Bush

e gli umani

senza diritti

 

 

Vanessa Redgrave ha manifestato davanti alla Casa

Bianca coni familiari dei prigionieri di Guantanamo

 

Nicanor León Cotayo

 

Il caso dei prigionieri concentrati nella base militare imposta da Washington a Guantanamo, mette a nudo la vera faccia della guerra contro il terrorismo che Bush dichiara di voler combattere.

 

Se in principio questi prigionieri restarono più o meno al di fuori dalla “notorietà”, oggi suscitano sentimenti di allarme in molti luoghi del mondo.

 

Quasi tutti sono stati arrestati in Afganistan; due anni fa erano 650 ma adesso sono alcuni in meno e generalmente sono catalogati come “sospetti di vincoli con il terrorismo organizzato” senza processo e avvocati difensori.

 

Un giornale britannico, il The Guardian, ha pubblicato il 22 febbraio scorso l’ultima testimonianza di prigionieri che sono stati rinchiusi per un anno a Guantanamo.

 

È impossibile ascoltarli senza pensare con orrore ai campi di concentramento nazisti, perché, come ha segnalato il francese Nizar Sassi, in quel luogo nessuno ha il diritto di avere dei diritti!

 

Il pachistano Mohamed Dsaghir ha dichiarato che: “Durante il primi mese e mezzo non ci hanno mai lasciato parlare con nessuno e tanto meno pregare nella nostra cella. Ci davano dieci minuti per mangiare e quando ho voluto pregare mi hanno picchiato in cinque!”

 

Le denunce si ripetono a decine per i maltrattamenti che soffrono più di 600 persone che, secondo le fonti, provengono da 40 paesi e parlano 18 lingue diverse.

 

L’attrice nordamericana Vanessa Redgrave ha partecipato alcuni giorni fa a Washington con i familiari dei prigionieri a una manifestazione realizzata davanti alla Casa Bianca, per denunciare i brutali maltrattamenti sofferti dai detenuti.

 

Vanessa ha affermato che: “Tutto questo è una chiara violazione dei diritti umani ed ha aggiunto che è impossibile un mondo sicuro se si usano metodi di terrorismo per combattere i terroristi!”

 

Un altro partecipante alla manifestazione, il noto attivista britannico Terry Withe, ha detto alla stampa che tenere dei detenuti in gabbie è un fatto crudele, proibito dagli accordi internazionali.

 

Lo scorso 11 marzo sono giunti a Londra cinque prigionieri britannici che sono stati detenuti per due anni nella base di Guantanamo. Tutti sono stati liberati immediatamente quando sono giunti nel loro paese perchè nemmeno le autorità degli USA li consideravano pericolosi, nemmeno in tutto il periodo in cui li hanno tenuti in carcere senza processo e senza la possibilità di rivolgersi a un avvocato difensore.

 

Forse per questo il segretario degli interni inglese, David Blunkett, ha criticato le condizioni imposte dalla Casa Bianca a questi prigionieri.

 

Il Parlamento Europeo ha firmato una relazione con la quale chiede a Washington di far terminare questo “limbo giuridico” che esiste sin dal gennaio del 2002 e garantire l’acceso immediato alla giustizia.

 

Il deputato olandese Ole Andreasen ha redatto questa relazione che aggiunge che la lotta contro il terrorismo internazionale si deve fare abbordando alla radice i tremendi problemi politici, sociali, economici ed ecologici del mondo di oggi.

 

Il Consiglio Nazionale delle Chiese degli Stati Uniti ha sollecitato il l8 dicembre del 2003 ai dipartimenti di stato e della difesa degli USA l’autorizzazione per conoscere la situazione dei prigionieri concentrati nella imposta base navale di Guantanamo.

 

Nel gennaio di quest’anno un funzionario del Pentagono, Jeffery Star, aveva notificato il rifiuto a questa richiesta assicurando che “i prigionieri venivano trattati umanamente, in linea con i principi della 3ª Convenzione di Ginevra del 1949.”

 

La richiesta dei religiosi, così respinta, diceva anche che erano preoccupati per lo stato fisico e mentale dei detenuti.

 

Vittime della detta lotta di Bush contro il terrorismo, il caso è divenuto un altro punto debole vergognoso e sudicio della già molto discussa credibilità dell’amministrazione di Washington.