Mi scuso per eventuali involontari errori nella traduzione che

sono da attribuirsi esclusivamente alla mia inesperienza

 

 

 

Cessino l'insensibilità,

 

 l'irresponsabilità e l'inganno

 

 

 

Discorso pronunciato dal compagno Felipe Pérez Roque, Ministro degli Esteri della Repubblica di Cuba, nell'evento di alto livello sul cambiamento climatico, il 24 settembre 2007, New York.  

 

 

Signor Presidente.

già 15 anni fa ci riunimmo, come ora, nella Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ecosistema e Sviluppo celebrato in Rio de Janeiro. Fu un momento storico. Lì assumemmo l'impegno plasmato nella Convenzione sul Cambiamento Climatico e più tardi nel Protocollo di Kyoto. Cuba fu, allora, il primo paese ad elevare il tema ambientale al rango costituzionale.

Quel giorno, il Presidente Fidel Castro pronunciò un discorso breve e forte che scosse il plenario di quella conferenza. Disse verità profonde, sgranate una ad una da un'irriducibile posizione etica ed umanista:

"Un'importante specie biologica é a rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione delle sue condizioni naturali di vita: l'uomo.

"(...) le società del consumo sono le responsabili fondamentali dell'atroce distruzione dell'ecosistema.

"La soluzione non può essere impedire lo sviluppo a chi più lo necessita.

"Se si vuole salvare l'umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e tecnologie disponibili sul pianeta. Meno lusso e meno sperpero in pochi paesi affinché si abbia meno povertà e meno fame in gran parte della Terra".

La verità è che dopo quasi niente si é fatto. La situazione è ora molto più grave, i pericoli sono maggiori e ci rimane meno tempo.

L'evidenza scientifica è chiara. La constatazione pratica è schiacciante. Solo un irresponsabile potrebbe discuterle. Gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi. Diminuisce lo spessore del ghiaccio artico. Si ritraggono i ghiacciai. Sale il livello del mare. Aumenta la frequenza ed intensità dei cicloni.

Il futuro si prospetta peggiore: un 30% delle specie sparirà se la temperatura globale si incrementa tra 1,5 e 2,5 gradi centigradi. Piccoli stati insulari corrono il rischio di sparire sotto le acque.

Per affrontare il pericolo, abbiamo accordato due strategie. La mitigazione, cioè, la riduzione ed assorbimento delle emissioni; e l'adattamento, cioè le azioni per ridurre la vulnerabilità davanti agli impatti del cambiamento climatico.

Tuttavia, risulta ogni volta più chiaro non si potrà affrontare questa drammatica situazione se non cambiano gli attuali insostenibili modelli di produzione e consumo, presentati come il sogno da conquistare mediante una permanente e senza scrupoli campagna pubblicitaria globale nella quale si investono, ogni anno, un milione di milioni di dollari.

Abbiamo responsabilità comuni, ma differenziate. I paesi sviluppati, responsabili del 76% delle emissioni dei gas dell'effetto serra, accumulati dal 1850, devono assumere il peso principale della mitigazione e devono dare l'esempio. Ancora peggio, tra il 1990 ed il 2003 le loro emissioni aumentarono del più del 12%, e quelle degli Stati Uniti, in particolare, crebbero di più del 20%. Pertanto, devono incominciare ad adempiere i modesti impegni del Protocollo di Kyoto ed assumere nuove ed ambiziose mete di riduzione delle emissioni a partire dal 2012.

Il problema non si risolverà comprando ai paesi poveri la loro quota. È una strada egoista ed inefficace. Neanche trasformando gli alimenti in combustibili come propose il Presidente Bush. È un'idea sinistra. Bisogna ottenere reali riduzioni nelle fonti di emissione. Bisogna intraprendere una vera rivoluzione energetica orientata verso il risparmio e l'efficienza. Si ha bisogno di molta volontà politica e coraggio per dare questa battaglia. La modesta esperienza di Cuba, di successo ed incoraggiante nonostante il blocco e le aggressioni che soffriamo, è una prova che sì si può.

D'altra parte, la lotta contro il cambiamento climatico non può essere ostacolo che impedisca lo sviluppo ai più di cento paesi che non lo hanno ancora ottenuto e che non sono, inoltre, responsabili storici di quello che è successo; deve essere compatibile con lo sviluppo sostenibile dei nostri paesi. Respingiamo le pressioni affinché i paesi sottosviluppati adottino impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni. Ancor più, la parte delle emissioni globali che corrisponde ai paesi sottosviluppati deve crescere per soddisfare le necessità del loro sviluppo economico e sociale. I paesi sviluppati non hanno autorità morale per esigere nulla su questo tema.

Paradossalmente, i paesi che meno hanno contribuito al riscaldamento globale, specialmente i piccoli stati insulari ed i paesi meno avanzati, sono i più vulnerabile e minacciati. Per applicare politiche di adattamento hanno bisogno di accesso senza restrizioni a tecnologie pulite e finanziamento.

Tuttavia, sono i paesi sviluppati quelli che hanno il monopolio dei brevetti, le tecnologie ed il denaro. Hanno, pertanto, la responsabilità che il Terzo Mondo acceda ad importi sostanziali di finanziamento fresco al di sopra degli attuali livelli di Aiuto Ufficiale allo Sviluppo, già di per sé completamente insufficienti. Dovranno anche rispondere per l'effettivo trasferimento gratuito di tecnologie e l'addestramento delle risorse umane nei nostri paesi, qualcosa che ovviamente non sarà risolto dal mercato né dalle politiche neoliberali imposte mediante la pressione ed il ricatto.

E la maggiore responsabilità l'ha, senza dubbio, il paese che più dissipa, più inquina, più possiede denaro e tecnologie e, contemporaneamente, si rifiuta di ratificare il Protocollo di Kyoto e non ha mostrato il minore impegno con questa riunione convocata dal Segretario Generale di Nazioni Unite.

Signor Presidente:

Cuba aspetta che dalla prossima Conferenza di Bali sorga un chiaro mandato affinché i paesi sviluppati riducano, per il 2020, le loro emissioni a non meno del 40% rispetto ai livelli del 1990, negoziato nel tracciato della Convenzione e non in piccoli gruppi e conciliaboli selettivi come ha proposto il Governo degli Stati Uniti.

Cuba aspetta anche che si approvi un meccanismo che assicuri il rapido trasferimento di tecnologie pulite a condizioni preferenziali verso i paesi sottosviluppati, con massima priorità verso i piccoli stati insulari ed i paesi meno avanzati, che sono i più vulnerabile.

Ugualmente, aspettiamo l'assegnazione di risorse nuove ed addizionali, e l'adozione di meccanismi di appoggio finanziario ai paesi sottosviluppati per l'implementazione delle nostre strategie di adattamento. A mò di esempio, se solo a questo scopo si dedicasse la metà del denaro che ogni anno i nostri paesi devono pagare per il servizio oneroso di un debito che non smette di crescere, disporremmo di più di 200000 milioni di dollari annuali. Un'altra alternativa sarebbe dedicare appena la decima parte di ciò che l'unica superpotenza militare del pianeta dedica a spese di guerra ed armamenti ed avremmo disponibili altri 50000 milioni di dollari. Il denaro c'é, quella che si necessita è volontà politica.

Signor Presidente:

Il Segretario Generale di Nazioni Unite ci ha convocati oggi per lanciare un poderoso messaggio politico alla prossima Conferenza di Bali. Non trovo maniera migliore per dirlo a nome di Cuba che ripetere le parole di Fidel quel 12 giugno 1992:

"Cessino gli egoismi, cessino gli egemonismi, cessino l'insensibilità, l'irresponsabilità e l'inganno. Domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare molto tempo fa".

Molte grazie.