Otto anni di Revolución Ciudadana in Ecuador

Federica Zaccagnini http://albainformazione.com

ecuadorCome recuperare il ruolo dello Stato e finanziare la spesa sociale.

Un modello per l’Europa?

Si può passare da politiche liberiste orientate al pagamento del debito estero, ad uno Stato presente che nella propria costituzione sancisce una economia sociale e ‘solidaria’ e, riconosce l’iniziativa privata, pubblica e comunitaria? Si, si può.

In Ecuador, si sono celebrati a gennaio, nella neonata “Città della Conoscenza-Yachay”, otto anni di Revolución Ciudadana. Il governo presieduto dall’economista di sinistra Rafael Correa, PhD in economia, scout, ammiratore di Papa Francesco, che parla oltre allo spagnolo, quichua, francese e inglese, ha realizzato molti degli impegni elettorali che si era preposto.
Questo sarà un anno di prova per l’Ecuador della Revolución Ciudadana. Mentre sinora la revolución democratica di Correa ha potuto godere di un favorevole andamento del prezzo del petrolio, la decisione dell’OPEC di ridurre il prezzo dell’oro nero, potrebbe incidere fortemente sulle politiche espansive intraprese dal governo di Correa, finanziate con esportazioni di petrolio, ma non solo come vedremo successivamente.
Dall’Ecuador, si può trarre un insegnamento importante: si può passare da politiche liberiste orientate al pagamento del debito estero, ad uno Stato presente che nella propria costituzione sancisce una economia sociale e solidaria e, riconosce l’iniziativa privata, pubblica e comunitaria. La grande sfida di conciliare azione pubblica con efficienza ed efficacia è forse l’aspetto più interessante del processo ecuadoriano.
Senza soffermarci nella descrizione della storia recente dell’Ecuador è importante ricordare che a seguito di una profonda crisi economica, che ha martirizzato la popolazione per un decennio, nel 2000 il governo di Mahuad (agosto ’98-gennaio 2000) decide de dollarizzare l’economia (il dollaro statunitense è ancora oggi l’unica moneta nazionale). Si trattò di una risposta monetaria a un problema inflazionistico che derivava piuttosto da problemi strutturali di una economia basata sull’esportazione di materie prime, di una società arretrata con alta povertà umana (1)  e in gran parte determinati dalle condizionalità imposte al paese dagli organismi internazionali (2), dal servizio del debito, ma anche dalla corruzione dei governanti.
L’assenza dello Stato poteva essere letta in alcuni indicatori come il 63% della popolazione povera (secondo la misurazione delle necessità di base insoddisfatte) e, una disuguaglianza sempre in aumento (3). Anche la crescita dell’economia era inesistente se non negativa; la disoccupazione relativamente alta, ma soprattutto la sottoccupazione oscillava attorno al 40-50%, mentre i tassi di interessi rispecchiavano la sfiducia dei risparmiatori nel sistema bancario (ciò si fa ancor più evidente a causa del “feriado bancario” (chiusura delle banche), quando i depositi vennero congelati per consentire il passaggio dalla moneta nazionale, il sucre, al dollaro USA. Tale manovra implicò la perdita dei risparmi della classe media ecuadoriana, a causa della svalutazione che il governo Mahuad realizza giusto prima di dollarizzare e proprio durante il congelamento dei depositi).                                                                                                                                                                                                                                                     Correa vince in un paese destabilizzato socialmente e politicamente, finanziato dall’esportazione del petrolio greggio e dalle rimesse di circa due milioni e mezzo di migranti principalmente in Usa, Spagna ed Italia. Famoso diventa il suo discorso basato sul “Socialismo del Secolo XXI, fatto dai latinoamericani per i latinoamericani senza schemi importati”, sul superamento dell’individualismo, sulla fine della supremazia del mercato sugli interessi dell’essere umano, sul recupero del ruolo dello Stato, sulla liquidazione dei vecchipolitiqueros.
Di questi otto anni di governo ci focalizziamo essenzialmente sul recupero dello Stato e su come questo sia stato permesso anche da nuove fonti di finanziamento.
La pianificazione economica
Il pilastro decisivo su cui poggia tutto il processo della Revolución Ciudadana è il recupero della pianificazione economica: dal 2007 al 2017 il governo ha disegnato tre Programmi nazionali per lo sviluppo ed il Buen vivir che arrivano a proporre un progetto sociale ed economico ambizioso, che punta al 2030 (4). Alla chiusura dei periodi stabiliti dai programmi, viene effettuata una valutazione sul raggiungimento degli obiettivi e vengono aggiustati di conseguenza gli obiettivi del periodo successivo. Nell’ultimo programma ad esempio si stabiliscono 12 obiettivi di medio lungo periodo (supportati da strategie e obiettivi intermedi) che possiamo dividere in obiettivi di tipo sociale, concernenti la sovranità nazionale e delle risorse energetiche e di tipo economico. Per quanto concerne il primo gruppo, si punta al rafforzamento della struttura democratica dello Stato e alla partecipazione sociale, tanto nell’ambito dell’applicazione delle norme costituzionali, come nello spirito comunitario proprio della società ecuadoriana. Si vuole proseguire nel cammino della lotta all’iniquità, inteso come accesso al reddito e l’eliminazione delle sperequazioni storiche basate sulla discriminazione etnica.
Una particolare menzione merita l’obiettivo di garantire dignità al lavoro, in tutte le sue forme, continuando un percorso iniziato con l’eliminazione della terziarizzazione del lavoro, con l’obbligatorietà per i datori di lavoro di iscrizione al sistema sanitario e previdenziale pubblico dei propri dipendenti, con l’innalzamento dei salari minimi degli “ultimi” (domestiche, guardie private, polizia, maestri, …), la raggiunta uguaglianza tra salario minimo e copertura del paniere familiare di consumi di base, eccetera.
Con lo stesso documento di pianificazione, mentre si punta a rafforzare l’identità nazionale e la sovranità, in politica estera si punta anche a rafforzare l’integrazione regionale e l’inserimento strategico nel mondo (leggi: diversificazione delle relazioni internazionali -politiche e commerciali).
Dal punto di vista economico il miglioramento della qualità della vita compatibile con il concetto del socialismo del Buen Vivir si basa sul rafforzamento delle capacità delle persone, l’abbandono della concezione dell’essere umano come fattore produttivo, e, l’investimento sul talento umano delle persone, come unità di una nuova società basata sulla conoscenza. Da ciò deriva l’importante obiettivo del cambiamento della struttura produttiva: passare da una economia prevalentemente basata sull’esportazione delle materie prime ad una economia basata sulla conoscenza. Quest’ultimo è al centro della pianificazione economica a partire dal 2007, ma tarda a vedersi in maniera concreta. Anche se a partire dal 2017 l’Ecuador raggiungerà l’autosufficienza in termini di energia elettrica – importante settore per la sostituzione delle importazioni – ed ha già sviluppato un piccolo ma solido settore di alimentare di nicchia, l’antica tappa dell’industrializzazione (prevista nella prima programmazione economica) come passaggio intermedio per giungere all’economia della conoscenza è stata quasi sorpassata. Infatti possiamo prevedere con ragionevole certezza che grazie ai forti investimenti in tutto il settore dei saperi si potrebbe raggiungere direttamente la tappa finale.
La stabilità politica
La pianificazione economica sarebbe stata inutile nel far west istituzionale in cui si trovava il paese prima dell’attuale governo. Rafael Correa è, infatti, eletto presidente nel 2006, a seguito di 10 anni in cui si sono susseguiti nove presidenti, alcuni dei quali cacciati dalle proteste popolari. Con l’attuale presidenza si può riscontrare un sostanziale mantenimento del consenso popolare, e una sostanziale stabilità sociale. L’accettazione del presidente Correa, che pur riceve manifestazioni di protesta, è dimostrata dalla vittoria in sei tornate elettorali (presidenziali del 2006, del 2009 e del 2013; elezione dei membri dell’ Assemblea Costituente e successiva approvazione della Costituzione, con vittorie meno schiaccianti, in alcuni degli undici quesiti del Referendum del 2011). C’è da dire però che il processo subisce alcune battute d’arresto, infatti, alle ultime elezioni amministrative di un anno fa, il movimento Alianza Pais perde le principali città (particolarmente gravi due perdite: Quito e Cuenca)(5). La stabilità politica, dunque, si trasforma in un punto di partenza per il governo della Revolucion Ciudadana.
Come si finanzia la “mano visibile” dello Stato?
Si parla molto del successo economico del governo della Revolución Ciudadana, ma anche del successo in termini di trasformazione della società (accesso a istruzione, salute pubblica, rete viale, opere pubbliche, produzione di energetica). Ma come ha potuto un paese in via di sviluppo, sommerso dal debito estero, finanziare tutto questo? Grazie ad alcune politiche realmente rivoluzionarie, l’Ecuador ha visto crescere le risorse a disposizione dello Stato per realizzare politiche sociali e grandi investimenti. E’ dunque chiaro che sebbene l’andamento del prezzo del petrolio abbia contribuito notevolmente alle entrate dello stato, ancor di più hanno influito le decisioni della politica, e pertanto, la gestione del Governo e la decisa interferenza dello Stato.
Rispettando l’impegno elettorale preso con i cittadini, Correa e il gruppo degli economisti a lui vicini, in testa a tutti Ricardo Patiño (attuale ministro degli esteri, ma a quell’epoca ministro dell’economia), appena insediati al governo, convocano una commissione dell’audit del debito, e, dopo aver analizzato l’origine e le condizioni delle varie fonti di credito ricevuto, decidono di sospendere  i pagamenti di quei debiti che venivano considerati illegali o illegittimi. Successivamente convocheranno anche ad una subasta inversa di Global Bond ad un prezzo massimo e a tempo determinato, e, ricompreranno il 93,5% degli stessi. Con questa manovra che rappresenta anche un grande atto di sovranità nazionale, vengono liberati otto miliardi di dollari e viene stravolta la proporzione del reddito nazionale che veniva utilizzata per pagare il debito e quella destinata alla spesa sociale. Nel 2006 il pagamento del debito impegnava il 24% del bilancio nazionale, nel 2012 questo ammontare è sceso al 4%.
Anche grazie alla rinegoziazione dei contratti petroliferi con le compagnie multinazionali, non solo si generano altre entrate da utilizzare per l’ “investimento” sociale (in Ecuador non si parla di spesa sociale, ma di “investimento” sociale), ma si stravolgono le relazioni di potere tra stato, dunque collettività e capitale. Anche qui troviamo un ribaltamento: se prima nelle casse dello Stato entrava solo il 13% delle entrate lorde ricavate dalla vendita del greggio, oggi entra l’87%.
Il terzo filone delle riforme che portano più denaro nelle casse dello Stato, è la riforma fiscale. A parte una serie di nuove imposte di tipo ambientale, che colpiscono soprattutto la ricchezza, la riforma fiscale è orientata alla creazione di una cultura impositiva. Uno strumento è costituito anche dalla possibilità di verificare on line del pagamento delle tasse di ogni cittadino. La rigida politica fiscale permette un incremento degli introiti statali: si passa dai circa 22 miliardi di dollari del periodo compreso tra il 2000 ed il 2006 ai 60 miliardi e 600 milioni nel periodo compreso tra il 2007 ed il 2013.
Da ultimo, ma senza esaurire tutte le interessanti novità del processo ecuadoriano, con la “legge di ridistribuzione della spesa sociale” del gennaio 2013, le banche debbono finanziare il 54% dell’incremento del bono de desarrollo humano (un sussidio di 50 dollari alle famiglie più povere), e sono inoltre costrette a rinunciare ad una imposizione fiscale di favore, mentre aumenta la tassazione sui loro attivi tenuti all’estero (passando dallo 0,08% al 0,25% mensile), percentuale che aumenta per quelle banche con filiali nei paradisi fiscali.
Novità di questi giorni, verranno ridotti tutti i salari dei funzionari statali di alto livello (anche quelli di nomina politica come ministri, viceministri etc.) che guadagnano a partire dai 6000 dollari mensili per finanziare una missione medica in tutto il paese.
Alcune critiche vengono sollevate al processo ecuadoriano, le più appassionanti sono quelle critiche che vengono dalla sinistra del governo, da ex membri dello stesso, che discutono il modello di sviluppo che si persegue. La critica più consistente è quella del tradimento degli ideali iniziali, determinati da uno spostamento a destra, e da un tradimento dei movimenti e degli ideali ecologisti. Di fatto è necessario considerare il punto di partenza del paese, quello descritto all’inizio di questo articolo, e nella valutazione non è possibile non considerare quello ecuadoriano come un “processo” in continua evoluzione in cui le relazioni di forza dentro lo stesso governo determinano una maggiore o minore spinta alla radicalizzazione.
In effetti, tutta la critica a sinistra si è riunita sotto un cartello elettorale che ha raggiunto appena il 3%, ma è chiaro che queste critiche possono avere molto più successo dal punto di vista della teoria politica, perché  indicano senz’altro un cammino di rivoluzione ecologica meraviglioso, ma compiono lo stesso errore teorico dei liberisti classici, partono da una descrizione del mondo basato su ipotesi irreali, e se pur nella teoria si compie la tesi desiderata, nell’esercizio del governo sarebbe suicida non tenere conto dei rapporti di forza storicamente consolidati nel paese, e voler scardinarli tutti e subito. Non c’è da dimenticare, che solo un grande appoggio popolare, unito da una alleanza tra le classi sociali, è la chiave del successo di una rivoluzione democratica, che avviene anch’essa non senza attacchi dei poteri forti che controllano i mezzi di comunicazione, e, che deve fare i conti con la politica estera (palese e non palese) degli Stati Uniti.
Fonti:
(1) Misurazione della povertà basata sul concetto dello sviluppo umano, così come la definisce l’UNDP, considerando oltre al reddito anche altri indicatori concernenti la speranza di vita e l’alfabetizzazione.
(2) Austerità, taglio della spesa pubblica, privatizzazione, controllo monetario e tutto ciò che è ben noto nell’attualità del vecchio continente.
(3) Infatti nei dieci anni dal 1995 al 2005, si dimezza la già esigua porzione di reddito (4%) a disposizione del 20% della popolazione più povera, mentre aumenta di otto punti percentuali quella a disposizione del 20% dei più ricchi, mentre il 60% della classe media perde progressivamente accesso al reddito nazionale in forma sempre più consistente.
(4) Plan Nacional de desarrollo 2007-2010; Plan Nacional para el buen vivir 2009-2013; Buen Vivir Plan Nacional 2013-2017.
(5) In quest’ultimo caso non è verificata l’accettazione popolare al Presidente perché non si tratta di elezioni presidenziali, e vari analisti politici, così come lo stesso Correa, riconoscono come causa principale di questa disfatta (la perdita di Quito e Cuenca principalmente) la gestione del  Movimento Alianza Pais, che in effetti sta vivendo in questi ultimi mesi una profonda ristrutturazione e riorganizzazione.

 

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