Cuba. La reale condizione di gay, lesbiche e transessuali

 

 

Rosalba Carena, portavoce nazionale Pasolini 25 luglio 2003

 

 

 

Domenica 20 luglio alle ore 17, presso l’Ambasciata di Cuba a Roma, si è tenuto un’incontro riguardante la vita, i problemi e le discriminazioni dei gay, delle lesbiche e dei transessuali a Cuba.


Quest’incontro era stato richiesto dal Pasolini – Coordinamento gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e transgender (glbtt) del Partito dei Comunisti Italiani e da Informagay – Associazione storica del movimento gay italiano.


All’incontro ero presente io per il Pasolini ed a nome di Informagay e Fabrizio Casari (Responsabile dei rapporti con l’America Latina del Partito dei Comunisti Italiani). Per il governo cubano erano presenti Hugo Ramos Milanés (consigliere politico), José Carlos Rodriguez Ruiz (consigliere culturale), Elvira Pena Hernandez (addetta stampa) accompagnati da Mariela Castro Espin, presidente del Centro Nazionale di Educazione Sessuale.


L’incontro, volto ad ottenere dai rappresentanti del governo cubano chiarimenti sulla reale situazione degli omosessuali e, nel contempo, finalizzato a gettare le basi per una collaborazione tra le due associazioni glbtt italiane e gruppi omosessuali cubani, è stato cordiale e proficuo.

 

 

Informazioni minime necessarie



E’ stato chiarito che a Cuba non esiste nessuna legge che discrimina i gay, le lesbiche e/o i transessuali. I cubani hanno definito “vecchio e superato da trent’anni” quanto apparso nell’appello di Arcigay, diffuso per protestare contro la manifestazione del 28 giugno in favore di Cuba. Nell’appello dell’associazione si scriveva che : “….l’art. 303 del Codice Penale tuttora in vigore punisce con un anno di carcere chi rende pubblica la propria omosessualità, così come chi fa "avances amorose omosessuali". Questo impedisce agli omosessuali cubani di rendersi visibili, vivere liberamente la propria identità e le proprie relazioni.

In realtà, il Codice Penale (consultabile all'indirizzo:
http://www.gacetaoficial.cu) all’art. 299 stabilisce punizioni severe per l’omosessualità quando esercitata con violenza e/o intimidazione, o quando la vittima sia persona privata della ragione ed incapace di resistere. Posizione riconfermata anche dal successivo art. 300, che punisce l’abuso lascivo di una persona del proprio o dell’altro sesso quando ricorre la circostanza prevista dal comma 1 dell’art. 298 (che sancisce pesantemente i rapporti sessuali con minori). L’art. 303 prevede invece la reclusione da tre mesi ad un anno per chi molesta, con allusioni sessuali sul luogo di lavoro, un subordinato (punto a); chi offende il pudore e il buon costume con esibizioni o atti osceni (punto b); chi produce e mette in circolazione film, giornali, pubblicazioni e quant’altro risulti osceno e tenda a degradare i costumi (punto c). Da tutto ciò si evince che la situazione è, a livello giuridico, assolutamente diversa da quanto dichiarato da Arcigay.

Certo, in passato la legislazione cubana prevedeva - come altri paesi del mondo e dell’Europa stessa - norme fortemente discriminatorie nei confronti di omosessuali e transessuali, ma da oltre venti anni non è più così. A Cuba, come altrove, nel corso dei decenni sono state apportate modifiche sostanziali che possono essere così riassunte:

 

1975: la Corte Suprema Cubana annulla la Risoluzione n. 3 del Consiglio della Cultura (sostituito successivamente dal Ministero della Cultura) che applicava la dichiarazione del Congresso Culturale del 1971, che limitava gli omosessuali nel campo dell’arte e dell’educazione.

 

1979: il nuovo Codice Penale depenalizza l’omosessualità.

 

2002: viene proclamata la nuova Costituzione, dove all’art. 42 si stabilisce che “ogni discriminazione causata da razza, sesso, colore della pelle, origini nazionali, credo religioso e qualsiasi altra causa lesiva della dignità umana è punita a norma di legge” e che “le istituzioni statali hanno il compito di educare tutti i cittadini al principio dell’uguaglianza d’ogni essere umano”.

 

Infine, secondo un’ONG statunitense operante sul tema dei diritti umani, Cuba è oggi uno dei pochi paesi dove si registrano solo limitate violazioni dei diritti degli omosessuali ed il Centro Nazionale di Educazione Sessuale è stato attivato con il compito prioritario di riuscire a combattere un atteggiamento molto forte e presente in tutta l’America Latina, fondato sui pregiudizi, i tabù e la difficoltà di un glbtt ad interagire con la propria famiglia e con una società machista e patriarcale (problematica tipica dei paesi di cultura latina, Italia compresa).


Nel 1981 il libro “In Difesa dell’Amore” della dottoressa Sigfried Schnabi, la quale afferma che “l’omosessualità non è un infermità ma una variante della sessualità umana”, non solo non subì assolutamente alcuna censura del governo, ma ha ottenuto e ottiene un enorme successo editoriale, risultando uno dei libri più venduti a Cuba.

 

Inoltre a Cuba un transessuale, che abbia effettivamente iniziato un percorso per il cambiamento di sesso, può ottenere il nuovo documento d’identità ancora prima di effettuare l’operazione (in Italia lo si ottiene – se va bene - sei mesi dopo l’operazione).

Infine, ma non meno importante, il Centro Nazionale di Educazione Sessuale sta collaborando con gruppi di gay e di lesbiche al fine di aiutarli a migliorare la propria condizione sociale e familiare.

 

 

Alcune brevi considerazioni



Dopo quest’incontro, dopo aver letto attentamente la Costituzione, il Codice Penale e il Codice Civile della Repubblica Cubana, mi domando come è possibile che siano state scritte tante menzogne sulla presunta discriminazione degli omosessuali.


Non è vero che non esistono gruppi di glbtt: è vero che non sono costituiti come le associazioni qui in Italia, ma si riuniscono e lavorano senza che questo non venga loro assolutamente impedito.

Non è vero che un  glbtt finisce in galera a causa del proprio orientamento sessuale.


Non è vero che i rapporti omosessuali siano contrastati e puniti per legge.


Certamente è contrastata in maniera dura ogni prostituzione, anche quella omosessuale, com’è contrastato duramente ogni atto di pedofilia: questo, a mio avviso, è assolutamente giusto.

 

Tutto quello che è stato scritto su Cuba, su come fossero discriminati gli omosessuali, sono cose successe nei primi anni della Rivoluzione e sarebbe stupido negarlo, ma da molti anni non è più così.

Ciò non significa che i cubani siano la patria della tolleranza e del rispetto verso le differenze sessuali. Un popolo all’interno del quale convivono il sincretismo religioso e la laicità del pensiero, che rivendica le sue radici culturali, religiose, i suoi costumi e le appartenenze di ogni popolo importato con la forza dalla storia del colonialismo europeo, risente tanto delle sue idiosincrasie come della multiculturalità dettata dalla sua storia. La liberalità dei suoi comportamenti sessuali risente anche di questo, in una convivenza a volte contraddittoria e curiosa della libertà sessuale accompagnata da pregiudizi di natura sessuofobica. Non sarebbe difficile conoscere persone assolutamente evolute sotto il profilo del rispetto e del riconoscimento di ogni sessualità; contemporaneamente, non mi stupirebbe incontrare un cubano/a che odi gli omosessuali, che li consideri devianti, da curare o da punire: questo succede ovunque, perché l’atteggiamento dell’essere umano nei confronti dell’orientamento sessuale è vario. Se però il tema è il presunto legame tra sistema politico e intolleranza per i diritti civili, allora sarà bene ricordare che, in alcuni Stati degli Usa, solo in questi giorni è stato abolito il reato di sodomia, precedentemente punito con pene durissime, anche se praticato tra le mura di casa.


Per dipanare ogni dubbio, oltre al caso degli Usa, è opportuno citare altri paesi – su tutti l’Iran o l’Egitto, quest’ultimo autentico bastione della democrazia occidentale in Medio Oriente - dove forse esistono leggi che discriminano e prevedono pene forti nei confronti di persone omosessuali.
L’Irlanda, come l’Italia, sono paesi in cui formalmente non esistono leggi che ci discriminano, ma dove la cultura popolare non permette certamente un’esistenza facile alle persone glbtt. Formalmente poi neanche tanto, dal momento che è stato recentemente varato un Decreto Legge che prevede nel campo del lavoro non solo discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, ma anche dovute al credo religioso, ad handicap fisici, psichici e addirittura alle proprie convinzioni personali.


Vi sono infine altri paesi dove vigono leggi che tutelano le coppie glbtt, ma sono leggi ottenute dopo anni di battaglie e di lotte legali anche dure e difficili, affiancate da battaglie culturali che non sempre si sono vinte.

 

Dopo queste informazioni che ho avuto su Cuba e sulla legislazione cubana in merito ai glbtt mi sorge spontanea una domanda: ma qual era il vero scopo di tutta questa propaganda contro Cuba? Era quello di fare abolire leggi discriminanti nei confronti dei glbtt? Mi spiace ma vi siete svegliati con qualche trentennio di ritardo… Ci hanno pensato da soli!

 

Sarei ipocrita se dicessi di credere che personaggi del calibro di Franco Grillini e Sergio Lo Giudice, da anni a capo della più grande associazione gay italiana e vicini al più grande partito della sinistra italiana, possano aver lanciato una così acre battaglia contro il sistema socialista cubano senza aver a loro volta reperito informazioni sulla legislazione cubana vigente. Pertanto sono indotta a credere che un simile accanimento, proprio in occasione di dure prese di posizione da parte del partito Ds, abbia un valore meramente proditorio, atto a tener il bordo al partito di riferimento dell’organizzazione Arcigay, i Ds per l’appunto. Una sorta di contributo associativo (dovuto?) alla forsennata e isterica campagna dei Ds contro Cuba.

Un simile atteggiamento, oltre a ledere l’autonomia e la laicità dell’Arcigay, scredita fortemente a livello nazionale ed internazionale questa associazione, attualmente l’unica ad avere un “potere contrattuale” per difendere i diritti delle persone glbtt in Italia. Sarebbe importante che detti dirigenti intraprendessero, come il coordinamento Pasolini ed Informagay, la strada del dialogo con le istituzioni cubane, riformulando i propri pesanti e menzogneri giudizi sulla base di dati reali. Si tratta di dialogare per aiutare i glbtt a Cuba, non il Dipartimento di Stato Usa contro l’isola.


Il coordinamento Pasolini, in collaborazione con Informagay, è pronto a contattare i gruppi glbtt cubani per fornire il giusto sostegno alle loro battaglie, così come accetta l’invito al dialogo ed alla cooperazione proposto dal Centro Nazionale di Educazione Sessuale della Repubblica Cubana. Su questo tema è in fase di avviamento un progetto per un percorso comune con il gruppo glbtt della Pds tedesca e la porta sarà aperta a tutti quei partiti - e a quelle associazioni - che desidereranno, senza prese di posizioni ideologiche e preconcette contro il sistema, di apportare miglioramenti alle condizioni di vita delle persone glbtt a Cuba, come nel resto del mondo.

Sarebbe davvero bizzarro, dopo una vita spesa ad esigere rispetto per le nostre diversità, negare rispetto per un diverso sistema politico e sociale.


Credo che chiunque di noi, se realmente ha a cuore i diritti civili, debba abbandonare la supponenza occidentale di vivere nella migliore società del pianeta e saper comprendere i contesti in cui operare, tenendo presente che noi non siamo portatori di civiltà, ma portatori di rispetto delle differenze, delle diversità, delle civiltà e delle culture altrui dalle quali abbiamo ancora molto da imparare!