Discorso pronunciato dal Primo Vicepresidente dei Consigli di Stato e dei Ministri, Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, in occasione del 54º anniversario dell’assalto alle caserme Moncada e Carlos Manuel de Cespedes

 

 

Camagüey, piazza della Rivoluzione Mayor General Ignacio Agramonte Loynaz , il 26 luglio 2007, “Anno 49 della Rivoluzione” www.granma.cubaweb.cu
 

 



Amici che ci accompagnate,

 

cittadini di Camagüey, buongiorno

 

Compatrioti,

 

Un anno fa, quando ascoltavamo i discorsi pronunciati dal Comandante in Capo a Bayamo e Holguín  non potevamo nemmeno immaginare il duro colpo che ci aspettava.

 

Il prossimo 31 luglio, sarà il primo anniversario del Proclama fatto da Fidel, che, con grande contentezza del nostro popolo, sviluppa già un’attività sempre più intensa e molto preziosa, come lo dimostrano le sue riflessioni pubblicate dalla stampa. Fidel, anche nei momenti più gravi della sua malattia, ha apportato la sua saggezza ed esperienza per affrontare ogni problema e ogni decisione cardinale.

 

 

Il Messaggio della Delegazione cubana al Comandante in Capo e al popolo di Cuba

 

Río de Janeiro, 25  luglio del 2007:

Caro  Comandante in Capo,

Caro Raúl, Caro popolo di Cuba,

Come portabandiera di una nazione che rappresentiamo con orgoglio e soddisfazione rivoluzionaria, ci dirigiamo voi e a tutta  la popolazione per trasmettere il sentimento di gratitudine, rispetto e augurio per il 54 Anniversario dell’assalto alle Caserme Moncada e Carlos Manuel de Céspedes,  fatti che marcarono un momento cruciale in una tappa definitiva della Liberazione Nazionale.

Ognuna delle profonde riflessioni del Comandante Fidel attorno alle attuazioni della delegazione cubana in questi XV Giochi Sportivi Panamericani è un argomento a cui non si può ribattere, perchè rappresentano una corazza morale per questa agguerrita delegazione sportiva che ha fatto e farà in ogni momento e in ogni gara quel che la Patria spera.

Senza dubbi, assieme alle medaglie d’oro, argento e bronzo che porteremo con legittimo orgoglio sui nostri petti, al nostro ritorno esibiremo anche come premio principale il trofeo della dignità, dell’onore e del decoro che non si arrende e non tradisce i suoi ideali: questo è il nostro modesto omaggio al lavoro, alla costanza, al sacrificio di coloro che nei diversi fronti della vita della nostra nazione dimostrano al mondo ogni giorno la loro invincibile decisione di vittoria.

Ogni volta che qui si ascolta l’Inno Nazionale della Patria e ondeggia la Nostra Bandiera  si rafforza e si accrescono il nostro spirito di lotta e la convinzione di sentirsi parte di un popolo che costruisce ogni giorno la sua storia, con l’esempio dei suoi figli migliori, senza dimenticare mai tutti coloro che sono morti per fare realtà quei sogni di giustizia, uguaglianza e libertà che oggi noi viviamo.

La presentazione  e l’integrazione della nostra delegazione,  tutti figli della Rivoluzione cubana, sono un simbolo dell’aspirazione dei popoli d’essere rappresentati dai loro atleti, in uno scenario dove però prevale sempre più la mercificazione dello sport e dove ogni atleta è uno strumento in funzione del arricchimento e la manipolazione di alcuni mercanti, in alleanza con mediocri politicanti.

Poveri quei ricchi che vogliono dare un prezzo ai nostri ideali e poveri quei nati male che, guidati da canti di sirene, decidono di tradire il popolo che li ha formati e ha posto in loro una speranza! Poveri quei governi che fanno il gioco delle politiche imperialiste, rubando ad altri popoli i talenti formati con tanto sforzo e dedizione.

Le idee e i principi della Rivoluzione non saranno mai una merce, come lo sport che cresce e vive nel suo seno!

Per la gloria della nostra Patria e per la nostra dignità di cubani giuriamo che non tradiremo mai la memoria dei nostri Eroi e Martiri, che per noi è più facile morire che essere infedeli alla Rivoluzione e a Lei, Comandante Fidel!

Hasta la Victoria Siempre!

Patria o Muerte!

Venceremos!

 

La Delegazione Cubana ai

XV Giochi Sportivi Panamericani.

 

Sono stati mesi molto difficili, anche se l’effetto è stato diametralmente diverso da quello che si aspettavano i nostri nemici che sognavano il caos ed il crollo del socialismo cubano. Importanti funzionari nordamericani hanno dichiarato il proposito di approfittare della situazione per distruggere la Rivoluzione.

 

Non conoscono bene il nostro popolo coloro che si stupiscono di fronte alla sua capacità di crescere affrontando ogni sfida, qualunque sia la sua dimensione perchè questo è l’unico atteggiamento conseguente con la nostra storia.

 

È ben nota la lotta intrapresa dai cubani di molte generazioni, da La Demajagua, la ceserma Moncada e fino ai nostri giorni, sempre di fronte a grandi ostacoli e nemici potenti. Quanti sacrifici e difficoltà! Quante volte abbiamo dovuto riprendere la lotta dopo un fallimento!

 

Solamente negli anni trascorsi dal 26 luglio 1953, abbiamo vissuto  carcere, esilio, la traversata del Granma, la lotta sulle montagne e nelle città e, cinque anni, cinque mesi e cinque giorni dopo l’assalto alla caserma Moncada, giunse il Primo Gennaio del 1959.

 

Allora, così come avviene adesso, anche all’interno degli Stati Uniti, la menzogna non era riuscita a nascondere la realtà, anche se la nostra popolazione aveva un livello culturale e una coscienza politica inferiori di quelli di oggi.

 

La stragrande maggioranza dei cubani ha aderito alla causa guidata da un leader che diceva la verità come arma principale contro i nemici del suo popolo, che non faceva promesse demagogiche, anzi, dal suo primo discorso all’Avana, avvertiva che, probabilmente, in futuro, tutto sarebbe stato più difficile.

 

La conclusione degli alti funzionari del governo nordamericano d’allora era stata conseguente con la loro storia: si doveva abbattere oppure, se non ci si riusciva, far soffrire fino all’indicibile quel popolo che osava aspirare alla giustizia, alla dignità ed alla sovranità. L’esempio di Cuba era molto pericoloso in un continente povero, sottomesso e sfruttato.

 

Ma non sono mai riusciti a metterci a ginocchio. La nostra risposta è stata quella di diventare, noi tutti, dei combattenti, di sopportare con stoicismo le penurie e le difficoltà, di versare il nostro sudore nei campi, fabbriche e trincée, di portare avanti molte battaglie vittoriose e di segnare la svolta  dell’internazionalismo.

 

Davanti ai resti mortali di ciascuna delle 3.478 vittime degli atti terroristi organizzati direttamente, appoggiati o consentiti dalle autorità degli Stati Uniti; davanti a color che sono morti in difesa  della Patria o nel compimento del dovere internazionalista, il nostro popolo ha ratificato l’impegno con i suoi eroi e martiri, con la sua eredità mambisa e l’esempio di Martí, Céspedes, Maceo, Gómez e Agramonte, ha seguito uomini  come Mella, Martinez Villena e Guiteras, simboli del pensiero e dell’azione d’infinità di patrioti anonimi.

 

Questo è in sostanza, l’ultimo mezzo secolo della nostra storia. Non c’è stato un solo minuto di tregua di fronte alla politica del Governo degli Stati Uniti, che vuole distruggere la Rivoluzione.

 

In questa fucina di sforzi e di sacrifici sono cresciute la morale e la

Messaggio di Ramón Labañino

dal carcere di Beaumont

 

Caro popolo cubano,

in questo nuovo Anniversario del 26 di Luglio, vogliamo inviare a tutti il nostro messaggio d’amore e d’affetto, con tutti gli auguri in questa data di Gloria e Ribellione Nazionale, convinti che nell’unità solida e indissolubile di tutto il nostro popolo, a lato del nostro amato Comandante in Capo Fidel Castro Ruz e della Rivoluzione, avremo sempre la vittoria.

Siamo fiduciosi che presto ritorneremo tra di voi a difendere la nostra Patria, il nostro socialismo, la nostra Rivoluzione e il nostro futuro.

Viva il 26 di Luglio!

Vinceremo!

Cinque abbracci da

Gerardo, Fernando, Antonio, René e Ramón

 

 coscienza di questo popolo; sono nati figli con la grandezza di Gerardo Hernández, Antonio Guerriero, Ramón Labañino, Fernando González e René González, capaci di vivere serenamente, coraggiosamente e degnamente i rigori di una reclusione ingiusta, dispersi in lontane separate  prigioni negli Stati Uniti.

 

Sono esempi, ma non eccezioni, perchè ci sono milioni di cubani e cubane che non hanno paura dei pericoli né delle difficoltà.

 

L’abilità è quotidiana in ogni angolo di questa terra, come dimostrano ora i nostri bravi atleti nei Giochi Panamericani.

 

E’ stato sempre così per più di 16 anni di Periodo Speciale, di sforzi sostenuti di tutto il Paese, per vincere le difficoltà e continuare ad andare avanti – e dovrà essere ancora così, perché non siamo ancora usciti dal Periodo Speciale.

 

Per questo motivo è doppiamente meritorio che una provincia raggiunga la condizione di Segnalata, titolo conferito dopo una valutazione dei risultati ottenuti nei principali settori.

 

Questa volta hanno ottenuto questa condizione l’Avana, Granma, Villa Clara e Camagüey, con le quali ci congratuliamo a nome del Comandante in Capo, del Partito e del nostro popolo, per questo trionfo importante. Ci congratuliamo anche con Cienfuegos, Matanzas e Sancti Spiritus per il riconoscimento ricevuto, e con Las Tunas per i progressi ottenuti.

 

Per determinare quale sarebbe stata la sede di questa manifestazione centrale, l’Ufficio Politico ha valutato soprattutto lo sforzo quotidiano, silenzioso ed eroico di fronte alle difficoltà. Così l’ha fatto il popolo di “El Camagüey”, come dicevano i mambises, per ottenere questi risultati.

 

I progressi sono frutto dello sforzo di centinaia di migliaia di compagni; degli operai, dei contadini e di tutti i lavoratori; dell’apporto indispensabile degli intellettuali, artisti e lavoratori della cultura; delle eroiche casalinghe e pensionati; degli studenti della Federazione degli Studenti della Scuola Media e della Federazione di Studenti Universitari; dei nostri pionieri; della Federazione di Donne cubane, i Comitati di Difesa della Rivoluzione, dell’Associazione di Combattenti e dei nuclei del Partito di zona, che offrono un insostituibile apporto alla società.

 

Senza di loro, senza il lavoro, lo studio ed il sacrificio quotidiano di tanti uomini, donne e bambini, la tromba della cavalleria agramontina non suonerebbe oggi in queste vaste pianure.

 

Ma non deve avvenire come nel baseball, dove le vittorie appartengono solo ai giocatori e le sconfitte al direttore della squadra. Non sarebbe giusto non riconoscere pubblicamente l’importante ruolo svolto in questo successo dai dirigenti del Partito, il Governo, la Gioventù comunista e le organizzazioni di massa e sociali a tutti i livelli, così come di numerosi quadri amministrativi.

 

E’ utile rilevare il buon lavoro del compagno Salvador Valdés Mesa, in questo momento Segretario Generale della Centrale di Lavoratori di Cuba, che durante molto tempo e fino a 13 mesi fa, è stato il Primo Segretario del Comitato Provinciale del Partito, e l’ottima sostituzione  del compagno Julio César García Rodríguez.

 

E’ opportuno e necessario riconoscere quanto ottenuto negli ultimi anni, in queste province e in tutto il Paese, ma con chiara coscienza dei nostri problemi, delle insufficienze, errori e atteggiamenti burocratici o indolenti, alcuni di essi sviluppati in circostanze derivate dal Periodo Speciale

 

Il fatto di sottolineare gli importanti risultati ottenuti in queste province non significa ignorare il lavoro che si fa in tutto il Paese. Nelle province della regione orientale, ad esempio, è stato necessario di farlo in condizioni molto difficili, con penurie di risorse come conseguenza di motivi obiettivi e anche soggettivi.

 

Non sempre però lo sforzo si fa accompagnare degli stessi risultati. L’effettività dipende, in gran misura, dalla continuità e dall’organizzazione, specialmente dal controllo e l’esigenza regolari, e soprattutto di quanto si è potuto incorporare le masse alla lotta per l’efficienza.

 

E’ necessario che tutti partecipino alla battaglia quotidiana contro gli errori che aggravano le difficoltà obiettive derivate da cause esterne, soprattutto quelle provocate dal blocco economico imposto dagli Stati Uniti, che costituisce in realtà un’implacabile guerra contro il nostro popolo, e l’attuale amministrazione di questo Paese pone tutta la sua  volontà nel cercare ogni strada per danneggiarci.

 

Sono molti gli esempi che si potrebbero fare. Mi limiterò a menzionare gli ostacoli alle transazioni commerciali e finanziarie del Paese all’estero, dirette, molte volte, all’acquisto di generi alimentari, farmaci ed altri prodotti, per coprire i bisogni basilari della popolazione e il veto di accesso ai servizi bancari con l’imposizione extraterritoriale delle leggi degli USA.

 

Ci sono anche gli ostacoli quasi insuperabili, perfino ridicoli, imposti dal detto governo ai viaggi dei cittadini statunitensi a Cuba e anche dei cubani residenti nel paese, che non possono visitare le loro famiglie; il rifiuto di concedere il visto non soltanto ai nostri funzionari ufficiali, ma anche agli artisti, atleti, scienziati e, in genere, a coloro che non sono disposti a calunniare la Rivoluzione.

 

A quanto  detto si aggiungono, come ha denunciato di recente il nostro Ministero degli Esteri, gli ostacoli all’adempimento di quanto stabilito negli accordi migratori rispetto al numero minimo di visti da concedere annualmente.

 

Con questa politica s’incoraggiano coloro che ricorrono all’emigrazione illegale e sono ricevuti come eroi, molte volte, anche dopo aver posto in pericolo la vita di bambini piccoli, anche se questa irresponsabile attitudine mette in pericolo non soltanto la sicurezza dei cubani, ma anche quella dei nordamericani, che governo degli USA proclama di proteggere, poiché chi organizza il traffico di esseri umani in cambio di denaro, probabilmente non avrà dubbi e lo farà  con la droga, le armi o qualsiasi  cosa  simile.

 

Cuba, da parte sua, continuerà ad onorare, come ha fatto finora, i suoi impegni nei confronti degli accordi migratori.

 

Gli ultimi dodici mesi sono stati un esempio notevole della maturità, fermezza di principi, unità, fiducia in Fidel, nel Partito e soprattutto in sé stesso del nostro popolo.

 

Malgrado il profondo dolore che ci aveva colpito, nessun compito è stato interrotto. Nel Paese c’è ordine e molto lavoro; funzionano quotidianamente gli organi di direzione del Partito e del Governo nella ricerca collettiva delle risposte più effettive di fonte ad ogni problema.

 

Non c’è questione relativa allo sviluppo del Paese e le condizioni di vita del popolo che non sia stata affrontata con responsabilità e alla cui soluzione non si lavori. Non c’è compito della Battaglia delle Idée, la Rivoluzione energetica e altri impegni fomentati dal Comandante in Capo che sia paralizzato. Com’è abituale in questioni tanto importanti, sono stati necessari aggiustamenti e proroghe, e non scartiamo che se ne dovranno fare altri in futuro, per imperativi materiali e per le minacce che tutti conosciamo. 

 

Da allora comunque, con serenità, disciplina e senza ostentazione, il nostro popolo ha continuato a prepararsi per far fronte a qualunque avventura militare del nemico.

 

Centinaia di migliaia di miliziani e riservisti delle Forze Armate Rivoluzionarie, assieme agli ufficiali, sergenti e soldati delle troppe permanenti, hanno sviluppato l’Operazione Caguairán, che ha consentito l’incremento sostanziale della capacità difensiva del Paese, ottenendo livelli di preparazione combattiva superiori a quelli ottenuti in altre tappe.

 

E’ un grande sforzo in un momento in cui le risorse non abbondano, ma è semplicemente indispensabile. Continueremo a farlo con la maggior razionalità, da un punto di vista materiale e per l’uso del tempo dei cittadini.

 

Con la difesa non si gioca!, Ha esclamato il Comandante in Capo e l’ha riaffermato, ancora una volta, pochi giorni fa. Per noi, come ho detto tante volte, evitare la guerra equivale a vincerla, ma per vincerla, evitandola dobbiamo versare molto sudore ed investire non poche risorse.

 

La sicura risposta popolare al Proclama del Comandante in Capo ha messo in crisi quasi tutti i piani del nemico, ma quest’ultimo, lungi dal valutare la realtà per rettificare gli errori, insiste ostinatamente nell’inciampare nello stessa pietra. Specula sull’ipotetica paralisi del Paese e perfino su una “transizione” in marcia. Ma anche se chiude gli occhi, la realtà s’incarica di distruggere i suoi bramati sogni.

 

Come ha informato la stampa, l’Operazione Caguairàn continuerà nei prossimi lunghi mesi e permetterà di formare circa un milione di compatrioti; inoltre si svolgerà l’Esercizio Strategico Bastion 2008, alla fine dell’anno in corso.

 

Per quella data avremo una migliore formazione, per resistere e per vincere su tutti i fronti, comprendendo la difesa.

 

Inoltre saranno già avvenute le elezioni negli Stati Uniti ed avrà concluso il suo  mandato l’attuale presidente di quel Paese e la sua erratica e pericolosa amministrazione, caratterizzata da un pensiero tanto retrogrado e fondamentalista che non lascia margine all’analisi razionale di nulla.

 

La nuova amministrazione che arriverà dovrà decidere se mantenere l’assurda, illegale e fallita politica contro Cuba o se accettare il ramoscello d’olivo che porgemmo in occasione del 50º anniversario dello sbarco del Granma. In altre parole  riaffermiamo la disposizione a discutere, in assoluta uguaglianza, sul prolungato conflitto con il governo degli Stati Uniti, convinti che i problemi in questo mondo, sempre più complessi e pericolosi, hanno una sola soluzione che è il dialogo.

 

Se le nuove autorità nordamericane lasceranno finalmente da parte la prepotenza e decideranno di avviare un dialogo civile, ben venga. Altrimenti, siamo disposti ad affrontare la loro politica ostile, anche per altri 50 anni, se sarà necessario.

 

Cinquanta anni sembrano molto tempo, ma presto festeggeremo gli anniversari 50 del Trionfo della Rivoluzione e  55 dell’assalto alla caserma  Moncada, e tra tanti compiti e sfide, questi anni sono trascorsi veloci. Quasi il 70% della nostra popolazione è nato dopo lo stabilimento del blocco, quindi, siamo ben addestrati per continuare a resistere per vederlo infine eliminato.

 

Alcuni, sotto l’influenza della propaganda nemica o semplicemente disorientati, non percepiscono l’esistenza reale del pericolo né il fatto innegabile che il blocco ha un impatto diretto sulle decisioni economiche più importanti e sulle necessità più elementari d’ogni cubano.

 

Ci opprime in modo diretto e quotidiano nell’alimentazione, il trasporto, l’alloggio e anche per l’impossibilità di ottenere le materie prime,  le attrezzature necessarie per il lavoro.

 

Ma questo, come abbiamo già detto, il nemico l’ha posto in atto circa mezzo secolo fa ed oggi sogna ancora d’imporci la sua volontà con la forza. Lo stesso presidente Bush insiste e ripete che non permetterà la continuità della Rivoluzione cubana. Sarebbe interessante  chiedergli cosa pensa di fare per impedirlo.

 

Poco hanno imparato dalla storia!

 

Nel suo Manifesto pubblicato il 18 giugno scorso, Fidel ha reiterato quel che è convinzione d’ogni rivoluzionario in quest’Isola: “Non avrete mai Cuba”!

 

Il nostro popolo non cederà mai  davanti ai tentativi di pressione o ricatto di un Paese o di un gruppo di Paesi, né farà la minima concessione unilaterale nei confronti di nessuno.

 

I nostri compiti economici e sociali sono molto difficili e sappiamo bene le tensioni a cui sono sottoposti i quadri, soprattutto alla base, dove non c’è quasi un equilibrio tra necessità accumulate e risorse disponibili.

 

Siamo consci  che tra le estreme difficoltà obiettive che stanno di fronte a noi, il salario è, ancora oggi, insufficiente per soddisfare tutte le necessità e per questo, in pratica non si compie l’affermazione  del principio socialista che ciascuno apporterà secondo la sua capacità e riceverà secondo il suo lavoro. Questo ha favorito manifestazioni d’indisciplina sociale e tolleranza che, una volta radicate, sono difficili da eliminare, anche in assenza delle cause obiettive che le hanno generate.

 

Posso affermare responsabilmente che il Partito ed il Governo stanno studiando profondamente questi ed altri complessi e difficili problemi, che richiedono approcci integrali  differenti in ogni luogo concreto.

 

Noi tutti, dal dirigente al lavoratore di fila, sentiamo il dovere d’individuare con precisione e di valutare profondamente ogni problema nel raggio d’azione in cui dobbiamo agire, per fargli fronte con i metodi più opportuni.

 

Si tratta di una atteggiamento molto diverso dall’attitudine di coloro che si servono delle difficoltà come scudo davanti alla critica, per non agire con la celerità e l’effettività necessarie, o per non avere la sensibilità ed il coraggio politico richiesti per spiegare perché una cosa non può avere una soluzione immediata.

 

Voglio soltanto richiamare l’attenzione su questi temi cruciali. Non sono questioni da risolvere con una semplice critica o un’esortazione, anche se fatta in una manifestazione come questa. Richiedono, innanzitutto, lavoro organizzato, controllo ed esigenza, giorno dopo giorno, rigore, ordine e disciplina dall’istanza nazionale fino ad ogni angolo dove si produce qualcosa o si presta un servizio.

 

In questo senso lavora il Paese, come in tante altre questioni importanti e strategiche. Si fa con agilità e senza drammi, senza fare molte dichiarazioni pubbliche per non creare false attese, perché con la sincerità che ha caratterizzato sempre la Rivoluzione, avviso ancora una volta che tutto non si può risolvere immediatamente.

 

Non esagero se dico che viviamo in una situazione economica internazionale molto difficile, dove alle guerre, all’instabilità politica, al deterioro dell’ambiente e alla crescita dei prezzi del petrolio, già come tendenza permanente, si è sommata di recente, come ha denunciato il compagno Fidel, la decisione, soprattutto degli Stati Uniti, di trasformare in combustibili il mais, la soia ed altri alimenti, facendo salire i loro prezzi e quelli dei prodotti derivati e relazionati, come la carne e il latte, aumentati in modo esorbitante negli ultimi mesi.

 

Menzionerò soltanto alcuni dati. Il barile di petrolio in questi giorni costa circa 80 dollari, quasi tre volte il prezzo di quattro anni fa, quando si quotizzava a 28 dollari. E questo incide su quasi tutto, poiché per produrre qualcosa o prestare un servizio è necessaria una certa quantità di combustibile, direttamente o indirettamente.

 

Un altro esempio è il prezzo del latte in polvere che era di circa 2.100 dollari la tonnellata nel 2004, e per noi era già un grande sforzo  garantire questo alimento, dato che per la sua importazione abbiamo speso 105 milioni di dollari. Per acquistare il latte necessario per il 2007 abbiamo dovuto pagare 160 milioni, giacché il prezzo è aumentato ed è di 2.450 dollari la tonnellata. In questi quattro anni, quasi 500 milioni di dollari.

 

Oggi una tonnellata supera i 5.200 dollari. Per questo, se non aumenterà la produzione nazionale, per garantire il consumo nell’anno 2008, sarà necessario destinare e solo per l’acquisto del  latte in polvere, almeno 340 milioni di dollari, tre volte più di quello che abbiamo speso nel 2004, se non continuerà ad aumentare.

 

Il riso si quotizzava a 390 dollari la tonnellata nel 2006 ed oggi si vende a 435. Alcuni anni fa acquistammo il pollo surgelato a 500 dollari la tonnellata e avevamo pianificato la spesa con l’ipotesi di un aumento sino ad  800 ma in realtà oggi il prezzo  è  di 1.186 dollari.

 

Ed è lo stesso per quasi tutte le importazioni che il Paese deve fare per assicurare le necessità della popolazione che, come sappiamo, paga prezzi che si sono invariati da molti anni  nonostante questa  realtà.

 

Sto menzionando prodotti che crescono qui, dove c’è terra da coltivare, dove l’abbondanza delle piogge dell’anno scorso e di quest’anno – sono venuto qui in macchina – hanno reso tutto verde e bello, ma quello che è più bello, quello che salta agli occhi è la bellezza delle piante lungo tutto il tragitto.

 

Qualunque incremento dei salari o una diminuzione dei prezzi, perché sia reale, potrà provenire solo da una maggiore e più efficiente produzione o prestazione di servizi, che permetterà d’avere più d’entrate.

 

Nessuno, né un individuo, né un Paese, può permettersi di spendere più di quel che  ha. Sembra elementare, ma non sempre pensiamo e agiamo in conseguenza di fronte a questa realtà improcrastinabile.

Per avere di più, dobbiamo produrre di più in modo razionale ed efficiente, per ridurre le importazioni, innanzitutto, quelle delle derrate alimentare che si ottengono qui , la cui produzione nazionale è ancora lungi da soddisfare i bisogni.

 

E’ imperativo per noi far produrre di più la terra, con trattori o con animali, come si faceva prima dell’arrivo dei trattori; generalizzare al più presto possibile, anche senza improvvisazioni, ogni esperienza dei produttori migliori, nel settore statale e tra i contadini, incoraggiare opportunamente il duro lavoro che svolgono con il caldo terribile del nostro clima.

 

Per raggiungere questo obiettivo si dovranno eseguire cambiamenti strutturali e  concettuali: i più necessari.

 

Si lavora già in questo senso e si cominciano ad apprezzare alcuni modesti risultati. Così come ha richiesto l’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, è stato dato l’ordine di pagamento per i  contadini;  ci sono dei miglioramenti discreti nella consegna delle materie prime per alcune produzioni e ci sono stati incrementi notevoli del prezzo di vari prodotti –cioè, quel che paga lo Stato a chi produce, non quello che paga la popolazione, che non cambierà. Questa misura  comprende  importanti settori come quello della carne e del latte.

 

Per ciò che riguarda la produzione e distribuzione del latte, siamo consci che sono molto limitate le risorse materiali, ancora oggi, che dovrebbe assicurare il settore dell’allevamento. La natura ci ha favorito e tutto fa pensare che arriveremo ai 384 milioni di litri di latte pianificati, ancora molto lontani dai 900 milioni  prodotti quando avevamo tutte le materie prime necessarie.

 

Inoltre, dal mese di marzo, si pratica un’esperienza nuova  in sei comuni: Mantua e San Cristobal, a Pinar del Rio, Melena del Sur all’Avana, Calimete a Matanzas, Aguada de Pasajeros a Cienfuegos e Yaguajay a Sancti Spiritus, che consiste nella distribuzione di 20 mila litri di latte ogni giorno direttamente dal produttore ai 230 negozi di viveri ed al  consumo sociale di queste località.

 

In questo modo si eliminano procedure assurde che facevano percorrere centinaia di chilometri a questo prodotto prima d’arrivare ad un consumatore che, molte volte, abitava centinaia di metri dalla tenuta, con conseguenti perdite del prodotto e forti spese di combustibili.

 

Faccio soltanto un esempio, forse due con Camaguey. A Mantua, uno dei comuni della regione più occidentale di Pinar del Rio si distribuiscono oggi direttamente alla popolazione, nei 40 negozi di viveri del comune, circa 2.492 litri di latte che assicurano il consumo razionato, con un risparmio mensile di 2.000 litri di combustibile.

 

Cosa succedeva quattro mesi fa?

 

L’impianto di pastorizzazione più vicino si trova nel comune di Sandino, a 40 chilometri da Mantua. Quindi, per portare il latte fino a questo impianto un camion doveva percorrere ogni giorno, minimamente, circa 80 km, andata e ritorno. Dico minimamente perché altre zone del comune sono ancora più lontane.

 

Il latte che ricevono in modo razionato i bambini ed altri consumatori di Mantua, una volta pastorizzato a Sandino, ritornava  poco dopo in un veicolo, che ovviamente, doveva tornare al suo punto d’origine. In totale, 160 km, che, in realtà, come l’ho detto, erano molti di più.

 

Non so se adesso le cose sono sempre così. Poco tempo fa, girando nella zona sud-est di Camaguey ho visitato un luogo conosciuto come Los Raúles –un mio omonimo-, ed ho cominciato a fare domande. Il latte che si produceva a Los Raules era pastorizzato a Camaguey, poi, quello destinata ai bambini di Los Raules, doveva essere riportato indietro per il suo consumo.  Faranno ancora così?

 

Una volta, poco tempo fa, meno di un anno, avevo chiesto se questo andare e venire assurdo fosse stato ormai eliminato. Vi giuro che mi hanno detto di sì e adesso stiamo scoprendo la verità.

 

Pensate a tutte queste cose e vedrete quante ce ne sono...

 

Come vediamo, questo andare e venire del latte, si faceva con il nobile obiettivo de pastorizzare tutto il latte. E’ una misura logica e necessaria per i nuclei urbani di una certa dimensione, anche se a Cuba è solito farlo bollire, pastorizzato o meno. Comunque si continuerà a raccogliere ed a pastorizzare tutto il latte necessario per le città, ma non è logico che un camion o centinaia di camion debbano percorrere ogni giorno tanti chilometri per portare pochi litri di latte in luoghi che ne producono abbastanza per l’autosufficienza.

 

Dal momento del trionfo della Rivoluzione, noi cubani, abbiamo imparato a viaggiare da occidente a oriente e soprattutto da oriente a occidente, ma con questo nostro desiderio di viaggiare abbiamo fatto  viaggiare anche il latte, inutilmente.

 

Oltre ai comuni coinvolti in questa nuova esperienza, ci sono più di 3.500 negozi di alimentari di altri comuni e province che distribuiscono  il latte in modo diretto, e finora hanno distribuito più di 7 milioni di litri in questo modo.

 

L’esperienza si estenderà progressivamente, con la più grande agilità possibile, ma senza precipitazione. La sua estensione sarà preceduta, in tutti i casi, da uno studio integrale che dimostri la sua fattibilità in ogni luogo in particolare e l’esistenza di tutte le condizioni organizzative e materiali richieste.

 

Così si lavorerà finché tutti i comuni del Paese con sufficiente produzione di latte siano autosufficienti e chiudano nel loro territorio il ciclo che va dalla mungitura della mucca fino al momento in cui un bambino o un’altra persona lo beve, con le  possibilità attuali.

 

L’obiettivo principale di questa esperienza è quello di produrre la maggior quantità di latte possibile, e dico che è possibile nella stragrande maggioranza dei comuni, tranne nei capoluoghi e soprattutto in quelli della capitale del Paese, quelli che non si trovano alla periferia della capitale, perché in questi ultimi si può produrre il latte. Ci sono già alcuni capoluoghi che possono produrne a sufficienza, come avviene a  Sancti Spíritus, ma dobbiamo comunque produrre più latte!

 

Vale a dire, che l’obiettivo principale è quello di produrre più latte per assicurarlo a coloro che lo necessitano, in primo luogo, i nostri bambini – stiamo parlando di un alimento fondamentale per bambini, e malati e non si gioca con questo-   senza rinunciare alla prospettiva che altre persone possano riceverlo in futuro.

 

Questo piano ha lo scopo far risparmiare combustibile, fatto molto importante.

 

Questo è un programma che si svolge in accordo alle condizioni esistenti in questo momento, quando sarebbe una chimera sognare le grandi importazioni di mangimi e di materie prime come nei decenni precedenti, quando il mondo era molto diverso da quello di oggi.

 

E’ soltanto un esempio delle tante difficoltà che appaiono ogni volta che ci organizziamo meglio e che analizziamo una questione con la profondità richiesta, tenendo presenti tutti i fattori che incidono.

 

Insisto sul fatto che non ci saranno soluzioni spettacolari. Ci vuole tempo e soprattutto un lavoro serio e sistematico, consolidando ogni risultato ottenuto, anche se piccolo.

 

Un’altra fonte quasi inesauribile di risorse – se consideriamo quanto sprechiamo - risiede, come abbiamo già accennato, nel risparmio di combustibili come prima cosa, che hanno prezzi sempre più proibitivi ed è difficile che scenderanno.

 

Questo è un compito d’importanza strategica, al quale non si dà sempre l’attenzione necessaria e che permette ancora sciupii. L’esempio del latte è sufficiente.

 

Inoltre, razionalmente, si dovrà recuperare la produzione industriale nazionale ed inserire nuovi filoni che eliminino le importazioni o che creino nuove possibilità d’esportazione.

 

In questo senso stiamo studiando attualmente l’incremento degli investimenti stranieri, se apportano capitali, tecnologie o mercato, per  trarre profitto dal contributo che possono dare allo sviluppo del Paese, senza ripetere gli errori del passato per ingenuità e ignoranza in questo settore e dalle esperienze positive, lavorando con imprenditori seri e su basi giuridiche definite e sane, che preservino il ruolo dello Stato ed il predominio della proprietà socialista.

 

Rafforzeremo sempre di più la collaborazione con altri popoli, consci che solo uniti vinceremo e sulla base dell’assoluto rispetto della strada scelta dai singoli Paesi. Lo dimostra l’avanzata assieme ai fratelli di Venezuela,  Bolivia e Nicaragua, come i nostri solidi rapporti con  Cina e Vietnam, per dare soltanto alcuni esempi notevoli tra il  numero crescente di Paesi di tutti i continenti con i quali si riprendono e avanzano  rapporti di ogni genere.

 

Continueremo a dare la priorità al Movimento di Paesi non Allineati – MNOAL - ed al crescente movimento di solidarietà internazionale con la Rivoluzione. Continueremo anche a lavorare con l’Organizzazione delle Nazioni Unite ed altri organismi multilaterali ai quali Cuba appartiene, che partono dal rispetto delle norme del diritto internazionale e che contribuiscono allo sviluppo dei popoli ed alla pace.

 

Sono molte le battaglie simultanee che necessitano l’unione delle forze per mantenere l’unità del popolo, arma principale della Rivoluzione, per approfittare delle potenzialità di una società socialista come la nostra. Le prossime elezioni del Poder Popular saranno una nuova opportunità per dimostrare la straordinaria forza della nostra democrazia, che è vera.

 

Ognuno di noi, soprattutto i quadri, abbiamo il dovere di non lasciarci schiacciare dalle difficoltà, anche di fronte a problemi che sembrano enormi e irrisolvibili al momento.

 

Dobbiamo ricordare che, malgrado la confusione e lo scoraggiamento iniziali, abbiamo saputo fronteggiare i difficili primi anni del Periodo Speciale nei primi anni del decennio scorso e andare avanti. Allora dicemmo e lo ripetiamo  oggi con maggior motivazione : "Sì che si può!"

 

Più grande sarà il problema o la sfida, più organizzazione, più lavoro sistematico ed effettivo, più studio e previsione d’una pianificazione basata sulle priorità chiaramente stabilite saranno necessari, senza che nessuno cerchi di risolvere i suoi problemi a qualunque prezzo e danneggiando  altri.

 

E’ necessario inoltre lavorare con spirito critico e creatore, senza ritardi e senza schemi. Non dobbiamo pensare che quel che facciamo è perfetto senza poi fare una revisione. L’unica cosa che un rivoluzionario cubano non metterà mai in dubbio è la nostra decisione irrinunciabile di costruire il socialismo.

 

Quella profonda convinzione ha fatto proclamare a Fidel, in questo stesso luogo, il 26 luglio del 1989, 18 anni fa, la storica e profetica affermazione  che anche nell’ipotetico caso che si disintegrasse l’Unione Sovietica, continueremo ad andare avanti con la nostra Rivoluzione, disposti a pagare l’elevato prezzo della libertà e ad agire sulla base della dignità e dei principi.

 

La storia ha dimostrato abbondantemente che questa decisione del nostro popolo ha la fermezza di una roccia. Quindi, siamo nel dovere di riflettere su ogni cosa che facciamo per farla meglio, di trasformare concezioni e metodi che sono stati appropriati nel loro momento, ma che sono stati superati dalla stessa  vita.

 

Ogni volta dobbiamo tenere presente,  per non ripeterlo a memoria come un dogma, ma per applicarlo tutti i giorni ed in modo creativo nel nostro lavoro, quel che ha detto il compagno Fidel il Primo Maggio del 2000, con definizione che è la quintessenza del lavoro politico ed ideologico:

 

“Rivoluzione è consapevolezza del momento storico; è cambiare tutto quel che dev’essere cambiato; è uguaglianza e libertà piene; vuol dire essere trattati e trattare gli altri come esseri umani; significa emancipare noi stessi e con i nostri sforzi; sfidare potenti forze dominanti dentro e fuori dall'ambito sociale e nazionale; difendere i valori in cui si crede al prezzo di qualunque sacrificio; è modestia, disinteresse, altruismo, solidarietà ed eroismo; è lottare con audacia, intelligenza e realismo; è non mentire mai né violare principi etici; è convinzione profonda che non esiste forza al mondo capace di schiacciare la forza della verità e delle idee. Rivoluzione è unità, è indipendenza, è lottare per i nostri sogni di giustizia, per Cuba e per il mondo, è la base del nostro patriottismo, del nostro socialismo e del nostro internazionalismo”.

 

Il miglior omaggio al Comandante in Capo, in un giorno come questo di oggi, il maggior contributo alla sua completa guarigione, è ratificare la decisione di farci guidare sempre da questi principi e soprattutto agire ogni giorni in conseguenza, sempre al nostro posto.

 

Fedeli all’eredità dei nostri morti gloriosi, lavoreremo senza riposo per compiere giustamente gli orientamenti del Proclama di Fidel, di tutte quelli che ha dato e di quelli  che ci darà in futuro.

 

Il timore di fronte alle difficoltà ed ai pericoli non è presente nel nostro popolo, che non abbasserà mai la guardia davanti ai suoi nemici. Questa è la principale garanzia che nelle nostre piazze, e se sarà necessario anche nelle nostre trincee, si ascolterà sempre  questa Isola: Viva la Rivoluzione! Viva Fidel!