11 giugno 2006 - di Stephen Lendman www.resistenze.org

 

 

Il coraggioso movimento di Evo  Morales

 

lo rende ora un bersaglio di Washington,

 

insieme con Hugo Chavez

 

Per ben comprendere la direzione della politica USA è sufficiente leggere la prima pagina del New York Times o del Wall Street Journal - per quanto penoso sia. Io evito il Times ma leggo il (Wall Street) Journal tutti i giorni per via dell'audience che raggiunge - le elite commerciali e governative vi trovano un’informazione reale che li guida nel loro lavoro. E così nonostante che il Journal sia una voce del business e dell'imperialismo USA, saperlo leggere significa trarne abbondanti ed utili informazioni e temi centrali sul come la politica USA si appresta ed essere.

Il Wall Street Journal mette in evidenza ora come Evo Morales sia una bersaglio USA. L'edizione del 2 maggio è un buon esempio, conteneva un editoriale di prima pagina dal titolo: "Bolivia sequestra i giacimenti di Gas Naturale con bella mostra di Nazionalismo Energetico." Solo il titolo è già una chiamata alle armi che è ben difesa nel pezzo che segue.

L'avvio si avvale della bollente retorica basata sulla tesi che Evo Morales sia stato "plagiato dalla lotta di Hugo Chavez contro le compagnie petrolifere" e che il 1 Maggio (il giorno della celebrazione in tutto il mondo delle classi lavoratrici, festeggiato in USA per la prima volta in grande stile) ha nazionalizzato la più grande riserva di gas naturale del paese, San Alberto, e ordinato all'esercito di prenderne il controllo, e di controllare pure tutte le altre." Il pezzo prosegue spiegando come abbia ordinato alle compagnie che sfruttano le riserve di accettare "termini più ristretti o di lasciare il paese."

La legge boliviana recita chiaramente che lo stato ha la proprietà delle risorse del paese. Finora ha permesso agli investitori stranieri di operare nei giacimenti e di prendere la quota maggioritaria della produzione gestendone la vendita a fini commerciali di profitto. L'anno scorso, comunque, la Bolivia ha aumentato la quota statale sino all'effettivo 50% della produzione aumentando tasse e royalties. Ieri il governo è andato oltre dichiarando che la proprietà statale riguarda anche il gas estratto e che le compagnie operanti nei due giacimenti più grandi avranno solo una quota pari al 18% della produzione.

Tradurre il Messaggio del Journal, incluso ciò che essi mancano di spiegare, è un compito serio. Infatti quello che essi mancano di puntualizzare è che questi "termini più ristretti" sono semplicemente il diritto della Bolivia, di una nazione indipendente (al pari delle altre), di prendere la maggioranza dei benefici dalle sue risorse naturali e che gli investitori stranieri hanno quote lì solo perché lo Stato glielo permette. Ma invece di essere grati, il Journal chiarisce, senza dichiararlo, che gli investitori sono voraci e vogliono per se stessi la quota del leone e ai termini che essi preferiscono. Taciuto o non sufficientemente spiegato è che nazionalizzazione non significa esproprio.

Evo Morales ha chiarito che gli investitori stranieri non perderanno i loro diritti. Quello che perderanno una volta che il piano di Morales sarà implementato (lui ha dato loro 6 mesi di tempo per adattarsi) è la loro scorretta quota di azioni e profitti, la quale mai hanno avuto il diritto legale di avere. Secondo il piano di Morales verrà stipulato un nuovo contratto fra governo e investitori stranieri il quale garantisce che il popolo della Bolivia, riceverà la quota maggioritaria delle sue proprie risorse naturali, mentre al tempo stesso gli investitori stranieri avranno la loro corretta quota ma niente di più. Questo significa poi che soltanto il governo deciderà i termini dell'azionariato e le eventuali tasse sul patrimonio, piuttosto che lasciare che siano le Grandi Compagnie Petrolifere a farlo, influenzate dalla lunga mano degli USA, perché è ancora così, naturalmente. Il Journal è divenuto dunque più acceso da come si evince nelle sue campagne contro Chavez; accusa che gli alti prezzi sull'energia hanno riacceso un onda di nazionalismo da Caracas a Mosca. Naturalmente, dimentica di citare la nazione sopra a tutte le altre dove il cosiddetto nazionalismo e protezionismo è una religione nazionale: gli USA. Qui, dove vivo, nessun investitore straniero è autorizzato a entrare (soprattutto quelli delle nazioni sottosviluppate) se non per alcune limitate fasce. Così, secondo le regole imperiali degli USA (l'unico autorizzato, nessun altro ammesso), quello che va bene per noi non è permesso ad altri, perché  lo diciamo noi.

Il Journal proseguiva dicendo che Morales imita "Mr. Chavez" (è un Presidente e come tale andrebbe nominato) nelle misure contro le Compagnie, e che Morales e Chavez stiano "cercando di fare i furbi con le compagnie petrolifere straniere". E non poteva neanche resistere dall’evocare lo spettro di Fidel Castro e il fatto che sia Chavez che Morales abbiano stipulato un accordo di libero commercio lo scorso fine settimana con l'uomo più odiato dall'imperialismo USA. Ma il giornale aggiunge dettagli a questa storia nel lungo pezzo. Il candidato peruviano, Ollanta Humala, favorito nelle prossime elezioni presidenziali contro il filo-statunitense Alan Garcia, ha dichiarato che si dovrebbero nazionalizzare le risorse naturali come il gas e i minerali. Ed Evo Morales ha chiarito che intende nazionalizzare le altre risorse della Bolivia iniziando dalle foreste e dalle miniere. Inoltre, un'altra goccia amara sopra l'incubo che gli USA stanno avendo in America Latina, il mese scorso l'Ecuador ha varato una legge per tagliare i profitti selvaggi delle compagnie di greggio (inclusa la Occidental Petroleumm USA ) conferendo al governo (cioè al popolo) il 50% dei profitti della compagnia petrolifera se il mercato internazionale del petrolio eccede i prezzi stabiliti nel contratto in corso.

Cosa questi sviluppi significhino per gli USA e come pensa di rispondere.

E’ certamente un guaio per gli USA in America Latina, e per il petrolio, lì come anche in Irak, Nigeria e chissà dove ancora potrebbe diffondersi. Allora cosa bisogna fare e cosa probabilmente sta per accadere. Gli USA stanno spendendo bilioni di dollari per cercare di mantenere il tesoro in petrolio che ha rubato dopo aver invaso l’Irak. Ha anche chiarito di avere disegni per le stesse risorse presenti nel vicino Iran, e che potrebbe attaccare questo paese perfino usando armi nucleari. E se tutto questo non è abbastanza per essere digerito in un solo piatto, essi si trovano di fronte ad un dilemma in Venezuela che hanno cercato ben tre volte di risolvere senza successo. Il Venezuela ha riserve di idrocarburi persino più grandi dell’Irak o dell’Iran (probabilmente il secondo produttore al mondo dopo l’Arabia Saudita) ed è guidata da un uomo coraggioso che non intende svendere la sovranità della nazione (ne’ le sue risorse) al vicino imperialista del nord che lo chiede ed esige. Ed ora il “virus” di essere veramente indipendenti ha iniziato a diffondersi in Bolivia, in Perù se Hamala vince le vicine elezioni, e speriamo in Ecuador ed in altri significativi gruppi di opposizione in paesi come la Nigeria o il Nepal. Queste nazioni, o i Gruppi di opposizione presenti in essi stanno chiedendo a gran voce giustizia ed equità per il popolo e stanno iniziando ad alzare la testa e a richiedere i diritti che loro spetta. Se li otterranno sarà una brutta notizia per gli USA e per gli interessi delle multinazionali dominanti che fanno profitti sfruttando le risorse delle nazioni sottosviluppate e della loro forza lavoro a basso costo.

Hugo Chavez e Evo Morales questo lo sanno e hanno agito con coraggio contro questi eterni abusi, in difesa dei diritti dei propri popoli. Ma il loro comportamento è intollerabile per gli USA che faranno di tutto per evitare la perdita dei loro speciali privilegi. Dobbiamo aspettarci, non ne ho dubbi, e l’ho scritto diverse volte, che se il fuoco è diretto contro gli interessi statunitensi, gli USA non dormiranno sonni tranquilli: i piani sono già in circolo e riguardano un quarto tentativo di detronizzare Hugo Chavez, ed essi includono persino l’ipotesi dell’assassinio e possibile è anche un eventuale assalto armato dalle truppe di invasione USA.

La scorsa domenica la VHeadline ha pubblicato una mia recensione sul nuovo libro di Noam Chomski “Gli Stati Falliti”. In un’email che ho ricevuto da Chomski il 29 Aprile, l’autore aggiorna la sua concezione e fornisce una dura previsione sulle prospettive future, cito testualmente: “non sarei sorpreso nel vedere in atto movimenti secessionisti (ispirati dagli USA) nelle regioni produttrici di petrolio dell’Iran, del Venezuela e della Bolivia; aree tutte accessibili alle forze militari USA e lontane dai governi, in cui gli USA si attiverebbero per ‘difenderli’ e costo di colpire il resto del paese”.

Io condivido questa prospettiva sebbene non conosca esattamente quali siano i piani che il mio governo ha in mente, sono fermamente convinto però e lo dichiaro, che qualcosa di grande è pronto per cacciare il Presidente Chavez (ed ora forse anche Evo Morales) e che sarà evidente solo quando i fuochi di artificio inizieranno. Il pezzo della rubrica del Wall Street Journal di oggi rafforza la mia convinzione.
 


Stephen Lendman vive a Chicago
Visitate il suo blog al sjlendman.blogspot.com.
traduzione dall'inglese di Paolo Teobaldelli per resitenze.org