Washington, 27 ottobre 2004, B. Marolo

 

 

Torture, Amnesty accusa

 

la Casa Bianca

 


 

A una settimana dalle elezioni americane, Amnesty International ha denunciato la responsabilità di George Bush per la tortura dei prigionieri. “Il governo americano – accusa un nuovo rapporto dell’organizzazione umanitaria – ha citato la nostra documentazione sulle torture in Iraq quando gli faceva gioco per giustificare l’invasione. Però, quando le indicazioni di abusi riguardavano agenti americani, ha rifiutato di prendere in considerazione le preoccupazioni delle organizzazioni internazionali”.

Il rapporto pubblicato mercoledì è la posizione più severa da parte di una istituzione imparziale contro il modo in cui gli Stati Uniti conducono la guerra al terrorismo. Theresa Richardson, portavoce di Amnesty, ha sostenuto che la decisione di uscire allo scoperto contro Bush non ha nulla a che vedere con le elezioni del 2 novembre. Tuttavia ha sottolineato che l’organizzazione umanitaria è rimasta delusa per il fatto che lo scandalo delle torture non è stato menzionato nei dibattiti tra George Bush e John Kerry. “Crediamo – ha detto – che questa sia l’ultima occasione per attirare l’attenzione dei candidati su un tema così importante. La prevenzione della tortura è una questione di volontà politica. Chiediamo ai due candidati di impegnarsi per la nomina di una commissione di inchiesta indipendente e l’adozione di misure efficaci contro la tortura”.

In America l’appello di Amnesty ha ottenuto scarso risalto sui giornali e nei notiziari televisivi. L’impatto sulle elezioni potrebbe essere limitato. Lo scandalo delle torture ha provocato una fiammata di indignazione dopo la pubblicazione delle fotografie, ma durante la campagna elettorale l’opposizione ha lasciato cadere la polemica e l’attenzione del pubblico è stata dirottata verso altri argomenti.

Per questo Amnesty si è rivolta a entrambi i candidati e ha chiesto che si faccia luce sugli abusi commessi, non soltanto in Iraq, ma in Afghanistan e nel campo di prigionia di Guantanamo. “Molte domande – sottolinea il rapporto – rimangono senza risposta e le direttive (del governo americano) che facilitano le torture rimangono in vigore. L’impegno di rispettare i diritti umani, ribadito più volte dal governo americano, suona vuoto di fronte al fatto che non vi è stata una svolta dopo lo scandalo di Abu Ghraib”.

Il rapporto presenta testimonianze e documenti sulle torture, e mette a confronto la retorica altisonante di Bush con la nuda realtà. Scrivono i relatori di Amnesty: “L’11 settembre 2001 il presidente George Bush dichiarò: ’L’America è stata scelta come obiettivo dell’attacco perché noi siamo il raggio più luminoso di libertà e di progresso nel mondo. Nessuno impedirà a questo raggio di continuare a risplendere’. Dopo tre anni, il catalogo di violazioni dei diritti umani commesse dagli agenti americani racconta una storia molto diversa”.

“La nostra documentazione – prosegue il rapporto – dimostra nei confronti della tortura una strategia con due facce. Gli Stati Uniti hanno proclamato la loro opposizione alla tortura in pubblico, mentre in privato cercavano il modo in cui il loro presidente potesse ordinarla e i loro agenti praticarla sfuggendo alle norme penali internazionali… Il governo americano ha affermato ripetutamente che il rispetto dei diritti umani è la strada per la pace e la sicurezza, ma le condizioni in cui detiene i suoi prigionieri e il modo in cui li interroga suggeriscono che considera un ostacolo i diritti fondamentali dell’uomo”.

“Nella migliore delle ipotesi – accusa Amnesty International – il governo americano ha creato le condizioni per la tortura e per un trattamento crudele, inumano e degradante dei prigionieri, abbassando le misure di prevenzione ed evitando di rispondere adeguatamente alle denunce di Amnesty e di altre organizzazioni. Nella peggiore delle ipotesi, ha autorizzato tecniche di interrogatorio contrarie al suo impegno di rifiutare la tortura e rispettare le leggi internazionali”.

Il rapporto insiste sul fatto che gli Stati Uniti si ritengono in diritto di calpestare le norme di cui si dichiarano custodi e che pretendono di imporre al resto del mondo: “Vi è una tendenza, tra i militari americani, a descrivere con nomi gentili le conseguenze della guerra e della violenza: le uccisioni di civili diventano ‘danni collaterali’, la tortura e il trattamento crudele dei detenuti diventano ‘tecniche energiche’ i prigionieri fatti sparire diventano ‘detenuti fantasma’. Si inventano nomi accettabili per le violazioni dei diritti umani in modo da poterle tollerare. Il governo americano ha dimostrato una riluttanza notevole nel chiamare torture i fatti avvenuti ad Abu Ghraib”.

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