Comandante in Capo Fidel Castro Ruz
Compatrioti: In un giorno come questo, nel 1895, di fronte ad
ostacoli che sembravano insuperabili e affrontando la più grande minaccia che Josè Martí seppe denunciare in pagine indimenticabili, il nostro popolo riprese
la battaglia che aveva iniziato il 10 ottobre del 1868.
Questa
lotta iniziò simultaneamente in tutto il territorio nazionale, diretta da un
partito e con un unico comando militare che cercarono di ottenere rapidamente la
vittoria per impedire l’intervento dell’imperialismo nordamericano che da un
secolo si affilava gli artigli nell’ombra.
I nostri nonni e bisnonni non hanno combattuto solamente per
liberarsi dal giogo coloniale: la loro lotta non cercava solo l’indipendenza e
la sovranità. Questo solo obiettivo era già una sfida colossale per la loro
fatica solitaria, isolati dal resto del continente e dovendo affrontare sin dal
principio l’opposizione aperta di coloro che hanno da sempre voluto
sottometterci.
Osarono sognare e combattere sino alla morte per molto di più.
Era la bandiera della guerra per la giustizia quella che si era alzata con Maceo
il 10 ottobre a La Demajagua.
Ottenere la perfetta uguaglianza tra tutti i suoi figli era per
Céspedes l’obiettivo della Patria che aveva fondato quel giorno.
"A conquistare tutta la giustizia!" convocò Martì il 24 febbraio
del 1895, "una Patria assolutamente libera e indipendente", basata sulla piena
uguaglianza e solidarietà tra gli uomini, che fu sempre la motivazione dei
cubani, la forza che diede origine alla nazione e forgiò il popolo nell’impegno
per farla divenire realtà.
Per ottenerlo fu necessario pagare un prezzo molto alto: fiumi di
sangue scorsero lungo il cammino e furono molte le sconfitte e le frustrazioni.
Il dolore e l’amarezza accompagnarono sempre Martí, ma il popolo cubano
perseverò nella sua marcia.
Di fronte a lui, come nemico principale, ci fu sempre il nuovo
impero che sin dalla sua origine si propose di annichilire la nazione cubana.
Impadronirsi di Cuba è il segreto della loro politica, aveva
avvertito De Céspedes quando la Patria compiva i suoi primi passi.
La lotta dei nostri antenati fu durissima perchè il colonialismo
contò in ogni momento sull’appoggio degli Stati Uniti in ogni campo.
Gli Stati Uniti sostennero materialmente l’esercito spagnolo,
impedirono la solidarietà internazionale con la nostra causa, perseguitarono i
patrioti emigrati e aspettarono che Cuba, isolata nella sua lotta solitaria, si
dissanguasse, per intervenire nella guerra e per impadronirsi dell’Isola.
Il nostro popolo dovette combattere sempre nel terreno
dell’azione eroica e delle idee. Dovemmo combattere la lotta più prolungata,
sanguinosa e devastatrice. Nello stesso tempo i nostri nonni crearono
istituzioni e norme legali che avrebbero diretto i territori liberati e si
impegnarono a stabilire nel mezzo della guerra più crudele uno stato peculiare:
la Repubblica di Cuba in Armi, le cui frontiere e il cui funzionamento
soffrivano le conseguenze che imponeva la situazione di guerra, che nei suoi
limiti, permetteva il fiorire della democrazia con organizzazioni di vita
civile, un sistema di governo e legislazioni in molti aspetti più avanzato di
quello che si conosceva del decadente impero e nei paesi capitalisti.
Guáimaro, Baraguá, Jimaguayú e La Yaya, sono luoghi sacri della
Patria, sono testimoni delle profonde radici di un patriottismo che si sforzò
nella ricerca di un consenso e dell’incorporazione reale di tutti, nel rispetto
di tutti i diritti dei cittadini e della partecipazione politica senza
distinzione di razza, credo e condizione sociale.
Bayamo, la nostra prima capitale, abolì completamente la
schiavitù nel 1868, e convertì in governanti negri e semplici lavoratori ,
stabilì un governo i cui integranti si riunivano con il popolo nella pubblica
piazza, per discutere apertamente i principali problemi del momento.
In nessun luogo del prepotente, razzista ed elitario mondo
sviluppato dell’epoca si ammetteva, nemmeno in teoria, l’uguaglianza civile e
politica tra tutti gli uomini.
Questa aspirazione che i nostri avi fecero realtà è ancora oggi
una chimera che sembra irrealizzabile per migliaia di milioni di esseri umani.
In tutto il mondo nessuno ha studiato bene come Martí le cause
della terribile sconfitta della Grande Guerra e le dolorose conseguenze della
divisone nel movimento patriottico.
A ristagnare le ferite e unire tutti i vecchi combattenti e i
"pini nuovi", a insegnare agli uni e agli altri le ragioni della sconfitta e i
metodi per rimediarle, José Martí dedicò la sua vita intera.
Una vita esemplare, purtroppo così breve, ma che ci ha lasciato
un tesoro di lezioni preziose che oggi sono valide come in quel tempo. Innanzi
tutto la necessità dell’unione tra tutti i patrioti, la chiara comprensione che
la nostra piccola Isola, per essere libera, doveva vincere contro un nemico
poderoso, che egli chiamò per nome: "l’imperialismo nordamericano".
Per compiere l’obiettivo supremo della sua vita, Martí fondò un
partito, uno solo, il Partito della Rivoluzione, il Partito della Patria.
Con questo organizzò pazientemente, ma con affanno, la Guerra
Necessaria, la guerra che desiderava breve e rapida per evitare l’intervento
nordamericano e per impedire a tempo che gli imperialisti s’impadronissero di
Cuba e schiacciassero con maggior forza i nostri popoli d’America.
Dopo trent'anni di coraggiosa e ammirabile guerra, quando la
Spagna non poteva già sostenere il proprio dominio, avvenne l’invasione
nordamericana. Gli imperialisti fecero quello che si erano proposti: Cuba fu
ridotta a un’infelice appendice dell’impero brutale, che ha sempre disprezzato
la lunga, generosa e nobile lotta del nostro popolo.
Ma i cubani non si sono sottomessi al nuovo servaggio e non hanno
mai rinunciato alla ricca e incessante lotta per la libertà, la giustizia,
l’indipendenza assoluta e a tutta la giustizia.
Il popolo ha continuato a lottare per questi ideali nel mezzo
della tirannia, la corruzione e la dominazione straniera.
Per questo oggi commemoriamo anche un altro glorioso
anniversario. Esattamente mezzo secolo fa, dalla nostra invitta Collina
Universitaria giunse il messaggio di speranza e di stimolo della nostra
gioventù.
Josè Antonio, Fructuoso e i suoi compagni annunciarono, un giorno
come oggi, nel 1956, la creazione del Direttorio Rivoluzionario, uno strumento
d’unione e combattimento, che sorgeva dalla FEU (federazione degli studenti
universitari), per dare un impulso alla lotta armata e all’unità di una nuova
generazione che continuava a innalzare questa Bandiera, che non rinunciava alla
lotta e che avrebbe continuato sino alla fine, sommando il proprio sangue puro e
generoso.
Finalmente giunse l’aurora, con la vittoria di gennaio. Noi ci
siamo impegnati tutti, senza riposo, alla realizzazione dei nostri sogni, per
fare realtà la Patria, che varie generazioni hanno difeso per tanto tempo con
torrenti di sacrificio.
Trentenni fa, quando fu promulgata la nostra Costituzione
Socialista, la Rivoluzione entrò in una nuova fase nella quale la direzione
dello Stato sarebbe stata esercitata direttamente da istituzioni elette dalla
popolazione.
Si instaurava così, a scala nazionale, il sistema del Poder
Popular, che era stato stabilito due anni prima nelle provincia di Matanzas.
Non ci furono atti formali né risultati di decisioni prese da
gruppi di specialisti o da un corpo ristretto di legislatori; la nostra
Costituzione fu frutto di un’azione collettiva, reale, cosciente e libera
dell’insieme della popolazione. Il progetto precedente era stato discusso in
decine di migliaia di riunioni alle quali furono convocati tutti i cittadini e
alle quali parteciparono 6 milioni 216.000 persone che fecero 16 mila proposte
di cambiamenti e modificarono 60 dei 141 articoli del testo originale.
I cubani non avevano mai conosciuto prima un’esperienza tale
nell’esercizio dei loro diritti cittadini. Questo esempio era stato messo in
pratica ben poche volte, prima o dopo e in qualsiasi parte del mondo. Un esempio
di democrazia, una manifestazione d’assoluta sovranità popolare. Il documento
così elaborato fu sottoposto a un Referendum il 15 febbraio del 1976, quando
votò il 98% degli elettori e il 97,7% lo fece a favore della Costituzione.
Il processo fu espressione della maturità raggiunta dalla
Rivoluzione in solamente 15 anni.
L’abbiamo fatto perchè abbiamo saputo creare le basi
indispensabili per un ordine veramente democratico, fondato su profonde
trasformazioni che la Rivoluzione aveva apportato e che permettevano al popolo,
per la prima volta, di essere un attore libero e responsabile, reale
partecipante nella conduzione della società.
Non viviamo più in un paese di analfabeti e disoccupati, di
contadini senza terra, di bambini abbandonati, di negri e donne discriminati, di
anziani in miseria.
Abbiamo conquistato la società più giusta e libera mai conosciuta
prima, in un paese che ha ottenuto importanti risultati nel suo sviluppo
economico e ammirabili risultati nei settori della salute pubblica, l’educazione
e la cultura.
Il popolo lavoratore, artefice di quest’opera, doveva essere,
com’e, il protagonista principale nella creazione del sistema istituzionale che
consolida e serve da sorgente a un costante perfezionamento.
In quegli anni iniziali abbiamo ottenuto anche la più importante
vittoria della nazione cubana: la prima sconfitta militare dell’imperialismo a
Playa Girón e abbiamo frustrato ¡ costanti attacchi mercenari, i sabotaggi, la
sovversione e la guerra sporca, che assieme alla feroce guerra economica, sono
stati imposti al nostro popolo sin dal primo giorno di gennaio del 1959.
Abbiamo vinto ugualmente, anche in terreno diplomatico, di fronte
ai tentativi di isolarci con l’operato delle loro teste di ferro in molti paesi
del continente e del loro servile strumento chiamato OEA, Organizzazione degli
Stati Americani.
Quell’azione da prodi è dovuta, innanzi tutto, all’eroismo della
popolazione e alla sua invincibile capacità di resistenza, alla saggezza, alla
fermezza e alla conseguente direzione del Compagno Fidel Castro Ruz.
Contavamo anche sulla solidarietà dei popoli dell’America Latina
e dei Caraibi, di quelli del Terzo Mondo, della Cina, dell’Unione Sovietica e di
altri paesi che allora si identificavano con il socialismo.
La nostra Costituzione e il sistema politico che consacrava erano
interamente nostri e cubani. Non abbiamo mai abbandonato i simboli della Patria,
non abbiamo mai riprodotto concessioni o meccanismo stranieri, senza mai
abiurare l’internazionalismo e lo spirito di solidarietà con i principi
universali del socialismo che noi - come sosteneva Mariategüi, non era una copia
né un ricalco, ma una creazione eroica - abbiamo disegnato, un sistema che
rifletteva la nostra realtà che rispondeva alle necessità e soprattutto si
fondava sulla ricca traiettoria del Movimento Rivoluzionario Cubano.
Un movimento unico, iniziato 138 anni fa, come ricordano oggi e
qui queste bandiere che oggi come ieri sventolano di fronte all’ignominia e alla
stupida arroganza, queste bandiere che si innalzano alla memoria sempre viva di
una storia di lotta e di sacrifici, ma anche di sogni, virtù e vittorie.
La Costituzione del 1976 è anche una Costituzione Mambí come le
altre quattro: è stata concepita, discussa e approvata sotto il fuoco nemico,
nel mezzo del combattimento. In quell’anno, il 6 ottobre, il terrorismo promosso
da Washington distrusse in volo un aereo civile cubano nel cielo di
Barbados
assassinando vigliaccamente 73 esseri umani indifesi.
Queste vittime non sono mai state dimenticate, l’infame crimine
però è sempre senza castigo e gli assassini sono ancora e sempre protetti.
L’impunità la offre loro la banda corrotta, terrorista e torturatrice installata
oggi nella Casa Bianca.
Quest’anno si compiono trent’anni dall’omicidio di Orlando
Letelier e Ronnie Moffit, avvenuto in pieno giorno nella capitale dell’Unione e
dall’assassinio di Santiago Mari Pesquera, a Puerto Rico. I loro assassini sono
liberi, perchè fanno parte della stessa banda che ha permesso al signor Bush di
camuffarsi da presidente.
Cinque valorosi figli di quest’Isola continuano invece ad essere
sequestrati, scontando pene ingiuste e crudeli perchè hanno saputo lottare e
innallzare queste bandiere nelle viscere del mostro.
Gerardo, Ramón, Antonio, Fernando e René sono la migliore prova
che questo popolo non verrà mai sconfitto, che questo paese non si arrenderà
mai, perchè per i cubani oggi e ogni giorno è un 10 ottobre, un 24 febbraio,
Baraguà...
Lo abbiamo proclamato con una dimostrazione di democrazia
popolare, con la firma pubblica e volontaria di 8 milioni 198.237 elettori e con
la Legge di Riforma Costituzionale approvata dall’Assemblea Nazionale il 26
giugno del 2002.
"Il socialismo e il sistema politico e sociale rivoluzionario
stabilito da questa Costituzione, provato da anni di eroica resistenza di fronte
alle aggressioni di ogni genere e alla guerra economica dei governi della
potenza imperialista più poderosa mai esistita, avendo dimostrato la capacità di
trasformare il paese e creare una società interamente nuova e giusta, È
Irrevocabile, e Cuba non tornerà mai al capitalismo!"
Giuriamo ai nostri martiri che né loro, né i loro sacrifici e i
loro ideali verrano mai dimenticati.
Sì, Maestro, conquisteremo tutta la giustizia e per conquistarla
lotteremo sino alla vittoria, sempre!
Viva Cuba libera!
Indipendenza o Morte!
Viva la Patria!
Viva il Socialismo!