Ricorso bocciato, «Los

 Cinco» restano in carcere

 

 

«Decisione politica ingiusta» dice Roberto Gonzalez, avvocato (e fratello) di una delle spie cubane detenute negli Stati uniti

 

 

| 12 agosto 2006 | G.Colotti |

 

 

 

«Una decisione ingiusta, dovuta alle forti pressioni della Fondazione cubano americana. Siamo disgustati». Così Roberto Gonzalez, difensore di René Gonzalez - suo fratello - commenta al telefono il rigetto del ricorso presentato da los Cinco: 5 cubani condannati all'ergastolo per cospirazione contro gli Stati uniti e detenuti da 8 anni nelle carceri nordamericane. Una possibilità, quella del rigetto, comunque ipotizzata dalla difesa. «La Corte che aveva accolto il nostro precedente ricorso - spiega l'avvocato Hernandez - ha deciso solo su un punto: l'evidente ostilità del tribunale di Miami, e la necessità di spostare il processo. Ora che questo è stato negato, il fascicolo torna a quella corte, a cui chiederemo di decidere in merito agli altri 4 punti, inerenti l'accusa di cospirazione e di omicidio». E in caso di ulteriore rigetto? «Ci rivolgeremo alla Corte suprema. - risponde il legale - Il processo può diventare infinito, per questo è importante la solidarietà internazionale».
Un appello che l'avvocato aveva già rivolto a giugno quando, - su invito dell'associazione Italia Cuba di Roma -, era venuto in Italia per incontrare esponenti governativi. In quell'occasione, aveva parlato con il manifesto del «pesante clima politico che rende impossibile l'esercizio del diritto per gli imputati», e chiesto al neogoverno di centrosinistra di adoperarsi per la liberazione dei Cinque presso gli Stati uniti. «Con Bush - afferma il penalista - la chiusura è totale. Alcuni deputati sono venuti a Cuba, e il consiglio comunale della città di Detroit ha chiesto la liberazione dei nostri compagni, ma per il resto,niente». E intanto, quella di Gerardo, Ramon, Fernando, Antonio e René, rischia di diventare una detenzione infinita, crudelmente sospesa nell'altalena di rigetti e ricorsi. I cinque vengono arrestati a Miami nel '98. Ammettono di essere agenti segreti: infiltrati fra gli anticastristi della Florida, ossessionati dalla destabilizzazione di Cuba. Negano, però, di aver cospirato contro gli Stati uniti a cui,anzi, hanno offerto collaborazione tra intelligence. «Il paradosso - spiega ll'avvocato - è proprio questo: gli Stati uniti fanno un gran baccano sulla guerra al terrorismo, e poi tengono in carcere 5 agenti che si adoperavano per prevenire gli attentati. E' la dimostrazione di una giustizia a senso unico». E a Cuba, invece, come funziona il sistema giuridico? Con quale metro valuta, l'avvocato Gonzalez, le accuse rivolte dai fuoriusciti? «Cuba ha molti problemi - risponde il legale - che si sono moltiplicati per via delle difficoltà economiche dovute all'embargo imposto dagli Stati uniti. Non è facile opporsi per così tanto tempo alla più grande potenza del mondo. In questo senso, se manca l'elettricità negli ospedali, mancherà nche in una prigione. Se mancano i mezzi per curare un bambino, scarseggeranno anche quelli per curare i detenuti. A Cuba, però, le persone hanno dei diritti, compreso quello alla difesa e al rispetto della propria dignità. Negli Stati uniti, invece, hanno solo possibilità: hai diritto a usare il telefono, ma non puoi farlo se non hai soldi, hai diritto al lavoro, ma non lo trovi, hai diritto a studiare, ma non puoi permettertelo».
E le violazioni dei diritti umani, di cui parlano gli anticastristi? «Ancora di recente - riprende il legale - i famigliari di alcuni terroristi sono venuti in visita ed hanno avuto i permessi come gli altri. Mio fratello, invece, non ha mai avuto il permesso di incontrare la moglie e sua figlia piccola. Gli avevano proposto un accordo a termine: confessa e avrai le visite. Lui ha rifiutato, e sua moglie è stata espulsa e non ha più potuto rientrare».
Un accanimento, quello contro i Cinque, che ha provocato le proteste di Amnesty international e della Commissione per i diritti umani contro la tortura. Sono organismi che non parteggiano per Cuba - precisa l'avvocato - questo dovrebbe convincere anche chi non condivide il nostro sistema sociale a esprimere solidarietà ai Cinque. Però sono ancora pochi quelli che osano opporsi alla superpotenza Usa. Ma - riprende l'avvocato -, per tornare a Cuba, il servizio legale è pubblico. Anche se hai cercato di uccidere Fidel, un avvocato lo paghi 400 pesos e vieni difeso».
Un esempio? «Di recente ho difeso due trafficanti di esseri umani, arrivati da fuori. Un reato da ergastolo, che sono riuscito a far ridurre a vent'anni. Difendendo una persona, qualunque essa sia, io difendo la legge, e dunque tutelo me stesso». Inoltre, a Cuba, «l'ergastolo è stato abolito nel '92, e a trent'anni di pena è possibile uscire dal carcere. Anche prima, in base a una continua valutazione in vista del recupero sociale del reo. Molti reati, in vigore prima degli anni '80, sono stati depenalizzati, in carcere si ha diritto a colloqui intimi con i famigliari...». La pena di morte? «Non esiste più per i reati comuni» e per il resto «si è stabilita una moratoria». Cuba, però, «ha il diritto di difendersi. Gli Stati uniti organizzano riunioni sulla transizione a Cuba. minacciano ne minacciano la sovranità nazionale».