)

En Venezuela llegó a ocupar el cargo de Comisario Jefe en la DISIP. “Desde mi posición combatí sin tregua a los enemigos de la democracia venezolana”. Lo que significó la tortura y muerte a muchos ciudadanos de la oposición, no solo armada.

Aunque seguía guardando el contacto directo, en 1974 se desvincula oficialmente de la DISIP para crear su propia empresa de seguridad, para lo cual viaja a Estados Unidos a adquirir el material necesario.

Irangate y Contragate

El 7 de octubre de 1986, las autoridades sandinistas presentaron a la prensa un prisionero llamado Eugene Hasenfus. Al día siguiente, el diario oficial Barricada publicaba en primera página, a toda plana, una foto que daría la vuelta al mundo. Un jovencito de rasgos indígenas, con cruz al cuello y uniforme verde olivo halaba una cuerda. Llevaba amarrado por las manos a un hombre rubio, alto y corpulento.

Hasenfus había sido era el único sobreviviente. El cohete portátil había impactado en el avión de transporte militar, ante la incredulidad de los milicianos nicaragüenses que lo dispararon. La nave se precipitó a tierra sin dar tiempo a los otros dos estadounidenses de saltar en paracaídas. Todos tres veteranos de Air América, y miembros del equipo que lanzaba pertrechos militares a la Contra. Fue el 5 de octubre, cerca de la frontera costarricense.

Aunque la noticia se sintió como una explosión en el corazón del poder en Washington, de Reagan para abajo se trató de no darle importancia o manifestar interés, empezando por negar cualquier responsabilidad. Esta actitud iba a durar unos pocos días.

Las autoridades nicaragüenses mostraron varios documentos que comprometían a la CIA, hallados entre los destrozos del avión. La prensa estadounidense descubrió la casa de seguridad de Hasenfus en San Salvador, y una agenda con el numero directo de la oficina de North en Washington, de Secord en Virginia, y el del jefe de la estación de la CIA en la embajada de Costa Rica.

Las declaraciones del mercenario, veterano de Vietnam, empeoraron las cosas. Por ejemplo, dijo que sus jefes en El Salvador eran dos oficiales de la CIA llamados “Max Gómez” y “Ramón Medina”. Los mismos periodistas se encargaron de averiguar que esos eran los alias de Félix Rodríguez, y Luis Posada Carriles.

El escándalo tomó forma: Altos funcionarios de la Casa Blanca y de la CIA, aparentemente trabajaban en una operación secreta prohibida por el Congreso. Además, en tal acción ilegal tenían involucrado Posada Carriles, un hombre que se decía oficial de la Agencia, pero implicado en la voladura de un avión civil y evadido de una cárcel venezolana.

En su autobiografía (3), Posada recuerda que poco después de ser capturado Hasenfus, “Aparezco en la primera plana del periódico Miami Herald, de Miami”. Narró que en El Salvador se produjo un gran alboroto, debido a que la prensa internacional ubicó “dos de las casas donde viven los pilotos y también detectan la mía”. Y en esta frase el terrorista confirma el grado de mando que se le había dado en Ilopango: “Prohibí a los norteamericanos que salieran de la casa”.

Un terremoto se convierte en la desgracia para los pobladores de San Salvador, pero ayuda a los mercenarios de la CIA al distraer la atención de la prensa. “Aprovechamos bien el tiempo, dice Posada, trasladamos a todo el personal, unos 30 hombres, a la Base de Ilopango. La fuerza aérea [salvadoreña] me prestó camiones y personal militar uniformado y, esa noche, trasladamos cajas de documentos, desconectamos las radios y las grandes antenas de los techos. El armamento y todo el material sensible fueron trasladados y almacenados en la Base Aérea”.

El cómo Posada Carriles había llegado hasta ahí, y otras intimidades vividas en Ilopango, no solo lo contó en ese libro. Según un documento desclasificado por el FBI, dos “agentes especiales” de ese organismo entrevistaron a Posada el 3 de febrero de 1992. (4) A pesar de estar buscado por terrorismo y evasión, el encuentro sucedió en la propia embajada estadounidense en Tegucigalpa. Ahí les contó que “[Félix] Rodríguez y otros amigos cubanos lo ayudaron a salir de Venezuela y reubicarse en El Salvador”.

En este país le entregaron documentos con otro nombre y autorización para portar cualquier tipo de armas, empezando a trabajar para el “Proyecto de suministros” de la Contra desde fines de 1985. Conoció que Chichí Quintero era una especie de “gerente”, por lo que “iba y venía entre Washington y San Salvador, trayendo dinero e instrucciones.” Los del FBI anotan que Posada “guarda en su mente que el dinero nunca pareció ser un problema”.

El Bin Ladem latino, perdonado

Durante los primeros meses del Irán-Contras, Luis Posada Carriles se convirtió en una pesadilla para el vicepresidente Bush. Nadie le creía que no supiera de la participación del terrorista en la operación de aprovisionamiento de armas a la Contra. Era necesario que desapareciera de la escena pública, lo que se logró con la complicidad de los gobiernos de El Salvador, Guatemala y Honduras. Pero Washington siempre supo donde se encontraba, como lo probó la entrevista que le hicieran dos agentes del FBI, en 1992, dentro de la embajada estadounidense en Tegucigalpa.

En 1997 una ola de atentados con bombas contra hoteles y sitios turísticos tiene lugar en La Habana. Varias personas resultan heridas y un joven italiano muere. Las autoridades cubanas detienen a dos centroamericanos como responsables materiales. Ellos confiesan que han actuado bajo las órdenes de Posada Carriles. El 12 y 13 de julio de 1998, el New York Times publicó una extensa entrevista con ese exoficial de la CIA, hombre del Equipo de Choque, desde un lugar secreto que resultó ser Aruba.

Decía el diario que “por la primera vez, Posada describía el papel que él había jugado en ciertos episodios importantes de la Guerra Fría.” Precisando que la veracidad de sus declaraciones se podía confirmar en documentos oficiales desclasificados, y que las autoridades estadounidenses habían cerrado los ojos para que Posada pudiera tener libertad en sus actividades.

Entre las cosas que contó Posada con total cinismo, y que causaron cierto revuelo en Estados Unidos, estaba el que la Fundación Nacional Cubano Americana, FNCA, había financiado los atentados. Es de anotar que la casi totalidad de máximos directivos de esta organización extremista han tenido vínculos con los servicios de seguridad de ese país, que vienen desde la tentativa de invasión a Cuba por Bahía de Cochinos. La Fundación ha sido un instrumento político del Partido Republicano y de los Bush, y varias investigaciones han demostrado su complicidad con varios de los terroristas que han actuado para el Equipo de Choque. En esta Fundación la empresa ronera Bacardí ha tenido gran influencia.

Posada admitió al NYT su responsabilidad intelectual en los atentados en La Habana, a los que calificó de “actos de guerra”, y una forma de fomentar la duda sobre la estabilidad del Estado cubano y sus Fuerzas Armadas. Sobre el ciudadano muerto dijo: “Ese italiano estaba en el mal lugar, en el mal momento”. Ni ese ni los otros crímenes cometidos durante su actividad terrorista le molestan la conciencia: “duermo como un bebé”.

“Como lo pueden constatar, siguió diciendo el terrorista a los periodistas, el FBI y la CIA no me molestan, y yo soy neutro ante ellos. Cuando puedo ayudarles, lo hago”. Les reconoció tener pasaportes de cuatro nacionalidades con diferentes nombres. Uno de ellos era estadounidense, el cual utilizaba “ocasionalmente” para ir a ese país “oficialmente”.

A partir de información entregada por las autoridades cubanas, el 17 de noviembre del 2000 Posada Carriles es detenido en la ciudad de Panamá junto a Gaspar Jiménez, Pedro Remón y Guillermo Novo Sampol. Todos veteranos de la CIA, del Proyecto Cuba y el Equipo de Choque. Estaban preparando un atentado en la Universidad para el día siguiente, cuando el presidente Fidel Castro se dirigiera a más de mil estudiantes. Sería una mortandad. El dirigente cubano había llegado a Panamá para participar en la X Cumbre Iberoamericana.

El 20 de abril la justicia panameña condenó a Posada Carriles y Gaspar Jiménez a ocho años de prisión por delitos contra la seguridad pública, peligro común, y falsedad de documentos. Los otros fueron sentenciados a siete años. Pero la presidente Mireya Moscoso los indultó por “razones humanitarias” el 26 de agosto del 2004, cinco días antes de entregar su cargo. Dos aviones llegaron por ellos desde Estados Unidos. Posada viajó a un país centroamericano, y los demás entraron directamente a la Florida sin encontrar mayores impedimentos. Según se supo poco después, Posada tenía documentos expedidos por la Embajada estadounidense en Panamá. La intervención directa del gobierno de George Bush hijo.

En marzo del 2005 el terrorista ingresó de manera irregular a territorio estadounidense desde México. Inicialmente, por intermedio de su abogado, solicitó asilo político con el fin de evitar el pedido de extradición solicitado inmediatamente por Venezuela, de donde es prófugo de la justicia. A pesar de ello, aún en mayo, el Departamento de Estado aseguraba que Posada no estaba en Estados Unidos. Pero el día 17 de ese mes el Miami Herald entrevistó a Posada en un lugar de la Florida. Como no hubo alternativa, ese mismo día fue detenido bajo el cargo de ingreso ilegal al territorio estadounidense.

Sin decirlo directamente, en muchas ocasiones Posada Carriles “ha sugerido fuertemente que si hablaba podía causar graves problemas al FBI, a la CIA, al gobierno y… al clan Bush”. (5)

Por eso no fue tan extraño que en enero del 2006 el gobierno de Bush hijo anunciara la posibilidad de liberar bajo fianza al terrorista. Y se hizo efectivo el 19 de abril del 2007, después que sus amigos depositaron 350 000 dólares. Nada importaron los llamados internacionales para concretar su extradición, o un juicio por terrorismo. El manto de la impunidad cubría a otro miembro del Equipo de Choque. Nuevamente uno del clan Bush lo extendía. Y en medio de la supuesta “guerra contra el terrorismo”.

El 27 de agosto del 2008 el presidente de Honduras, Manuel Zelaya, denunció que en enero del 2006 el embajador de Estados Unidos en este país, Charles Ford, había presentado una solicitud para que se le concediera visa a Posada Carriles. O sea, la Casa Blanca había buscado la alternativa de que se recibiera en ese país al terrorista, si los procedimientos “legales” se complicaban para que se quedara en Estados Unidos. “Era imposible darle una visa a Luis Posada Carriles, cuando era una persona cuestionada por actos de terrorismo. Ellos defienden ese tipo de terrorismo, me consta a mí”, subrayó Zelaya.

Así, en Miami, Posada Carriles pasaba a ser vecino de varios involucrados en terrorismo del Equipo de Choque, como Orlando Bosch, el otro responsable intelectual del atentado terrorista contra la nave comercial de Cubana de Aviación. Se volvía a comprobar que Washington tiene terroristas buenos y terroristas malos, según lo dicten sus intereses.

“Sr. Bush, ¿qué sabe usted acerca de Luis Posada?”

En una sesión especial del Senado, entre las preguntas que le realizó el legislador Tom Harkin al ausente vicepresidente Bush, las mismas que quedaron sin respuesta, están: (6)

¿Por qué la Fuerza de Tarea para Combatir el Terrorismo, que usted encabezaba, no investigó las acusaciones de las conexiones de Posada con la operación secreta de abastecimiento a los Contras? […]

Si el Sr. Posada, quien era compañero de trabajo de un cercano asociado del Vicepresidente [se refiere a Rodríguez] y un aliado por mucho tiempo del asesor de seguridad nacional del Sr. Bush […] pudo escapar del escrutinio de la Fuerza especial para el Terrorismo del Vicepresidente, entonces, necesitamos preguntarnos a qué otros terroristas internacionales no se ha molestado en investigar el Vicepresidente […]

“Parece ser que usted encuentra ciertos tipos de terrorismo internacional menos ofensivos, o al menos, menos dignos de investigación que otros. […] Es duro luchar contra el terrorismo cuando los terroristas son amigos de uno de sus “buenos amigos”, y son parte de una operación ilegal que se lleva a cabo bajo sus propias narices […].”

(*) Apartes tomados del libro de Hernando Calvo Ospina: El Equipo de Choque de la CIA. El Viejo Topo, Barcelona 2010.

  1. Calvo Ospina, Hernando. Ron Bacardí. La guerra Oculta. Ed. Red de Consumo Solidario. Madrid, 2000. Ver también: Vargas Llosa, Álvaro. El Exilio Indomable. Ed. Espasa. Madrid, 1998.
  2. Posada Carriles, Luis. Los caminos del Guerrero. Autobiografía. Sin editor conocido, ni país de publicación. Agosto, 1994.
  3. Idem
  4. FBI. Expediente # IC-600-1. Fecha de transcripción: Washington, 07/02/1992.
  5. Lemoine, Maurice. “Posada Carriles (Luis)”. Le Monde Diplomatique . París, abril 2008.
  6. Acta del Senado Jueves, 22 de septiembre de 1988 (Día legislativo del Miércoles, 7 de septiembre de 1988) Congreso 100, Segunda Sesión. Acta del Congreso 134 S 13037. Referencia: Vol. 134, No. 131. Washington DC
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