Cuba, le bombe

dieci anni dopo

 

 

In anteprima, al premio Sergio Leone, «Quando la verità si sveglia ...» di Angelo Rizzo, la storia degli attentati, appoggiati dagli Usa, sull'isola
 

 

| Torella dei Lombardi, 3 agosto 2006 |  F. Pilla |

 

 
 

È il 4 settembre del 1997 all'Avana. Da poco passato mezzogiorno. Il caldo, la musica, gli incontri, nelle hall dei grandi alberghi si consumano le vacanze rilassate dei turisti a Cuba. Non quel giorno. Una bomba esplode nella sala d'attesa del Chateau. Panico, ressa, fumo. Improvvisamente uno scoppio anche al Copacabana, un terzo boato risuona al Triton. Arrivano i vigili del fuoco, le ambulanze, vengono allertati i servizi di sicurezza cubani. Fabio Di Celmo, un italiano all'epoca trentaduenne muore in ospedale con la gola squarciata. Da tempo si era trasferito sull'isola insieme al padre Giustino con cui aveva messo su un'impresa import-export per forniture alberghiere, quel giorno era al Copacabana per salutare degli amici italiani di ritorno a casa.
Una coincidenza oppure il destino, quello della famiglia Di Celmo che si intreccia ancora una volta con la vita di Fidel Castro. A Torella dei Lombardi, una piccola città nascosta nelle colline avellinesi per la prima volta - in occasione dell'XIV edizione del premio Sergio Leone - fuori concorso mercoledì è stato proiettato Quando la verità si sveglia .... film denuncia sulla morte del giovane genovese, sull'attentato terroristico organizzato dagli anticastristi cubani con la complicità della Cia. Nelle stesse ore in cui in Italia si mostra la pellicola - dove Fidel Castro interpreta se stesso in due discorsi ufficiali in memoria di Fabio e dei 3.478 morti del terrorismo supervisionato dagli Usa - il comandante viene operato d'urgenza per un'emorragia intestinale. Combinazione o concorso di eventi sta di fatto che il film girato da Angelo Rizzo dopo innumerevoli difficoltà (è alla fine realizzato solo grazie ad una coproduzione italo-ispano-cubana) per fare luce sulla serie di attentati che sconvolsero il paese in quell'estate di nove anni fa, probabilmente non sarà proiettato all'Avana il 13 agosto in occasione del compleanno di Fidel.
Così a Torella dei Lombardi, grazie alla direzione artistica di Gianni Minà, l'evento si è trasformato in un'occasione importante di riflessione ulteriore su quanto accaduto in questi anni, con il governo degli Stati Uniti sempre in agguato per destabilizzare il paese, indifferente alle stragi «procurate» e ora in una probabile transizione dopo Castro sicuramente disposto a «intervenire». Il docufilm italiano aiuta a capire, a fare un passo avanti, a non cedere alla campagna anticastrista senza porsi domande. La mattanza nell'hotel di Copacabana ne è una prova inconfutabile, ragion per cui tenuta sotto silenzio negli anni.
Nel film interpretato da un cast internazionale - a vestire i panni di Fabio è un giovane attore italiano Michel Altieri, mentre il padre Giustino è un popolare attore cubano Enrique Almirante - si disvelano fatti realmente accaduti e volutamente secretati. La fitta rete di relazioni tra l'allora presidente George Bush senior, la Cia e la Fondazione americano cubana di Miami, che di scopi umanitari ha solo la «ragione sociale». I motivi dell'organizzazione degli attentati, chiudere a Cuba il rubinetto del turismo spaventando «a morte» gli stranieri. Il reclutamento di terroristi e mercenari da parte di mafiosi latino americani, la disperazione del salvadoregno Cruz León, che a 26 anni per settemila dollari si presta a far saltare in aria in un solo giorno tre alberghi e piazzare nove bombe in una stagione. L'intera operazione affidata a Luis Posada Carriles, a sua volta sanguinario terrorista addestrato dalla stessa Cia e responsabile nel 1976 dell'abbattimento dell'aereo di bandiera «Cubana de aviaciòn», una strage dove morirono ottanta persone tra cui l'intera nazionale giovanile di scherma.
Rizzo in due ore racconta quanto accaduto con precisione, riportando documenti inediti, rispettando i dialoghi originali, non cadendo nei tranelli della fiction, ma anche riuscendo a conferire ritmo e suspance al thriller. Per ricostruire i particolari il regista ha incontrato personalmente Cruz Leon, che arrestato a Cuba subito dopo gli attentati, condannato alla pena di morte, ormai è stato graziato. Le autorità cubane hanno collaborato attivamente alla realizzazione della pellicola - voluta anche da Castro - e per questo hanno concesso a Rizzo l'incontro con il salvadoregno. Ma anche la possibilità di girare le scene a Cuba e causare piccole esplosioni negli stessi alberghi per rendere il più reale possibile le scene.
Sul palco di Torella dei Lombardi Gianni Minà ha anche presentato Giustino Di Celmo, che nonostante gli ottantasei anni non è stanco di combattere per la memoria del figlio, ma anche per Cuba. Commosso, quasi in lacrime ha assistito per la prima volta insieme al pubblico alla proiezione. Giustino chiede giustizia e il processo ai mandanti dell'attentato, in primo luogo Luis Posada Carriles, che protetto dagli Usa non è mai stato estradato e vive tranquillo in America Latina. «Questo film - ha detto Minà - è l'esempio del buon cinema italiano». Rizzo si è scusato: «Si tratta ancora di una copia lavoro, la pellicola deve essere mixata, ma non ho voluto rinunciare all'invito». Il film per il momento non ha ottenuto nessun invito ai festival italiani, eppure richiama l'interesse internazionale: già pronta la scaletta delle presentazioni, la prima a Toronto. Naturalmente è dubbia la distribuzione negli Stati uniti, ma il regista almeno in Italia potrebbe contare sulla Rai cinema. Basterebbe un po' di coraggio.