2 maggio 2006 tratto da www.comunisti-italiani.it

 

 

Gli idrocarburi sono dei boliviani. Il neoliberismo è finito. Con il decreto supremo n. 28701, il Presidente Evo Morales, il primo presidente rappresentativo di tutti i boliviani nella storia, ha restituito le risorse naturali del paese alla gente di Bolivia. "Cominciamo dagli idrocarburi, poi toccherà alle miniere, quindi alle foreste, quindi a tutte le risorse naturali che ci hanno lasciato i nostri antenati. Infine sarà la volta della terra che è per tutti i boliviani" ha detto Evo. Finiscono così vent'anni di saccheggio. Fino ad oggi le imprese straniere che spogliavano la Bolivia lasciavano una regalia del 18% allo stato. Morales ha invertito la cifra. Da oggi sarà lo stato a trattenere l'82% degli utili ed a lasciare alle imprese straniere che accetteranno le condizioni, il 18%.

Immediatamente dopo l'emanazione del decreto, il presidente Morales ha disposto che l'esercito prendesse il controllo dei 56 giacimenti di idrocarburi in tutto il paese. La Bolivia ha le seconde riserve di gas del continente e produce 40.000 barili di petrolio al giorno. Da oggi queste passano ad essere di proprietà della compagnia pubblica YPFB (Giacimenti Petroliferi Fiscali Boliviani). Le multinazionali che li sfruttavano hanno 180 giorni di tempo per accettare i nuovi contratti o andarsene.

Le Forze Armate hanno preso il controllo dei pozzi senza incidenti ed il vicepresidente Alvaro García Linera ha calcolato che lo stato incasserà oltre il 550% in più dalla nazionalizzazione. E' la terza volta in 70 anni che in Bolivia si nazionalizzano gli idrocarburi. Negli anni '30 questi erano sfruttati dalla Standard Oil e nel 1969 dalla Gulf. Poi con il neoliberismo questi erano stati riprivatizzati fino alla "guerra del gas". Nel 2004, i movimenti sociali avevano tenuto in scacco tutto il paese esigendo la socializzazione del gas. Nonostante la Bolivia intera sieda su un'immensa bolla di gas, ben pochi boliviani ne hanno potuto finora beneficiare. Le proteste avevano costretto il presidente fondomonetarista Gonzalo Sánchez de Losada a ritornare di corsa a Miami (da dove era stato inviato), non prima di usare l'esercito contro i cittadini, assassinandone più di 70.

 

La guerra del gas si aggiungeva a quella per l'acqua ed era stato il segnale di non ritorno per il sistema neoliberale ed aveva posto le premesse al trionfo del MAS (Movimento Al Socialismo) che ha portato Evo Morales alla presidenza della Repubblica nel dicembre 2005. Il governo spagnolo ha espresso la sua "più profonda preoccupazione". La Repsol sfrutta infatti un quarto delle riserve boliviane. Dal Brasile si è parlato di un "gesto non amichevole" verso la Petrobras.

Appena il giorno prima Evo Morales, dall'Avana, aveva annunciato l'ingresso della Bolivia nell'ALBA, l'Alternativa Bolivariana per le Americhe, antiliberista, della quale fanno parte Cuba e Venezuela. Oggi l'annuncio della nazionalizzazione. Miglior primo maggio per i lavoratori boliviani non poteva esserci. 
 

 

 

Morales nazionalizza il petrolio boliviano.

L'Europa protesta

 

3 mggio 2006 tratto da www.unita.it

 

 

Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha annunciato martedì la nazionalizzazione degli idrocarburi ordinando all'esercito di presidiare i giacimenti petroliferi e di gas. Sulla scia di Chavez Alle compagnie petrolifere straniere ha dato sei mesi di tempo per regolarizzare la loro situazione tramite la firma di nuovi contratti. La misura interessa circa 26 compagnie straniere presenti in Bolivia, paese che detiene dopo il Venezuela le maggiori riserve di gas dell'America del sud, stimate a circa 1.550 miliardi di metri cubi. Morales ha chiesto l'appoggio popolare a difesa dei pozzi di gas e petrolio e ha disposto una attiva partecipazione della compagnia statale Ypfb a tutte le fasi della commercializzazione degli idrocarburi boliviani.
Il capo dello stato ha dato l'annuncio ufficiale la notte del 1° maggio alle migliaia di boliviani riuniti sulla Plaza Murillo di La Paz con un discorso riproposto al paese a reti unificate. Poi il primo ha firmato, nel campo petrolifero San Alberto di Tarija, il decreto supremo 28701 che di fatto nazionalizza l'industria petrolifera.
Il gruppo petrolifero spagnolo Repsol ha giudicato «preoccupante» l'annuncio Mentre nessun commento è arrivato dalla Total, la multinazionale petrolifera che detiene una partecipazione del 15% nei giacimenti di San Antonio e San Alberto, nel sud-est della Bolivia, che sono operati dalla brasiliana Petrobras.
Protesta invece Bruxelles. Il portavoce della Commissione europea Johannes Laitenberger si dice stupito che il presidente Morales non abbia avviato delle consultazioni prima di avviare il procedimento di nazionalizzazione. l'Alto rappresentante della politica estera della Ue Javier Solana entra invece anche nel merito del provvedimento che definisce anche lui «preoccupante» e ne ricorda i rischi – non per l'Europa che ha un import di idrocarburi latinoamericani definito «non significativo» - ma per i boliviani che «potrebbero soffrirne». Più soft la reazione del governo brasiliano, direttamente colpito negli interessi nazionali. Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva si è riunito martedì con i suoi principali ministri e collaboratori per valutare le Conseguenze. Ma Lula ha un atteggiamento conciliatorio: «Se non ho litigato nemmeno con Bush, vuoi che vada a litigare con Evo Morales?», ha detto scherzando in un incontro del Partido dos Trabalhadores venerdì scorso. Morales e Lula sono infatti arrivati ai vertici dei rispettivi paesi da una stessa storia di oppositori e sindacalisti. Il ministro dell'Energia brasiliano, Silas Rondeau, ha però definito le misure boliviane «un atto non amichevole che può essere inteso come una rottura delle intese» tra i governi brasiliano e boliviano.
Il presidente boliviano Morale oltre all'industria petrolifera, ha annunciato anche altre nazionalizzazioni: miniere e foreste. Morales lo ha annunciato parlando dal palazzo di governo a una folla di circa 10 mila persone