Ciò che la stampa di Miami

 dice e ciò che non dice

 

LORENZO GONZALO*13 genn 05 Miami

 

Patetiche e simpatiche nello stesso tempo sono le cose che leggiamo e ascoltiamo in questa città di opinioni virtuali.

 

Da quando Chávez ha assunto la presidenza del paese e dopo essere stato il presidente che più volte ha ricevuto il voto e l’approvazione di un popolo, Miami è diventata una trincea contro di lui. Certamente ha avuto molto a che fare con questo il gruppetto  di cubani disonesti che controlla la città da circa 40 anni.

 

I venezuelani più legati e dipendenti delle grandi aziende straniere, nella loro maggioranza nordamericane, sono arrivati a Miami pieni di soldi. O per meglio dire,  vivevano già a Miami, ma adesso, oltre a spendere e sprecare il loro discutibile arricchimento, sono ipersensibili al programma “dell’anti”.

 

I cubani disonesti, esperti in queste faccende, li hanno aiutati nel compito. I cubani di Miami avevano già molta esperienza e adesso si è presentata loro l’opportunità di fabbricare l’industria “dell’antichavez”.

 

In queste circostanze la stampa locale, che è una sorta di organo ufficiale degli “anti”, è stata costretta a fare propaganda alla nuova campagna.

Alcune volte hanno detto  che Chávez era il figlio politico di Fidel. Altre lo hanno definito una marionetta. In tutti i casi lo hanno presentato come un disastro per  il Venezuela. Tutti i capitalisti però non hanno reagito nello stesso modo.

I più nazionalisti si sono resi conto che il progetto di Chávez è prima di tutto nazionalista e che, assieme alle sue grandi priorità (i problemi sociali), rivolge una particolare attenzione al capitale nazionale.

Si sono resi conto di questo anche le grandi figure del capitale, come il signor Cisneros, che si muove con molta cautela.

 

Il tempo è passato e Chávez ha dimostrato che la sua direzione economica è  azzeccata. Molto di più: è un progetto sociale, però di questo non si vuole parlare. Il quotidiano El Nuevo Herald dice che il Venezuela dovrà continuare a vendere il suo petrolio agli USA perché è il mercato che gli produce il maggior guadagno a barile.

“Penso che vada bene continuare a vendere il petrolio al paese del Nord. Magari l’Amministrazione nordamericana dell’anno 1961 non avesse sospeso la quota zuccheriera a Cuba, con l’intenzione di destabilizzare il Governo che non ha  accettato ordini che erano negativi per gli interessi nazionali. Sono sicuro che il Venezuela continuerà a vendere il suo petrolio agli USA, nella misura in cui il colosso del Nord non pretenda di condizionare gli acquisti ai suoi programmi politici.”

 

El Nuevo Herald ha scritto il suo articolo, prendendo come base gli accordi in questo senso fatti dal Venezuela con la Cina e le dichiarazioni di Chávez, che segnalavano che quell’accordo diminuirà la dipendenza energetica del Venezuela dagli USA. Con questo punto di vista la pubblicazione pretende di svalutare l’importanza del discorso antimperialista di Chávez, quando veramente una cosa non ha nulla a che fare con l’altra.

 

Chávez si oppone alle pratiche imperialiste, non al commercio in condizioni  di uguaglianza con gli USA. Non si può nemmeno dire che Chávez sia un anti nordamericano, dal momento che i due termini sono termini sono incompatibili.

In ogni caso l’articolo riconosce che le esportazioni della Florida al Venezuela sono aumentate del 137% e che quest’ultimo figura tra i 20 paesi con un  maggiore commercio con gli USA a livello mondiale. Si sono dimenticati di dire che l’economia in Venezuela è cresciuta del 23,1% nel primo semestre del 2004 e che il rapporto con la Cina si basa sulla non ingerenza reciproca.

 

Questo non solo contribuisce a rinsaldare la sovranità del paese, ma anche a continuare lo sviluppo del progetto sociale. Non è stato detto nemmeno che Cuba ha battezzato il 2005 come “Anno dell’Alternativa Bolivariana per le Americhe. Sono  tempi nuovi!

* Di Radio Miami, USA.