16 maggio  2007 - J.G.Allard www.granma.cu

 

 

 

Posada viene fatto scomparire
 

 

"per motivi di sicurezza"

 

 

 

Con Luis Posada Carriles nuovamente volatilizzato in territorio statunitense, la mafia cubano americana è riuscita, con la compiacenza interessata del clan Bush, a far tornare il delinquente alla situazione di due anni fa quando – stando alle affermazioni di allora dell’ICE – stava preparando le condizioni per inviarlo in un altro paese.

 

A partire dalla fine di marzo del 2005 fino al 17 maggio successivo, cioè per circa due mesi, la rete di Miami dei complici di Posada (mentre si moltiplicavano le denunce sulla sua presenza illegale negli Stati Uniti) lo ha mantenuto fuori portata, eseguendo contemporaneamente una vera e propria operazione di pubbliche relazioni attraverso un gruppo di avvocati mafiosi.

 

Una cosa mai vista negli USA per un terrorista patentato che non sia cubano americano.

 

La coesione, apparentemente caotica ma permanente, dei dipartimenti della Giustizia del texano Alberto Gonzales, della Sicurezza di Michael Chertoff con i suoi servizi migratori nelle mani del cubano americano Emilio González e degli elementi anticubani del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca, ha inesorabilmente portato alla liberazione di Posada.

 

Oggi, due anni dopo il mediatico arresto del 17 maggio 2005 – ricordate lo show televisivo dei servizi d’Immigrazione e Controllo delle Dogane (ICE) completato con l’automobilina per il golf e da un elicottero – Posada si è reintegrato nel circolo dove lo aveva situato allora la sua banda, in attesa di una conveniente apparizione pubblica.

 

 

"VIVE IN UN LUOGO SICURO"

 

 

Con l’annuncio del ritorno di Posada Carriles a Miami, "fonti dello studio di uno degli avvocati che lo rappresentano" hanno detto a EFE che "vive in un luogo sicuro e non nell’appartamento di sua moglie nel quartiere di Kendall".

 

Per Posada e i suoi complici, l’appartamento di Nieves González de Posada, con la quale non convive da 30 anni, non costituisce un luogo conveniente.

 

Il terrorista più noto del continente aveva bisogno di una tana adatta al suo status, alle prerogative che gli ha concesso la Casa Bianca con il suo ritorno, vivo e libero, nella sua fauna.

 

Lunedí 14 Arturo Hernández, l’attuale capo della truppa di avvocati pagati con il denaro del terrore, ha convocato un incontro tra il suo cliente e la stampa mafiosa locale. L’obiettivo della riunione: calmare la tempesta che minaccia di imperversare sulla stampa nazionale e dare già il tono e l’orientamento a quel che verrà.

 

Così El Nuevo Herald, il quotidiano in lingua spagnola di Miami, trasformato come mai prima in gazzetta ufficiale del potere mafioso, ha formalmente annunciato che "l’anticastrista" Luis Posada Carriles "rimarrà a Miami, lontano dalla vita pubblica e non rilascerà dichiarazioni ai mass media finché non verrà chiarita la sua situazione legale negli Stati Uniti".

 

Il quotidiano ha confermato che, secondo la formula utilizzata da Hernández, Posada non vivrà nell’appartamento di sua moglie "per motivi di sicurezza".

 

Hernández ha dato la chiave del prossimo capitolo. Un Gran Giurì sta per terminare a Newark, nel New Jersey, un’indagine sulla "presunta partecipazione" di Posada agli attentati contro impianti turistici di Cuba nel 1997.

 

"Secondo fonti legate al caso", spiega l’avvocato, questo potrebbe "portare con sé accuse di finanziamento di azioni che violano la legge di neutralità statunitense".

 

E le accuse di terrorismo, dove sono?

 

 

ALL’ICE RESTA LA CATENA DELLA SCIMMIA

 

 

Dall’ufficio di Hernández a Coconut Grove, Posada è tornato al suo "luogo sicuro".

 

Se è vero che a volte il fuggiasco della giustizia venezuelana, torturatore, assassinio e terrorista patentato dovrà comparire nell’ufficio dell’ICE "adempiendo alle regole di supervisione stabilite dalle autorità statunitensi" (parole di Hernández), lo farà nella misura che gli convenga.

 

Tutto nella sua storia lo dimostra.

 

Posada si è già fatto beffe dell’ICE il 12 aprile 2005, quando il suo avvocato di allora, Eduardo Soto, ha presentato una richiesta di asilo mentre il suo cliente era nascosto.

 

Nonostante la situazione perfettamente anormale, l’ICE ha convocato Posada, tramite Soto, per la mattina del 15 maggio.

 

Quel giorno, invece di presentarsi presso i funzionari dell’Immigrazione che lo stavano aspettando, Posada ha convocato una conferenza stampa – quella del magazzino – dove ha offerto di ritirare la richiesta "se questa dovesse causare qualche problema al governo degli Stati Uniti".

 

Alle 13:00 Soto ha annunciato, come se si trattasse della conclusione di un negoziato, il ritiro della detta richiesta. Mezz’ora dopo l’ICE, messo in una situazione insopportabilmente ridicola, ha effettuato lo spettacolare arresto o, per meglio dire, lo spettacolo dell’arresto.

 

Il 22 marzo 2006 un intrepido funzionario dell’ICE ha inviato una lettera a Posada nella quale gli annuncia con la maggiore serietà del mondo che "non verrà liberato" perchè "le attività criminali e azioni violente" che ha compiuto "danneggiano la sicurezza pubblica e costituiscono un rischio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti".

 

Con la liberazione di Posada Carriles la giudice Cardone ha ignorato questo avvertimento, lasciando senza parole i burocrati dell’ICE. Nello stesso modo il giudice d’immigrazione William Abbott ha lasciato senza parole la procuratrice Gina Garrett-Jackson, ordinando per la prima volta la liberazione del criminale, meno di due mesi dopo avergli negato la libertà "per i suoi precedenti terroristici".

 

Posada può già farsi beffe dell’ICE.

 

"Hanno comprato la catena ma non hanno la scimmia", ironizzava Orlando Bosch, alter ego di Posada, mentre usciva dalle celle dell’immigrazione con la benedizione di Bush padre il 20 luglio 1990.

 

 

ASSAGGIANDO LE SPECIALITÀ DI CARMEN E MIRIAM

 

 

A che si dedica adesso Posada? A quel che ha fatto tutta la vita, senza soste, in una ricerca ossessiva delle forme di terrore più crudeli per attaccare Cuba.

 

Si sta già riunendo con i Nelly Rojas, Pedro Morales e Francisco Pimentel, i suoi complici venezuelani che ha mantenuto informati della campagna di terrore del ’97 all’Avana. Sta già analizzando con Salvador Romaní, Ricardo Koesling e il "dottor tortura" Joaquín Chaffardet, lo stato delle sue cospirazioni contro il Venezuela.

 

Sta già festeggiando, mentre assaggia le specialità di Carmen e Miriam con i loro rispettivi mariti assassini, "Gasparito" Jiménez e Guillermo Novo, quelli di Panama. Naturalmente si è unito al gruppo anche Pedro "Gatillo Feliz" Remón, che se la gode a Miami dal 26 agosto 2004, quando la mafiosa panamense Mireya Moscoso ha liberato tutti e quattro dal carcere El Renacer.

 

Sta già ricevendo i capi del Cuban Liberty Council, da Luis Zúñiga Rey, un intimo dei Bush, fino a Roberto Martín Pérez e la sua rotonda Ninoska, i Pérez-Roura e altre reliquie batistiane dell’epoca di Masferrer, oltre a Félix Rodríguez-Mendigutía, altro confidente della famiglia imperiale.

 

Attenderà gli energumeni di Alpha 66, di Comandos F-4, di Vigilia Mambisa e molti Eusebio Peñalver, finché gli onorevoli congressisti affiliati alla cricca arriveranno, in una notte senza luna, ad abbracciarlo.

 

Perchè? Perchè per tutta la vita Posada si è dedicato al crimine, alla violenza, al terrore. Da tantissimo tempo fa, nei giorni in cui gli ufficiali della CIA residenti all’Avana gli procurarono un salvacondotto che lo portò nella sua nuova patria imperiale.

 

Grazie ai Bush, Posada è libero in un "luogo sicuro" della Miami mafiosa delle sue nostalgie, protetto dai suoi amici più ostinati.

Di fronte a una giustizia statunitense calpestata.