Gli errori nella traduzione sono da attribuirsi esclusivamente all'inesperienza del traduttore

 

 

 

La guerra in Iraq e

 

l'assassinio Kennedy

 

Il generale Lyman Lemnitzer ed altri membri dello Stato Maggiore Congiunto tramarono un colpo di Stato contro il presidente Kennedy che si consumò materialmente col crimine di Dallas

 

5 dicembre 2007 - G.Molina www.granma.cubaweb.cu



A 44 anni dall'assassinio del presidente John F. Kennedy, la guerra dell'Iraq e la saga della famiglia Bush consigliano la desclassificazione dei documenti trattenuti dalla CIA sul magnicidio del 22 novembre 1963.

Il giorno dopo lo scandaloso crimine, il presidente Fidel Castro fu probabilmente il primo a denunciarlo come una congiura, quando comparve alla televisione cubana e lo qualificò come qualcosa di "altamente dannoso agli interessi dell'umanità, agli interessi della pace.... siamo stati vittime di un'ostilità costante da parte degli Stati Uniti...
Kennedy aveva  un'importante responsabilità in quei fatti.... Noi possiamo dire che ci sono elementi dentro gli Stati Uniti che difendono una politica ultra reazionaria in tutti i campi, tanto nella politica internazionale che in quello della politica nazionale.... E questi sono gli elementi chiamati ad avvantaggiarsi degli eventi che sono successi ieri negli Stati Uniti"...

Fidel analizzò spiegando come Kennedy fosse fortemente attaccato dai circoli più reazionari con forti campagne, leggi e risoluzioni nel Congresso. I media moltiplicavano gli attacchi spingendo il governo verso la guerra, perfino prima, durante e dopo la Crisi di Ottobre. Criticavano le posizioni assunte da Kennedy nell' ambito nazionale, specialmente contro la discriminazione e la segregazione e nell'ambito internazionale, maggiormente la sua politica con l'URSS ed il recente giro rispetto a Cuba e Vietnam.

Non meno acuta fu la sua analisi sulla teoria del tiratore unico, il fatto che Oswald non fosse solo, che in quei momenti iniziali nessuno discuteva, e le sue allegate simpatie "castriste". Cinque giorni dopo, il 27, manifestò che i fucili con mirino telescopico come quello che le autorità dicevano fosse stato usato da Oswald: "Una volta che si spara al bersaglio lo si perde ed è necessario tornare a trovarlo. Con questo tipo di arma è realmente molto difficile fare tre spari consecutivi. Ma soprattutto é difficile fare centro così. È quasi impossibile".

Anni dopo si dimostrò con prove acustiche e grafiche che ci fu più di un tiratore.

Il leader cubano lesse il primo dispaccio informativo tendenzioso, delle due del pomeriggio: "... Perché se voi osservate questo delle agenzie cablografiche, c'è una che è stata più moderata, più obiettiva — l'AP — e c'è una che è stata titanicamente e sfrenatamente bugiarda, svergognata, impudentemente propiziatoria di una politica e di una campagna di diffamazione contro Cuba che è l'UPI: Dallas, novembre 22, UPI — La polizia fermò oggi a Lee H. Oswald, identificato come il Presidente del Comitato del Gioco Pulito con Cuba principale sospetto nell'assassinio del presidente Kennedy". Ancora oggi le campagne su quell'evento sono utilizzate da elementi interessati ad allontanare i sospetti sui veri responsabili del crimine e riuscire a schiacciare la Rivoluzione cubana.

La gravità di quella situazione è andata da allora, a poco a poco, rivelandosi. Gli ultimi dettagli si sono conosciuti quest'anno attraverso il libro dell'investigatore David Talbot, "Fratelli. La Storia nascosta degli anni di Kennedy", con la sua sensazionale rivelazione che Robert Kennedy fu probabilmente assassinato perché era convinto, dal primo momento, che (per l'omicidio del fratello ndt) si trattava di un complotto di quelli coi quali stava lavorando, spalla a spalla, contro Fidel Castro: elementi della CIA, la mafia italo americano e banditi cubani. Benché adirato dai fatti, Bobby aveva mantenuto il silenzio perché comprendeva il grande potere da affrontare, ma pochi giorni prima di sapersi confermato come candidato democratico, commise l'errore di ammettere che, se fosse stato eletto presidente, avrebbe riaperto il processo.

I membri dello Stato Maggiore Congiunto furono sul punto di fare un colpo di Stato contro il presidente John F. Kennedy, in un crescente scronto che cominciò nel 1961, con la fallita invasione di Playa Girón, nella Baia di Maiali.

Il 18 aprile, alle 12 della notte, si produsse una riunione nella Casa Bianca, non appena finita l'accoglienza annuale del Congresso, accedendo a richieste del vicedirettore della CIA, Richard Bissell. I militari invitati, generale Lemnitzer e l'ammiraglio Burke vestivano uniformi di gala ed i civili da etichetta. Bissell disse che stavano sul punto di subire una completa sconfitta. Consigliò allora un intervento militare diretto delle Forze Armate. Burke aveva già assunto un atteggiamento di quasi insubordinazione, perché aveva detto ai cubani arruolati ed ai loro capi nordamericani che "forze dentro l'Amministrazione stavano tentando di bloccare l'invasione. Che se queste forze riuscivano a bloccarla, i leader della brigata dovevano ammutinarsi contro i loro assessori e procedere con l'invasione".

Lemnitzer fu convocato ad una riunione nella Casa Bianca nel marzo 1962 perché, come riportarono intimi dei fratelli Kennedy, "il presidente aveva fatto una scioccante scoperta: il suo Capo di Stato Maggiore Congiunto aveva complottato per abbattere il governo ed installare, al suo posto, una maledetta giunta militare come in Sud-America". Indignato, Kennedy fece dimettere il generale.

Durante la Crisi di Ottobre del 1962 il presidente rimase quasi solo di fronte allo Stato Maggiore Congiunto. Il più bellicoso era il generale lo Curtis Le May che respingeva violentemente la strategia del blocco navale del presidente. "Appesta come la vigliaccheria di Neville Chamberlain — grugnì Le May. Sarebbe tanto cattivo quasi come la pacificazione di Monaco". Il capo dell'Aviazione tentava di metterlo sulla difensiva ricordandogli l'accusa che pesò sul padre dei Kennedy — osserva Talbot — Le versioni storiche attribuiscono a Joe Kennedy una posizione vergognosa, consigliato da Chamberlain che facesse concessioni ad Hitler per riappacificarlo, ciò provocò che Roosevelt lo sostituisse.

Tra le altre sfide, il fronte dei diritti civili era molto esplosivo. La mezzanotte del 30 settembre, giorni prima della Crisi di Ottobre, i fratelli Kennedy aspettavano ansiosi la conclusione dell'ammutinamento scoppiato nell'Università del Mississippi quando James Meredith si iscrisse per forzare l'adempimento del decreto che imponeva l'introduzione dell'integrazione razziale nelle scuole di tutto il paese. Studenti bianchi, membri del Klan e simpatizzanti, avevano circondato l'edificio armati con mattoni, picche, e fucili per arrivare fino a Meredith, gridando "linciamo il negro". Decine di poliziotti tentavano di evitare il crimine.

Cosciente che era una protezione troppo debole davanti a tale moltitudine infiammata, il presidente diede ordine all'esercito che accorresse ad impedirlo. Ma varie ore dopo l'ordine, i militari si arrabattavano per non compierla sotto diversi pretesti, come la difficoltà di trasferirsi da Memphis fino ad Oxford. In realtà li fermava l'estremista di destra generale Walker, che incoraggiava gli ammutinati. Il presidente, indignato come poche volte, dovette parlare per telefono col generale Abrams, affinché arrivassero le truppe,
passate le due della mattina. Il bilancio fu di due morti, 166 ufficiali poliziotti, dozzine di soldati, studenti ed altri manifestanti feriti, 1300 arrestati, tra essi il discolo generale.

Benché il presidente Kennedy si mantenesse in favorevoli termini di popolarità, dopo la Crisi di Ottobre esisteva una gran polarizzazione nelle forze ultra che arrivavano ad accusarlo di essere comunista. Temevano che i Kennedy cercasse di sfidare sul serio il complesso militar-industriale ed altre potenti forze come le industrie petrolifere, cominciando col porre terminare alla guerra del Vietnam.

Quando si seppe del suo assassinio, Fidel stava conversando col giornalista francese Jean Daniel, che aveva l'incarico di JFK di conoscere la reazione del dirigente cubano alle segrete riunioni che si effettuavano a Washington per discutere le possibilità di normalizzare le relazioni.

L'analisi del leader cubano, basata fondamentalmente sui motivi ed i mezzi usati per il magnicidio, é stata confermata col passo del tempo. Il 23 novembre 1963 Fidel osservò che uno degli errori di JFK rispetto a Cuba era aver fatto precisamente il gioco ai suoi nemici, come assumere nel 1961 "i piani di invasione che aveva organizzato l'Amministrazione repubblicana... questi l'utilizzavano come un arma politica contro lui".

Fidel era convinto che il complesso militare-industriale alimentava, allora, la guerra del Vietnam, come la presente occupazione dell'Iraq.

In questi momenti la pressione antibellica negli Stati Uniti é stagnante malgrado l'elettorato si sia manifestato chiaramente per ritirare le truppe dal paese occupato. Ma l'immensa maggioranza dei politici protestano per le perdite della guerra, non i suoi meschini motivi. Non abbandonano la filosofia della spoliazione che Fidel, nel 1960, denunciò  all'ONU.

Nel 2008 si compieranno 45 anni dal magnicidio. E' arrivata l'ora di esigere che le autorità nordamericane declassifichino i documenti segreti della CIA e riaprano il processo per questo crimine che realmente fu un colpo di Stato contro l'Umanità. "Un piano macabro per portare avanti una politica di guerra ed aggressione, per situare il governo degli Stati Uniti alla mercé dei circoli più aggressivi dei monopoli, dell'imperialismo e delle
peggiori agenzie  degli Stati Uniti", come Fidel, da quel giorno, lo ha definito. Un piano per mantenere attivi, come in Afghanistan ed in Iraq, i cani della guerra.

L'Umanità deve schiacciare la filosofia della spoliazione che è la filosofia della guerra.