M.Marrero 24 luglio 2006 - tratto da www.prensalatina.it

 

 

Infanzia guatemalteca:

 

la grande dimenticata
 

 

Un quetzal, un quetzal la colla!, cosí inizia il piccolo Daniel la sua giornata in un furgoncino a Cittá del Guatemala, dove si guadagna il pisto (soldi) per aiutare la sua famiglia.

Mentre cerca di convincere i passeggeri di che comprino la sua economica merce, la madre fa il bucato e la sorella cura la patoja di tre anni d'etá. A quasi 200 km dalla capitale, in un angolo del freddo dipartimento di Totonicapán, Marisa prepara molto presto un tavolo con cestini pieni di manías (noccioline) e fave.

Non vai a scuola? domando e la sua risposta é convincente: Devo curare la vendita. Quando non c'é al mattino nel suo posto, accompagna la mamma al pomeriggio con la sorella più piccola avvolta in un perraje (coperta per caricare i bambini sulle spalle).

Sulla montagna, nel pieno mercato di Momotenango, Luis Tzul grida alla ricerca di clienti per lustrargli le scarpe. Sebbene porto scarpe da ginnastica, la mia identità di straniera si rivela e mi tira il vestito con la speranza d'ottenere una buona ricompensa.

Quando finisce la sua giornata può essere che arrivi a circa cinque quetzales, sufficiente per mangiare qualcosa, perché la competizione degli altri lustratori é forte. Per questi bambini, la scuola é un sogno impossibile. Da piccoli lavorano duramente per aiutare a completare il guadagno della casa.

Lo stato di povertà e povertà estrema in cui vivono sei d'ogni una famiglia in Guatemala, fa dell'infanzia un potenziale economico per la sopravvivenza. A ciò si somma una cultura autoritaria, maschilista e discriminatoria che visualizza il bambino e, di più ancora, la bambina, come esseri con minimi diritti.

Nelle zone rurali, per esempio, l'incidenza della povertà é quasi tre volte maggiore che nell'area urbana, il che si traduce in esclusione sociale, etnica, economica e culturale. E sebbene é una tradizione che in età molto giovane i figli aiutino nella campagna o carichino pesanti quantitativi di legno, la precaria situazione attuale obbliga i genitori a impiegarli in lavori duri e pericolosi come qualcosa di naturale.

Cifre dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIT) fanno conto di che approssimativamente un milione d'infanti, tra i cinque e i 17 anni, conformano il 20% della popolazione economicamente attiva (PEA) nel Guatemala.

Sebbene esiste una legge che proibisce la contrattazione dei minori di 14 anni, questi lavorano in settori che vanno dall'agricoltura, manipolando pesticidi, nelle miniere esposti al piombo o rompendo pietre sulle rive dei fiumi. Li si vede anche manipolando polvere da sparo nelle fabbriche clandestine di fuochi d'artificio, o facendo a gara negli immondezzai con i cani per qualcosa da mangiare.

Altri lavano automobili negli scarsi minuti che gli offre il semaforo, vendono in negozi, mercati e angoli, si truccano da pagliacci e si mostrano in autobus e vengono impiegati come brochas (aiutanti che viaggiano appesi dalla porta degli autobus gridando la rotta alla ricerca di maggiore quantità d'utenti).

In tutti i casi, si espongono a rischi fisici e pericolosi che attentano contro la loro vita, crescita e integrità psicologica, principalmente quando si conosce che più di due mila bambini sono sfruttati sessualmente in case clandestine. I tentacoli di queste reti sono estesi a tutto il paese e proliferano, secondo l'OIT. Melle sue piú diverse varianti, pornografia, spettacoli pubblici e privati di tipo sessuale o erotico e sesso remunerato.

D'accordo con fonti provenienti dal Pubblico Ministero, il fenomeno è ogni giorno più inquietante perché la pornografia non è un delitto tipificato nel Codice Penale, il che impedisce punizioni severe contro questo tipo di flagello. Le fonti per questo lucrativo affare provengono dal traffico dei minorenni, in buona parte rapiti, o di quelli che abbandonano le proprie abitazioni vittime del maltrattamento. Una volta sulla strada, si espongono alle bande dei ladri, la droga e qualsiasi tipo d'abusi.

Un riflesso di ciò, è l'allarmante incremento degli assassini di bambini e adolescenti che si riassume nel termine infanticidio nelle relazioni annuali dell'Ufficio dei Diritti Umani dell'Arcivescovato. L'infanzia non scampa alla violenza generalizzata che vive il paese e allo stato di sfiducia verso le istituzioni incaricate di mettere freno a quel che si considera già un'epidemia che raggiunge tutti gli strati e settori sociali. Nel 2005, persero la vita circa 500 minorenni a conseguenza delle armi da fuoco e nel 2006 la cifra continua in salita.

Dietro ogni storia s'affaccia la povertà con i suoi tentacoli: denutrizione cronica, mortalità di 40 per ogni mille nati vivi (46 nella popolazione indigena), 20% della popolazione fuori dal sistema di salute ed elevata diserzione scolare.

E sebbene diverse istituzioni come Casa Alleanza, l'Agenzia di Notizie in favore dell'Infanza e l'Adolescenza (La Nana) e l'UNICEF scommettono per il rispetto ai diritti dell'infanzia e la gioventù, la risposta a livello di Stato e dei mezzi di comunicazione è insufficiente.

Un monitoraggio della stampa nel 2004 realizzato da La Nana dimostrò che lo spazio nei notiziari dove più appaiono i bambini e adolescenti corrisponde a quello dei fatti più tristi ("cronica roja"), quasi sempre come vittime però molto poco come protagonisti. Sono i grandi dimenticati dall'agenda dei notiziari e anche dal Governo. Il Guatemala da le spalle al suo maggiore tesoro, che in buona misura vive e cresce escluso e invisibile.

*L'autrice è giornalista di Prensa Latina