Il programma segreto

del viaggio di Rumsfeld


 

JUANA CARRASCO MARTÍN – 23 agosto

 

Il Presidente del Paraguay ha difeso le relazioni con Cuba e Venezuela

 

Asunción, 18 agosto - Il Presidente del Paraguay, Nicanor Duarte ha difeso leOlà Bush relazioni stabilite dal suo governo con Cuba e con il Venezuela di fronte al Segretario di Stato degli Stati Uniti, Donald Rumsfeld, come ha riferito il ministro alla difesa del Paraguay, Roberto González.

 

In un comunicato letto da González e diffuso da EFE si afferma che Duarte ha messo in rilievo di fronte a Rumsfeld l’importanza del supporto nell’ educazione che il suo paese riceve da Cuba e i benefici economici degli accordi energetici firmati con il Venezuela.

 

Siamo perfettamente d’accordo sulle necessità di costruire un’America del sud unita, con un maggior potere politico nelle decisioni mondiali, soprattutto nell’economia, le finanze, la distribuzione delle informazioni e delle conoscenze, segnala il testo diffuso un giorno dopo la visita ufficiale di Rumsfeld ad Asunción.

Si stanno incrementando i rapporti pubblici di Washington con i vicini latinoamericani e, seguendo la logica imperiale, esiste un programma

 segreto.

 

La visita recente più importante e di maggiore impegno nella zona geografica meridionale, l’ha appena fatta il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld nel suo quinto viaggio per la regione (il terzo in soli 10 mesi). Questa volta è stato in Paraguay e Perú, sospendendo la tappa uruguayana perchè era stato reso pubblico il programma di lavoro.

 

Da tempo l’interesse maggiore è la ricerca di territori dove installare le basi militari che permettano agli USA di avere a disposizione, se necessario, un contingente pronto per la guerra, in consonanza con l’attuale dottrina militare statunitense che già sta diventando una realtà in altre zone del mondo.

 

Il pretesto in questo emisfero è la lotta al narcotraffico, che Washington chiama narcoterrorismo. L’eufemismo nasconde l’idea di impossessarsi dei punti chiave nell’esteso, agitato e strategico cortile di casa che sembra sfuggire ai suoi artigli.

 

L’altro interesse di Rumsfeld corrisponde all’aumentata intenzione di demonizzare Cuba, come al solito, ma soprattutto di tirarvi dentro il Venezuela bolivariano. Quindi Washington ha inventato una presunta cospirazione dei presidenti Fidel e Chávez per "destabilizzare" il continente, nella quale il perverso apparato propagandistico statunitense non lascia fuori il popolare candidato alla presidenza della Bolivia, Evo Morales.

 

La Casa Bianca di Bush continua a raccontare menzogne senza rendersi conto che sono le necessità insoddisfatte dei popoli a rimuovere i governi e le società. La fame, le carenze, la disoccupazione, l’esclusione sociale, la mancanza di opportunità si stringono le mani nelle basi del malcontento. Ed è ridondante dire che lo sfruttamento secolare imposto dai monopoli, soprattutto statunitensi, ha provocato ed aggrava ogni giorno questa situazione.

 

Le dichiarazioni di Rumsfeld sono state pronunciate a Lima, alla fine del suo tour regionale: "È certamente evidente che tutti e due, Cuba e Venezuela, sono coinvolti nella situazione della Bolivia in modo distruttivo" e ha affibbiato al presidente Hugo Chávez una frase cliché affinché venga propagata ai quattro venti: "condotta destabilizzante antisociale" (There certainly is evidence that both Cuba and Venezuela have been envolved in the situation in Bolivia in unhelpful ways) (anti-social, destabilising behaviour).

 

Non per caso il viaggio di Rumsfeld è stato visto da molti non solo come un messaggio ai governi dell’Avana e Caracas - nonostante che i loro orecchi siano sordi alla prepotenza imperiale - , ma anche a chiunque mantenga rapporti normali o di vicinanza con la coppia rivoluzionaria, visto che a Washington da fastidio un’integrazione differente, solidale ed effettiva che non solo rende evidente la natura egoista e sfruttatrice degli Stati Uniti, ma che scuote anche i suoi interessi economici, politici e militari nella regione.

 

Il falco del Pentagono ha puntato questa volta agli anelli deboli e si è riunito non solo con i presidenti ma anche con i suoi colleghi, i ministri della Difesa. Ad Asunción di sicuro ha passato in rassegna la situazione delle sue truppe - per le quali ha già ottenuto l’immunità a dispetto dell’opinione dei paraguaiani -, composte da centinaia di militari e dispiegate dal luglio scorso e che resteranno nel territorio guaraní fino al dicembre del 2006 in permanente esercizio. Poi si vedrà, ma già hanno l’avamposto in mano.

 

Secondo la rivista Koeyú, in Mariscal Estigarribia, un piccolo centro abitato di 30.000 abitanti, le forze militari degli USA hanno costruito una caserma per alloggiare 16.000 effettivi militari, oltre a un aeroporto di 3.800 metri di lunghezza che tecnicamente permette l’atterraggio e il decollo degli aeri B-52 e Galaxy, il che farebbe della recentemente installata Base Militare di Mariscal Estigarribia "il principale e più importante avamposto militare statunitense nel Cono Sud".

 

Il Governo paraguayano nega la possibilità di consegnare una base, ma la presenza militare per 18 mesi degli statunitensi può aprire questa porta. La denuncia dell’installazione non deve essere lasciata cadere nel vuoto.

 

Non tutto è stato rose e fiori per il falco del nord, perché ha trovato renitenti le più alte autorità sia del Paraguay che del Perú nel momento di dargli una cooperazione cieca per fermare la "minaccia alla sicurezza dell’emisfero occidentale" – che presumibilmente viene da Cuba e Venezuela. E questa renitenza proviene da una logica che la Casa Bianca di Bush non rispetta: il rispetto della sovranità.

 

Non appena Rumsfeld era uscito da Asunción recandosi a Lima, il ministro della Difesa Roberto González ha fatto sapere che il Governo paraguayano rispetta la libera espressione delle idee, ma in politica estera "farà quello più conviene al nostro popolo al di là dei pregiudizi".

 

In dichiarazioni al quotidiano ABC Color, ha informato che "il presidente Duarte Frutos è stato esplicito nel sottolineare che Cuba "nonostante le sue carenze materiali, pratica una solidarietà effettiva nel campo dell’educazione". Un totale di 700 giovani paraguayani stanno nelle università di Cuba, ha sostenuto González, segnalando che anche i paesi dove si concentra la scienza e la tecnologia dovrebbero offrire "spazi accademici gratis".

 

Nei confronti del Venezuela, ha messo in risalto l’accordo commerciale sul petrolio che permette al Paraguay un grande risparmio e maggiori possibilità di investimenti in campo sociale. González ha sottolineato che il Paraguay coincide con il Venezuela nella necessità di costruire un’America del Sud unita, con maggiore potere politico nelle decisioni mondiali, specie nelle questioni finanziarie, nell’informazione e nella conoscenza.

 

Rumsfeld si è riunito a Lima con Alejandro Toledo solo due giorni dopo il giuramento di un nuovo gabinetto in quel paese dove il Presidente, arrivato all’ultimo anno del suo mandato di cinque, "gode" di un’impopolarità enorme e deve affrontare accuse di corruzione.

 

Ma il Segretario della Difesa statunitense potrebbe essere un buon candidato al piano annunciato da Fidel e Chávez nel più recente programma Aló, Presidente: 600.000 interventi chirurgici l’anno per la popolazione più umile del continente e restituire a loro la vista.

Con la cecità abituale dell’equipe di Bush, Rumsfeld ha detto al Presidente del Perú: "Riconosciamo e rispettiamo il ruolo di leader che lei sta acquistando politicamente in questo paese sia dal punto di vista economico che di quello della sicurezza". (We recognize and respect the leadership role that you have taken in this country politically and from an economic standpoint as well as a security standpoint).

E (sorpresa) anche se Toledo ha assicurato che "incoraggiare la democrazia è una responsabilità condivisa", ha ritenuto di non voler discutere le questioni interne di altri paesi.

 

Così vanno le cose, anche se l’attuale tendenza deve mettere i popoli in allerta, gli USA stanno minacciando la pace nella regione e sono molto disposti a continuare una politica di ingerenza nel continente.