MIAMI, LO SCALO PERICOLOSO


Benvenuti i terroristi....gli altri stiano attenti!

 

JEAN-GUY ALLARD (speciale per GI)  14 marzo 2005

 

Giovedì 26 agosto 2004, aeroporto di Opa-Locka, Miami. Tre dei terroristi più pericolosi del continente scendono dalla scaletta del loro Learjet privato, ricevendo gli applausi scroscianti di una delegazione di mafiosi cubanoamericani. Gli agenti dell’ICE (Inmigration and Custom Enforcement) assicurano loro un arrivo gradevole, assicurando che presto saranno nella loro casa.

 

I tre terroristi non sono sconosciuti: Gaspar Jiménez Escobedo, assassino del tecnico cubano Artaignán Díaz Díaz, in Messico; Pedro Crispín Remón Hernández, che uccise il diplomatico cubano Félix García Rodríguez, per la strada a New York e Guillermo Novo Sampol, partecipante all’assassinio dell’ex ministro degli Esteri cileno Orlando Letelier, solo per citare una piccola parte dei loro precedenti.

 

Arrivavano da Panama, dove erano detenuti per aver tentato di far saltare in aria un anfiteatro. Peggio ancora: Jiménez uscì dagli Stati Uniti con un passaporto nordamericano rubato e falsificato. Inoltre è latitante della giustizia messicana dove gli restano da scontare dodici anni di prigione.

 

Venerdì 25 febbraio 2005. L’Arcivescovo de L’Avana, Cardinale Jaime Ortega, arriva all’aeroporto di Miami in un volo charter con passaporto diplomatico del Vaticano e con un visto valido per più ingressi: viene richiamato bruscamente dagli agenti dell’ICE e portato in un ufficio dove viene interrogato nell’intento di aprire una "pratica di pericolosità" contro di lui.

 

Secondo il ‘Nuevo Herald’ di Miami, il Cardinale Ortega Alamino è stato trattenuto per tre ore nell’aeroporto da due funzionari dell’immigrazione che discutevano sul suo passaporto e sulle ragioni della sua visita negli USA.

 

" Un comunicato della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Cuba (COCC) ha poi reso noto che "Hanno voluto aprire una specie di pratica di pericolosità, che cominciava con una serie di domande alle quali ha rifiutato di rispondere".

 

Negando che il prelato sia stato vittima di maltrattamenti, un portavoce del Dipartimento di Sicurezza Territoriale ha commentato al quotidiano: "E’ stato trattato come tutti". E su questo ha ragione. Tutti si lamentano della situazione disastrosa dell’aeroporto di Miami che, proprio in questi giorni, è stato superato in quanto a numero di passeggeri dal suo rivale, l’aeroporto di Orlando.

SACCHI DI SABBIA E NIDI DI MITRAGLIATRICI

Già catalogato come il peggiore degli Stati Uniti, l’aeroporto di Miami ha fatto un ulteriore passo avanti nella sua decadenza nel gennaio 2004, con l’adozione delle nuove misure di sicurezza che stanno vessando severamente i suoi utenti. Per i passeggeri cubano-americani, questa decisione si aggiungeva a tutta una serie di misure intimidatorie decretate dall’Amministrazione Bush con il solo obiettivo di soddisfare il fanatismo esasperato delle cupole mafiose di Miami.

 

Un giovane visitatore spagnolo, di ritorno dagli USA, raccontava recentemente ad un quotidiano del suo paese: "Nell’aeroporto di Miami ho visto perfino sacchi di sabbia e nidi di mitragliatrici nei corridoi, oltre a blindati sulla pista d’atterraggio. Cose al di fuori della norma. Le misure di sicurezza sono le stesse che nel 2001. Non hanno niente a che vedere con quelle esistenti in qualsiasi altro aeroporto europeo".

 

Secondo una recente ricerca dell’agenzia di stampa finanziaria Bloomberg "i requisiti di sicurezza stabiliti da Washington costano al settore delle aerolinee statunitensi 100 milioni di dollari all’anno in introiti di passeggeri di provenienza internazionale".

 

"Le misure degli Stati Uniti per proteggere le frontiere comprendono più interrogatori e controlli di sicurezza, cosa che provoca ritardi ai passeggeri che qui fanno scalo per recarsi in altri paesi. Dall’agosto 2003, il Dipartimento di Sicurezza esige visti da 100 dollari ai passeggeri in transito dalla maggioranza dei paesi che non siano europeo-occidentali, l’Australia o il Giappone", segnala l’agenzia.

 

Il cambiamento nelle tendenze dei viaggi dimostra che i passeggeri internazionali hanno risposto all’indurimento delle restrizioni. "La gente cerca di evitare gli USA", afferma Ana Villalobos, addetta turistica dell’Ambasciata della Costa Rica a Londra. La Villalobos è stata fermata da un agente nell’aeroporto di Los Angeles nel 2003. Al vedere i bolli di Egitto e Turchia sul suo passaporto, i responsabili dell’immigrazione l’hanno interrogata.

 

Bruce Drum, direttore operativo aggiunto dell’aeroporto di Miami, ha detto a Bloomberg che la compagnia ‘Iberia’ ha cessato di utilizzare l’aeroporto internazionale di Miami come base per le destinazioni latinoamericane, a causa degli enormi ritardi dovuti alle questioni relative alla sicurezza. ‘Iberia’, che trasportava regolarmente 250.000 passeggeri all’anno attraverso Miami, ha eliminato uno dei suoi due voli quotidiani da Madrid ed ha cancellato tutti i voli di collegamento per l’America Latina a favore dei voli diretti per Madrid.

UN COLONNELLO LI VIGILA

Alcuni mesi fa, l’Ammiraglio James M. Loy, capo della Sicurezza dei Trasporti dl DHS, ha annunciato la nomina del Colonnello Richard B. Thomas a principale responsabile della Sicurezza dell’aeroporto di Miami. Il colonnello Thomas, prima di lavorare a Miami, era un officiale ‘senior’ dei servizi segreti della US Army.

 

La dedizione del colonnello Thomas si dimostra già nello schiacciante rigore con il quale vengono controllati i viaggiatori del principale aeroporto del South Florida. Per i cubano-americani che vengono alla loro terra di origine, il "trattamento" è doppiamente feroce.

 

Il Folletto, ben noto come commentatore di Radio Miami, ha descritto il trattamento ai viaggiatori dell’Isola con questo avvertimento: "Un gruppo di funzionari del Dipartimento del Tesoro, vestito con divise da combattimento dell’Esercito, lo crivellerà da domande e perquisizioni... Gli individui con faccia di bulli di rione, l’unica cosa che cercano è di innervosire i passeggeri, minacciandoli con un interrogatorio sulle volte che hanno viaggiato nel paese e quanti soldi portano nelle tasche, che vengono perquisite per verificare quello che dice il passeggero".

 

Sono così feroci gli agenti del Tesoro che hanno perfino interpellato Ana Tomé, una "trafficante" spagnola del Governo di Aznar, che era stata scoperta "casualmente" con 75.000 dollari nella valigia dopo aver fatto una visita ai membri della mafia di Miami, cioè coloro che controllano i fondi sporchi dell’US Agency for International Development e della National Endowment dor Democracy.

 

Storie del genere sono centinaia: Adriana Vidal, di Buenos Aires, è stata detenuta l’anno scorso, accusata del traffico di 65 libbre di cocaina, per un’etichetta che portava il suo nome per errore in una valigia che non era sua.

 

Il colmo dell’isteria è stato reso noto quando il mafioso Canal 23 ha rivelato como l’esecutivo di Unità Cubana e capo dell’Gruppo Tattico di Combattimento, José Victorero, un individuo legato a vari gruppi di terroristi anti-cubani, si vantava che la sua organizzazione disponeva di persone che "vigilavano" i passeggeri dei voli di Cuba nell’aeroporto di Miami.

 

Ci sono state delle dimostrazioni di isteria: David Rivera, rappresentante per quella città nel Congresso dello Stato della Florida e "socio intimo" di Condoleezz Rice, è andato personalmente nella sala di attesa dell’aeroporto per insultare con grida i passeggeri mentre distribuiva libelli di propaganda.

 

In un gruppo di discussione in Internet, un partecipante ha raccontato che ha visto in quel così vigilato aeroporto, un individuo"gridando ai poveri vecchietti che viaggiavano a Cuba, che sarebbero andati a prigione". E più recentemente, sono stati visti rappresentanti dello stesso sistema di sicurezza "multando" con 100 dollari i passeggeri per evitare loro una revisione drastica delle valigie...

NON RITORNO MAI PIÙ NEGLI USA

L’edizione digitale del 19 febbraio del quotidiano Khaleej Times, degli Emirati Arabi Uniti, racconta come il miliardario uomo d’affari saudi Fahd Faisal al-Moammar, ha smesso di viaggiare non solo a Miami ma anche negli USA.

 

In ottobre del 2002 è volato a Miami per risolvere degli affari.

 

"Quando l’agente d’immigrazione ha visto il mio passaporto, ha premuto il pulsante rosso", ha raccontato.

 

L’interrogatorio è durato due giorni e mezzo! Il negoziante saudita ha commentato alla pubblicazione che, già nel suo paese, quando andava a casa sua dall’aeroporto di Riyahd, ha ordinato all’autista di fermarsi accanto a una palma.

 

"Sono uscito dalla macchina, mi sono inginocchiato e ho baciato la terra", ha ricordato. Non è mai più ritornato negli USA, da dove tra l’altro ha ritirato gran parte dei suoi investimenti.