La transizione si é già prodotta,

 

stupido! 

 

 

10 agosto 2006 - A.A.Boron,Pagina 12 - www.granma.cubaweb.cu

 


 

 

 

Il problema di salute di Fidel ha avuto l'effetto di sciogliere la lingua dell'occupante della Casa Bianca e della signorina Rice che, sciogliendo le redini alla loro febbricitante immaginazione, hanno cominciato a parlare della "transizione" a Cuba. Non solo questo: hanno sollecitato i cubani a ribellarsi contro le legittime autorità dal paese — in un atto che l'OSA e le Nazioni Unite dovrebbero condannare senza indugi perché costituisce una chiamata alla sedizione fatta da una potenza straniera — e promettendo ogni tipo di aiuto ai ribelli per la "ricostruzione" di Cuba.

Tali spropositi etici e politici di Washington non sorprendono. Sappiamo della bassa qualità della dirigenza imperiale e dei suoi grossolani errori nella valutazione delle situazioni più diverse. Con George W. questo regresso é arrivato al parossismo, superando, in materia di rusticità intellettuale, quello che sembrava l'irraggiungibile record di Ronald Reagan che si vantava di non aver mai letto un libro in tutta la sua vita. Sicuramente, quando il presidente nordamericano e la sua segretaria parlano di "transizione", staranno pensando alle delizie del "cambiamento di regime" che, con tanto successo, hanno imposto in Afghanistan ed Iraq che, grazie a loro, sono stati benedetti da un'onda di prosperità e benessere che sono l'invidia di tutto il mondo.

Quando nella campagna elettorale del 1992 Bush padre usciva dal seminato, Clinton gli diceva: "È l'economia, stupido!". Qualcosa di simile bisognerebbe dire ora al figlio, doppiamente meritevole di tale qualifica.

In Cuba la transizione si é già prodotta, ed ebbe luogo il 1°gennaio 1959. Una doppia transizione: dalla dittatura alla democrazia, e dal capitalismo al socialismo. Contrariamente a quello che pensa la classe dominante dell'impero ed i suoi epigoni alla periferia, la democrazia poco o niente ha a che vedere col multipartitismo che la signorina Rice pretende esportare a Cuba. Proprio il suo paese è una dimostrazione perfetta di come un sistema bi o multipartitico possa essere la facciata ideale dietro la quale si nasconde una feroce plutocrazia, cioè, un governo dei ricchi, dai ricchi e per i ricchi.

Come teorico della democrazia, preferisco Jean-Jacques Rousseau rispetto a Bush e alla Rice, soprattutto quando definiva la democrazia come un regime sociale dove non c'era nessuno che fosse tanto povero da vendersi né altro tanto ricco da comprarlo. Sotto questo rigoroso parametro, le supposte democrazie latinoamericane — quelle che, con arroganza, chiedono a Cuba che inizi una transizione politica — appaiono per quello che sono: modestissimi regimi post dittatoriali (post Videla, post Pinochet, post Stroessner, etc.) che poco, molto poco, hanno di democratico.

Transizione anche al socialismo: transizione complessa, ostacolata ed intorpidita da mezzo secolo di blocco — il più prolungato mai conosciuto dalla storia dell'umanità — e caparbiamente sostenuto dalla maggiore superpotenza del globo a dispetto delle condanne e richieste dell'ONU, del Papa, di quasi tutti i governi del mondo (con la deplorevole eccezione di Israele, il peon regionale dell'impero) e i richiami dell'opinione pubblico mondiale. A dispetto degli attentati contro la vita di Fidel, al terrorismo organizzato e finanziato dal governo nordamericano, ai sabotaggi ed al criminale blocco economico, Cuba garantisce, ai suoi cittadini, livelli di attenzione medica, educazione, salute e previdenza sociale incomparabilmente superiori a quelli dei governi "democratici" dell'America Latina, e tanto buoni, o migliori, di quelli dei paesi più sviluppati. Non è necessario molto sforzo per immaginare cosa avrebbe potuto ottenere Cuba se non ci fosse la permanente ostilità ed aggressione dell'impero.

Fidel è la personificazione di questo risultato straordinario. È lo Spartaco trionfante che sconfisse la Roma americana, la Quijote indomabile che sintetizza la chiaroveggenza di Martí, l'eroismo del Che e la ferrea volontà di Ignacio de Loyola. La dimostrazione pratica che un altro mondo è possibile, perfino per un piccolo paese situato a poche miglia dell'impero e nonostante il blocco. È un esempio che dimostra che il socialismo non è un'utopia bensì, come lo ricordava Mariátegui, creazione eroica dei nostri popoli. Per questo motivo l'esemplarità della Rivoluzione cubana è insopportabile ed imperdonabile per l'imperialismo ed i suoi alleati.